Frozen
Sentiva il peso del mondo gravare su di lui e le parole tese all’infinito, come se il sogno di una vita si fosse frantumato. Ed era fermo lì, immobile, a osservare la gente, a guardare negli occhi delle persone, cercando di capire quali fossero i loro stati fisici e morali.
E si mise a correre, senza un motivo e senza una meta. Correva, e basta. Aveva raggiunto tante destinazioni nella sua vita e ora doveva solo cercare l’ultima. Si fermò di fronte a un poliziotto e gli sfilò la pistola con un colpo secco. Si allontanò prima che egli potesse reagire e si puntò l’arma alla testa.
E tutto rallentò. I movimenti della gente, spaventata, le parole delle persone, tutto. Ma lui no, i suoi pensieri andavano a velocità classica, il suo corpo reagiva normalmente. Aveva l’indice sul grilletto e le dita rimanenti saldamente strette attorno al manico. Sentiva il calore della sua mano attraverso la pistola. Il foro della canna era appoggiato sulla tempia.
Era semplice. Bastava stringere un po’ quel dito e tutto sarebbe finito. Si sarebbe lasciato alle spalle tutti i problemi.
In quell’istante la velocità raddoppiò, una, due, tre, quattro volte. Ci fu un momento di esitazione in quell’andamento veloce e poi si sentì uno sparo.
BANG.
Un colpo e tutto si fermò, congelato, in quello che sembrava essere un interminabile secondo.
Un colpo, e poi il buio.