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Autore: kanagawa    08/05/2014    1 recensioni
Fujima possedeva un tipo di compostezza differente dalla sua. In lui, allo stesso tempo della bonaccia, si agitava qualcosa dentro. Un fremito di fiamma. Una tempesta che poteva liberarsi solo su consapevole ed esplicito invito. Un teatro delle crudeltà e delle abluzioni, questo era il suo campo di basket. E l’esaltazione che ne traeva era il solo trono ambito.
Fujima era un’essenza di libertà dispiegata.
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Attenzione: questa storia non è MAI stata betata, non leggete se la cosa vi disgusta. Aggiunto breve epilogo con recenti correzioni.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akira Sendoh, Kenji Fujima, Shinichi Maki, Toru Hanagata
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Un sentore di bruciato che mescolava la terra bruna roso al sole e la paglia lasciata nei campi. Al di là dell’orizzonte, stava ancora in piedi dorato il prossimo raccolto. Un cigolio sulla via stretta, i ciottoli sotto i piedi e le lucertole all’ombra, passò un ragazzo in bicicletta. Camicia bianca, maniche arrotolate, si scostò il capello da cui emerse un viso familiare … eppure sfuggiva tra i raggi del sole. Uno splendore unico.

Lui disse: “… Kana”

Kyomi si sveglio di soppiatto. Un incubo recente.
Diligente e subdolo, compariva nelle notti: fu una delle prime volte che sognò Fujima.



Kyomi si sistemò in fretta e uscì di casa con il cielo che si schiariva dal cobalto al verde acqua. Prese la bicicletta e andò per le strade semi-deserte. Questa era la sua routine, sarebbe arrivata a scuola con un’ora di anticipo, perciò non si preoccupò affatto di poter far attendere Fujima. L’aria fresca appena emessa dal ciclo clorofilliana, la differente prospettiva di una strada larga e vuota, e l’atrio inanimato spaziato solo da file di armadietti: unici momenti pacati che in lei sfioravano l’adorazione. Un mondo senza il peso della carne mobile e delle inevitabili contraddittorie relazioni.
Oggi si doveva compiere però una piccola deviazione. Ma la palestra che l’attendeva non era immersa nel silenzio prefigurato. C’era un palleggiare insistente, i botti del canestro … Non le era mai capitato di incontrare qualcuno a scuola che fosse mattiniero quanto lei. Ma c’era da aspettarselo, era Fujima.
-scusa se ti ho costretto a scendere dal letto tanto presto.- Fece lei dopo aver dato due colpetti di battenti.
Fujima le andò incontro sorridendo. –buongiorno, sempai kyomi!- Si levò la frangia dalla fronte sudata. –non è stato un problema per me. Vengo sempre a quest’ora ad allenarmi.- In realtà, nei giorni ordinari obbligava tutta la squadra a un allenamento mattutino che lui definiva “un po’ di riscaldamento” e alla pigrizia non veniva perdonata neanche una virgola, ma questo gli assenteisti lo sapevano bene. -di solito ci sono anche i miei ragazzi, ma ho concesso loro una mattina libera. Sai, l’altro ieri abbiamo affrontato un incontro difficile.- Meglio tenerli tutti interi gli atleti fino al prossimo inter-high, confermò kyomi, che provò una sincera ammirazione per il suo impegno senza tregua.
Il capitano le fece fare un giro guidato della palestra. Kyomi annotava e soppesava i suggerimenti di Fujima, insistendo sul fatto che gli atleti non si dovevano pulire con gli stessi panni con cui si lucidavano le palle da basket, attrezzature da manutenzione ordinaria scarsa e logora, un globo di illuminazione pericolante ... Spogliatoio: nessun danno, a parte l’anta inclinata, e per qualche ragione concava, di un armadietto. – ecco, non è stato un atto intenzionale. Ma è stato provocato da Hanagata l’anno scorso …. – Disse imbarazzato Fujima. A kyomi si accese una lampadina. – parli di quella storia … di quando un vostro giocatore ha dato una testata a un armadio in preda all’ira? – Il capitano arrossì. La montatura nera di Hanagata era un segno ingannevole di pacatezza, dopo aver perso la famosa partita alle eliminatorie contro il Kainan sembrava ancora un uomo tutto d’un pezzo, ma il giorno dopo scoppiò durante gli allenamenti lasciando alcuni frammenti del cranio frontale sul suo armadietto a circa l’altezza di un metro e 92, poco più sotto della cima. – in verità, ci furono un paio di testate in più. Però, sì, e la notizia è uscita presto dall’ala sportiva. – Aggiunse lui. – però ti assicuro che di solito è una persona estremamente corretta! –
-Dimmi, Hanagata è forse quello con gli occhiali?- Lui confermò la domanda. Con grande meraviglia di Fujima, lei disse così: lui si muove come la tua ombra sul campo, avete una sincronia perfetta. Azzarderei a dire che il vostro è un vero legame.
-Non sbagli, kyomi.- Con questa frase, la mise a fuoco dettagliatamente: gli occhi con cui aveva osservato la complicità velata tra lui e il suo vice, che colore avevano? Il termine “nero” offendeva inevitabilmente quella profondità imperscrutabile. Erano come un orizzonte degli eventi ristretti in due piccoli universi. Paralleli, inviolabili.

Erano ancora immersi in quel confronto silenzioso, quando la porta si aprì all’improvviso. Giocatori diligenti si presentarono all’entrata, un po’ stupiti dalla scena: l’allenatore Fujima e il presidente del consiglio studentesco kyomi kanako uno di fronte all’altra, entrambi sorpresi da quell’inaspettata intrusione. “Beccati in flagrante” pensò uno di loro. “Il nostro capitano e l’iceberg?” convenne l’altro. –Buongiorno, presidente!- fece ad alta voce il terzo. La disciplina non mancava tra gli esercizi d’allenamento al club di basket dello Shoyo. -È ora di congedarmi, grazie per il tuo tempo.- gli fece un inchino kyomi, e ignorando completamente gli altri spilungoni, se ne andò.


-Decisamente beccati in flagranti.- Affermò sicura Mikagi sulla via del ritorno. Ma kyomi accanto a lei non si scompose, disse in tutta tranquillità: se osano spargere voci strane sul conto del loro capitano, sanno già cosa gli spetta. Mikagi si voltò scompigliando i ricci. –perché? Dici che Fujima è un tiranno come allenatore?- Da quel poco di allenamento a cui kyomi aveva assistito, non poteva dedurre una conclusione certa, ma di una cosa era sicura e la espose con grande convinzione. –no, credo che sia il suo carisma a tenere i suoi compagni (tutti più alti di lui) sotto controllo. Ha un magnetismo e un autocontrollo impeccabile.-
Gli occhi sbarrati. Le venne in mente l’immagine dell’amica che teneva il muso agli insegnanti e sfidava i compagni più grandi, quella desolazione gelida che era una bambina di 7 anni. Che ora quella lastra di ghiaccio stesse per sciogliersi? Che la tundra stesse per accogliere nuovi mammiferi e nuovi calori?
-Ma ornitologicamente parlando, lui è spietato come un aquila sul campo.- Questo Mikagi sapeva già. Non le era sfuggita nemmeno una partita dello Shoyo. Dopo l’entrata in squadra di un soggetto straordinario come il presente capitano, il ritmo del gioco cambiò da un giorno all’altro. Era difficile non notarne l’effetto. Lo Shoyo che selezionava esclusivamente atleti sopra il metro e 90, reclutò uno relativamente basso da una scuola media sconosciuta. 178 cm, le doti ben al di sopra dell’altezza, un leader naturale. Con l’incredulità di tutti gli anziani della squadra, Fujima si rivelò come la punta di un diamante grezzo capace di perfezionarsi da solo e brillare nei meandri più bui.
-Sei mai stata a una partita ufficiale?- le chiese Mikagi. –tu lo hai sempre visto giocare a scuola, ma non puoi immaginare come si trasforma in un incontro vero!- L’anno scorso Mikagi era stata a Hiroshima per vedere gli inter-high, e da vera appassionata di basket si convinse che la formazione del loro istituto era finalmente degna della sua attenzione. Purtroppo non vinsero. L’esperienza non fu sufficiente a Fujima per riuscire a calibrare il doppio ruolo di giocatore-allenatore. –Sai, al suo primo debutto alle eliminatorie della nostra prefettura venne annoverato tra i best five. Ma ci pensi? Una matricola! E ti parlo di quello che è successo un anno fa, scommetto che questa volta invece riuscirà ad arrivare molto più lontano.-
Si sentivano sempre raccontare cose straordinarie sul conto di Kenji Fujima. Kyomi le aveva sempre ascoltate con un certo distacco, scambiando quelle battute entusiastiche per schizzi di isteria femminile. Ai suoi occhi, il viso luminoso e le performance scolastiche di quella matricola erano solo i fattori fuorvianti del solito idolo passeggero. Ma più lo conosceva, più si rendeva conto della prematura capitolazione di quel giudizio. Sul piano logico, Fujima non aveva nulla che Kyomi non avesse, gli stessi sintomi della perfezione formale. C’era un'unica cosa che lei non possedeva, un unico punto che segnava uno distacco quasi insormontabile: la pallacanestro. Non il gioco in sé, naturalmente, ma un terreno libero dominato esclusivamente dal suo pensiero che poteva essere elevato all’estremo grado di estasi. Il corpo come mezzo di elevazione. E qualunque mortale poteva osservare quello spettacolo e goderne esaltato, ma la chiave era posseduto unicamente da Fujima Kenji.

Kyomi ammise una sconfitta inevitabile e si chiese se non fosse invidia ciò che provava per Fujima. Tenne per se questi pensieri, la sua amica non sarebbe riuscita a comprendere il suo turbamento. E consapevole della sua solitudine, lasciò cadere la presa.
  
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