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Autore: kanagawa    08/05/2014    2 recensioni
Fujima possedeva un tipo di compostezza differente dalla sua. In lui, allo stesso tempo della bonaccia, si agitava qualcosa dentro. Un fremito di fiamma. Una tempesta che poteva liberarsi solo su consapevole ed esplicito invito. Un teatro delle crudeltà e delle abluzioni, questo era il suo campo di basket. E l’esaltazione che ne traeva era il solo trono ambito.
Fujima era un’essenza di libertà dispiegata.
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Attenzione: questa storia non è MAI stata betata, non leggete se la cosa vi disgusta. Aggiunto breve epilogo con recenti correzioni.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akira Sendoh, Kenji Fujima, Shinichi Maki, Toru Hanagata
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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La prima volta che Kyomi notò Fujima Kenji fu durante una lezione di ginnastica all’ aperto. Seguendo la scia di grida stridule delle ragazze dell’istituto, Kyomi focalizzò l’origine di tanta confusione: tra le spalle di alcuni alunni possenti del campetto accanto c’era un ragazzo che palleggiava in modo frenetico. Kyomi non si intendeva di basket, ma rimase, con suo stesso sconcerto, ipnotizzata dal gioco di quelle mani abili: le dita scivolavano sulla superficie della palla disegnando curve sinuose, il salto che spiccò prima del canestro lo poteva compiere solo un aquila che planava nei cieli autunnali, compì quel lancio con una tale leggerezza, quasi incurante, che lo stupore per la perfezione dell’esito tradì le aspettative. Un boato. Un’onda esultante. E in mezzo, gli occhi spalancati di Kyomi che si chiedeva chi fosse quel ragazzo.

Kenji Fujima. Primo anno, matricola della squadra di basket dell’istituto superiore Shoyo, prefettura di Kanagawa. Entrò nella rosa dei titolari già al suo debutto. Quella che era una formazione mediocre, divenne in poco tempo una delle favorite della categoria delle scuole superiori. La fortuna di Fujima cominciò quando un giornalista lo notò in un banale amichevole contro la classe A delle squadre giovanili, il liceo Kainan. Fujima si scontrò per la prima volta contro quello che sarebbe stato, negli anni avvenire, il suo rivale e ossessione numero uno: Shinichi Maki. Mentre il giornalista in visita, colpito dall’eccezionale carisma di entrambi, scrisse un articolo che li presentò come le stelle nascenti del basket giovanile giapponese. Acerrimi nemici e fascino opposto, Fujima Kenji il limpido giorno e Maki Shinichi l’oscura notte, entrambi eccezionalmente giovani ed entrambi acerbi fuoriclasse.
Queste furono le informazioni che Kyomi apprese dalla sua migliore amica, Mikagi, appassionata di basket e sua confidente fin dalle elementari. Ma il pensiero su Fujima era solo la caduta di una ciglia e presto lei se ne dimenticò.

Secondo l’opinione delle persone che la conoscevano, Kyomi Kanako non era adatta per le relazioni amorose. Data la sua natura fredda e riservata, il pensiero per i ragazzi era osteggiato da lei tanto quanto la mediocrità di alcuni coetanei, il disordine del suo armadietto a scuola e la mensa affollata. Nessuno dei ragazzi, e il numero non era esiguo, che l’avevano corteggiata era mai entrato nelle sue grazie.
Kyomi era bella. Di una rigida bellezza statuaria. 175 di altezza e altri 60 cm di capelli lisci corvini, straordinariamente ordinati anche in una giornata di vento. Occhi severi di un nero onice, impenetrabili. La pelle, dalle sfumature che ci si poteva aspettare da una statua di marmo neoclassica; senza sfiorare la perfezione.
Eccetto le mancanze in campo affettivo, la sua Carriera scolastica era impeccabile. Come Fujima, realizzò il suo primato già da matricola: ottimi voti e condotta divina, venne eletta presidente incaricato del consiglio scolastico al primo anno; in parte per fortunate circostanze, ma soprattutto per doti fuori dal comune riconosciute dall’intero istituto. Per tutti, Kyomi Kanako era una soglia invalicabile.
Nessuna rivalità. Kyomi mantenne la linea piatta nel proprio grafico di valutazione per 2 anni. Stirata in lungo come una striscia di carta velina, manteneva quella posizione di precario equilibrio con portamento impeccabile, realizzando nell’apparenza un’immagine d’immobilità di se stessa difficile da riscontrare nella vita quotidiana.

Fu in quel periodo. In uno dei indefiniti giorni in cui affogava ogni pensiero nelle mansioni del comitato studentesco, senza prefigurazione, l’immagine del giocatore di basket le balenò di nuovo in mente.
Un mese dopo l’inizio dell’anno scolastico, era il momento della raccolta di dati sui materiali didattici e sportivi scolastici, per un regolare aggiornamento dei bisogni. Per qualche motivo, Kyomi lasciò il club di basket per ultimo. Una trascurabile dimenticanza che si trasformò in una catastrofe nelle dimensioni valutative del presidente. Successe che, dopo aver vinto in modo spettacolare e per la prima volta l’accesso agli inter-high, la squadra di pallacanestro dello Shoyo, acquistò una fama tale che neppure il preside della scuola stessa poté più ignorarla: il club sportivo più importante e l’indiscutibile capitano, nel frattempo divenuto allenatore, Fujima Kenji.

Kyomi percorse i corridoi con passo discreto e un certo nervosismo. I documenti per la revisione e la cartella in mano. In questo breve periodo, non le mancarono di certo occasioni di conoscere le prodezze di Fujima, sentendo sempre più spesso il suo nome riecheggiare nell’istituto, era inevitabile prima o poi un confronto diretto tra i due. Kyomi si chiese che tipo di persona fosse in realtà ed effettivamente, l’immagine di splendore che aveva di lui quel giorno nel campo sportivo, cominciava già a sbiadire.
Prese a leggere le etichette sulle porte dell’ala sportiva della scuola in cerca del club di basket. E davanti all’ultima stanza si fermò e spinse a lato la porta scorrevole. Uno spogliatoio, naturalmente. “Che stupida, come mai non ci ho pensato, devono essere in palestra!” meditò davanti alla fila di armadietti e le panchine vuote ……. Un tipetto bruno uscì dalla doccia adiacente, sorprendendo Kyomi, portando addosso giusto i pantaloncini sportivi. Gocciolava ancora, di sudore o di acqua potabile. Di istinto, la ragazza chiuse la porta.
Ma l’ingresso dello spogliatoio non aspettò ad aprirsi di nuovo. Fujima, occhi blu scuro o grigi di riflessi, dietro alla frangia bagnata, le apparve quasi alla stessa altezza, 3 cm di distacco tra l’espressione interrogativo di lui e l’evidente rossore pungente di lei.
-Oh, Kyomi Kanako, presidente del consiglio studentesco, dico bene?- esordì Fujima.
-Precisamente.- Colse la sfida in un lampo, lei, riprendendo il controllo. –Credevo di aver sbagliato posto.-
-Cerchi qualcuno della squadra?- Disse invitandola a entrare. Kyomi non si fece pregare. –No, sono qui in veste ufficiale per il resoconto sul materiale sportivo del club di basket.- Gli porse i relativi documenti, e si sedette.
-Mi hanno avvisato che sarebbe passato qualcuno del comitato, ma non speravo che venisse il presidente in persona … - Fece Fujima sovrappensiero mentre leggeva sommariamente le direttive e la lista da compilare. -Ho ritenuto più appropriato venire di persona, prima o poi ci dovevamo presentare, dopotutto sei l’allenatore della nostra squadra di basket.- Kyomi misurava la situazione sapientemente, senza fretta.
Allora Fujima sorrise, complice e splendente, e le porse la mano. –piacere di conoscerti, sono Kenji Fujima, sono allenatore e giocatore della mia squadra, rivolgiti pure a me per qualsiasi domanda attinente al nostro club. – Rispose da manuale, nessuna sbavatura. Ma la sfumatura ironica diede un enorme fastidio a Kyomi. Famoso, anche egli, per la sua compostezza, non poteva regalare noie più imprevedibili di queste.
Kyomi prese quella mano. Era piuttosto innocua, ma le colpì la grandezza del palmo e il calore febbrile post allenamenti e doccia. Una stretta solida che non mancava di forza calibrata. –Piacere mio.-
-Perdonami,- riprese lui, un’uscita imprevista, e continuò. –Sono stato scortese. Ma anch’io pensavo che ti avrei conosciuto in uno di questi giorni. Ho sentito ottime impressioni di te. - Andò verso un armadietto e da lì prese due lattine di bibite e gliene offrì una. Tornando alle panchine, le si sedette di fronte. E purtroppo, ancora ostinatamente (e incurantemente) nudo di petto. Kyomi sorseggiò titubante la sua bevanda. –Allora, Fujima, sarà meglio cominciare … dimmi innanzitutto se avete già pensato a qualche richiesta sui materiali.- Appoggiò accanto la lattina e si mise pronta a prendere appunti.
Il capitano scosse la testa pensieroso.-No, al momento non saprei farti un resoconto completo del materiale a nostra disposizione. Per valutare le eventuali mancanze è meglio fare un sopraluogo. Cosa ne pensi, sempai?-
Kyomi era stupita da quella veloce valutazione. La fama dell’allenatore-stratega non tardava a presentarsi neanche nelle pratiche amministrative. –Bene, ottimo suggerimento! – Con uno scatto di approvazione, kyomi levò la testa, gli fece un sorriso, ma si ritrovò davanti nuovamente le parziali nudità di Kenji Fujima. Si chiese se non lo stesse facendo apposta a metterla a disagio. Dovette proseguire imperterrita. – D’accordo, quindi … ora procederei con la lettura del nuovo statuto dei club sportivi, poi devi firmare in fondo … qui sotto …. – Mise il foglio in mezzo, nel visuale di entrambi e si schiarì la voce.
Mentre lei procedeva con la lettura in burocratese, Fujima seguiva con lo sguardo le frasi sul foglio. Finita la presentazione ufficiosa del documento, Kyomi riprese la bibita in procinto al secondo sorso, quando il suo uditore le appoggiò la mano sulla lattina, forse per rileggere una parola sfuggita. La bevanda si rovesciò e il suo contenuto giallo non poté che atterrare tutto sulla gonna e le scarpe della ragazza.
Danno clamoroso! Fujima sbiancò. Errare non era umano per lui.
Si scusò goffamente. Mentre Kyomi era senza parole: più che la scivolata di mano del capitano, era sconvolta dalla posizione che aveva assunto nel tentativo di soccorrerla. Fujima si mise in ginocchio davanti a lei, con aria quasi supplichevole, asciugava con uno straccio un po’ il pavimento e un po’ le scarpe della sventurata visitatrice. –Mi dispiace, ho sempre un comportamento dannoso dopo un allenamento molto intenso. Non so come scusarmi, sempai kyomi … - Disse e contemporaneamente, sollevò la testa, restringendo il suo campo visivo al solo viso delicato contornato dai capelli neri di lei. Stavolta, fu Kyomi a sbiancare. Superata la semi nudità, questo contatto visivo ravvicinato era oltre la sua capacità di autocontrollo.
Disdicevole, senza ritegno, inammissibile capitano Fujima.
Si alzò di scatto e prese la cartella, viso color amaranto, riuscì solo a dire- continueremo la prossima volta, capitano Fujima. Con permesso.- Tre passi e uscì in fretta dallo spogliatoio, corse via veloce sperando che un po’ di vento potesse attenuare il rossore e asciugare la gonna della divisa.


-Fatti coraggio, poteva andarti peggio.- Parole di mera consolazione di un’amica. Mikagi del resto, come unica superstite delle uscite infelici di Kyomi, non era mai riuscita a comprendere del tutto le ragioni dei suoi vari stati di depressione. Sono state amiche fin dalle elementari. Ai tempi, Kyomi era ancora più truce d’animo di ora, una bambina di 7 anni considerata “violenta e inadattabile” di condotta nella pagella. Mikagi si ricordava ancora di quando fece una rissa con un bambino più grande che la prendeva in giro e da allora nessuno osò più avvicinarsi a lei. Divennero amiche al’improvviso tre anni dopo suscitando lo stupore generale.
-E dimmi, come l’hai trovato, Fujima Kenji allo stato naturale?- le disse maliziosa Mikagi. Kyomi sprofondò nella desolazione della propria vergogna. Maligna ragazza riccia.
-Ti prego, dimmi che dimenticherai per sempre questo episodio e che non ne riparleremo mai più. Sono già mortificata di mio!- Alla richiesta, Mikagi sorrise e la confortò dicendo – Ma certo, e poi ti devi risollevare per forza, dato che non hai concluso la quantificazione del materiale nel suo club. - Un altro punto dolente. Mikagi faceva parte del comitato studentesco e si occupava di contabilità, e continuò seria la frase– La consegna delle liste è fissata per domani, manca solo il club di basket-

Con spirito di sacrificio, il presidente si recò (stavolta per precauzione) in palestra.
Ore 17:50, nel pieno di una partita tra i membri della squadra, una confusione fatta di passi veloci, stoppate stridule di arresto, palleggi e grida. In particolare la voce di Fujima sovrastava l’ampio spazio tra un canestro e l’altro. Varcata la soglia del portone, Kyomi non poté non notare la velocità con cui si muoveva il capitano, la sua agilità probabilmente era una necessità, poiché il gioco era orchestrato da lui stesso; come se fosse allo stesso tempo assente dal campo, Fujima volava tra un giocatore e l’altro per arrivare di soppiatto sotto canestro, ma puntualmente non tirava, l’ultimo passaggio era destinato a un compagno, quasi sempre a un ragazzo con gli occhiali, eccezionalmente alto e in perfetta sintonia coi movimenti del suo capitano. Una manovra magistrale. Fujima esultò -canestro!- di una felicità ancora incompresa da kyomi.
Dall’altra parte stavano già gridando alla montatura nera Hanagata di tornare in difesa, quando Fujima con la coda dell’occhio si accorse della presenza di Kyomi. Ancora bella, capelli straordinariamente lunghi e ancora rigidamente composta nella posa e nello sguardo.
Il capitano fermò la partita con un gesto della mano che decretava autorità. Si sentì qualcuno gridare -tempo! – Nonostante il volgare episodio iniziale, kyomi, che guardando il capitano della squadra avvicinarsi di corsa, poteva solo identificarvi la parola “fascino”.
Fujima possedeva un tipo di compostezza differente dalla sua. In lui, allo stesso tempo della bonaccia, si agitava qualcosa dentro. Un fremito di fiamma. Una tempesta che poteva liberarsi solo su consapevole ed esplicito invito. Un teatro delle crudeltà e delle abluzioni, questo era il suo campo di basket. E l’esaltazione che ne traeva era il solo trono ambito. Fujima era un’essenza di libertà dispiegata. Forse kyomi stava cominciando a comprendere.
-buongiorno capitano.- Neanche aspettò la seconda battuta, Fujima si arrestò davanti al presidente e si esibì in un profondo inchino. – volevo porgerle le mie scuse per l’altro giorno.- La fila degli spilungoni 190 cm al riposo sbirciava ma non osava avvicinarsi, la curiosità per quel gesto inconsueto poteva trasformarsi in qualcosa di peggio: la furia gelida dell’allenatore.
Kyomi rimase sorpresa, ma impassibile disse, -Forse sarebbe meglio se ci togliessimo dalla visuale dei tuoi ragazzi.- Fujima non obiettò. Chiusero parzialmente il portone. A Fujima passò presto il fiatone e allo stesso ritmo di respiro di kyomi chiese se era venuta per la questione lasciata in sospesa l’altro giorno. –Mi spiace disturbarti durante gli allenamenti, se preferisci torno qui domattina.- Disse pacata. Fujima ci pensò su un attimo e concluse che non era il caso di interrompere la partita. –Queste partite simulate sono importanti per noi, sono costretto ad accettare la tua proposta, presidente.-
Si diedero appuntamento la mattina successiva in palestra. Fujima tornò dai giocatori e in pochi secondi si sentì il fischio di ripresa. Kyomi dal canto suo, tirò un sospiro di sollievo. L’ansia e l’imbarazzo volarono via, al loro posto rimase impresso a fuoco nella sua mente l’immagine del volo spiccato da Kenji Fujima.
  
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