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Autore: kanagawa    08/05/2014    1 recensioni
Fujima possedeva un tipo di compostezza differente dalla sua. In lui, allo stesso tempo della bonaccia, si agitava qualcosa dentro. Un fremito di fiamma. Una tempesta che poteva liberarsi solo su consapevole ed esplicito invito. Un teatro delle crudeltà e delle abluzioni, questo era il suo campo di basket. E l’esaltazione che ne traeva era il solo trono ambito.
Fujima era un’essenza di libertà dispiegata.
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Attenzione: questa storia non è MAI stata betata, non leggete se la cosa vi disgusta. Aggiunto breve epilogo con recenti correzioni.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akira Sendoh, Kenji Fujima, Shinichi Maki, Toru Hanagata
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Fujima fu ricoverato in ospedale per le analisi, non riscontrarono danni cerebrali. Il Toyotama, che sconfisse lo Shoyo per 61/59, non vinse la disputa successiva, sempre all’ottavo posto. Alla fine dell’incontro, solo Minami non esultava, immobile fissava il vuoto. Onore ai vinti e il saluto, ma lui rimase a fissare la schiena di Fujima mentre si allontanava sorretto da Hanagata. Si tormentò più volte chiedendosi per quale ragione il suo avversario, che nella discesa di quel fatidico istante lo stava guardando dritto negli occhi, non decise di evitarlo come aveva fatto il suo compagno. Fu una diversa categoria di distrazione: Fujima con l’esuberanza della gioventù, colse unicamente una sfida tra pari. Ma lui non ne fu all’altezza e procedendo al proprio livello etico sconfisse il rivale giocando sporco. Fu la prima volta che si ritrovò davanti qualcuno che non aveva paura di essere colpito. Perché Fujima coesisteva con la paura, la sfiorava costantemente proponendosi come suo avversario diretto. Un folle. Minami dovette accettare la sua inettitudine, lui non poteva appartenere al suo mondo.
-A Hiroshima ci torneremo anche l’anno prossimo, credeteci.- Così disse ai suoi ragazzi a partita finita, avviliti alcuni e lacrime copiose altri. Tornarono a casa con la prospettiva di condurre d’ora in poi allenamenti molto più intensi, e carichi di difetti da correggere, furono nuovamente pronti a ripartire.

Con l’avanzare dell’estate, lo Shoyo era in piena attività. Allenamenti che cominciavano alle 7 con 20 giri del campo all’aperto, numero che il capitano avrebbe aumentato nel tempo, e finivano solo nel tardo pomeriggio ogni giorno. Per correttezza, lasciva per tutti una mezza giornata di riposo a settimana, anche se lui eludeva sempre la consuetudine e insieme, anche Hanagata.
Un giorno telefonò a Kyomi (non si sa come ebbe il suo numero) invitandola a vedere un amichevole contro una squadra molto forte di Osaka, prima della sua prefettura, che procurò una sconfitta alla Toyotama nelle eliminatorie di quell’anno. –Questa volta vinceremo e lo faremo in tuo onore, per ringraziarti dell’enorme sostegno che ci hai dato. –
Presenziò all’incontro, stavolta con un’eccitazione maggiore, contenta di poter rivedere le performance di Fujima e i compagni. La Daiei era sfrontata quanto l’altra squadra di Osaka, ma non ottenne la vittoria con mosse scorrette. Anche loro dovettero contrastare le manovre della Toyotama, non fu facile, resistettero fino alla fine con i nemici alle costole, costrinsero Minami a una mossa falsa e lo fecero espellere per fallo grave. Molto calcolatori e con un’abilità superiore ai vinti, Fujima non sottovalutò affatto questi avversari. La squadra migliorò ulteriormente e lo fece in poco tempo, la trasformazione destò meraviglia tra i giocatori avversari che li videro in azione solo un mese fa. La Daiei tenne i nervi saldi solo fino alla fine del primo tempo. Nel resto della partita furono dominati dal gioco impetuoso degli altri. Il loro playmaker faceva fatica a contrastare Fujima, perse equilibrio diverse volte verso la fine, non poteva capacitarsi che dopo l’infortunio negli inter-high dove fece scalpore per lo svenimento in campo, questo potesse riprendere a giocare tanto presto compiendo, oltretutto, evoluzioni inedite. La fasciatura sul bernoccolo ingannò tutti.
Difficile pareggiare in velocità con lui e quasi impossibile da marcare a uomo, la Daiei gli mise un muro di contenimento attorno sfruttando tre dei giocatori più alti, mentre lui stava per segnare il punto. Emise uno sbuffo diabolico e lanciò la palla attraverso le schiene inarcate su di lui. In linea retta, giunse come un proiettile nelle mani aperte di Hanagata. La montatura nera arretrò con un salto e si mise dietro alla semicirconferenza maggiore, lanciò in sospensione, un tiro da tre punti.
L’ultimo canestro prima del fischio lo segnò Fujima. Virò all’indietro passando la palla da una mano all’altra palleggiando, gravitò intorno al corpo del tenace avversario in posizione di blocco e lo superò. Corse avanti e si impuntò. Il tronco girato di ¾ verso il canestro, uno leggiadro slancio di gambe flesse. La palla partì dalle mani e descrivendo un’ampia gittata cadde con esattezza nella circonferenza del canestro.
Il fischio giunse. Lo Shoyo trionfò sollevando le braccia. Battendo la Daiei si erano presi un’implicita rivincita sul Toyotama. Furono esaltati oltremodo. Le due squadre schierate intorno al cerchio interno, l’arbitro in testa sollevò la palla contesa, dichiarò i vincitori e posizionò quel trofeo sul lato dello Shoyo.
I ragazzi della squadra si girarono verso le panchine, pugni alzati, vociarono all’unisono. -Per il presidente!!-
Kyomi arrossì basita. La sua espressione tra imbarazzo e sbigottimento si ricompose, e lei si sciolse con trasporto in una fragorosa risata, commossa dalla singolarità di quel gesto.



Estate inoltrata, aria torrida, le anime strisciavano sull’asfalto in cerca di altri purgatori. Fujima scese dalla sauna urbana denominata linea urbana Kanagawa, copioso di sudore. L’autobus gli regalò un ultima calorosa ventata e ripartì. Borsa in spalla, si diresse verso la scuola. Con la fronte libera di bende, si sentì di nuovo se stesso. I suoi pensieri arrivavano a scuola sempre prima di lui, i suoi ragazzi che si allenavano ora in palestra, magari il prossimo inter-high, alcuni buchi nel programma scolastico, l’alterigia dell’insegnante di ginnastica ordinaria …. sei in ritardo Fujima. Il ragazzo si voltò, il suo migliore amico con gli occhiali da sole paratosi a braccia conserte davanti al cancello. Lo guardò torvo, -Attento a non inciampare sul campo, Hanagata, sei miope.- Un saluto affettuoso come il consiglio. Era mezzogiorno, si erano dati appuntamento per pranzare prima degli allenamenti pomeridiani. Il cestino del pranzo lo preparava sempre Hanagata, maggiore di 4 fratelli lasciati alla deriva da genitori stacanovisti, avrebbero mangiato insieme anche oggi come in un ordinario giorno di lezione, ma Fujima si scusò perché aveva sacrificato l’ora del loro ritrovo per un impegno particolare: avrebbe approfittato della disponibilità di Kyomi Kanako per riprendere i punti critici del suo programma di studio. –Dopo i nazionali è riapparsa spesso, eh?- gli fece notare Hanagata con la sfacciataggine dietro le lenti scure.
–Disse colui che lacrimava a dirotto dopo i campionati persi.- Fece la sua comparsa la molto disquisita presidente Kyomi. Abito bianco lungo che celava le ginocchia, un capello ampio e una borsa enorme in mano. Hanagata si irrigidì, per il suo candore e per le sue insinuazioni. –Salve, presidente, le auguro buon lavoro.- Un inchino leggero per non sciupare la sua altezza.
Si avviarono verso la sala riservata del comitato studentesco. Il presidente era impegnata con l’organizzazione del nuovo anno scolastico e ultimamente usufruiva spesso di questa stanza. Vi condusse anche Fujima per l’occasione. –Ho impressione di essere stata troppo sfrontata.- Esordì lei dopo aver posato la borsa. Era rispettata da tutti i membri della squadra, ma con la montatura nera si era creato un rapporto particolare, si stuzzicavano a vicenda a ogni incontro. E nessuno dei due ne comprendeva il motivo. Molti vedendo la scena avrebbero detto che si erano invaghiti del capitano, ma nessuno dei due pareva acclamare questa ipotesi. Kyomi non si scomponeva mai, ma quell’Hanagata le suscitava un filo di avversione incontrollabile. Fujima rise sommesso. –Alcuni dicono che vi siete entrambi innamorati di me. - Kyomi scostò il viso da una parte. –Impossibile.- Rispose fredda, ma sarebbe sprofondata molto volentieri.
-Ti hanno tolto le bende, Fujima.- Osservò lei. Per accontentare alcuni dei suoi giocatori, in particolar modo, Hanagata che voleva ingessargli la testa tanto era in apprensione per il suo capitano, tenne le medicazioni per un mese. La ferita era larga e lo marchiò con una piccola cicatrice, esteticamente irrilevante, poiché nascosta dalla lunga frangia.
Kyomi disapprovò quella chioma fuori misura, non si addiceva a un atleta. Scrutò Fujima per un po’, e posò il libro. Prese delle piccole forbici da cucito dalla sua borsa. –Non ce ne bisogno, provvederò domani stesso!- Fece lui intimorito. Ma lei lo assicurò sulla sua precisione e si inclinò su di lui sfiorandogli la testa con una mano, mentre l’altra si studiava la lunghezza da recidere. Avvicinò il viso per mirare meglio la linea da seguire e mosse le forbici. Furono a una distanza quasi irrilevante, lui fu sorpreso da un lieve rossore. Scese una spolverata di capelli. Con uno strumento ledente in mano procedeva con movimenti lenti. –Chiudi gli occhi.- Gli chiese. E delicatamente gli soffiò via i capelli caduti sul viso. Il ragazzo ebbe un fremito, ebbro di beatitudine. Sentì le punte delle sue dita lambirgli il viso, inerme, abbandonandosi a Kyomi.
Tastando con gli occhi l’epidermide chiara e le linee che gli si disegnavano sul volto, decise ed eleganti, le sopracciglia marcate si inarcavano sulle ciglia che gettavano una leggera ombra, pupille agitate dietro alle palpebre dalla tonalità terrosa, da Fujima stava riemergendo una sfumatura diversa, tracce di un’orma antica. Osservò la piega del colletto della sua camicia bianca, le punte angolari su cui erano intrappolati piccoli frammenti di capelli. Provò un inesplicabile nostalgia.
Non riuscì a focalizzare i suoi pensieri. Ma la sensazione che era impressa sulla pelle, la inseguì e l’assalì con altre ondate di reminiscenze. Inquieta, cercò di negarsi.
Fujima riaprì gli occhi. Ancorata alla stessa altezza, ormeggiava il viso di Kyomi dall’espressione persa. Un naufragio di affanni passati oltre le foci dei suoi occhi languidi. La ricondusse sulla terra con un aleatorio tocco della mano sfiorando i lati del viso esangue. Lei sussultò. Si distaccò subito da lì. Ritornò a sedersi sulla sua sedia, e riprese il libro lasciato aperto. –Scusa, ma non è venuta tanto bene.-
  
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