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Autore: Soul of Paper    08/05/2014    5 recensioni
Il mio finale della quinta serie. Cosa sarebbe successo se dopo aver ricevuto quella telefonata notturna a casa di Madame Mille Lire nella quinta puntata ed essersi seduti su quel divano, le cose fossero andate diversamente? Cosa sarebbe successo se Gaetano non avesse permesso a Camilla di "fuggire" di nuovo? Da lì in poi la storia si sviluppa prendendo anche spunto da eventi delle ultime due puntate, ma deviando in maniera sempre più netta, per arrivare al finale che tutte noi avremmo voluto vedere...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Camilla Baudino, Gaetano Berardi, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 30: “Letting go – seconda e ultima parte”
 


Disclaimer: questi personaggi non mi appartengono ma sono di proprietà dei rispettivi proprietari/detentori di copyright. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


 
“Ahh, la mia testa!”
 
“Se non avessi bevuto così tanto adesso non staresti così,” lo rimprovera Carmen, prima di prendere il fazzoletto che copre la fronte dell’uomo, bagnarlo di nuovo in acqua fredda e rimetterlo al suo posto.
 
“Hai ragione. Scusami, Carmen, per tutto il disturbo e anche per prima… mi sono comportato da idiota, ma-“
 
“Ma eri borracho… ubriaco… Adesso pensa a riprenderti, ok?”
 
Erano ormai le sei del mattino e di sonno nemmeno a parlarne: quando aveva portato Renzo in camera sua l’aveva dovuto aiutare a svestirsi e a mettersi a letto. Nel delirio alcolico, Renzo, forse perché l’aveva vista togliergli i vestiti, aveva anche tentato di baciarla e l’aveva chiamata “mi gatita”, come faceva quando stavano insieme a Barcellona. Nonostante ci avesse provato insistentemente, non le era stato difficile scansarsi, dato che a stento si reggeva in piedi, figuriamoci riuscire a coordinare i movimenti.
 
Poi, quando stava per andarsene, erano arrivati gli attacchi di vomito: per fortuna aveva afferrato per tempo il cestino dei rifiuti.
 
Alla fine era rimasta con lui, non se l’era sentita di lasciarlo solo e l’aveva assistito fino ad ora, cercando di alleviare i sintomi da hangover, come si diceva a New York, o da resaca, come si diceva a Barcellona. In qualunque modo si volessero chiamare, erano decisamente spiacevoli.
 
“E comunque non è tanto con me che dovresti scusarti, ma con Camilla: non vi avevo mai visto litigare così,” osa infine aggiungere la spagnola, dopo un attimo di riflessione.
 
“Si vede che sei stata via un po’ di tempo,” ribatte Renzo con una risata che provoca un altro attacco di conati, anche se ormai espelle solo parte dell’acqua che Carmen gli ha fatto bere per reidratarsi, “ultimamente io e Camilla non riusciamo a fare altro che litigare, le poche volte che ci parliamo.”
 
“Ma quando vi siete separati a Barcellona discutevate, sì, ma siete sempre rimasti in rapporti civili.”
 
“Ma c’era una differenza fondamentale, Carmen,” replica Renzo, amaro, bevendo un sorso d’acqua con un’espressione disgustata, come se si trattasse di veleno.
 
“Che stavolta ti ha lasciato lei?” chiede Carmen, con un sopracciglio alzato.
 
“Benissimo, vedo che ormai tutto il mondo sa che sono un cornuto. Ebbene, sì, Camilla mi ha mollato per quella specie di Big Jim… Ed è proprio lui il problema: ha un’influenza, un ascendente assurdo sia su Camilla che su Livietta e ha fatto e sta facendo di tutto per allontanarle da me!”
 
“Renzo, guarda che oggi un po’ l’ho conosciuto Gaetano e non mi sembra affatto come lo descrivi. Anzi, come ha saputo che eri sparito ha mollato tutto e ci ha aiutate a cercarti, ci ha portato qui... Non saremmo probabilmente mai riuscite a trovarti senza il suo aiuto,” prova a spiegare Carmen, conciliante.
 
“Ma benissimo: ha conquistato anche te? Fai parte anche tu dell’affollatissimo Gaetano Berardi fan club?” sogghigna Renzo, amaro, guardandola come se l’avesse tradito.
 
“No, Renzo, non mi ha conquistata. Ma sto solo cercando di dirti che forse Gaetano non è il male assoluto e nemmeno il motivo per cui Camilla e Livietta si stanno allontanando da te.”
 
“E quale sarebbe allora questo motivo?”
 
“Il tuo risentimento e la tua gelosia nei confronti di Gaetano e il modo in cui tratti non solo lui, ma soprattutto Camilla,” risponde Carmen, fissandolo dritto negli occhi come se stesse pronunciando un’ovvietà.
 
“Beh, scusami tanto se ce l’ho con lui per avermi portato via la moglie, o con lei per avermi riempito di corna in quest’ultimo anno, se non da prima. Cosa dovrei fare, eh? Fare loro i complimenti e le congratulazioni e augurare loro ogni felicità?” chiede Renzo, alzando il tono di voce e pentendosene immediatamente quando un’altra fitta gli trapassa il cranio da parte a parte.
 
“No, capisco che ti fa male, però… Renzo, non hai mai pensato che come ti senti ora tu è lo stesso modo in cui si deve essere sentita Camilla quando l’hai lasciata per stare con me? Anche lei allora era la cornuta, Renzo, anche se odio quel termine. Io e te ci siamo visti di nascosto per mesi prima che la lasciassi, e lo sai. Come ti saresti sentito se Camilla avesse iniziato a trattarti o a trattare me nel modo in cui tu hai trattato lei e Gaetano prima, giù alla reception?”
 
“Non è la stessa cosa!”
 
“Ma certo che è la stessa cosa, Renzo! Credi che Camilla non sia stata ferita ed arrabbiata quando vi siete lasciati? Pensa se Camilla avesse iniziato ad aggredirti o ad insultarmi ogni volta che ci incontravamo. Cosa sarebbe successo? So che tu avresti cercato in ogni modo di difendermi e i rapporti tra di voi sarebbero ancora peggiorati! Quando Andreina mi offendeva e mi dava della… della puta… quando io mi sentivo in colpa, ti ricordi cosa mi dicevi? Che non era colpa mia se ti eri innamorato di me e che io non avevo nessun obbligo nei confronti di Camilla. Che non si può decidere chi si ama. E io allora ero nella stessa posizione di Gaetano adesso, se non peggio.”
 
“Ma-“
 
“Ascoltami, io non c’ero nelle ultime settimane e quindi non posso sapere bene quello che è successo, ma quello che ho visto prima di sotto mi è bastato per farmi un’idea. Renzo, Camilla era molto preoccupata per te e si è fatta in quattro per capire dove ti trovavi, in che albergo stavi: è davvero brava nelle indagini, ancora meglio di quanto ricordassi…”
 
“Eh, certo, lei e il poliziotto insieme fanno questa specie di squadra imbattibile, no?” commenta Renzo, scuotendo il capo e di nuovo pagandola cara, dato che viene investito da un’ondata di nausea peggiore del mal di mare.
 
Carmen lo aiuta a distendersi nuovamente e aspetta che lui riapra gli occhi e la guardi prima di rispondergli.
 
“Renzo, non è questo il punto. Il punto è che Camilla ci tiene ancora a te, probabilmente non ti ama più, ma ti vuole bene e anche Livietta ti adora. Ma quando sei arrivato, in pochi minuti con il tuo atteggiamento hai distrutto ogni sentimento positivo che lei può avere provato oggi nei tuoi confronti. E poi sparire così, bere così… non è da te Renzo. Ho visto anche il casino nel tuo studio: e dire che quando stavamo insieme ti chiamavo Don Limpio, Mastro Lindo, da quanto eri maniaco dell’ordine e della pulizia.”
 
“Carmen…” prova ad obiettare, ma la voce gli muore in gola. Sa che ha ragione, sa che ultimamente sembra che stia perdendo il controllo in tanti, troppi ambiti della sua vita. Ormai gli è rimasto solo il lavoro: l’unica cosa che riesce a distrarlo e in cui non si sente un fallimento totale.
 
“Renzo, tu non puoi distruggere la tua vita perché Camilla ti ha lasciato. E non puoi nemmeno cercare di distruggere la sua di vita per ripicca…”
 
“Carmen, non è facile io… io non so se posso vivere senza Camilla,” confessa Renzo, mentre una grande malinconia gli chiude lo stomaco.
 
“Renzo, por favor, non dire idiozie e non fare il melodrammatico! Quando stavi con me hai passato mesi, anni senza quasi vedere Camilla, a migliaia di chilometri di distanza. Forse non sarò stata la compagna che volevi, forse non ti avrò reso felice e non mi amavi, ma sei sopravvissuto benissimo e non mi sembravi certo disperato,” gli ricorda Carmen, con tono improvvisamente duro, quasi aspro.
 
“Carmen… scusami io… non dovrei sfogarmi proprio con te, lo so. Sono un idiota,” ammette, rendendosi conto che Carmen è la persona meno adatta con cui parlare di Camilla.
 
“Meglio che ti sfoghi con me, piuttosto che ti distruggi il fegato con l’alcol,” replica Carmen con una mezza risata amara, “e poi dubito che qualsiasi cosa tu mi dirai potrà farmi più male di quando mi hai mollata su due piedi, cinque minuti prima di partire per New York.”
 
Si guardano per qualche istante, Renzo prova a prenderle una mano ma lei si sottrae. Poi, dopo qualche altro istante di silenzio, tira un forte sospiro ed alza gli occhi al soffitto, prima di posare la mano su quella dell’uomo.
 
“Renzo, se c’è qualcosa che ho imparato in questi anni è che non si muore per le sofferenze amorose, per quanto dolorose. Quando mi hai lasciata pensavo che la mia vita fosse finita, ero disperata, ma sono andata avanti e mi sono rifatta una vita. Anche Camilla quando l’hai lasciata ha sofferto, era evidente che stava male quando la incontravamo, ma è sopravvissuta e l’ha superato. La vita continua, Renzo, e sarà così anche per te. Nessuno dice che sia facile, ma è possibile.”
 
Renzo apre bocca ma esita prima di parlare, limitandosi a guardarla negli occhi.
 
“Dai, sfogati pure, dimmi che ti passa per la cabeza, tranquillo,” proclama con un sorriso rassicurante che le richiede un grande sforzo, stringendogli la mano.
 
Si maledice per la sua debolezza, per la sua accondiscendenza nei confronti di quest’uomo, ma sa anche che Renzo, a parte lei, non ha nessun altro con cui sfogarsi. Niente genitori, solo un padre che chissà dove stava e che non si era mai comportato come tale, nessun parente, praticamente nessun amico rimasto dopo i tanti trasferimenti. Solo colleghi, conoscenti di lavoro e lei, ma loro non erano mai stati veramente amici.
 
Non ci aveva mai pensato, del resto la vita di Renzo era sempre stata affollata, tra Camilla, Livietta e Andreina, e non aveva mai pensato che sarebbe potuto essere altrimenti, ma la verità era che, tagliati i ponti con Camilla, Renzo era un uomo solo, davvero solo.
 
“Carmen…” sussurra lui commosso, per poi aggiungere, dopo un attimo di esitazione, “lo so che la vita continua e che… e che tante persone si lasciano e vanno avanti ma… è che ho sempre pensato che io e Camilla saremmo invecchiati insieme, che, qualsiasi cosa fosse successa, lei per me ci sarebbe stata. Che sarei sempre stato io l’uomo più importante della sua vita, che sì, magari poteva anche desiderare ed essere attratta da un altro uomo, ma che alla fine avrebbe sempre scelto me.”
 
“Come quando ha mollato Marco di punto in bianco per tornare con te?” domanda la spagnola, aggiungendo poi, senza bisogno di ascoltare la risposta, “ma se l’ha fatto è perché probabilmente non amava Marco, mentre di Gaetano mi sembra davvero innamorata e credo che dovresti cominciare ad accettarlo, anche se fa male.”
 
Del resto aveva visto più trasporto da parte di Camilla nei confronti di Gaetano in poche ore che in tutte le occasioni in cui l’aveva vista con Marco – e forse anche con Renzo – messe insieme, anche se questo pensiero ovviamente ritiene più prudente tenerselo per sé.
 
“Renzo, sinceramente il problema è che tu tratti, hai sempre trattato Camilla come se non fosse solo tua moglie, anzi, a volte proprio come se non fosse affatto tua moglie, ma una madre, una sorella, la tua famiglia di origine. Il porto sicuro da cui tornare quando fa comodo, il piano di backup. Però non è giusto pretendere questo da lei, lo capisci?” prova a farlo ragionare, fissandolo negli occhi, come implorandolo di smettere di mentire a se stesso, “da quando sono arrivata a Torino non vi ho mai visti felici come coppia: tu spesso la sera non avevi affatto voglia di tornare a casa, te lo si leggeva in faccia. Quando dovevamo partire per Parigi, sembrava quasi che non vedessi l’ora. E, come continuavi a raccontarmi, anche lei preferiva passare tutto il suo tempo libero altrove piuttosto che a casa vostra. Ma davvero preferivi continuare una vita del genere, di bugie, di insoddisfazioni piuttosto che stare da solo? Perché secondo me è di questo che hai paura, Renzo: di rimanere solo.”
 
“Non ho paura di rimanere solo! Ma ho paura di perdere anche mia figlia, lo capisci? Livietta è l’unica famiglia che mi è rimasta e-“
 
“E la perderai se continui a comportarti così: ma non ti rendi conto che trattando male sua madre, sparendo per giorni, bevendo, insomma, comportandoti come un idiota, l’unica cosa che ottieni è di allontanarla da te? E poi, soprattutto, non ti rendi conto che se dai di te un’immagine instabile, aggressiva, autodistruttiva, rischi sul serio di non vederla più tua figlia? Non solo Camilla, come madre, parte avvantaggiata, ma sta anche con un poliziotto e non un poliziotto qualunque, ma uno che conta. Sai cosa succede se finite in tribunale?”
 
“Carmen…” sussurra Renzo, colpito nel profondo da quelle parole che suonano terribilmente vere.
 
“Pensaci, ok?”
 
Per qualche istante non parlano e si limitano a fissarsi in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri.
 
“Sono stato così preso dai miei problemi che non ti ho nemmeno chiesto perché sei tornata, come è andata a New York, come sta Jack…” commenta improvvisamente Renzo, anche se il suo tono di voce diventa strano quando pronuncia il nome del compagno di Carmen.
 
“Senti, ne parliamo in un altro momento, ok? Adesso cerca di riposare un po’ e di riprenderti, poi con calma ne discutiamo,” risponde Carmen, spegnendo la luce sul comodino e provando ad alzarsi, ma lui trattiene ancora la mano di lei nella sua e non pare intenzionato a lasciarla andare.
 
Con un sospiro, quasi per un tacito accordo si corica accanto a lui, sopra al lenzuolo e, uno accanto all’altra, ma ognuno perso nei suoi pensieri, aspettano un sonno che non ne vuole sapere di arrivare.
 
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“Allora tu rimani? Sei sicura?”
 
Sono nella hall, Carmen è davanti a loro e, se esistesse una gara per le occhiaie più profonde, arriverebbero sicuramente tutti e tre sul podio, ma la spagnola vincerebbe indubbiamente il primo posto.
 
Dopo che Gaetano era tornato in hotel, Camilla aveva impiegato parecchio tempo a rassicurarlo sul fatto che stesse bene e ad evitare che potesse andare a fare “quattro chiacchiere” con Renzo, adducendo la motivazione, peraltro vera, che l’ex marito era ubriaco fradicio. Successivamente avevano deciso, nonostante l’orario improponibile, di avvertire Livietta che il padre era sano e salvo, sapendo che altrimenti la ragazza avrebbe passato non solo una notte insonne, ma anche in preda all’ansia. A lei avevano detto che Renzo aveva lavorato per due giorni praticamente non stop per finire in tempo, dormendo in una stanza dell’appartamento che stava ridecorando, senza nemmeno accorgersi che il cellulare si fosse scaricato e che quindi stava finalmente riposando e l’avrebbe chiamata l’indomani. Non sapevano se ci avesse creduto, ma avevano deciso che era meglio che raccontarle la verità. Erano poi rimasti anche loro in una camera dell’hotel per poche ore di sonno, giusto il necessario perché nessuno dei due si addormentasse al volante sulla strada del rientro a Torino.
 
“Sì… ho bisogno di parlare con Renzo e lo farò quando si sveglia… poi almeno do un’occhiata a come sta procedendo il progetto. Non so se oggi riuscirà a lavorare…” commenta la spagnola con un sospiro, stropicciandosi gli occhi, “e poi tornerò in macchina con lui.”
 
“D’accordo, Carmen… se hai bisogno chiamaci e… grazie,” proclama Camilla, guardando l’ex rivale negli occhi.
 
“Credo che non ci sia bisogno che mi ringrazi Camilla. Sono io che sono in debito con te, un debito che non so se potrò mai ripagarti… Se c’è una cosa di cui mi sono resa ancora di più conto nelle ultime ore è quanto tu sia stata… una signora con me e Renzo, quando è successo quello che è successo a Barcellona. Probabilmente molto più di quanto ci meritassimo.”
 
Puoi dirlo – pensa Camilla, evitando però qualsiasi ulteriore commento, rivolgendole un’ultima occhiata eloquente, voltandosi e dirigendosi insieme a Gaetano verso il parcheggio.
 
Come quasi sempre accade quando ha a che fare con la professoressa, Carmen non può evitare di sentirsi piccola ed inadeguata al suo cospetto, insignificante. E, lo sa bene, l’età anagrafica non c’entra nulla.
 
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“Dai papà, ancora cinque minuti, per favore!”
 
Lo sguardo implorante di Tommy quasi spezza loro il cuore, ma sanno che il momento, tanto odiato e rinviato fino all’ultimo, è infine arrivato.
 
La mattina dopo Eva e Tommy sarebbero partiti molto presto per Los Angeles. La svedese, che ancora occupava l’appartamento di Carmen in assenza della spagnola, aveva straordinariamente concesso loro di fare un’ultima cena tutti insieme a casa di Camilla, declinando però l’invito – cosa di cui, sinceramente, le erano stati doppiamente grati.
 
“Tommy, domattina ti devi alzare presto ed essere pronto per il viaggio ed è ora di andare a dormire,” proclama Gaetano, sapendo che è la cosa responsabile da fare, anche se vorrebbe rimandare questo saluto all’infinito.
 
“Il papà ha ragione, Tommy, è tardi…” conferma Camilla, accarezzando i capelli del bimbo.
 
“Ma poi non ci vediamo per tanto e… io non voglio,” si lamenta il bimbo, con gli occhi lucidi.
 
“Ehi,” sussurra Camilla, abbracciandoselo forte al petto e sentendolo attaccarsi al suo collo in modo quasi disperato, “Tommy, ascolta: ti ricordi quanto eri triste quando è partita la mamma? Ma hai visto che questi mesi sono passati in fretta, no? Vedrai che anche le settimane in America con la mamma passeranno velocissime: avrai tante cose da fare e da vedere che non avrai nemmeno il tempo di sentire la nostra mancanza. E poi c’è skype e quindi possiamo vederci e sentirci spesso.”
 
“Lo so, ma non è la stessa cosa. Mi mancherete tanto e anche Potti,” proclama, tirando su con il naso.
 
“Vedrai che starai bene in America e poi quando tornerai avrai un sacco di cose da raccontarci,” lo rassicura di nuovo Camilla, accarezzandogli la schiena, “a proposito di Potti… Livietta?”
 
Livietta annuisce ed estrae da un armadietto lì vicino un pacchetto incartato.
 
“Tieni, Tommy,” annuncia, porgendoglielo con un sorriso.
 
“È per me?” domanda il bimbo, con uno sguardo incredulo e felice.
 
“Certo che è per te. Dai, apri!” conferma la ragazza, scompigliandogli i capelli.
 
Il bimbo non se lo fa ripetere due volte e strappa la carta regalo, estraendone un peluche che è un sosia di Potti e guardandolo quasi incantato.
 
“Lo so che hai già il tuo drago, ma così se senti la mancanza di Potti o… nostra te lo tieni vicino ed è come se fossimo lì con te.”
 
“Grazie! Grazie!” continua a ripetere il bimbo, abbracciando prima la ragazza e poi Camilla, “vi voglio tanto bene!”
 
“Anche noi, Tommy, anche noi,” proclamano commosse, coccolandoselo ancora per un’ultima volta.
 
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“Allora, sei pronto per la nanna?”
 
“Sì, papà…”
 
Il bimbo lo attende già nel lettone. Date le circostanze, Gaetano gli ha concesso il permesso di dormire insieme per questa notte. Poco distante c’è la valigia di Tommy, già pronta, l’ultima aggiunta il peluche regalatogli da Camilla e Livietta.
 
Come si siede sul letto il bimbo gli si getta praticamente addosso, abbracciandolo.
 
“Ehi, ehi, cosa c’è?” gli sussurra, accarezzandogli la schiena.
 
“È che mi mancherai tantissimo e poi… ho paura che se non ci vediamo per tanto… ti dimentichi di me un’altra volta,” mormora di rimando il bimbo, sollevando il viso per guardare il padre negli occhi.
 
“Tommy…” sospira Gaetano, maledicendosi per l’ennesima volta per l’insicurezza, la paura dell’abbandono che ha trasmesso a suo figlio nei suoi primi anni di vita, “ascoltami, tu potrai andare anche in capo al mondo, potremmo non vederci per un sacco di tempo, ma io non mi dimenticherò mai di te. Anzi, sarò sempre ad aspettarti e a contare i giorni fino al momento in cui ci rivedremo. E ci rivedremo prestissimo.”
 
“Promesso?”
 
“Promesso! Anzi… aspetta un secondo,” proclama, girandosi per aprire un cassetto del comodino, “volevo darteli domani mattina, ma…”
 
Porge a Tommy un portafoto di plexiglass, contenente la foto che hanno scattato tutti insieme a Gardaland ed un piccolo lettore mp3 di plastica.
 
“Ci ho memorizzato tutte le canzoni dello Zecchino d’Oro che ti piacciono di più e anche l’inno di Mameli cantato da me,” spiega Gaetano, lievemente imbarazzato all’idea che qualcuno, a parte Tommy, possa ascoltare la sua performance canora, “e poi Camilla e Livietta mi hanno aiutato a registrare alcune delle tue storie preferite, quelle che la mamma non conosce, dato che le altre te le racconterà sicuramente lei. Così se senti nostalgia, te le puoi ascoltare prima di dormire.”
 
“Papà…” esclama Tommy con i lacrimoni, attaccandosi di nuovo alla via del padre, “grazie, grazie mille! Sono i regali più belli che ho mai ricevuto!”
 
Continuando a tenerselo stretto al petto, Gaetano spegne la luce e si prepara a vegliare suo figlio in quella che, già lo sa, sarà una notte insonne. Ma la sensazione di Tommy stretto a lui, i respiri che diventano sempre più lievi, il calore di quel corpicino contro il suo petto, la sensazione di avere tra le braccia la cosa più preziosa del mondo, sono ricordi che vuole imprimersi a fuoco nella mente e nel cuore, per aiutarlo a superare le lunghe settimane di assenza.
 
Anche se forse, ad essere sinceri, quello che lo spaventa di più non è tanto questa vacanza, ma quello che verrà dopo. Perché sa benissimo che non dipenderà solo da lui.
 
E la sensazione di incertezza, di impotenza lo fa sentire fragile, debole, come mai prima d’ora.
 
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“Renzo? Carmen?”
 
“Possiamo entrare?” domanda Renzo, con un’aria tra l’imbarazzato e l’esitante, “avrei bisogno… avrei bisogno di parlare con te.”
 
“Se è per insultarmi o insultare le persone a me più care come l’altra sera, ti pregherei di risparmiarci l’ennesima lite e andare a sfogarti altrove,” ribatte Camilla, gelida, non muovendosi di un centimetro dalla porta. Già era di pessimo umore per la partenza di Tommy poche ore prima e ci mancava solo Renzo o la spagnola ad aggiungerci un carico da undici.
 
“Camilla… l’altra sera mi sono comportato come un idiota, è vero, ma ero ubriaco e-“
 
“A parte che dubito che qualcuno ti abbia obbligato a bere così tanto o a sparire per giorni, ma, soprattutto, so benissimo che certe cose le pensi, eccome se le pensi, dato che me le avevi già sputate addosso quando non avevi una sola goccia d’alcol in corpo,” replica, tagliente, trapassandolo da parte a parte con uno sguardo da far tremare le ginocchia.
 
Renzo lancia un’occhiata a Carmen, quasi come a chiederle consiglio.
 
“Camilla, ascolta-“
 
“Carmen, per quanto abbia apprezzato il tuo aiuto l’altro giorno, mi chiedo perché tu abbia accompagnato Renzo,” la interrompe prima che possa parlare, “credo che non abbia bisogno dell’avvocato difensore o del suggeritore e penso che i problemi, gravi, che esistono tra noi due in questo momento dobbiamo risolverceli da soli, dato che riguardano solo noi due e, al limite, Livietta.”
 
“È proprio di Livietta che ti devo parlare, Camilla. E ho chiesto a Carmen di accompagnarmi perché temevo che, dopo l’altra sera, non avresti voluto parlarmi da sola, ma che avresti preferito che ci fosse anche qualcun altro,” spiega Renzo, cercando sempre di mantenere un tono conciliante.
 
Camilla non può fare a meno di scuotere il capo e massaggiarsi le tempie, mentre avverte le prime avvisaglie di un’emicrania.
 
“Sai una cosa, Renzo? Forse hai ragione. Solo che non pensavo che saremmo mai arrivati ad un punto in cui avrei preferito la presenza di Carmen insieme a noi al rimanere da sola con te,” commenta amara, riflettendo che la vita a volte ha un’ironia davvero beffarda, “e comunque Livietta non è in casa.”
 
“Lo so,” annuisce Renzo, aggiungendo poi, di fronte all’occhiata sorpresa di Camilla, “quando l’ho sentita l’altro ieri mi aveva detto che oggi sarebbe stata tutto il giorno in piscina con la sua amica Cristina. E ho pensato che forse sarebbe stato meglio poter parlare di quanto successo l’altro giorno e… confrontarci quando lei non c’era.”
 
Camilla si chiede se l’orario mattutino sia stato scelto anche per un altro motivo: il fatto che Gaetano quasi sicuramente sarebbe stato al lavoro – ed in effetti così è.
 
“Dai, entrate, prima che cambi idea,” acconsente dopo un attimo di riflessione, facendosi da parte, “ma ti avverto, Renzo: alla prima battuta sarcastica o, peggio, al primo insulto anche velato che sento, quella è la porta.”
 
“Ok, ok,” risponde Renzo, sollevando le mani quasi in segno di resa, mentre Carmen lo segue, con l’aria di chi vorrebbe essere ovunque ma non lì.
 
In altre circostanze, Camilla avrebbe potuto provare compassione per lei. Ma non in queste.
 
“Allora, cosa devi dirmi?” lo sprona, tagliando corto con i preamboli.
 
“Volevo dirti che mi dispiace per l’altra sera, che ho esagerato e ti chiedo scusa. Però… sono settimane che non passo un po’ di tempo con nostra figlia Camilla e… domani sarebbe dovuta venire a trascorrere il weekend con me,” spiega, affrettandosi ad aggiungere, dopo aver visto l’occhiataccia di Camilla, “e capisco che dopo quello che è successo a Sanremo… i piani possano essere cambiati e che tu possa essere contraria, però-“
 
“Sono felice che tu capisca, Renzo, perché in effetti il tuo comportamento degli ultimi periodi mi porta a dubitare che sia opportuno che Livietta passi del tempo da sola con te. Tra il fatto che sembri non essere capace di evitare di sfogare il tuo livore su chi ti sta intorno e di fare delle insinuazioni che definire gravissime è dire poco e il fatto che non ti ho mai visto bere come l’altra sera o perdere il controllo in quel modo… devo proseguire?”
 
“Lo so, Camilla, lo so e ho sbagliato ma non avrei mai pensato o voluto che voi mi vedeste in quello stato,” risponde Renzo, cercando sempre di mantenere un tono calmo e pacato.
 
“Perché se ti riduci in quello stato quando non ti vediamo il problema non esiste?” domanda Camilla, sarcastica.
 
“No, ma… non è che mi ubriaco tutti i giorni. È stato un caso isolato, Camilla: ero solo e l’ultimo periodo non è stato facile per me, per usare un eufemismo. E quindi ho voluto... distrarmi per un paio di giorni, cercare di dimenticare per un attimo i problemi e lo so che le cose non si risolvono in questo modo e che ho bevuto troppo e che non avrei dovuto rendermi irreperibile, ma non l’ho fatto in cattiva fede. Camilla, tu mi conosci da una vita, mi conosci meglio di chiunque altro e lo sai che non sono un uomo aggressivo o violento e soprattutto che non sono di certo un alcolizzato: non bevo praticamente mai e anche per questo reggo poco l’alcol. E soprattutto sai che non farei mai del male a nostra figlia, né mi ubriacherei o farei cose che possano farmi perdere il controllo in sua presenza.”
 
“Non lo so Renzo, la verità è che ultimamente mi sembra di non conoscerti più,” risponde Camilla con un’amarezza nel tono di voce che rispecchia quanto le faccia male come si sono evoluti i rapporti tra di loro, quanto lui le abbia fatto male.
 
“Camilla… io e te abbiamo i nostri problemi, è vero, e io posso avercela con te e con Gaetano, come tu puoi avercela con me, ma Livietta non c’entra. Io voglio un bene dell’anima a nostra figlia e non voglio perderla. E, ti ripeto, non farei mai nulla che possa farle del male, mai. Quello dell’altro giorno doveva essere un momento di sfogo solitario, un attimo in cui potevo… lasciarmi andare anche al dolore, sapendo che nessuno mi avrebbe visto. Capisci cosa intendo?”
 
Camilla sospira, capendo purtroppo benissimo cosa intende Renzo e ricordando un paio di volte in cui, dopo la loro prima separazione, era andata in auto in qualche posto isolato a piangere e sfogarsi. Ma non aveva mai perso il controllo in quel modo e non era mai scomparsa per giorni.
 
“Camilla, ti garantisco che quello che è successo l’altro giorno non si ripeterà mai più: né il bere, né… la sparizione. Però, per favore, permettimi di passare del tempo con nostra figlia, di recuperare un rapporto con lei. Non posso perdere anche Livietta,” la implora Renzo, guardandola con quell’espressione da cane bastonato a cui le è sempre stato difficilissimo resistere, forse perché le ricorda quella che usa anche la figlia quando vuole ottenere qualcosa.
 
“Io non voglio impedirti di vedere Livietta, Renzo, però capisci che l’idea di lasciarvi da soli non mi entusiasma e-“
 
“Ma non saremmo soli… Carmen si è offerta di venire con noi per il weekend, sempre e solo se tu sei d’accordo, ovviamente, così magari sei più tranquilla,” la interrompe Renzo, con il tono più convincente che possiede.
 
“Carmen?” domanda Camilla, incredula di fronte ad una simile proposta e ad una simile faccia tosta.
 
“Solo se vuoi, Camilla, claro…”
 
“E, sentiamo, cosa fareste in questo weekend? E soprattutto come giustifichereste la presenza di Carmen a Livietta, dato che non sa nulla della tua brillante performance dell’altro giorno?” chiede Camilla, con un sopracciglio alzato, “a meno che io non mi sia persa qualcosa e che voi due non siate tornati insieme.”
 
“No, no, non siamo tornati insieme. Io sono fidanzata e lo sai,” replica Carmen, imbarazzata, “però, ho pensato… io volevo andare a fare un po’ di shopping, sai, con i saldi. E allora magari potevo approfittare dell’occasione e Renzo poteva accompagnare me e Livietta in un giro per negozi a Milano. Così la mia presenza è giustificata e sono sicura che Livietta si divertirebbe.”
 
“Eh, certo, immagino che si divertirebbe a fare shopping in centro a Milano. Però, Renzo, lo sai come la penso sul riempire Livietta di regali, soprattutto se è per compensare altre… carenze e assenze e oltre che diseducativo, lo trovo assolutamente inutile e-“
 
“Camilla, lo so, ne abbiamo discusso allo sfinimento durante la nostra prima separazione. Ma siccome non abbiamo ancora preso una decisione sugli alimenti… è anche il mio modo per contribuire alle spese. Non compreremo cose costose e non esagereremo, diciamo l’essenziale per l’estate,” spiega Renzo, con il tono più persuasivo che possiede, “per favore, Camilla, dammi una possibilità, ti chiedo solo questo.”
 
Camilla sospira e si mette la testa tra le mani: sa che Livietta ha bisogno di passare del tempo con suo padre e, sebbene non se lo sarebbe mai aspettato, la presenza di Carmen la rassicura. Perché, anche se fa male, deve ammettere che Renzo è sempre stato più sereno, più calmo in sua presenza, che lei sa come prenderlo. Però ha paura, ha tanta paura di pentirsene amaramente.
 
“Renzo, questa non è una possibilità: è la tua ultima possibilità. Puoi andare a Milano con Livietta ma alle seguenti condizioni: voglio che mi chiami almeno due volte al giorno e che tieni il cellulare sempre acceso, che mi dai subito il recapito dell’hotel dove soggiornerete e che, soprattutto, mi prometti che non toccherai alcol e che manterrai un comportamento civile. Se ti azzardi anche solo a insultare me, Gaetano o a fare le tue battutine, le tue insinuazioni con Livietta, e lei me lo venisse a riferire o se mi accorgessi che si comporta in modo strano al suo rientro, e ti garantisco che me ne accorgerei…”
 
Lascia la frase in sospeso e non c’è nemmeno bisogno di finirla: il messaggio è chiarissimo e sarebbe più che disposta a finire in tribunale, se necessario, per tutelare sua figlia, anche se spera che non si arrivi mai a tanto.
 
“Grazie Camilla, vedrai che non te ne pentirai,” la assicura, guardandola negli occhi.
 
“Lo spero… lo spero tanto per tutti noi, Renzo.”
 
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Camilla esce dal bagno e si avvia in camera per finire di prepararsi. Nemmeno i getti d’acqua della doccia ipertecnologica che Renzo aveva voluto a tutti i costi comprare “per il suo mal di schiena” sono riusciti a rilassarla del tutto.
 
Poche ore prima Renzo e Carmen erano passati a prendere Livietta. La figlia si era comportata in modo molto distante col padre, ma sembrava più esitante, più incerta e meno dura. Camilla non sapeva cosa la figlia pensasse realmente di quello che era successo a Sanremo, ma in cuor suo dubitava che si fosse bevuta la storia del superlavoro matto e disperatissimo, peggio dello studio per Leopardi. Non aveva però insistito o preteso altre spiegazioni e Camilla si chiedeva se il motivo fosse che anche Livietta questa volta avesse paura di conoscere la verità e quindi si fosse, almeno per ora, fatta andare bene la “versione ufficiale” o se avrebbe indagato per conto suo, magari proprio con il padre.
 
La presenza di Carmen l’aveva profondamente sorpresa e anche Livietta aveva subito domandato se i due fossero tornati insieme di nuovo, con lo stesso tono con cui rinfacciava a lei e a Renzo le loro incoerenze. Ma Carmen aveva negato e, anzi, lei e Renzo avevano rivelato che la spagnola probabilmente si sarebbe di lì a poco trasferita a Londra per seguire il progetto che avevano nella City, dato che Jack trovava più comodo, anche per motivi linguistici e di lavoro, seguirla lì piuttosto che a Torino. Così, aveva aggiunto Renzo con un sorriso che Camilla aveva trovato ben poco rassicurante, lui si sarebbe potuto dedicare ai progetti in Italia e stare più vicino alla figlia.
 
C’era stato un momento di tensione quando una telefonata di Andreina li aveva interrotti e aveva reso inevitabile annunciare a Renzo che, nel giro di quindici giorni, più o meno, lei e Livietta sarebbero andate a Roma per una settimana. La domanda aleggiava nell’aria e Camilla aveva preferito sgombrare subito il campo da ogni dubbio, anche per testare la reazione di Renzo, specificando che anche Gaetano le avrebbe accompagnate. Renzo aveva abbozzato con un paio di battute su come fosse ben felice di lasciare Andreina in eredità al nuovo “genero” ma era evidente a tutti i presenti che stava trattenendosi più che poteva e che la notizia non gli aveva di certo fatto piacere, anzi.
 
Camilla sperava solo che si contenesse anche per tutto il weekend, perché altrimenti… Non ci voleva nemmeno pensare.
 
Presa da queste riflessioni ben poco felici, finisce di truccarsi e, ancora in accappatoio, afferra il cordless, si avvicina alla finestra e guarda verso l’appartamento di Gaetano, ma le tende sono tirate: dopo la partenza di Tommy il giorno prima, si erano visti per un aperitivo – che era praticamente un pranzo – dato che Livietta era in piscina e lui aveva pochi minuti di pausa dal lavoro. Avevano però evitato di parlare del bimbo, quasi per un tacito accordo. Lei gli aveva riferito della visita di Renzo e della decisione di permettergli di passare il weekend con la figlia e con Carmen. Come sempre accadeva in questi casi, Gaetano aveva ascoltato i suoi timori, le sue preoccupazioni e i suoi dubbi ma non aveva espresso giudizi, ricordandole però che, di qualsiasi cosa avesse avuto bisogno per sé o per Livietta, bastava un colpo di telefono e lui avrebbe fatto tutto quanto era in suo potere per aiutarle e per proteggerle. Si era anche offerto di essere presente al momento dell’arrivo di Renzo quella mattina, ma Camilla aveva ritenuto più prudente evitare l’incontro e le tensioni che sicuramente ne sarebbero seguite.
 
Sembrava però poi essere rimasto fuori fino a tardi, forse per lavoro: la sera prima tutte le luci dell’appartamento di fronte erano rimaste spente. Aveva infine ceduto al sonno ed era andata a dormire, vergognandosi un po’ per aver controllato così tante volte, peggio delle “poste” delle ragazzine alla prima cotta o di una stalker. Ma adesso sa che è in casa: ha visto la macchina parcheggiata fuori e ha deciso di fargli una sorpresa, spera gradita, per alleviare la malinconia di questo primo weekend senza il figlio.
 
Sta per comporre il numero quando il telefono si mette a squillare, facendole venire un mezzo infarto.
 
“Pronto?”
 
“Ciao, professoressa,” risponde una voce inconfondibile, con tono giocoso, mentre una delle tende di fronte si scosta e lo vede, oltre che lo sente, sorriderle e farle l’occhiolino.
 
“Gaetano,” sorride lei di rimando, scuotendo il capo incredula, “ci credi se ti dico che ti stavo per chiamare io? A volte penso che siamo telepatici.”
 
“Mmm, vediamo se lo siamo veramente. Per quale motivo mi stavi chiamando tu?” replica con quella voce e quella faccia da schiaffi che porta il suo sorriso a farsi ancora più ampio.
 
“Per invitarti a pranzo… sai, già che ho cucinato per me… io sono da sola e tu sei da solo, quindi…”
 
“E cos’avresti cucinato per te?” le domanda, sottolineando le ultime due parole, per farle capire che il tentativo, assolutamente adorabile, di sdrammatizzare l’invito, è anche assolutamente inutile e che a lui non la si fa.
 
“Mah… insalata di riso, vitello tonnato alla piemontese e una cheesecake,” risponde lei, sentendosi avvampare mentre la sfilza di pietanze conferma quello che è già ovvio. Ma del resto cucinare l’aveva aiutata a distrarsi e a non pensare a Renzo e a Livietta, sia la sera prima che quella mattina.
 
“Però! Ti tratti bene, professoressa. Forse dovresti cucinare solo per te più spesso,” ribatte lui, facendole di nuovo l’occhiolino.
 
“Gaetano…” lo avverte lei, ancora imbarazzata.
 
“E comunque su una cosa ti devo dare ragione, sai? Siamo davvero telepatici. Anche io ho cucinato qualcosa per me e… forse ho un po’ esagerato con le dosi. Allora mi sono chiesto: Gaetano, chi può aiutarti a finire tutto questo cibo prima che vada a male? Ero indeciso tra te, Madame Mille Lire o il portiere ma…”
 
“Gaetano!” esclama, scuotendo il capo e scoppiando insieme a lui in una risata, “sei tremendo, lo sai?”
 
“Mai quanto te,” ribatte con tono affettuoso.
 
“E si può sapere cosa avresti cucinato per te?” gli domanda, imitando il suo tono di prima.
 
“È una sorpresa, professoressa,” annuncia misterioso.
 
“Una sorpresa per cui bisogna chiamare i NAS o finire a farsi una lavanda gastrica?” lo punzecchia amorevolmente, conoscendo le sue scarse doti ai fornelli.
 
“Ecco, infatti, sei tremenda!” esclama, scoppiando di nuovo a ridere, “e comunque dovrai venire a scoprirlo di persona: dai che ti aspetto. E già che ci sei porta anche le cose che hai cucinato per te, così-“
 
“Abbiamo un piano d’emergenza?” lo interrompe con un’altra risata, “dai, scherzo, arrivo subito, il tempo di vestirmi.”
 
“Per me puoi rimanere anche così,” sussurra nella cornetta, trafiggendola con uno sguardo che, anche ad un cortile di distanza, la fa rabbrividire.
 
“Ah, e quindi ti va bene che il portiere mi veda in accappatoio? D’accordo che ormai siete in amicizia, ma…”
 
“Camilla!” esclama di nuovo, con un’occhiata tra l’esasperato e il geloso, “guarda che se continui così ti vengo a prendere, ti carico in spalla e ti porto qui di peso!”
 
“Se stai cercando di disincentivarmi dal continuare così, direi proprio che stai usando le minacce sbagliate, Gaetano: potrei prenderti in parola!” sussurra lei con un tono roco e carico di promesse.
 
Gaetano rimane per un attimo senza parole e si limita a deglutire.
 
“Arrivo subito,” gli promette, facendogli l’occhiolino e chiudendo la comunicazione prima che possa reagire, avviandosi verso la sua camera con un sorriso sulle labbra.
 
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“Consegna a domicilio!”
 
Le apre la porta e si trova davanti ad una pila di portavivande umana.
 
“Aspetta, aspetta: ti aiuto io,” si offre, liberandola dal fardello e ritirando il tutto nel frigorifero.
 
Si volta e rimane senza fiato a guardarla per qualche istante, ipnotizzato.
 
“Ritiro quello che ho detto sul rimanere in accappatoio: sei bellissima, ancora più del solito, anche se non so come sia possibile,” proclama, ancora mezzo intontito, ammirandola in quel vestitino bianco estivo che le arriva un po’ sopra al ginocchio e le lascia, per una volta, scoperte le gambe, di solito nascoste dai pantaloni ampi che usa sempre.
 
Sa benissimo che Camilla non sfoggia praticamente mai gonne e vestiti e, anche se, qualsiasi cosa indossi – o non indossi – rimane la donna più attraente e sensuale che abbia mai conosciuto, il fatto che si sia vestita così apposta per lui gli fa provare uno strano calore al petto, insieme ad altre reazioni fisiologiche assolutamente inequivocabili.
 
“Grazie,” risponde, lusingata dalle parole e soprattutto dagli sguardi che, non solo le fanno capire quanto i complimenti siano sinceri, ma che la fanno sentire davvero bella come lui la vede, “e tu… se le tue ammiratrici ti vedessero vestito così, altro che le file con il numeretto: dovrebbero mettere i tornelli e le transenne.”
 
“C’è una sola donna da cui desidero essere ammirato,” le sussurra, accarezzandole una guancia e dandole un lieve bacio sulle labbra, avendo riconosciuto benissimo il rimando alla battuta di Ricci che aveva scatenato una mega scenata di gelosia.
 
“Beh, allora sei fortunato, perché ti ammira davvero moltissimo, in tutti i sensi,” gli sussurra di rimando, mangiandoselo con gli occhi: con quella camicia e quei pantaloni in lino bianco sembra quasi una visione, un sogno, uscito direttamente da un servizio fotografico con tanto di spiaggia bianca, mare, sole e palme.
 
“Sai che siamo davvero telepatici? A guardarci sembra che ci siamo vestiti in coordinato,” commenta Gaetano per stemperare la tensione che ribolle nell’aria, prima che la passione esploda e la sorpresa vada, letteralmente, in fumo.
 
“In effetti è vero,” ribatte lei con un sorriso, lasciandosi condurre da lui oltre il bancone e verso il tavolo da pranzo.
 
“Ma che meraviglia!” commenta a bocca aperta, ammirando incredula una tavola perfettamente apparecchiata per due.
 
“Madame,” proclama lui galante, prendendole la mano e baciandogliela in un gesto di altri tempi, prima di porgerle una singola rosa rossa a stelo lungo.
 
“Guarda che mi sa che hai sbagliato l’invito: la Signorina Lovera è al terzo piano,” replica lei con un sorriso ancora più ampio, prima di trascinarlo in un bacio breve ma infuocato, che li lascia entrambi col fiatone e sussurrargli, a pochi centimetri dalle labbra, “grazie: è bellissima, è tutto bellissimo.”
 
“E aspetta di vedere il resto,” bofonchia lui, ancora a corto d’ossigeno, prima di scostare una sedia dal tavolo, per farla sedere come un perfetto gentleman.
 
“In realtà è proprio il resto che temo,” ribatte Camilla con una risata, facendogli l’occhiolino.
 
“Sappi che tra pochi minuti dovrai rimangiarti queste parole, letteralmente,” proclama, avviandosi in cucina ed estraendo una pirofila dal forno.
 
“Lo so che non è un piatto molto adatto a queste temperature ma… ogni tuo desiderio è un mio ordine, milady,” annuncia, posando la ceramica bollente su un sottopentola, abbastanza vicino che Camilla possa spiarne il contenuto.
 
“Lasagne?” domanda, sorpresa, “no: sono le famose lasagne di Torre?”
 
“Proprio quelle!”
 
“Ma allora non vale: non hai cucinato tu! Anche se probabilmente il mio stomaco ringrazierà,” protesta Camilla, ridendo.
 
“E invece le ho preparate personalmente. Torre mi ha dato la ricetta e mi ha supervisionato nella preparazione, insieme alla Lucianona. Ci sono voluti un po’ di tentativi ma… dovrebbero essere buone,” proclama orgoglioso, come un bimbo quando mostra alla mamma il compito in classe da 10 e lode.
 
“Davvero? E quando avreste fatto questo corso accelerato di cucina?” chiede, prima di rispondersi da sola, “ieri sera?”
 
“Sì, ci è voluto più del previsto, abbiamo finito in tarda notte, ma dovrebbe esserne valsa la pena,” dichiara, tagliandone due porzioni e impiattandole. Data la scarsa abilità manuale, nel servizio la lasagna un po’ si sfalda, ma Camilla è talmente stupita e toccata da questo gesto che non ci fa nemmeno caso.
 
“Ma quindi hai fatto tutto tu? Anche la besciamella, il ragù e la pasta all’uovo?” chiede conferma, ancora incredula.
 
“Tutto a partire da uovo, farina, pomodori e carne eccetera eccetera,” garantisce, mettendosi una mano sul cuore tipo giuramento solenne, “dai, assaggia.”
 
Dopo un secondo di esitazione, ne taglia un boccone e se lo porta alle labbra.
 
“Allora?” domanda, quasi trattenendo il fiato, osservando il mix indefinibile di espressioni sul volto della sua amata che, infine, chiude gli occhi.
 
“Sono buonissime!” esclama con un sorriso orgoglioso, riaprendo gli occhi.
 
“Non lo dici solo per farmi piacere?”
 
“No, no, sono buonissime assaggia!” conferma, staccandone un altro pezzo ed imboccandolo.
 
Gaetano si limita ad annuire, soddisfatto, constatando che è la verità.
 
“Il mio chef stellato!” proclama lei con un sorriso, avvicinandosi a lui oltre l’angolo del tavolo e dandogli un altro bacio, ancora più focoso del primo.
 
“Camilla,” sospira lui, separandosi con sommo sforzo, “se continuiamo così le lasagne le mangiamo gelate.”
 
“Vuoi dire che preferisci la lasagna a me?” lo provoca, facendo l’offesa.
 
“No, ma dopo tutto lo sforzo fatto…”
 
“Sarebbe un delitto sprecarle, hai ragione,” conferma, attaccando il suo piatto con grande appetito, nonostante non sia forse il cibo più adatto col caldo torrido che fa. Ma tutto il resto passa in secondo piano, di fronte ad un simile impegno, e soprattutto ad un piatto così buono.
 
“Che c’è?” domanda dopo un po’, notando che lui la osserva attentamente e non la perde di vista nemmeno per un secondo.
 
“C’è che adoro il modo in cui mangi!”
 
“Eh, sì, va beh, immagino che spettacolo: guardarmi mentre addento la lasagna,” si schernisce lei con tono affettuoso, sapendo benissimo che Gaetano, per qualche assurda ragione, probabilmente riuscirebbe a trovarla stupenda anche mentre getta l’immondizia o prepara la ciotola di Potti.
 
“No, sul serio: è che si vede che mangi di gusto, che ti godi il cibo, che ci metti passione, come in tutte le cose che fai,” conferma, spostando un riccio che le copre gli occhi.
 
Un altro bacio, un sorriso e finiscono le lasagne in quasi completo silenzio, godendosi la compagnia e l’atmosfera.
 
“E adesso… c’è la seconda parte della sorpresa,” annuncia, raccogliendo i piatti ed avviandosi verso la cucina.
 
“Non dirmi che…” esclama lei, intuendo cosa la aspetta e non potendo ancora crederci.
 
“Et voilà, pastiera napoletana: ricetta di Torre, riprodotta dal sottoscritto,” conferma, depositando la torta con la sua alzatina a centrotavola, “anche questo non è un dolce molto estivo, lo so, però-“
 
“Però è meraviglioso… TU sei meraviglioso: questa è la cosa più romantica che qualcuno abbia mai fatto per me,” confessa, commossa, alzandosi in piedi e abbracciandolo talmente forte da farsi quasi male alle braccia: il fatto che Gaetano si sia ricordato di quella che era una semplice battuta e si sia impegnato a tal punto per realizzarla, nonostante le sue ben note difficoltà ai fornelli, la lascia senza parole.
 
“Camilla…” sussurra, intenerito, ricambiando la stretta, “se questo è davvero il gesto più romantico che hai mai ricevuto, lo sarà ancora per poco, perché voglio darti solo il meglio, tutto ciò che meriti, e questo è solo un piccolo assaggio di ciò che ti aspetta, professoressa.”
 
“Tu mi dai già il meglio, Gaetano. Sei un uomo straordinario esattamente così come sei: anche se bruci il caffè o i biscotti. Non serve che fai gesti eclatanti o che migliori o che cambi in nulla. Ma il fatto che ti sia impegnato così tanto ad organizzare tutto questo per me è...” si interrompe perché non esistono parole che possano descrivere ciò che prova, si limita a riempirgli di baci le guance per poi posarne un ultimo, dolce e delicato, sulle labbra, e sussurrargli “ti amo!”
 
“Allora, questa torta?!” gli domanda poi, per alleggerire la commozione che aleggia nell’aria, sciogliendo l’abbraccio ed andandosi a sedere.
 
Gaetano sorride con gli occhi ancora lucidi e serve le due porzioni, riuscendo miracolosamente ad evitare di fare troppi danni, anche se l’irregolarità nella pasta frolla e il fondo un po’ troppo cotto, a tratti quasi bruciato, confermano inequivocabilmente la paternità del dolce.
 
“Mmmm… è squisita,” proclama, estasiata, dopo averne assaporato un boccone.
 
Di nuovo Gaetano constata con soddisfazione che è la verità: tutti gli sforzi sono serviti a qualcosa.
 
“Dovrò anche ricordarmi di ringraziare Torre: a parte che lui e la Lucianona potrebbero mettere su una scuola di cucina, se questi sono i risultati, ma immagino quanto impegno ci avranno messo,” commenta poi Camilla, tra un morso e l’altro, ancora deliziata.
 
“Sì, credo che Torre stesse per strapparsi i capelli che gli sono rimasti o per buttarsi giù dal balcone per la disperazione, ma alla fine ce l’abbiamo fatta,” conferma ridendo, ricordando l’espressione dell’amico di fronte al tornado che sembrava aver invaso la sua cucina.
 
“Eccome: fosse per me non smetterei più di mangiarla, anche se è una bomba calorica,” proclama Camilla ricambiando la risata che però lentamente, in maniera quasi impercettibile si trasforma in un sorriso malizioso.
 
“Anzi,” aggiunge in un sussurro, alzandosi in piedi per poi accomodarsi, con movenze quasi feline, in braccio all’uomo che la guarda con uno strano mix di sorpresa e desiderio negli occhi, fattisi improvvisamente più cupi, “io conosco un sistema perfetto per smaltirle le calorie. Ti andrebbe di testarlo?”
 
“Camilla!” esclama con una mezza risata che gli si congela in gola quando sente un tocco caldo e umido sul collo e poi un altro e un altro ancora, come marchi a fuoco sulla pelle.
 
E poi, inatteso, un morso alla base del collo ed una scarica elettrica che lo attraversa da capo a piedi ed i pantaloni che sembrano improvvisamente di due taglie più piccoli.
 
“Camilla!” quasi grida, colto alla sprovvista e stregato da quest’iniziativa: sebbene la sua professoressa sia una donna molto passionale, raramente è lei a fare la prima mossa, e che mossa. Di solito conduce il gioco, è vero, ma facendosi inseguire, facendolo impazzire di desiderio prima di cedere e di lasciarsi andare completamente.
 
Ma ora il suo lato più sensuale diventa esplosivo, travolgente: il modo in cui gli sbottona la camicia, proseguendo il sentiero incandescente di baci e morsi leggeri mano a mano che scopre centimetri di pelle, fino a slacciargli la cintura e liberarlo da quelle costrizioni fattesi ormai fin troppo opprimenti. Il modo in cui si muove contro di lui, in cui lo tocca, in cui solleva lo sguardo, gli occhi da cerbiatta ridotti quasi a fessura e trasformati in quelli di una leonessa che divora la preda.
 
Solo che la preda è ben felice di lasciarsi divorare.
 
È proprio quello sguardo, o forse il brivido che gli corre lungo la schiena, a destarlo finalmente dalla paralisi che l’aveva colto e in cui si era limitato ad osservarla incantato e ad assaporare ogni sensazione. Ma ora le prende il viso tra le mani e la solleva, incollando quelle labbra che l’hanno fatto impazzire alle sue in un bacio quasi selvaggio, un vero e proprio duello praticamente in apnea, con la testa leggera e il cuore a mille, mentre le sue mani le percorrono le cosce, insinuandosi sotto il vestito e sollevandolo sempre di più.
 
Un altro morso delicato sulle labbra e riemergono per prendere fiato, mentre la camicia di lui infine vola a terra, seguita ben presto dall’abito, sfilato con urgenza che diventa disperazione: entrambi sono ormai quasi al punto di rottura. L’equilibrio sulla sedia si fa sempre più precario mentre i loro corpi si muovono l’uno contro l’altro ed evitano solo per un soffio di ribaltarsi a terra.
 
Camilla si alza quindi in piedi, trascinandolo con sé, mentre i pantaloni e i boxer gli scivolano lungo le gambe. Si guardano intorno per un secondo ed è Gaetano stavolta  a prendere l’iniziativa, guidandoli meglio che  può, cercando di non inciampare nei suoi stessi vestiti, e praticamente buttandosi con lei sull’isola del divano poco distante.
 
Riesce a calciare via gli ultimi indumenti rimastigli attorcigliati intorno alle caviglie, mentre Camilla si libera dell’intimo. Pochi secondi e finalmente è di nuovo dentro di lei, le grida soffocate nel collo dell’altro. Si muovono insieme ad un ritmo spasmodico, selvaggio, il sangue che rimbomba nelle orecchie e nel petto come un tamburo tribale.
 
Dopo qualche attimo o forse un’infinità, Gaetano si ritrova, non sa bene come, disteso sul tessuto morbido del divano: Camilla sopra di lui, quasi trasfigurata nell’impeto della passione, eterea e ferale allo stesso tempo, che lo prende e si prende il controllo, facendolo suo senza freni e senza inibizioni.
 
E da lì iniziano una danza, una battaglia per il controllo, tra gridi, gemiti, risa e baci, fino a che i contorni si sfumano, perdendosi l’uno nell’altra, mentre la vista si annebbia e vengono travolti dall’estasi e dall’oblio.
 
La prima a recuperare i sensi è Camilla, che si ritrova spalmata sopra a Gaetano in una posizione quanto mai precaria: il corpo per metà oltre il bordo del divano.
 
Cercando di evitare di ruzzolare per terra, si solleva, mentre anche Gaetano fa lo stesso, sedendosi l’uno accanto all’altra, uniti in un mezzo abbraccio.
 
“Wow,” esala Gaetano, cercando di riprendere ancora il fiato, “se ogni volta che ti preparo il pranzo questa è la ricompensa, mi toccherà iscrivermi ad una scuola alberghiera!”
 
“Scemo!” ride lei, stampandogli un bacio all’angolo delle labbra.
 
“Non è che pensi di ringraziare così anche Torre, vero?” aggiunge poi, con un’aria da schiaffi, guadagnandosi una gomitata nel fianco.
 
Sta ancora scuotendo il capo divertita, quando finalmente si guarda intorno e sente il viso avvampare: sembra un campo di guerra, con vestiti sparsi ovunque, alcuni volati perfino su una lampada e fino in cucina.
 
Si alza in piedi e si china per recuperare il primo indumento che le capita a tiro – il reggiseno – ma, appena si rialza, sente due braccia forti cingerle la vita da dietro.
 
“Dove pensi di scappare, professoressa?” le sussurra all’orecchio, baciandole la nuca e strappandoglielo dalle mani, ributtandolo a terra, aggiungendo, con tono roco, “questo non ti serve.”
 
“Gaetano!” esclama, ridendo per il solletico e cercando di divincolarsi, invano, dato che lui stringe ancora di più la presa, “e dai, su, e poi non eri tu che dicevi che vestita così ero bellissima?”
 
“E infatti vestita così sei bellissima, ma ti preferisco svestita e non credo esista un abito in grado di farmi cambiare idea,” proclama, cominciando a percorrerle la linea della spina dorsale con le labbra.
 
“Sì, ma non possiamo mica passare tutto il weekend così,” protesta lei, rabbrividendo, mentre sente la foschia calare di nuovo sul mondo che li circonda. Senza rendersene nemmeno conto, si ritrova letteralmente messa al muro: il contrasto tra il corpo rovente incollato alla sua schiena e il freddo della parete contro cui è compressa accentua ogni sensazione.
 
“E chi l’ha detto? Anzi, è proprio così che voglio passare questi due giorni con te: nudi, a fare l’amore. Abbiamo ancora tante stanze da inaugurare in questa casa e tanti di quei mobili,” le sussurra, mentre le mani ricominciano a vagare e ad esplorarla languidamente, fiaccando ancora di più le sue resistenze, aggiungendo poi, con un sorriso, “e il cibo per recuperare le energie non ci manca, anzi, e poi dovremo consumare le calorie e quindi ci occorrerà tanta, tanta attività fisica.”
 
“E in questo programma è contemplata qualche uscita o dovremo rimanere sempre chiusi tra queste quattro mura?”
 
“Mmmm, direi che possiamo uscire, sì, ma solo per percorrere lo spazio del cortile ed andare a casa tua: anche lì abbiamo ancora molte, molte stanze da battezzare,” replica prima di baciarle e poi mordicchiarle l’incavo del collo, facendola sobbalzare e gridare di piacere e di sorpresa.
 
“Non solo sei insaziabile, ma sei peggio di Dracula!” protesta con un sorriso, imbarazzata all’idea che i vicini possano averla sentita.
 
“Se lo sono è perché mi hai contagiato con il tuo morso di prima, cara la mia vampira,” ribatte ridendo.
 
Camilla volta il capo e per la prima volta nota, con la coda dell’occhio, il segno rosso vivo vicino alle scapole di Gaetano. Sentendosi avvampare, quasi senza pensarci, solleva una mano e sfiora il livido col pollice.
 
Questa volta è il turno di Gaetano di sussultare, mentre un suono strozzato gli sfugge dalle labbra.
 
Camilla approfitta dell’attimo di distrazione per liberarsi della presa e fuggire lungo il corridoio, riuscendo ad aprire una porta a caso e ad infilarcisi prima di venire nuovamente catturata: i polsi bloccati dietro la schiena, il respiro affannoso di lui sul collo e poi la risata nelle orecchie che fa eco alla sua, come due adolescenti spensierati.
 
Dopo pochi secondi però la risata cessa di colpo, quando si rendono conto di essere finiti nello studio.
 
L’immagine di Camilla nuda di fronte alla sua scrivania, scatena in Gaetano un desiderio lancinante, frutto di tante, troppe fantasie a lungo accarezzate ed immaginate – quasi fin dai loro primissimi incontri romani – ma mai realizzate.
 
“Allora, commissario,” lo provoca, come sempre sembrando leggergli nel pensiero, usando quel titolo che erano anni che non le sentiva pronunciare, voltandosi per incontrare il suo sguardo, “mi vuole spiegare per quale motivo mi sta trattenendo qui con la forza?”
 
“Professoressa, la dichiaro in arresto,” le sibila all’orecchio, stando al gioco ed iniziando a spingerla verso la scrivania, tenendole i polsi bloccati come se fosse ammanettata, “ha diritto di rimanere in silenzio, qualsiasi cosa dirà potrà essere e sarà usata contro di lei.”
 
Le lascia per un attimo il polso destro con l’intenzione di liberare la superficie da ogni ingombro, ma, non appena fa volare a terra gli oggetti sulla metà di destra, lei, approfittando del fatto che sia sbilanciato in avanti, riesce a spingerlo indietro e a fargli mollare del tutto la presa. Ruota su se stessa, lo trafigge con un’occhiata che è pura lava, sussurrandogli un “ci conto!” sulle labbra, prima di spazzare via lei stessa praticamente tutti gli oggetti rimasti e di stendersi sul legno, trascinandolo con sé in un bacio famelico.
 
Del resto Camilla non ha mai avuto un gran rispetto delle regole e dei ruoli – è l’ultimo pensiero coerente che percorre la mente di Gaetano, prima di affondare di nuovo nell’oblio – ed è anche per questo che è completamente, totalmente ed irrimediabilmente pazzo di lei.
 
 


Nota dell’autrice: Ed eccoci arrivati alla fine non solo di questo capitolo… molto infuocato, in tutti i sensi, ma anche di questa fase della storia. Cosa ci aspetta dal prossimo capitolo in poi? La città eterna, una suocera, diversi ritorni di personaggi “storici” e soprattutto finalmente un nuovo mistero da risolvere per i nostri. La nostra prof. senza indagini non riesce a stare e, un po’ come Miss Marple, dove va lei… Non voglio anticiparvi altro ma spero che la storia si mantenga sempre interessante e piacevole da leggere per voi come lo è per me da scrivere.

Se così non fosse fatemelo sapere, i suggerimenti sono per me fondamentali come tutti i vostri pareri e le vostre critiche, mi motivano davvero tantissimo alla scrittura e mi aiutano ad evitare di annoiarvi e a capire in che cosa migliorarmi e su cosa concentrarmi di più e su cosa di meno. Sono curiosissima di sapere cosa avete preferito e cosa meno di questo capitolo ;).

Grazie mille ancora per avermi seguita fin qui per tutti questi 30 capitoli e vi do appuntamento tra una settimana per il primo capitolo romano :)!
   
 
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