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Autore: Merope_Blackbow    08/05/2014    0 recensioni
Questa è la storia di Merope Blackbow.
Della bambina allegra e simpatica che era prima di Hogwarts.
È la storia di una ragazzina innocente, sempre pronta ad aiutare gli altri, sempre pronta ad accogliere l'amore nelle sue forme più strane.
Questo è quello che era.
Prima di diventare un mostro in lotta contro la propria parte demoniaca.
Semplicemente prima. Quando ancora trascorreva estati spensierate nel castello dei nonni paterni in Romania, quando aveva ancora una madre.
Questa è la sua vita prima del suo dodicesimo Natale.
Questa è la sua vita durante le estati dopo il 25 dicembre 2012.
Questo è quello che era un tempo e quello che è ora.
Questa è la sua storia.
Questa è la mia storia.
Perché sono io Merope Blackbow e questa è la mia vita.
Genere: Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nuova generazione
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Nota Autrice:

Questa storia nasce dal mio personaggio in un Gioco di Ruolo su Harry Potter.

Ho pensato fosse una buona idea scrivere il passato di questo personaggio un po' lunatico e complicato(cedo che i miei compagni di Casa siano d'accordo con questa descrizione XD).

Non m'importa se sarà all'altezza delle vostre aspettative, perché questo personaggio, Merope, è una piccola parte di me. Può sembrare strano, ma è così.

Merope ha perso così tanto in così poco tempo.

Spero che la sua storia si concluda con un lieto fine.

Ma non dipende solo da me.

Quindi, buona lettura.

E ricordate: il verso della Fenice Irlandese indica la pioggia, non una morte imminente.

 

 

 

31 ottobre 2007

Dublino, Irlanda

 

-Buon compleanno!-

Il flash della macchina fotografica mi accecò.

Risi e andai ad abbracciare mia madre. Era la donna più bella del mondo. O, almeno, lo era per me.

Katniss Lynch aveva capelli rossi che le arrivavano fino a metà schiena e occhi azzurri(da vera irlandese) stracolmi d'amore. Arrivava a malapena al metro e sessantotto. Al contrario di suo marito, che era alto un metro e ottanta.

Le uniche cose che avevo preso da mia mamma erano la pelle simile a ceramica e il naso all'insù.

Per il resto ero identica a mio padre, Alexander Blackbow: capelli neri come l'ebano e occhi neri come pece. A sua volta, papà, assomigliava alla nonna: una simpatica donna romena dagli occhi profondi che sembravano vedere attraverso i muscoli e le ossa, per arrivare alla tua anima.

-Mami!- urlai, avvolgendo la sua vita sottile con le mie braccia.

Era il 31 ottobre 2007, il mio compleanno. Eravamo in cucina. La mamma stava cucinando.

Era strano visto che avevamo degli elfi domestici. Ma alla mamma piaceva cucinare. Almeno nelle occasioni speciali.

E, quel giorno, era assolutamente speciale: avevo fatto la mia prima magia!

Questo voleva dire che sarei andata alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Non vedevo l'ora.

La mamma mi abbracciò forte e io affondai il viso nei suoi capelli, inspirando il suo profumo di fragole.

-La mia piccola streghetta!- esclamò la mamma orgogliosa. Io risi felice e sciolsi l'abbraccio.

-Ehi, streghetta-, mi chiamò papà, -Vieni a vedere le tue foto-

Diedi un bacio alla mamma e corsi da lui. Papà aveva fatto all'incirca due dozzine di foto da quando ero scesa dal letto, quella mattina.

Mi sedetti sulle sue gambe e lui mi mostrò le 24 foto magiche che aveva fatto.

Nella metà di esse stavo facendo volare il gatto, oppure facevo scomparire il vaso preferito della mamma per poi farglielo apparire di fronte all'improvviso.

Quando papà le fece vedere l'ultima foto, quella in cui avevo fatto scomparire la zucca di Halloween dal tavolo in cucina, lei sorrise.

-Merope-, mi disse, -Perché non vai a prepararti? Sandy ti porterà a fare dolcetto o scherzetto-

-Si- risposi ubbidiente e corsi in camera mia, seguita da Sandy, la nostra elfa domestica.

Si era presentata alla nostra porta il giorno in cui sono nata.

Mia mamma aveva partorito in casa, assistita dall'elfa e da nonna Willow, la mamma della mamma.

Salii le scale saltando un gradino si e uno no.

Entrai in camera per prepararmi, ignara di quello di cui stavano discutendo i miei genitori.

 

-Allora?- chiese Katniss, incrociando le braccia e guardando il marito.

-Allora cosa?- chiese lui, riponendo le foto della sua bambina in un carillon romeno che gli aveva regalato la madre quando si era sposato.

-Alexander, non far finta di non capire-, sussurrò lei, -Questa notte ci sarà la Luna Piena- disse la donna in tono grave.

-Oh-, rispose Alexander, -Giusto. La Luna Piena-

Mr Blackbow sospirò e si passò una mano tra i corti capelli neri. Si lasciò cadere sulla sedia della scrivania.

-Hai finito la Pozione Antilupo. Come farai?- chiese la moglie, camminando avanti e indietro per la stanza, evidentemente preoccupata.

-Non ti preoccupare Kat, andrà tutto bene- tentò di rassicurarla Alexander. -Andrò nella foresta. Sarete al sicuro-

 

Sandy mi stava aiutando ad indossare il mantello da vampiro che la mamma aveva commissionato ad un famoso stilista del mondo magico.

Mi truccò in modo da sembrare pallidissima e applicò del sangue finto sul mio mento.

Fra pochi minuti sarei andata in giro per Dublino a fare dolcetto o scherzetto.

Quell'anno la mamma e il papà non mi avrebbero accompagnato come facevano di solito, ma sarebbero rimasti a casa per il lavoro…credo.

-Sandy crede che la padroncina è bellissima- disse l'elfa quando ebbe finito di truccarmi.

-La padroncina sembra proprio un vampiro-

Sorrisi, mostrando i lunghi canini appuntiti, ovviamente finti.

Avevo scelto il costume da vampiro perché mi piacevano le storie che il nonno mi raccontava su di loro. Le avventure che aveva passato quando era ancora abbastanza giovane da dare la caccia ad un figlio della notte.

Ogni estate andavamo in Romania a far visita ai nonni: Dimitri e Natalia Blackbow.

E, ogni volta, io e il nonno facevamo lunghe passeggiate nei pressi del castello di proprietà dei Blackbow a Shighisoara, mentre il nonno mi raccontava le sue avventure da giovane cacciatore.

Io gli chiedevo sempre di raccontarmi del Principe delle Tenebre, il figlio di Vlad l'Impalatore, e lui mi accontentava sempre.

Una volta stavamo camminando in un bosco e, arrivati ad un certo punto, vedemmo un enorme castello antico.

Il nonno s'inginocchiò accanto a me e mi disse, indicando il castello:-Lo vedi, quello?-

Quando annuii, continuò.

-È il castello del Principe delle Tenebre. Quando non è in Transilvania o in giro per l'Europa viene qui- mi disse sorridendo.

Io rimasi a bocca aperta. Mi sembrava incredibile. Quando ero piccola adoravo i vampiri. Non per la loro bellezza, ma per la loro astuzia, per la loro eleganza e per la loro storia.

Dopo quel giorno il nonno mi portò sempre più vicino al castello, fino ad arrivare al portone d'ingresso.

Quando il nonno bussò, rimasi shockata. Lo tirai per una manica, e lui mi guardò sorridente.

-Non aver paura, piccola-, mi disse, -Il Principe non è un uomo cattivo. Anzi, è decisamente il contrario del padre-

Smisi di tirargli la manica. Ma non mi rilassai affatto.

Il portone si aprì, e un uomo alto dai capelli neri tirati all'indietro e occhi neri come pece ci accolse.

L'uomo tese la mano al nonno, che l'afferrò e lo salutò con un:-Principe Lucien-

E quindi eccolo là, il Principe delle Tenebre. Davanti alla piccola me…che era affascinata dall'aria di mistero che aleggiava nell'atrio del castello.

Ero a bocca aperta. Mi guardavo intorno, osservando ogni arazzo, ogni quadro e ogni statua che vedevo.

L'uomo, il Principe Lucien, si chinò di fronte a me e mi guardò negli occhi, sorridendo ed esibendo denti bianchissimi e perfettamente dritti.

-E chi è questa graziosa bambina?- chiese dandomi un buffetto sulla guancia. La sua mano era fredda come la mani di…beh, un vampiro.

-Sono Merope. Merope Blackbow, cinque anni- risposi sorridendo a mia volta.

-Bene Merope Blackbow. Benvenuta nel mio castello. Qual buon vento ti porta Dimitri?-

L'ultima frase l'aveva rivolta al nonno.

Credo che nonno Blackbow abbia detto qualcosa come:“La piccola s'interessa molto di vampiri”, o qualcosa del genere.

Non ricordo più molto bene. L'unica cosa che è rimasta nitida in quel ricordo, dopo sette anni, è l'odore di morte misto a vaniglia che seguiva Lucien ovunque.

 

Ma vi stavo raccontando della notte di Halloween.

Ebbene, quella notte la Luna splendeva alta nel cielo, quando io e Sandy uscimmo per percorrere le strade di Dublino a caccia di dolcetti.

Andai di casa in casa, sotto la sorveglianza costante dell'elfa.

Tornando a casa, notai che tutte le luci erano spente. La casa di campagna in cui vivevamo, che era sempre stata così piena di vita, sembrava abbandonata.

Stavo per aprire la porta di casa, quando sentii un verso basso e pulsante.

Mi girai di scatto verso il cespuglio di rose canine e lo vidi: un uccello magro e lugubre, nero con riflessi verdastri.

Lo riconobbi subito: un Augurey.

A Shighisoara ce n'erano molti. Sopratutto vicino al castello del Principe.

Aprii la porta di colpo e corsi in casa. Avevo paura. Mi avevano sempre detto che un Augurey cantava ad una morte imminente.

E cosa, se non la morte, poteva fare paura ad una bimba di sette anni?

A quell'età si crede che la falce del Cupo Mietitore non ti possa toccare. Che non possa nemmeno avvicinarsi alla tua casa.

Infatti, pensai fossero le decorazioni per Halloween, non il sangue di mia madre, la sua carne, i suoi organi, quelli sparsi per terra.

Formavano un macabro tappeto. Un sentiero da non percorrere se non a proprio rischio e pericolo.

Non lo percorsi. Camminai, come in un sogno, fino alla mia camera. Mi sdraiai sul letto e chiusi gli occhi.

Sandy mi seguì, chiudendo la porta alle sue spalle.

 

 

Il funerale si svolse due giorni dopo.

Entrai nella camera mortuaria insieme a mio padre. Lui avrebbe preferito lasciarmi fuori, ma io avevo insistito per entrare e vederla un'ultima volta.

Nella camera c'erano poche sedie, per i parenti, immaginai. Su di esse erano seduti i nonni Simon e Willow Lynch. I genitori della mamma.

Poi c'era Noah, il fratello minore della mamma. Zio Noah era un uomo sempre sorridente. Era, per l'appunto. Non l'avevo mai visto così triste.

La bara era al centro della camera. Era d'ebano, come voleva la mamma.

Mi avvicinai e, in punta di piedi, osservai il viso sfregiato della mamma. Tutti i trucchi del mondo non avrebbero potuto nascondere gli squarci sul suo bel viso…o sul resto del suo corpo minuto.

Non piansi mai. Neanche una lacrima. Dovevo essere forte, per papà.

  
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