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Autore: claudineclaudette_    25/07/2008    5 recensioni
Il mio nome è Yuri diventerò una guerriera! Il mio maestro…. Ma cominciamo dall’inizio!
La storia di una giovane che cerca di andare contro i pregiudizi della società in cui vive per riuscire a realizzare il suo sogno.
Dico solo un nome: Sephiroth! ...e una parola: Commenti! Perchè più commenti rendono gli autori più felici!
p.s. Lei non è una Mary Sue :p promesso!
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Altro contesto
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07. LEGAMI DI FAMIGLIA

 

Fu strano tornare a casa.

Safer ed io camminammo insieme fino al suo accampamento poi, senza scambiarci più una parola, ci separammo. Lui si sedette accanto ai resti di un fuoco mentre io imboccai il sentiero che mi avrebbe ricondotta alla valle dove sorgeva il mio villaggio.

I miei piedi si spostavano da soli, mettevo un passo davanti all'altro senza rendermene conto perché la mia mente sembrava comportarsi in modo diverso dal solito...vedevo più vivido...sentivo le cose più distintamente ma, soprattutto, percepivo ancora dentro di me il calore che avevo provato nel momento in cui la mia mano aveva toccato il Lifestream.

Cosa erano quelle sensazioni?

- Sono a casa - dissi a mezza voce, varcando la porta d'ingresso.

Quasi non mi accorsi della mano che calò violenta contro la mia guancia con uno schiocco sonoro.

Mi portai dolorante le dita al volto, mentre un velo di lacrime mi offuscava la vista. Non alzai nemmeno lo sguardo per vedere chi mi aveva colpito, non era difficile intuire chi fosse e inconsciamente cercai di farmi piccola piccola. Come un topolino messo al muro da un gatto.

- Dove sei stata? - tuonò la voce bassa e rauca di mio padre, la sua figura che incombeva su di me.

- Solo in giro...nei boschi.

Non lo guardai in faccia, limitandomi a tenere lo sguardo fisso sulla mano che mi aveva colpita, ora abbandonata lungo un fianco. Le sue dita si strinsero a pugno e tremarono. Per un secondo immaginai il suo volto e rabbrividii.

- Sei una svergognata - ringhiò lui, cercando di abbassare la voce, ottenendo però solo di renderla più minacciosa. - Non sei più una bambina, sei quasi una donna. Sgraziata, maldestra, con lineamenti troppo vistosi per essere apprezzati ma pur sempre una donna!

Trasalii. Lo ripeteva spesso, questo, di come i miei lineamenti non fossero adatti. Diceva che ero brutta, ma non era così: lo sapevo. Certo, non ero bella, ma lui intendeva un'altra cosa. Lui voleva un'altra cosa.

Come ho già detto, in questa piccola città e in alcune di quelle vicine la donna è sposa e madre. Fine. Sposa, madre.

Il mio corpo era troppo secco per essere adatto ad avere tanti figli (le donne con meno di quattro figli erano considerate un fallimento), in quanto all'essere sposa... avevo degli zigomi molto alti, altissimi, e questo non andava bene per mio padre e la gente come lui: erano considerati un simbolo di...ribellione. Desiderio di indipendenza, consapevolezza di sé...insomma, di qualcuno che non aveva intenzione di lasciarsi sottomettere. In parte era vero. Poi, le mie labbra non erano abbastanza piene e carnose come avrebbe voluto (credo non sarebbe stato contento nemmeno se le avessi riempire con della stoffa!)...il naso e la fronte erano proporzionati al resto della faccia, l'uno piccolo e minuto, ma non troppo, l'altra alta ma senza risultare esagerata. Ma non andavano bene lo stesso, per lui. Non erano bei lineamenti, ma rimanevano comunque apprezzabili!

Non qui, naturalmente.

E poi...ohhh, poi! I miei occhi erano enormi, neri come dei pozzi infiniti...più rotondeggianti che affusolati...quasi come una piccola foglia. Mio padre invece voleva una mandorla molto sottile.

Ciò che invece non mi aveva mai risparmiato una sgridata, una punizione, qualsiasi cosa, erano la leggerissima spruzzata di lentiggini castane che spuntavano sul mio naso quando appena prendevo un po' di sole. Quelle sì, che lo facevano infuriare!

Ma lui stava ancora urlando. - Cosa credi penseranno di te, tutti, se continui a vagare da sola per i boschi, come una selvaggia? Non ti sposeranno mai, non ti sposeranno mai!

Lo vidi alzare il braccio destro e tenerlo sospeso sopra la sua testa, pronto a calarlo di nuovo contro di me. I suoi occhi fiammeggiavano, ma erano lucidi. Le guance e il naso rossi. Ubriaco mi suggerì la parte di me che ancora riusciva a ragionare, mentre tutto il resto si rannicchiava, preparandosi a incassare il colpo.

- Papà! - esclamò un'altra voce. Una voce gentile di cui già il suono, da solo, sembrava avvolgermi e proteggermi. Poi comparve anche il proprietario di quella voce.

Shin! gridò il mio cuore, traboccante di gioia. Il mio fratello più grande.

- Papà, lascia stare Yuri. Se le lasci dei lividi sul corpo non la vorrà più nessuno... - disse con voce calma e suadente mentre afferrava con decisione il braccio alzato di mio padre e lo riabbassava. Il suo sguardo incrociò il mio un secondo, poi i suoi occhi saettarono verso la porta, espliciti.

Io sgusciai di nuovo fuori, senza farmi ripetere due volte il saggio consiglio, ma non potevo certo allontanarmi. Dovevo essere a portata di mano per quando papà fosse sbollito.

Entrai nella stalla dei Chocobo silenziosa come una pantera. Scorsi immediatamente mio fratello Yo, il terzogenito, intento a lisciare le piume al proprio chocobo nero. Gli strisciai alle spalle e feci di corsa tutta la lunga stalla, fino ad infilarmi nel box con il mio di chocobo. Le sue lucenti piume erano di colore smeraldo, perché nessuna parete rocciosa era troppo ripida per lei, si chiamava Lei Lin.

"Kuéé!!" cominciò felice appena mi vide, ma la zittii all'istante. Non volevo che Yo si accorgesse della mia presenza.

Lei Lin mi si accucciò accanto e mi beccò affettuosamente i capelli.

Mi appoggiai contro il suo fianco. Era calda, fu così che mi accorsi che ormai il dolce tepore donatomi dal Lifestream era scomparso. Ciò mi sconvolse più dell'attacco improvviso di mio padre, più del dolore pulsante alla guancia sinistra che presto si sarebbe trasformato in un livido violaceo, e scoppiai a piangere, in silenzio, abbandonando la testa tra le braccia.

"Kué?" fece piano Lei Lin, sfiorandomi il braccio con il becco liscio.

- Va tutto bene Lin - le dissi in un soffio, - passa presto.

Sembrò tranquillizzarsi e posò il muso tra la paglia. Io non piansi ancora a lungo, era una cosa che detestavo fare.

Il mio stomaco brontolava, la desta mi doleva e la guancia aveva bisogno di ghiaccio, perché cominciava a gonfiarsi.

Nonostante tutto non mi mossi da lì. Nonostante la mia parte razionale cercava di spingermi a rientrare a casa, perché stare lontana ancora non avrebbe che peggiorato le cose. La ignorai, come spesso accadeva del resto, e mi raggomitolai contro il fianco di Lei Lin, che sollevò un'ala e la poggiò sopra di me, come fosse una coperta. Mi addormentai molto presto.

Quella notte sognai. Non succedeva spesso, ma quando succedeva difficilmente me lo scordavo.

 

C'erano mio padre, Safer e il Lifestream. Solo che non sembravano loro...mio padre sì, in effetti, ma il Lifestream non era come quando lo avevo visto io. Percorreva tutta la Terra, dentro, intorno, attraverso... era caldo, come lo ricordavo, ma non silenzioso. Lo sentivo cantare, suoni che non erano note musicali e che risplendevano di tutti i colori dell'iride, e cantava per me. Un canto senza parole, che però aveva un senso, un messaggio, che tuttavia non riuscii a cogliere.

Safer mi guardava, seduto su quel tronco d'albero caduto dove lo avevo visto tante volte. Anche lui era diverso da quello che conoscevo, sebbene l‘aspetto non fosse cambiato. I suoi occhi scintillavano e mi suggerivano un altro nome, un nome che non era Safer.

Come per il canto del Lifestream, non riuscii a capire.

Mio padre fu una strana presenza. Stava eretto, senza il bastone che usava per camminare, per aiutare la gamba ferita, e guardava davanti a sé. All'improvviso però la sua espressione mutò, si
trasfigurò, e mi lanciò contro il bastone, comparso dal nulla. Mi ero aspettata qualcosa, non so bene che cosa, ma di certo non quello che successe.

Il Lifestream mi circondò, senza toccarmi, e Safer mi sorrise. Il suo sguardo era doppio, quello di un folle e quello di un saggio, di un amico e di un nemico, di uno sconosciuto e di un'amante. Non fece una mossa, neppure uno dei suoi bellissimi capelli ondeggiò ma quando in mano mi ritrovai una spada sapevo che me l'aveva data lui. Alzai la lama davanti a me, pronta a difendermi da quel bastone lanciato con forza.

Non so perché fosse tanto importante, l'unica cosa che mi avrebbe potuto fare quel bastone era un livido, ma potevo anche spostarmi di lato di un passo e schivarlo, con facilità.

Quello però era un sogno, non la realtà, e io dovevo assolutamente affrontare quel quasi innocuo pezzo di legno.

Quando lo feci, scomparve. Scomparvero tutti, per primo mio padre. Subito dopo la luce del Lifestream si affievolì fino a scomparire, cosa che mi provocò un dolore quasi fisico.

Ultimo rimase Safer, che in quel momento non si chiamava Safer, perché non era Safer.

L'uomo mi si avvicinò poi si lasciò cadere con le ginocchia al suolo. Ora anche io mi trovavo seduta per terra. Mi appoggiò le mani sulle spalle e avvicinò il suo volto al mio. Dapprima sfiorò con le labbra la mia fronte, dopo aver scostato i capelli. Si abbassò e mi baciò tra le clavicole e infine, dopo essersi portato alla mia altezza, poggiò le sue labbra sulle mie, con la stessa leggerezza di un soffio di brezza primaverile.

Era una cosa strana e non lo respinsi, non perché era un sogno, ma perché non era un bacio. Sembra un battesimo, sebbene non conoscessi il suo significato.

Quando Safer si staccò dalle mie labbra e si allontanò, mi svegliai.

 

Aprendo gli occhi, dal principio mi ritrovai un po' spaesata.

Mi aspettavo di essere distesa tra la paglia, magari parzialmente schiacciata sotto il peso del mio Chocobo, che aveva l'abitudine di sdraiarmisi addosso in segno d'affetto. Credevo avrei avuto tutte le ossa indolenzite... e di puzzare anche (invito chiunque ad addormentarsi in una stalla, e solo dopo storcere il naso!).

Impiegai più del dovuto a rendermi conto che invece mi ritrovavo nella mia stanza, sul mio materasso, che ormai cominciava a lasciar sfuggire la paglia dalle vecchie cuciture. Per di più il soffitto...ricoperto di un'orribile carta da parati scrostata in così tanti punti che ormai era diventato quasi impossibile riconoscerne la fantasia originale.

Ma cosa ci facevo nella mia stanza? Ero stata portata lì da uno dei miei fratelli, ma quale? Shin? Yo? Seimei?

Scrollai le spalle. In fondo non aveva importanza chi era stato.

Scesi giù dal materasso facendo attenzione a dove poggiavo i piedi, per evitare di svegliare qualcuno col rumore provocato dallo scricchiolare dalle vecchie tavole di legno. Allungai le braccia e le gambe davanti a me stiracchiandomi e lanciando una veloce occhiata fuori dalla finestra. Potevo vedere l'ombra della casa proiettarsi nel cortile ma il cielo era ancora illuminato da una tenue luce rosata, perciò ne dedussi fosse ancora molto presto.

Se mi sbrigo posso ancora andare da Safer prima che gli altri si alzino! pensai avvicinandomi al baule, sotto la finestra, dove tenevo i vestiti puliti.

Pensare a Safer, però, mi fece tornare alla mente il sogno di quella notte agitata.

Mi appoggiai sul bordo del baule ancora aperto, tenendo una camicia appoggiata sulle ginocchia, e rabbrividii al ricordo. Agitai la testa da una parte e dall'altra, come per allontanare una mosca fastidiosa e mi imposi di non pensarci troppo.

Dopotutto è stato solo un sogno...

Ma non era stato un sogno qualunque. In qualche angolo del mio subconscio lo sapevo: era troppo ambiguo, troppo nitido... e mi ripersi in esso. Rivedendo brevemente nella mente alcuni istanti, le sensazioni...già...quelle erano state molto forti.

E il Lifestream...

Il Lifestream sembrava ancora avvolgermi e come dopo la grotta, percepivo il suo calore nel petto, e ancora in quel momento, come nel sogno, se prestavo attenzione, sentivo una leggera eco del suo canto.

Scossi di nuovo la testa. Non mi era mai successo di essere tanto coinvolta da un sogno, così decisi di andare da Safer. Forse lui avrebbe saputo spiegarmi un sogno tanto strano...anche se forse in realtà l'unica cosa che volevo era non pensarci più...

Ma in fondo sapevo benissimo di avere semplicemente voglia di vederlo e, per una volta, non avere come unico argomento di conversazione i Chocobo, la stalla...e il matrimonio!

Legai i numerosi laccetti sul davanti della camicia e mi infilai un paio di pantaloni al polpaccio che facevano da completo, avendo la stessa fantasia arabescata di colore blu. Presi in mano le piccole scarpette nere che usavo di solito prima di cercare di sgusciare silenziosamente fuori dalla finestra.

Avevo già una gamba fuori dalla finestra quando fu invece la porta ad aprirsi cigolando. Con un muta preghiera ad Ashling, che non fossero mio padre o Daisuke, mi voltai.

Con sollievo lasciai andare il fiato che avevo trattenuto fino a quel momento, senza accorgermene. Non era "bene", ma avevo immaginato di peggio.

- Sorellina! - dissero nella mia direzione due volti quasi identici.

Erano i miei fratelli maggiori minori...quasi...emh... è un po' difficile spiegare i gradi dei miei fratelli...in sostanza loro erano, dopo me e Seimei, i più giovani. Gemelli... e mi odiavano.

Cioè, in realtà non mi odiavano, anzi, mi volevano bene ma erano delle pesti dispettose nonostante cominciassero ad essere un po' troppo grandi per essere così infantili.

- Dove stai andando? - mi domandò Taka giocando con un ciuffo dei suoi capelli ribelli.

- Affari miei - risposi brusca, ma rientrando in camera per fronteggiarli.

- Bella strigliata ieri, eh? - continuò Ryo lanciando un'occhiata significativa al fratello.

- Povero papà...dopotutto si preoccupa!

- Dovremmo fargli sapere che la sua ADORATA figliola non ci sarà per colazione!

- Già, non vorrei che si arrabbiasse.

Io rimasi a guardarli allibita. Erano...erano...

- Siete proprio dei porci bastardi! - esclamai infuriata, usando una di quelle parole che avevo imparato da Seimei.

La cosa sembrò farli ridere ancora di più.

- Ringrazia piuttosto che ti abbiamo riportato in camera! - ghignò Taka appoggiando una mano sul fianco e inclinando la testa di lato.

- Pensa quanto si sarebbe preoccupato papà non vedendoti nel tuo lettino... - continuò Ryo mettendosi simmetricamente al fratello.

- ...ma se scappi via sarà stato tutto inutile!

Ah, dunque erano stati loro! Se pensavano li avrei ringraziati si sbagliavano di grosso!

Per un secondo valutai le mie possibilità...andarmene con la certezza che avrebbero fatto la spia, o rimanere aspettando un'altra occasione per raggiungere Safer, occasioni che si presentavano di rado.

Alla fine però dovetti chinare il capo e seguire, con quanta dignità riuscii a raccogliere, i gemelli in cucina. Oltre a noi trovammo solo Daisuke e Shin.

- Buongiorno! - urlarono i gemelli entrando come un tornado. Io li seguii meno vistosamente.

Vedendomi entrare, Daisuke mi lanciò un'occhiata penetrante e mi si parò davanti.

Irrigidii le spalle quasi senza rendermene conto, Dai era il secondogenito ed era la copia sputata di papà da giovane. Non solo nell'aspetto, ma soprattutto nel carattere, tanto che, mentre mi squadrava con un biasimo fiammeggiante infondo allo sguardo, temetti volesse colpirmi come aveva già fatto qualcun altro il giorno prima.

- Non ho parole, Yuri - si limitò a dire, e di solito questo era solo il prologo di una lunga arringa sui doveri familiari.

- Nostro padre era sconvolto. Hai intenzione di rimanere un peso per lui per tutta la vita? Quando morirà poi cosa farai? Verrai ad elemosinare da me o da Shin? Hai diciannove anni, accidenti a te, cerca di scegliere il partito più ricco e prestigioso e togliti dai piedi.

Ah, mi sbagliavo. Niente doveri familiari... solo un misero tentativo di imporre la sua (scarsa) autorità.

Daisuke lo odiavo proprio...lo odiavo dal profondo. Cercava solo di essere la pallida copia di papà riuscendo solo ad essere uno stronzo sfigato. Dicesse almeno cose vere...la fattoria guadagnava pochissimo e la maggior parte dei soldi che avevamo erano grazie ai vari lavori che Shin svolgeva a Kalm e a quello che riuscivamo a vendere mamma ed io alle fiere di paese. Lui poteva starsene solo che zitto. Dopotutto anche quelle poche entrate dovute ai Chocobo, di cui si vantava tanto essere l'erede designato (Shin aveva detto chiaro e tondo già diversi anni fa, nonostante avesse usato altre parole, che avrebbe preferito amputarsi un piede piuttosto che ereditare un posto così fatiscente), erano grazie a Yo: l'unico a cui importasse davvero la salute dei Chocobo.

Ne avevamo tutti uno personale, e in fin dei conti ci interessava solo del nostro...a parte Yo appunto. Shin ne aveva uno azzurro (PER MARE), mamma uno giallo, normale (per camminare) ecc ecc - elenco -. Papà era l'unico ad averne uno dorato, ma era talmente vecchio e malandato che sembrava più d'oro quello della mamma.

Daisuke parlò ancora per un po' ripetendo, bene o male, le stesse cose di sempre. Il tutto rimescolato a quello che aveva aggiunto ieri nostro padre.

Dopo qualche minuto, finalmente, se ne andò. Dovetti trattenermi dal mostrargli la lingua mentre si allontanava..

Probabilmente Shin aveva intuito le mie intenzioni, perché mi lanciò un'occhiata di avvertimento mentre finiva di bere il caffé. Subito dopo si alzò e andò a sciacquare la tazza.

- Dovresti metterci qualcosa su quel livido - mi disse mentre mi dava le spalle. - Sta diventando verde.

Ahia...era già di quel brutto colore? Avrebbe impiegato poco tempo a diventare blu e viola.

Scrollai le spalle, senza dire nulla.

Shin allora si voltò a fissarmi, alzando un sopracciglio.

- Ma alla fine, dove sei stata in quest'ultimo periodo?

Fui sul punto di dirglielo, nonostante fossi ancora abbastanza indecisa, ma mi bloccai ricordandomi della presenza dei gemelli dall'altra parte della stanza. Lanciai verso di loro un'occhiata furtiva, sperando di spiegarmi abbastanza bene anche senza le parole.

Shin seguì la direzione del mio sguardo e sospirò.

- Voi due: fuori! - ordinò.

- Ma stiamo ancora facendo colazione! - protestò Taka sventolando un pezzo di pane imburrato.

- Non dire idiozie - esclamò Shin. - Questa è la terza volta che fate colazione!

I gemelli scoppiarono a ridere mentre uscivano dalla porta che dava sul cortile. Un leggero refolo di vento s'intrufolò attraverso lo spiraglio aperto e mi mosse i capelli.

- Ci vediamo! - disse ancora Taka.

- Fate solo attenzione a papà e Seimei: quei due stanno ancora dormendo.

Poi scomparirono entrambi dalla nostra vista.

- Allora? - chiese Shin, tornando a guardare nella mia direzione.

Mi strinsi nelle spalle, distogliendo lo sguardo.

- Non so se dovrei dirtelo...

Lui sgranò gli occhi, sorpreso. Non accadeva quasi mai che gli nascondessi le cose.

- E' una cosa pericolosa? - volle sapere, questa volta con un pizzico di preoccupazione nello sguardo.

- No! - esclamai subito poi, pensandoci un po' meglio... - Credo di No.

- Allora, credo, vada bene - mi sorrise, prendendomi in giro per come mi ero espressa, rilassandosi contro lo schienale della sedia.

- Non insisti per sapere?

Fece spallucce.

- Se dici che non è pericoloso va bene...so che se ne sentirai il bisogno verrai a parlarmene. Vero?

Io annuii, pensierosa.

- Quando partirai? - gli domandai all'improvviso.

- Non lo so di preciso - mi rispose, preso alla sprovvista.

Shin, come ho già detto, era il fratello maggiore. Il primogenito. Aveva 29 anni e, finalmente, aveva trovato un'ottima sistemazione a Junon. In questo modo avrebbe anche potuto riprendere gli studi all'università, che aveva dovuto sospendere per mille e uno motivi.

Dei mille non potevo farci nulla, ma sapevo bene che quell'uno ero io e la cosa mi pesava molto. Da sempre, fin da quando eravamo piccoli, Shin si era sacrificato in mille modi per me e, in qualche modo, aveva ricoperto per me il ruolo di padre come chi avrebbe dovuto non era stato capace di fare.

E dopo tutto questo...io gli stavo nascondendo di Safer? Devo essere pazza mi dissi.

Ora a volte mi domando cosa sarebbe successo se gliene avessi parlato quando eravamo tutti in quello stato di pace apparente e, soprattutto, tutti insieme.

- Basta musi! - esclamò Shin all'improvviso facendomi sobbalzare. - Vai pure a fare quello che devi: dirò a papà che ti ho mandato a Kalm a fare qualcosa...portati Lei Lin, altrimenti ci becca subito!

Mi sorrise e gli risposi allo stesso modo. Lo adoravo: era l'unico dei miei sei fratelli che si fosse mai esposto per me...a parte forse Seimei. Ma lui passava più tempo a fare casino che altro, quindi non so se potremmo proprio dire che si sia mai "esposto per me".

Corsi fuori dalla cucina come un razzo e raggiunsi la stalla dei Chocobo.

Lì trovai Yo intento a spazzolare il Chocobo di papà. Ci salutammo distrattamente con un cenno del capo e montai in sella a Lei Lin, che mi saluto felice con un lungo "Kuééééééééééééé!!!".

- Era agitatissima questa mattina - mi informò Yo senza staccare gli occhi dal suo lavoro. - Credevo quasi di doverla legare...poi quando ti ha sentita scendere in cucina si è calmata.

- Povera piccola! - esclamai allora con voce un po' in falsetto, con quel topo di voce che si usa con gli animali o con i bambini piccoli. - Eri preoccupata per me?

Mi allungai sulla sella e le battei due leggere pacche sulla base del collo.

Un secondo dopo corremmo insieme fuori dalla stalla, attraverso il cortile, dove vidi la mamma che stendeva dei panni bagnati e poco più in là, intenti a fare non so che sotto un albero, i gemelli.

- Fuggi, sorellina? - mi urlarono.

- Vi piacerebbe... - sibilai sottovoce. Poi aggiunsi più forte, in modo da essere certa che sentissero: - Shin mi ha chiesto di fargli una commissione a Kalm!

Poi scomparsi dietro la casa. Ora, per quanto scarsa fosse la mia conoscenza geografica, sapevo tre cose: la prima, Midgar è a nord; seconda, Kalm è a nord est di Midgar e per finire, i monti di Safer sono a sud.

Per questo dovetti fare un lungo giro per raggiungere l'accampamento di Safer, ma almeno non avevo fatto la strada a piedi!

Balzai giù da Lei Lin solo quando mi trovai a pochi metri dal punti in cui Safer era solito accendere il fuoco, la notte, ma come spesso accadeva lui non c'era.

- Fatti un giro! - consigliai a Lei Lin dandole una pacca su un fianco.

Mi sedetti davanti ai resti del fuoco, lasciando sfocare lo sguardo mentre guardavo fisso i legni inceneriti. Non andavo mai a cercarlo io, perché tanto non avrei saputo da che parte girarmi, per cui avevo preso l'abitudine di aspettarlo presso il suo accampamento. Alle volte, come in quel momento, non facevo nulla. Altre volte, invece, occupavo il mio tempo come meglio potevo...intrecciando ghirlande per Ashling, per esempio.

Non passava mai molto tempo prima che lui comparisse però.

- Yuri? - lo sentii dire dopo poco.

Sentendo la sua voce, bassa e profonda, calda in quel momento, il mio cuore fece un balzo.

- Safer! - esclamai io, felice anche se non sapevo perché, scattando in piedi e correndogli incontro.

 

Ciaoooo!!

E' un po' che non aggiorno, ma sono stata via per un po'... Allora! Che ve ne pare? eheh perdonate questo capitolo *aya si prostra* spero di non avervi annoiato troppo ma la famiglia di Yuri svolgerà un ruolo importante nella storia...per questo è necessario spiegarne bene i processi.

Ahah...il PROSSIMO capitolo si chiamerà sicuramente "Allieva e maestro"...sorry, alla fine ci metto sempre un altro titolo ahah...ero quasi tenntata di continuare anche a scrivere di Sephiroth ma sono un bel po' di paginette anche così, quindo non male!

Sephiroth: ma...ma...il mio nome! Rivoglio indietro il mio nome!

Aya: Anche io...bwaaaaahhhh!!

Yuri: .........

Aya: ahhhh! non leggere! *aya copre il nome di Sephiroth e ci scrive sopra Safer*

Purtroppo per quello ci vorrà un bel po' di tempo...soffro molto a chiamarlo Safer ma devo resistere...se proprio vedo che non ce la faccio scrivo Sephiroth e poi faccio "sostituisci" dopo aver finito il capitolo ahah

Sephiroth e Yuri: ........

Aya: ahhhhh non guardare!

Vabbé...idiozie a parte.

Fin'ora avete qualche domanda? Daaaaaaaiii...LO SO che avete qualche domanda! *w*

Ora credo andrò a dormire...sono le tre di notte accipicchia! Però di notte scrivo tanto più facilmente....ah ho anche cominciato a mettere musica in sottofondo mentre scrivo...al momento ho la playlist per scrivere!! In successione: Why - ayaka (la colonna sonora di Crisis core per intenderci), Dozing Green - Dir En Grey, Mind Forest e Redemption di Gackt, Neverending story di Limahal e per finire Leave out all the rest e Numb dei Linkin Park! ahah (rido tanto perché sto per addormentarmi sulla tastiera, scusate... almeno c'è il mio cricetino che mi tiene sveglia... - si chiama Zack! ^^)

Scusate, ho divagato! Commenti Please!! 

E come al solito un ringraziamento a Flygirl...e anche a Suehila, anche se al momento è dispersa! ^^/

   
 
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