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Autore: Marra Superwholocked    08/05/2014    2 recensioni
Le persone continuano a scomparire, ma di loro rimane comunque una traccia. Lynn Moore, whovian in ogni cellula del suo corpo, è l'unica ad accorgersene. Un giorno, il più bello della sua vita, uno strano "Uomo con gli anfibi" che si fa chiamare Dottore entra nella sua vita.. uscendo dal suo armadio! Dal XXI secolo atterrano nel 1984 dove incontreranno John, un simpatico ragazzino di 13 anni, che li aiuterà nella loro missione: salvare la Terra!
Ma John non è un ragazzino qualsiasi...
Genere: Avventura, Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - Altro, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Donna



Lynn aprì gli occhi; era sdraiata sul divano con le gambe sul bracciolo duro come il marmo e la testa dolente per un cuscino che durante la notte le era scivolato a terra. Mia madre non è qui, era solo un incubo, pensò. In effetti, tutto faceva pensare ad un'allucinazione o ad un sogno: il trolley era sparito dal corridoio e non c'era traccia del suo cellulare tutto sbrilluccicante e sempre attivo. Si alzò col sorriso perché la sua teoria non faceva alcuna piega. Sì, aveva sognato l'arrivo di sua madre e aveva sognato anche di lasciare a lei il suo letto; aveva bevuto troppo vino. Ma non fece in tempo nemmeno a piegare la coperta di pile e a stiracchiarsi che dal bagno sentì una voce. Sua madre.
«Tesooorooo? Sei sveglia?»
Lynn si guardò attorno. Forse era un'altra allucinazione, stavolta uditiva. Ma la tazza di caffè bollente posata sul tavolino della cucina non mentiva: gliela aveva preparata lei. Sbuffò in silenzio prima di risponderle. «Sì, mamma, sono sveglia.» Fra tutte le persone che avrebbe voluto vedere ed ospitare era arrivata proprio la madre. Non che non le volesse bene – la mamma è pur sempre la mamma – ma d'altronde come si fa a dar torto ad una ragazza che viene cercata solo nel momento del bisogno e quasi sempre obbligata ad aiutare la madre?
Mentre la sua mente escogitava un piano per mandarla via al più presto, andò verso il bagno. L'acqua della doccia scrosciava e il vetro della porta era appannato: Dehlia non aveva nemmeno aperto la finestra.
«Tesoro, scusa se non ti ho chiesto se potevo, ma non volevo svegliarti. Eri così dolce..» si sentì dire Lynn da fuori il bagno.
Per un attimo, un millesimo di secondo, a Lynn quelle parole sembrarono sincere. Ma poi scacciò quel pensiero dalla testa. Quando mai sua madre è stata onesta con lei? Quando mai sua madre è stata onesta col mondo?
Nel momento stesso in cui l'acqua smise di uscire dal fungo della doccia, Lynn pensò alla lezione di quel giorno. «Senti, mamma.. Mi chiedevo una cosa..»
Dehlia aprì la porta con l'asciugamano già addosso. «Dimmi, Lynn!»
Prima di tutto, quello è il mio asciugamano! «Quanto resterai?» si limitò a chiedere. Ovviamente, si aspettava che dovesse rimanere lì solo un paio di giorni, il tempo necessario per avere un altro volo. E sperava che non diventassero un paio di settimane, conoscendo la sua voglia di riorganizzare la vita degli altri. Non voleva dire addio alla sua tazza blu Tardis, al suo copriletto a mo' di cabina telefonica e a tutti quei preziosi gadjet trovati con estrema fatica e sparsi per la casa.
«Era solo per la notte, amore» le rispose vestendosi con molta eleganza.
Solo una notte. Non poteva crederci. E aveva esposto un solo commento negativo in tutte quelle ore. Uno solo! Non era mai capitato.. Ultimamente le persone stavano cambiando e anche Lynn se ne accorse. Angela, sua madre e, prima ancora, la sua vicina di casa. Dorothy, una donna di sessantuno anni, era uscita di casa una sera e non era più tornata; con sé non aveva portato nulla, nemmeno i suoi occhiali da miope. Erano passate solo poche settimane ed ecco che anche Angela scompare. Ma, d'altronde, queste sono cose che succedono tutto l'anno.
Mentre rifletteva sulla frase della madre, Lynn già sorrideva con la mente al pensiero di vederla sull'uscio; sarebbe ritornata nel giro di qualche mese, senza dubbio. «Solo la notte? Ok.» Dehlia era già pronta, vestita e truccata, per un'altra avventura.
«Ah, ho usato il tuo profumo. È molto buono, come si chiama?»
«HAI..?! » Calmati. Due profondi respiri. «Si chiama “smettila di usare le mie cose”» disse in tono glaciale.
Dehlia la guardò dall'alto in basso, aiutata dal suo tacco dodici, e capì la situazione. «Io ero venuta in veste di madre. Ma è evidente che non mi vuoi.»
«Come posso accettare tutto questo dopo mesi di assenza? Non ti fai mai sentire! Ho sempre paura che la tua assenza significhi.. Che significhi qualcos'altro.»
«Oh, Lynn, non esagerare!»
«Cosa?! Tu rischi la vita ogni santo giorno e io non dovrei preoccuparmi?!»
«Sei come tuo padre.»
«Ah! Mio padre...»
«Senti, vedi di far sparire tutte queste cianfrusaglie di quel matto di un Dottore. La tua casa sembra quella di una bambina di tre anni che vede pace e amore dappertutto.»
Questo era troppo per lei, troppo. Lo stomaco le si ribaltò, come in preda ad una paura simile a quella di un'interrogazione. Un peso enorme, insopportabile. Da anni, ormai, stava zitta, senza ribattere, davanti alle critiche di sua madre, mentre il padre se ne stava per i fatti suoi a guardare la tv. Jack Moore. Suo padre era stato sempre come un fantasma. Se c'era, si faceva sentire solo quando voleva una birra. E sua madre gli stava dietro come un cagnolino. Ma non si accorgevano mai della loro unica figlia, che cresceva tra un flash e l'altro dei paparazzi, che vedeva il padre un giorno avvocato e quello dopo giocatore di football. Il suo lavoro andava oltre il “tirare avanti”, ma lui divenne famoso a causa del suo carattere poco remissivo: voleva soldi, troppi soldi. Quantità che nemmeno Hollywood poteva permettersi di sborsare. Per questo lei optò per una biblioteca molto sobria della calmissima Londra.
«Vattene.» Lynn scacciò le lacrime; non voleva mostrarsi debole ai suoi occhi.
«Lynn, lo sai che ho ragio-»
«Vattene, ho detto. Ora.» Strinse i pugni tanto forte da lasciare il segno delle unghie sui palmi delle mani.
Dehlia alzò la testa e serrò la mandibola. «Come vuoi.» Poi zigzagò per evitare la figlia e, dopo aver preso il suo trolley, si fermò davanti alla porta di casa ancora chiusa. «Posso tornare un'altra volta?»
Lynn non voleva più parlare. O meglio, non ci riusciva. Con gli occhi prossimi alle lacrime, aprì la porta e spinse con decisione la madre fuori. «Fa' buon viaggio» la salutò. Poi spinse la porta senza lasciarle il tempo di replicare.
Mezza infuriata, tremendamente triste e con ancora quel peso allo stomaco, Lynn lasciò la maniglia della porta per dirigersi in camera da letto.
Cosa fanno le ragazze quando sono tristi? Corrono in camera loro e si gettano sul letto per poi iniziare a piangere. Allora Lynn doveva essere una vera guerriera: si sedette sul letto e strinse nei forti pugni la coperta. Ma non riusciva a starsene ferma. Forse doveva seguire i consigli di Dave: «Tesoro, iscriviti ad un corso di boxe o qualcosa del genere. Ti si vedono lontano un miglio le saette attorno alla testa!» le aveva detto un giorno. E aveva ragione, sentiva il forte bisogno di tirare pugni a qualcosa.
Alimentata dall'adrenalina che doveva assolutamente scaricare, si alzò. In un attimo fu davanti al suo armadio-Tardis, la sua vittima; tirò un destro talmente forte che l'armadio barcollò e, di conseguenza, anche il vaso sopra di esso. Un bellissimo vaso di porcellana decorato con motivi floreali blu. Unico, praticamente, perché fatto a mano da una persona speciale, suo nonno.
Lynn assistette alla scena come se fosse stata a rallentatore. Il vaso incontrò il pavimento e si ruppe in tanti pezzi che si sparpagliarono per la stanza. D'istinto, mise le mani davanti al volto per ripararsi e aveva avuto un'ottima reazione perché un coccio le si conficcò nella mano sinistra.
«Dannazione!» urlò disperata. Le ultime ventiquattr'ore l'avevano devastata.
Mentre correva in bagno alla ricerca del disinfettante, alcune gocce di sangue caddero sporcando ora i pantaloni ora il pavimento. Estrasse con delicatezza il coccio che pochi istanti prima era di un bianco immacolato. «Piccolo insolente bastardo» lo insultò a denti stretti mentre fasciava la mano con la benda e la chiudeva con la pinzetta di metallo.
Chiuse la mano a mo' di pugno: le faceva male, ma fortunatamente non era mancina.
Ad una parete di distanza, l'orologio ticchettava e segnava le nove e tre quarti. Troppo tardi sia per andare all'università sia per andare in biblioteca.
Prese l'unica soluzione ovvia. Andò a pulire prima la camera, poi le gocce di sangue sparse qua e là lungo il tragitto, sempre facendo attenzione a non usare la mano ferita.
Al diavolo ciò che pensa la gente! A me piace quella serie tv!, pensò Lynn mentre prendeva il telecomando e accendeva la tv. Non le ci volle molto per trovare il canale che stava cercando. Purtroppo, però, riuscì solo a vedere la faccia sconvolta di David Tennant nel vedere davanti a sé una sposa dai capelli rossi apparsa dal nulla.

   
 
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