Cap
2
Pyke
non era affatto come se l’era aspettata. Di
solito quando pensava a un castello lo immaginava sfarzoso, con
elementi che
denotassero la ricchezza della famiglia che vi abitava e una certa
eleganza, ma
la costruzione arroccata sulle rocce che le si parava davanti sembrava
più un
fortino diroccato che altro. Varcarono il cancello principale,
sorpassando
senza alcun problema un paio di guardie di vedetta che al loro
passaggio chinarono
leggermente la testa in segno di rispetto. O forse era timore. Erin non
avrebbe
saputo dirlo, ma non poteva certo biasimarli se così fosse
stato; quell’uomo
era il flagello di Westeros, e per giunta era incostante come le maree,
un po’
di timore era pur sempre comprensibile.
Nella
piazzola antistante il fortino c’erano tre
uomini ad attenderli; quello dal fisico più imponente
fissava Euron come se
volesse ucciderlo solo con la forza del pensiero, mentre quello dai
capelli
unti e lunghi fino a metà schiena sembrava fare uno sforzo
immane per cercare
di dimostrare di non essere intimorito. Infine, il terzo aveva una
brutta
cicatrice che gli solcava buona parte del volto e i capelli erano corti
e
brizzolati.
Asha
scivolò giù da cavallo con un movimento che la
lasciò sorpresa; da una ragazza così rude, che
tentava palesemente di mostrarsi
più mascolina di quanto non fosse, non si sarebbe mai
aspettata dei gesti così
aggraziati.
-
Vi avevo detto che sarebbe arrivato. – annunciò ad
alta voce, con un pizzico di soddisfazione nella voce.
-
Sempre ammesso che non sia stato proprio lui a far
uccidere Balon. – considerò sprezzantemente
l’uomo massiccio.
-
Credimi, Victarion, non era certo Balon il Greyjoy
che volevo vedere morto. –
I
due uomini di ferro rimasero a fissarsi in
silenzio per una manciata di secondi, come per voler essere certi che
entrambi
capissero che i vecchi rancori e contrasti non erano stati minimamente
dimenticati.
-
Vedo che hai portato un’ospite. – intervenne Aeron,
in un vistoso tentativo di cambiare argomento.
-
Erin di Braavos, la sua moglie di sale. – la
presentò
Asha.
Mentre
smontava da cavallo e veniva accolta da
Aeron, che la strinse brevemente e in un modo talmente distaccato da
non
sembrare neanche umano, Erin non potè fare a meno di provare
la spiacevole
sensazione di essere stretta da qualcosa di viscido e disgustoso.
Solitamente
non era il tipo di persona che giudicava senza conoscere, ma quel
giovane uomo
aveva qualcosa che per certi versi la rendeva incline a evitare il
più
possibile i contatti con lui. Si voltò poi verso il
brizzolato che si profuse
in un inchino esagerato e impacciato, segno evidente che non era
abituato a
esibirsi in quelle formalità.
-
Benvenuta a Pyke, milady. Sono Dagmer, per
servirti. –
-
Ti ringrazio … Ser Dagmer. – mormorò,
sentendo che
i Greyjoy ridacchiavano divertiti.
-
Perdonaci, incantevole lady, non stiamo ridendo di
te. – la rassicurò frettolosamente Victarion,
prima di aggiungere, - Dagmer Mascella
Spaccata non è solito essere chiamato Ser … anzi,
credo che nessuno l’abbia mai
fatto prima d’ora. –
-
Però mi piace come suona: Ser Dagmer Mascella
Spaccata. Sì, mi piace proprio. –
approvò l’uomo.
-
A ogni modo, credo sia il mio turno di accoglierti
in famiglia. Benvenuta. – concluse Victarion, traendola a
sé e stringendola con
una delicatezza che non avrebbe mai ricollegato a un uomo
così vigoroso. Il suo
abbraccio fu il più lungo di tutti, ma la cosa stranamente
non la mise a
disagio. Anzi, era piacevole farsi stringere da quell’uomo
che, se Euron aveva
l’odore del sale, possedeva per contro quello delle rocce
quando venivano
bagnate dalla pioggia.
-
Credo che possa bastare, adesso. –
La
constatazione di Euron aveva un che di minaccioso,
sembrava quasi che volesse far capire al fratello che continuando a
toccarla
non avrebbe ottenuto nulla di buono.
-
Era solo un abbraccio, fratello, non sapevo fossi
geloso. Sai, ricordo perfettamente che anni fa non ti facevi problemi a
condividere le mogli degli altri. –
Una
scintilla passò negli occhi eterocromi del
pirata, mentre uno sgradevole sorriso si dipingeva sulle sue labbra.
-
Chi sono per negare la mia compagnia a una donna che
ha avuto la sfortuna di andare in sposa a un uomo che non sa
soddisfarla? –
La
mascella di Victarion si contrasse, mentre una vena
cominciava a pulsare furiosamente all’altezza della tempia
destra.
-
Non tirare troppo la corda, Euron. –
Sgranò
gli occhi, fingendosi sorpreso e innocente
allo stesso tempo.
Osservandolo,
Erin dovette ammettere che era un
bravo attore; se non avesse saputo chi si trovava davanti avrebbe
persino
potuto credere che fosse sincero.
-
Ho avuto molte donne sposate nel corso degli anni,
non l’avrai mica presa sul personale? –
La
piega beffarda delle sue labbra, dalla leggera e
innaturale sfumatura bluastra, lasciava intendere che invece Victarion
aveva
capito benissimo il senso della sua affermazione.
La
ragazza si chiese cosa fosse successo anni prima
e se l’avvenimento fosse in qualche modo ricollegato alla
partenza di Euron da
Pyke e al suo non avervi fatto ritorno per quasi un decennio.
-
Euron, credi sia saggio continuare a discutere all’aperto
quando un’ottima cena ci attende? – intervenne
Aeron.
Tra
i tre fratelli sembrava quello con il ruolo di
mediatore, colui che si sarebbe assicurato in ogni modo che le cose non
si
accendessero troppo. Non prima dell’Acclamazione di re, a
ogni modo.
Con
lo stomaco che reclamava un pasto caldo e lauto,
Erin decise di fare la sua parte per sedare la discussione prima che
sfociasse
in una vera e propria rissa.
-
Credo che Aeron abbia perfettamente ragione, sono
molto affamata. – commentò, poggiando una mano
sull’avambraccio di Euron e
stringendolo proprio come aveva fatto lui quando l’aveva
presentata ad Asha.
Voleva che le desse ascolto, che si fidasse di ciò che gli
consigliava di fare.
Euron
annuì bruscamente, distogliendo lentamente lo
sguardo dagli occhi del fratello e passandole un braccio intorno alla
vita per
attirarla a sé.
-
Ma certo, una buona cena è proprio quello che ci
vuole. –
*
La
cena venne consumata nella sala principale, in
cui a pochi metri dalla tavolata reale mangiavano gli uomini della
cerchia più
interna. Durante tutto il pasto Erin si sentì osservata e,
quando si voltò con
discrezione per scoprire se la sua fosse o meno
un’impressione, trovò gli occhi
scuri di Victarion che la fissavano con bruciante intensità.
Fu solo quando,
dopo un paio di volte che incrociava lo sguardo con il suo e notava che
l’uomo
non accennava a distoglierlo, che arrossì lievemente.
-
Problemi? – le sussurrò all’orecchio
Euron, a cui
non era sfuggito il colorito rossastro delle gote della sua protetta.
-
Solo tuo fratello che continua a fissarmi, ma va
bene, non è nulla di grave. – soffiò in
risposta.
Lo
sguardo di Euron si indurì improvvisamente, ma
invece di attaccare il fratello con una delle sue battutine sarcastiche
decise
di provocarlo in modo più sottile.
-
Fa’ come ti dico, senza fare domande. Abbassa lo
sguardo e fingiti imbarazzata come se ti avessi detto qualcosa
d’indecente. –
Perplessa,
fece come le era stato detto. Si sentiva
a disagio nel muoversi come un burattino, ma se fosse servito a farle
lasciare
quella noiosissima tavolata allora avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Si
chinò su di lei, avvicinandolesi più che poteva e
sfiorandole la pelle delicata e sensibile del collo mentre parlava.
-
Che sta facendo Victarion? –
-
Ha ripreso a mangiare, sembra parecchio
arrabbiato. – replicò, cominciando finalmente a
capirci qualcosa.
-
Eccellente. –
Il
respiro caldo dell’uomo sul suo collo le fece
correre un brivido lungo la schiena. Cosa che, disgraziatamente, venne
prontamente notata da Euron.
-
Era un brivido di piacere quello, ragazzina? – le chiese,
beffardo.
-
Certo che no, era un brivido di freddo, c’è
un’umidità
pazzesca qui dentro. – mentì in fretta.
-
Sei una pessima bugiarda, ragazzina, te l’hanno
mai detto? –
-
E invece ho la sensazione che tu sia un bugiardo
portentoso. – lo rimbeccò.
Il
sorriso di Euron si allargò: - Faccio quello che
posso per migliorarmi costantemente. –
-
Allora, sei andato a letto con la moglie di tuo
fratello? È per questo che hai lasciato Pyke? –
-
Se anche fosse non vedo quale sia il problema. Sei
forse gelosa? Perché, ti avviso, se vuoi che ti porti a
letto non devi fare
altro che chiederlo. –
Erin
alzò gli occhi al cielo, trattenendosi dal
rifilargli un’altra gomitata solo perché in
presenza di spettatori doveva
recitare il ruolo della perfetta mogliettina totalmente asservita.
Un’idea
decisamente più soddisfacente le balenò nella
mente.
-
Victarion, mi chiedevo se ti andasse di scortarmi
nel vostro parco degli dei. Euron mi stava dicendo che
c’è una vista
meravigliosa dalla scogliera, ma lui ha molte cose di cui discutere con
Asha e
non può accompagnarmi. Tu lo faresti, per me? –
cinguettò, voltandosi verso il
fratello di mezzo e arrischiandosi addirittura a sbattere gli occhioni
chiari.
Lo
vide aggrottare la fronte per un istante,
sorpreso, ma l’attimo dopo le stava sorridendo con
compiacimento.
-
Certo che sì, possiamo andare anche ora se lo
desideri. –
-
Sarebbe perfetto, te ne sono davvero
grata. – mormorò, calcando leggermente sulla
penultima
parola.
Mentre
si alzava per raggiungere l’uomo, che l’attendeva
sulla soglia della sala da pranzo, Euron la trattenne per il polso.
-
Che accidenti stai facendo? –
-
Nulla, magari ho scelto un altro Greyjoy a cui “solo
chiedere di essere portata a letto”. –
ironizzò, citando le sue stesse parole.
Detto
questo si districò con agilità dalla presa e
raggiunse Victarion, accettando il braccio muscoloso che le veniva
porto e
lasciando che la scortasse fuori.
Mentre
li guardava uscire, Euron buttò giù tutto
d’un
fiato il boccale di vino che aveva davanti, facendolo sbattere contro
la
superficie di duro mogano del tavolo.
Dannata
ragazzina, credeva davvero di poter giocare
con lui?
*
-
La vista è veramente incredibile. –
commentò,
osservando la luna che si specchiava sulle onde scure
dell’oceano e la spuma di
quando queste ultime s’infrangevano contro gli scogli del
parco degli dei. Quel
loro Dio abissale aveva il più perfetto dei tempi, non
c’erano dubbi.
-
Già, è incantevole. – convenne, ma i
suoi occhi
scuri non stavano guardando il mare.
Erin
arrossì, notando che il suo sguardo non aveva
mai lasciato il suo viso.
-
Perché ho la sensazione che non stiamo parlando
della stessa cosa? –
-
Perché oltre che incantevole sei anche intelligente.
– replicò, portandole una ciocca dietro
all’orecchio e dilungandosi in una
specie di lenta carezza.
-
Sono la moglie di tuo fratello. – gli fece notare.
-
Eppure sei qui fuori con me, non con lui. Euron ti
ha fatta arrabbiare, non è forse così? –
-
Euron sa essere piuttosto irritante. – ammise.
Victarion
proruppe in una risata bassa.
-
Piuttosto irritante? Sei davvero comprensiva. Euron
è un irritante, irrispettoso, stronzo, figlio di puttana
… Con tutto il
rispetto e l’amore che provavo per nostra madre. –
aggiunse in fretta.
Abbozzò
un sorriso di circostanza, guardandosi bene
dal dirsi d’accordo con lui. Tuttavia forse la sua
curiosità sarebbe stata
soddisfatta da Victarion, dal momento che non sembrava affatto restio a
intavolare discussioni che potessero convincerla di quanto marcio e da
evitare
fosse suo fratello maggiore.
-
Cosa è successo tra di voi? –
L’espressione
di Victarion cambiò in fretta,
perdendo ogni traccia di allegria e incupendosi. Si pentì di
averglielo
chiesto, era evidente che fosse ancora una ferita aperta.
-
Perdonami, non sono affari miei, dimentica la mia
domanda inopportuna. – disse in fretta, poggiandogli la mano
sull’avambraccio
in segno di solidarietà.
L’ennesima
carezza raggiunse la sua guancia.
-
Ti risponderò, mia sirena, non hai chiesto nulla di
inopportuno. –
L’appellativo
di sirena, tra gli uomini di ferro,
era qualcosa che raramente veniva usato. Sentirsi chiamare in quel modo
la
lusingò oltre ogni dire, perché stava a
significare che Victarion l’aveva
appena innalzata sopra ogni cosa, poiché le sirene erano
sacre per gli uomini
di Pyke.
-
Anni fa avevo una moglie di sale, si chiamava
Kitty, era giovane e bellissima. Probabilmente troppo bella per me.
– commentò,
amaramente, - Euron ha sempre avuto ogni donna semplicemente
schioccando le
dita e un giorno decise di aggiungere la mia Kitty alla lista. Poco
dopo lei
rimase incinta, ma non fummo mai in grado di stabilire se fosse figlio
mio o
suo. –
-
Come mai? –
-
Quando ho scoperto cosa era successo l’ho uccisa.
L’amavo, ma ero folle di gelosia, così la
strangolai con le mie mani. Lei e il
bambino morirono. Volevo riservare lo stesso trattamento a Euron, ma
nostro
fratello Balon ritenne più saggio esiliarlo. –
concluse.
Gli
occhi scuri avevano abbandonato il suo volto,
ora, e fissavano le onde, persi nei ricordi.
-
Mi dispiace, Victarion, sul serio. – mormorò.
Le
prese una mano, baciandole il dorso.
-
Non volevo certo rattristarti, mia sirena. Sarà
meglio che ti riporti dentro, non vorrei che Euron pensasse che abbia
deciso di
ricambiargli il favore. –
Annuì,
percorrendo al suo fianco e in silenzio la
strada fino alla roccaforte. Victarion la lasciò fuori dalle
stanze di Euron,
salutandola con l’ennesimo casto baciamano e augurandole una
buonanotte.
Entrata
nella stanza da notte, si chiuse la porta
alle spalle e la sprangò. Sdraiato sul letto, discinto e
bello oltre ogni dire,
quasi un sogno proibito, stava Euron.
-
Piaciuta la passeggiata? – domandò, con un tono
fintamente distaccato che tradiva un pizzico d’irritazione.
Era
riuscita a farlo arrabbiare. Fantastico, perché neanche
lei era troppo contenta del suo comportamento.
-
Sì, Victarion è una compagnia molto piacevole.
–
replicò freddamente, recuperando una veste da notte e
dirigendosi a grandi
passi dietro all’ampio separé sistemato
nell’angolo.
-
L’ho fatto portare apposta per te. –
Quel
semplice strumento di legno e tela era forse un
vessillo di pace?
-
Hai avuto un pensiero molto … - s’interruppe,
cercando la parola più cortese e al contempo fredda che le
venisse in mente, -
utile. – concluse.
Indossata
la veste, camminò a piedi nudi sulle assi
di legno scricchiolante e spostò le lenzuola di pesante
broccato per potersi
mettere a letto.
-
Si può sapere cosa hai da guardare? – chiese
d’un
tratto.
-
Nulla, stavo solo immaginando cosa ci fosse sotto
quella seta. –
Le
parole di Victarion le tornarono alla mente:
“Irrispettoso.”
Già,
doveva ammettere che aveva proprio ragione.
-
Prova a sfiorarmi questa notte, Euron, e giuro che
ti castro. – soffiò minacciosa, sdraiandosi e
rannicchiandosi il più lontano
possibile da lui.
L’unica
risposta che ottenne fu una risata sonora
che rimbombò attraverso la stanza silenziosa.
Spazio
autrice:
Finalmente
ho ultimato questo nuovo capitolo. Spero
che vi piaccia e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Ne
approfitto,
inoltre, per indicarvi anche il nome del prestavolto che ho scelto per
interpretare Victarion: si tratta di Galvano della serie televisiva
“Merlin”.
Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt