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Autore: RadioPotter    09/05/2014    0 recensioni
Neville invita Ginny al ballo
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Neville Paciock
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Il ballo del ceppo
Di IabaDabaLalli

 
Di giornate come quelle non ne capitano spesso. O almeno, non a me.
Erano da poco passate le cinque e tutto stava andando per il verso giusto il che, dal mio punto di vista, significava che ancora non era successo nulla di terribilmente inopportuno o imbarazzante. Era già qualcosa.
Chiusi con cura la porta della serra e mi incamminai verso il castello. Avevo una certa fretta di raggiungere il dormitorio, ora o mai più… speravo davvero di trovarla lì. Anche se così poteva sembrare all'apparenza, non era sicuramente una decisione presa su due piedi.
Erano giorni che ci pensavo, ma mi sembrava un'idea così stupida! In fondo chi mai sarebbe voluta venire al ballo del Ceppo con me? Insomma, parliamoci chiaro, se nemmeno Harry riusciva a trovare una ragazza, quante possibilità avevo io…
Mi bloccai cercando di scacciare quei pensieri. Non dovevo pensarla in questo modo, era un giorno speciale. Una giornata perfetta, dove potevo essere me stesso, camminare guardando in avanti e sorridendo, senza preoccuparmi di dove mettevo i piedi.
 Capitava raramente, ma quando accadeva mi sentivo meno timido, più forte e sicuro di me. Le giornate come quella, le riconoscevo subito: mi svegliavo la mattina ed ero perfettamente in orario. Riuscivo a vestirmi in pochi minuti, senza dover tornare nel dormitorio dopo la colazione perché avevo messo un calzino diverso dall'altro. Stavo facendo i compiti di Erbologia, quando avevo capito che quello era il giorno giusto per fare ciò che prima non osavo. Feci gli ultimi scalini in fretta per raggiungere la Signora Grassa che mi guardava con un sorriso materno, quasi compassionevole.
“Caro, dobbiamo aspettare…” Ma questa volta non avevo bisogno di aspettare nessuno, mi ricordavo la parola d'ordine perfettamente. Entrai e mi guardai velocemente intorno. Non c'era. Per un attimo mi prese il panico e ritornai il ragazzino goffo e impacciato di tutti i giorni.
Che cosa mi era venuto in mente? Cosa pensavo di fare? Chi mi credevo di essere? Salii al dormitorio sbattendo la porta. Mi guardai allo specchio e nonostante quella giornata mi sentissi così diverso, il ragazzo che mi restituiva lo sguardo attraverso il vetro non sembrava per nulla cambiato. In quegli occhi riconobbi il ragazzino che tremava mentre la sua testa affondava sotto il cappello parlante che gridava a gran voce “GRIFONDORO!”.
Mi domandai, forse per la millesima volta nel corso dei quattro anni trascorsi lì, come avessi fatto a finire tra i Grifondoro. Ero sempre stato convinto che sarei diventato un Tassorosso, non tanto perché apprezzassi o amassi particolarmente quella casa, ma perché non possedevo le caratteristiche di nessuna delle altre tre. Ma quella che meno di tutte mi rappresentava di certo era Grifondoro. Non c'era bisogno di domandarsi il perché: nessuno, mai, per nulla al mondo, descrivendomi, avrebbe potuto definirmi una persona coraggiosa. Eppure ero lì.
Quando entrai in biblioteca, il giorno dopo, il mio umore era di nuovo sotto le scarpe. Dovetti far attenzione a non rovesciare l'intero scaffale mentre tentavo di recuperare i libri di cui avevo bisogno. Mi ero sbagliato, il giorno precedente. Quelle giornate particolari che mi capitavano non facevano venir fuori il vero me. Semplicemente, erano giornate dove la fortuna girava un po' anche dalla mia parte, perché ogni tanto tocca a tutti, anche ai ragazzi sfigati come me. A dimostrazione di questo, mi sedetti con cautela a causa di un livido che mi ero procurato il pomeriggio prima mentre scendevo alla sala comune.
Ero talmente perso nei miei pensieri da non accorgermi che qualcuno si era seduto al tavolo di fianco a me, finché non esclamò (o meglio sussurrò, per non scatenare la rabbia di Madama Pince): “Ehi! Che fai qui solo soletto? Hai bisogno di una mano?”
Alzai lo sguardo ed incrociai due occhi scuri e profondi, appartenenti alla ragazza più bella e dolce che io avessi mai visto. Mi sorrise e le si affossarono le guance.
Come era buffa! I capelli di solito sempre in ordine erano quel giorno leggermente arruffati, ma le stavano comunque benissimo. In particolare il mio sguardo si fermò sui riflessi rossicci sul suo viso, dovuti alla luce del sole che passava dalla finestra. E allora accadde.
Non so come sia successo, ancora oggi se ci penso non riesco a spiegarmi come quella voce che rompendo il silenzio che aleggiava nella stanza disse “Vuoi venire al ballo con me?” provenisse proprio da me. “Ssst! Silenzio!” Fu l'immancabile richiamo della bibliotecaria. Ma non ci feci caso, non mi scusai neppure.
Sentii il viso diventare improvvisamente paonazzo, il cuore che iniziava a battere veloce, come se fuggisse dal petto.
Io, proprio io avevo detto quelle parole? Da dove era venuto fuori il coraggio che cercavo da giorni per farlo?
“E se mi dicesse di no, come farò a guardarla di nuovo in faccia, a parlarle ancora?” furono gli unici pensieri che mi vennero in mente in quei pochi attimi che parvero ore. Nel silenzio, il suo rifiuto stava diventando per me una certezza, sempre più reale ogni secondo che passava…
Ginny mi fissava con uno sguardo indecifrabile. I suoi occhi erano impenetrabili e celavano i suoi pensieri che tanto avrei voluto conoscere e allo stesso tempo temevo. Poi, improvvisamente, le sue labbra iniziarono ad incresparsi in uno spontaneo sorriso. E quando quelle labbra si dischiusero, le parole che ne uscirono furono le più belle che io avessi mai sentito e mi riempirono il cuore di gioia.
“Ma certo Neville… verrò al ballo con te.”
 
   
 
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