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Autore: dreamlikeview    09/05/2014    5 recensioni
Castiel è un angelo, ama e ammira la razza umana, e desidera profondamente essere uno di loro, un umano. Nonostante agli angeli sia vietato interagire con gli uomini, viola le leggi del Paradiso, salvando una famiglia di cacciatori da un nido di vampiri, e da quel momento il suo desiderio aumenta a dismisura, spingendolo a fare una pazzia.
Un accordo gli permetterà di vivere sulla terra, e di comportarsi come un umano. Ma quale sarà il prezzo da pagare?
[Angel/Human!Cas, Hunters!Winchester Brothers, Destiel, semiAU, long-fic]
Genere: Angst, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Desclaimer: I personaggi non mi appartengono (purtroppo) e io da questo non guadagno nulla.

Crediti: A Lu, per il suo magnifico banner.

 


 
Castiel giaceva nel mezzo della strada, quando rinvenne. In un primo momento non ricordò nessun istante di ciò che aveva affrontato poco prima, si sentiva solo debole e fragile, senza energie, vuoto. Provò ad alzarsi, ma tutto ciò che ottenne fu appoggiare il peso del suo corpo sulle ginocchia. Probabilmente, non era stata una grande idea affrontare quel rituale, soprattutto quando si rese conto di essere al centro di una strada statale e vide un’auto dai fanali accecanti accesi, dirigersi verso di lui. In quel momento, provò una delle prime sensazioni umane: la paura.
La sua vita da umano non era nemmeno cominciata, ed era già in procinto di morire. Il cuore pompava troppo velocemente, e il dolore era immenso. Non riusciva a muoversi era totalmente paralizzato dalla paura, cercò persino di ripararsi con le mani alzandole e portando i palmi in avanti, ma l’auto quasi non gli arrivò addosso; il conducente di questa si fermò solo pochi istanti prima di prendere in pieno Castiel, sterzando violentemente, finendo quasi fuori strada a causa del movimento brusco, e subito dopo aver fermato l’auto, si era precipitato fuori da essa, correndo verso l’angelo, per assicurarsi di non avergli fatto male. Castiel non riusciva ad alzare il viso verso il ragazzo appena accorso, per capire chi fosse. E se fosse stato un mostro? O un demone?
Qualche istante prima, aveva iniziato a tremare per la paura di trovarsi schiantato contro la vettura, e proprio non riusciva a capire come mai ne avesse così tanta, avendo affrontato pericoli ben peggiori. Sapeva di dover smettere di pensare come un angelo, perché essendo umano, le sue reazioni fisiche ed emotive erano legate alla sua nuova natura, ma non ci riusciva, era più forte di lui. Era stato per tutta la vita un angelo, e non riusciva a non pensare più come tale, non subito almeno. E’ troppo difficile, troppo – pensò.
«Ehi, amico, ehi, stai bene?» lo aveva chiamato il ragazzo appena accorso, di cui conosceva la voce, un momento – pensò, aveva sentito quella voce milioni di volte in quel periodo sulla terra, era un fortuito caso del destino, ma sapeva chi fosse il ragazzo che l’aveva quasi investito – è Dean! – «ma cosa ti prende? Stare così in mezzo alla strada, è da pazzi!» esclamò quello, sconcertato, notando subito dopo lo stato fisico di quello sconosciuto. Probabilmente era stato aggredito o qualcosa di simile, era davvero conciato male.  
«I-io, n-non…» mormorò tentando di alzarsi, per dirgli che stesse bene, che non dovesse preoccuparsi di un perfetto sconosciuto, ma questo gli aveva porto la mano per aiutarlo ad alzarsi, e Castiel parve trovare le forze, per un attimo, quanto meno per parlare, mentre il ragazzo lo studiava con lo sguardo «s-sono un cacciatore»  aveva biascicato, ancora stanco e provato dal rituale. Non riusciva a rialzarsi da solo, e valutò l’idea di accettare l’aiuto del giovane, osservandola come se guardasse qualcosa di mai visto prima.
«Anch’io e mio fratello, immagino tu lo sappia per dirmi una cosa simile».
Castiel annuì, accettando finalmente la mano portagli dal giovane che credeva essere Dean, il quale lo aiutò ad alzarsi da terra.  L’ex-angelo perse l’equilibrio, cadde quasi addosso all’altro cacciatore, che riuscì a sorreggerlo ed ebbe modo di guardare i suoi occhi; Castiel si rese conto, incontrando finalmente il suo sguardo, che no, non si era sbagliato, era proprio Dean.
«Ehi, ma io ti conosco, sei quello che mi ha salvato dal covo di vampiri!» esclamò il cacciatore, riconoscendolo. Castiel non poteva crederci. E’ possibile che si ricordi di me?
«Sì, io…» tossì, cercando di riprendere un certo contegno «sono Castiel, Castiel Novak» si presentò, inventando di sana pianta il cognome, giacché gli angeli non ne avevano mai posseduto uno, e lui non avrebbe saputo come spiegare come mai non ne avesse uno, senza rivelargli la sua vera natura; preferì quindi inventarlo, piuttosto che spiegare. E poi, tutto sommato, non era tanto male come cognome.
«Dean Winchester» si presentò l’altro, aiutandolo a reggersi in piedi – come se non lo sapessi – pensò Castiel, con l’ombra di un sorriso sulle labbra «e ora ti porto nella stanza di motel che io e mio fratello abbiamo prenotato, e… ti aiuto a riprenderti, ti devo un favore» continuò il cacciatore, sorprendendo non poco il moro, ma suscitando in lui un po’ di speranza.
Castiel sorrise impercettibilmente, per quanto avesse osservato i Winchester, non si sarebbe mai aspettato una tale riconoscenza, in fondo era uno sconosciuto, non si erano mai incontrati, salvo quella volta in cui aveva salvato Dean.
Improvvisamente, però, mentre lui e Dean stavano avanzando verso l’automobile di quest’ultimo, dalle frasche attorno alla strada udì dei suoni strani e sinistri – non aveva perso tutte le sue abilità angeliche, a quanto pareva – allarmato dal rumore, lasciò scivolare la spada angelica – che per fortuna Metatron non aveva preso – lungo la manica del trench, dove la teneva sempre nascosta e la impugnò. Dean notò l’arma tra le mani dell’altro, e sorrise compiaciuto, mentre lo accompagnava alla sua auto, un’Impala del ’67 nera, perfettamente curata e in ottimo stato, ma il cacciatore non aveva sentito il rumore udito dall’ex-angelo.
«Fantastico il tuo pugnale, dove l’hai preso?» chiese curiosamente.
«Un regalo di mio… padre» biascicò, reggendosi al cacciatore, udendo nuovamente quel rumore. Stava accadendo qualcosa, e non era qualcosa di positivo, lo sentiva, avvertiva una brutta sensazione, come un sentore di pericolo, qualcosa che li avrebbe messi in seri guai se non fossero intervenuti. Il suo sesto senso angelico era lì, il male lo percepiva fin troppo bene.
«Fantastico!» esclamò ad alta voce il cacciatore, mentre l’ex-angelo, trovata in sé una briciola di energia, sicuramente dovuta ad un istinto di sopravvivenza umano, lo afferrava per le spalle, scacciando tutta la stanchezza e la spossatezza dovute al rituale di Metatron. Con un gesto rapido, spinse Dean contro la portiera dell’auto, mettendogli una mano sopra la bocca, intimandogli di stare zitto. Il cacciatore spalancò gli occhi, quasi spaventato dal gesto dell’altro, sperando di non essere incappato in un serial killer, e lo guardò spaesato, mentre Castiel lo guardava dritto negli occhi, intimandogli di non fare rumore. Seppur socchiusi, quegli occhi erano di un blu magnetico, così tanto blu, da ipnotizzare il cacciatore, che si zittì all’istante. Restarono in quella posizione, fino a che l’ex-angelo, impugnando la spada angelica, non si voltò con una rapidità sorprendente verso qualcosa alle sue spalle, allontanandosi di poco da Dean, pugnalando a sangue freddo un vampiro, che stava per attaccarli. In fondo, aveva perso la grazia, era umano, ma ricordava perfettamente come combattere. Castiel, che aveva osservato Dean cacciare con Bobby e Sam, nonostante la spada angelica avesse già ucciso il vampiro per non insospettire il cacciatore, tagliò la testa al vampiro caduto per terra con un rapido gesto della mano; la testa rotolò per terra fino alla ruota dell’auto, e Dean restò per tutto il tempo con gli occhi sgranati, cosa diavolo è successo? – pensò il cacciatore, allibito. Quel ragazzo appena incontrato era un fenomeno, non sapeva spiegarsi altrimenti come avesse capito che stavano per essere attaccati e quindi a muoversi velocemente ed ucciderlo.
«Wow! Sei stato… fantastico!» esclamò Dean, sorpreso dalla bravura di Castiel «ma dove hai imparato? Devi insegnarmi! Come hai capito che ci stava per attaccare? E…» il cacciatore fermò il flusso di parole, notando il vacillare dell’altro, protendendosi per tenerlo in piedi. Castiel sorrise annuendo, promettendogli che avrebbe spiegato tutto, tuttavia in quel momento si sentiva talmente tanto debole, da sapere di non potercela fare a sostenere un altro scontro. E se lì c’era un vampiro, ne sarebbero arrivati altri, sicuramente. Il dolore e la stanchezza del post-rituale tornarono sulla sua pelle, facendogli perdere l’equilibrio, investendolo come un’onda anomala che investiva un villaggio.
«Ehi, Castiel!» esclamò Dean, afferrandolo per le spalle, riuscendo a sorreggerlo prima che cadesse per terra «sei ridotto proprio male, e nonostante questo, mi hai salvato di nuovo» continuò aprendo la portiera, contro la quale era stato sbattuto poco prima, e fece entrare il moro, accompagnando il corpo del nuovo amico con i propri gesti; non appena anche le gambe di Castiel furono dentro, Dean chiuse la portiera e con velocità entrò dall’altro lato, mettendo l’auto in moto e guidando a tutta birra verso il motel, mentre Castiel sopraffatto dalla stanchezza, chiudeva gli occhi, sospirando sommessamente.
 Perché il suo cervello man mano smetteva di elaborare pensieri? Perché si sentiva strano, e udiva tutto ciò che lo circondava lontano e ovattato? Perché perdeva la facoltà di pensare e muoversi?
Dean lo osservò preoccupato, mentre guidava verso il motel. Avrebbe dovuto chiedergli cosa gli fosse accaduto.
La salvezza di Castiel dipendeva da quest’incontro, l’angelo sperava solo di riuscire a sopravvivere in quei mesi e riuscire a rispettare l’accordo, altrimenti… le aspettative per il suo futuro sarebbero state terribili. Giunsero al motel in pochi minuti, il cacciatore si premurò di prendere in braccio Castiel e portarlo nella stanza sua e di suo fratello, adagiando poi il ragazzo addormentato sul letto. L’ex-angelo avvertì ogni suo movimento, senza però riuscire a reagire, non aveva nemmeno la forza di aprire gli occhi, tanto fosse sfinito in quel momento.
Dean notò che Sam non fosse ancora tornato, sicuramente era ancora in biblioteca a leggere qualche stupido libro, dopo aver fatto le solite ricerche che sarebbero servite per il caso che seguivano - misteriose sparizioni legate proprio ai vampiri – in quella città.
Era strano essendo le dieci di sera passate, che non fosse ancora tornato, il minore sarebbe già dovuto essere di ritorno, ma probabilmente, si disse il maggiore, era andato in qualche bar a bere qualcosa, dimenticando di avvisarlo che avesse tardato, come suo solito. Forte di questo pensiero lievemente positivista, si prese qualche istante per osservare il giovane che lo aveva salvato ben due volte dai vampiri, il quale giaceva nel suo letto. Sembrava stanco, come se non dormisse da giorni, e si chiese quale fosse la sua storia, cosa gli fosse accaduto, il perché fosse in quello stato e il perché fosse così bello, angelico, avrebbe detto.
Capelli corvini, pelle pallida e occhi blu, di un blu che Dean non aveva mai visto in vita sua, persino quell’assurdo e fuori moda trench che indossava gli conferiva un’aria – avrebbe osato dire – attraente.
Come mai era un cacciatore? Cosa lo aveva spinto ad intraprendere quella strada, costellata di dolore e mancanze? E soprattutto, come mai appariva sempre per salvargli la vita? Era successo a distanza di pochi giorni, eppure Dean non poteva non pensarci.
La prima volta era stato tutto così veloce e rapido, che credette di averlo sognato, ma poi quella sera lo aveva visto in azione, e cavolo se ci sa fare con le armi – pensò osservandolo. Si chiese anche da dove avesse preso quel pugnale così particolare, non ne aveva mai visto uno così prima. No, doveva togliersi questi pensieri dalla mente e sdebitarsi solamente con lui, nient’altro.
Circa una mezz’ora dopo, Castiel dormiva ancora, e Sam ritornò con una pila di libri, dall’aria – secondo Dean – più minacciosa di quella di un demone, il minore comunicò al maggiore, che forse aveva una pista su come scovare i vampiri, notando solo in un secondo momento Castiel disteso sul letto, addormentato, con una coperta addosso – Dean non lo avrebbe mai ammesso, ma si era intenerito nel vederlo tremare dal freddo, motivo per cui lo aveva coperto – e inclinò la testa, confuso.
«Da quando rimorchi anche uomini?» chiese a metà tra lo scettico e il divertito.
«Si chiama Castiel, e mi ha salvato la vita» rispose Dean, senza dar peso alla battuta infelice del minore «ha come un sesto senso per prevenire gli attacchi, non chiedermi come, lo spiegherà lui quando si sveglierà».
«Certo…» Sam lo guardò, annuendo non molto convinto.
Come faceva suo fratello a fidarsi di uno sconosciuto? Tuttavia, conosceva Dean, e sapeva che riponesse la sua fiducia solo in poche persone, probabilmente era un tipo apposto questo Castiel «bene, allora iniziamo a lavorare noi!» aveva esclamato lanciandogli uno di quegli “inquietanti mattoni pieni di parole”, come li definiva il maggiore «abbiamo parecchio da cercare, probabilmente qui si nasconde un’alfa» spiegò il minore, guardando il più grande con un gran sorriso sul volto.
«Quindi…»
«Sì, esatto, hai capito. Sbarazziamoci di lui, e ci libereremo di tutti questi succhia sangue, almeno in questa città»  disse Sam, mentre il maggiore lo guardava con uno sguardo carico d’affetto e di orgoglio, allargando le braccia verso di lui, cosa, che agli occhi del minore, apparve come qualcosa di minaccioso e indietreggiò, prima di sentire il fratello esclamare: «Vieni qui, fatti dare un bacino!»
«Dean, sei disgustoso, allontanati da me!»
«Suvvia Sammy, voglio solo abbracciarti sei stato bravo!»
«Smettila!»
Dean scoppiò a ridere, lasciandosi cadere sul letto libero, lasciando come sempre tutto il lavoro di ricerca su quei noiosi manuali al più piccolo, che resosi conto dell’inattività del fratello, alzò gli occhi al cielo, e riprese il suo lavoro.
Certe cose non sarebbero mai cambiate.
 
Castiel si risvegliò direttamente ventiquattr’ore dopo.
Non appena aprì gli occhi, avvertì di nuovo la sensazione spiacevole delle ali che venivano strappate via, il dolore lancinante che aveva provato quando la sua grazia era stata risucchiata via, e l’assenza entrambe le cose, soprattutto delle ali.
L’assenza di queste ultime si faceva sentire, in quanto, avvertire l’assenza di quelle era come se avvertire la mancanza una parte importante del proprio corpo, come un arto o la testa, si sentiva nudo senza le sue ali a coprirgli le scapole, che spesso gli conferivano anche l’equilibrio, e ora si sentiva privo anche di quello. Quando si mise a sedere, quasi cadde dal letto, avvertendo nuovamente l’assenza delle ali. Guardandosi intorno, si rese conto di essere in una camera di un motel, e sul letto accanto al suo c’erano due ragazzi che dormivano scomodamente.
Era buio, fuori dalla finestra accanto al letto in cui era lui, riusciva ad intravedere le stelle e la luna, restando piacevolmente sorpreso da quella visione. Quando era un angelo, non si era mai soffermato ad osservare gli astri come in quel momento, le considerava solo creazioni divine per sorprendere l’uomo, non le aveva mai viste sotto il punto di vista umano, ed erano affascinanti, forse era per questo che gli uomini le studiavano e cercavano sempre di scoprire il  mistero che dietro di essa si celava.
Si alzò, avvertendo una scarica di freddo lungo la schiena, sbandando leggermente a causa del suo scarso equilibrio, pensando che prima o poi si sarebbe abituato all’assenza delle ali. Si osservò i piedi e notò fossero nudi, qualcuno doveva avergli tolto le scarpe. Passata la sensazione sgradevole di freddo, si avvicinò alla finestra a passi lenti, e si prese qualche istante per studiare e ammirare con lo sguardo quelle piccole lucine nel cielo. Sembravano delle lucciole immobili, attaccate allo sfondo nero del cielo, e quel pensiero gli fece scappare un sorrisetto smezzato, ma sincero. Si voltò, infine, verso i due giovani che lo avevano ospitato, il primo, lo conosceva, Dean, e l’altro doveva essere Sam, il fratello minore – che nonostante fosse più piccolo superava il maggiore in altezza e muscolatura. Li vedeva stretti su quel piccolo letto, Dean tentava di mantenere una posizione supina, fermo e immobile, mentre l’altro sembrava più agitato e si muoveva di continuo urtando contro il maggiore, che nel sonno grugniva infastidito.
Castiel si sentì in colpa, per lui uno dei due aveva rinunciato al proprio letto, e no, non doveva andare così, non era giusto che si privassero di qualcosa per lui, che era solo uno sconosciuto per loro due. Si avvicinò al più grande e con gentilezza lo scosse per una spalla, con l’intento di svegliarlo, era incapace ad intrattenere relazioni umane, e per questo non si aspettava una reazione negativa da parte del cacciatore. Convinto che questi capisse che fosse lui, vedendo che non rispondeva al gesto, lo scosse con più forza, sperando si svegliasse. Il cacciatore sobbalzò e afferrò la pistola da sotto il cuscino, puntandola istintivamente verso l’ex-angelo, che indietreggiò spaventato e alzò, senza rendersene per niente conto, le mani davanti a sé, a mo’ di scudo, per proteggersi. Umani, che strani – pensò sorpreso dalla sua stessa reazione. Sorpreso di essersi spaventato alla reazione dell’uomo che aveva di fronte, pensò a malincuore che era stato un angelo, e non poteva spaventarsi così, non poteva avere paura di un umano che brandiva una pistola.
Era innaturale, ma forse era stata una reazione involontaria del suo nuovo corpo da umano.
«Sono Castiel!» aveva esclamato raggiungendo il muro opposto, per essere abbastanza lontano dalla pistola. Dean aveva messo a fuoco l’uomo di fronte a sé, e borbottando qualche scusa a bassa voce aveva messo via la pistola, permettendo all’ex-serafino di tirare un sospiro di sollievo, e far cadere pesantemente le braccia lungo i fianchi, ne portò direttamente una sul petto, all’altezza del cuore, notando che il battito cardiaco fosse notevolmente aumentato: paura, provava di nuovo questa nuova sensazione, non aveva mai provato qualcosa di simile, a parte quando stava per essere investito dall’auto di Dean, non riusciva a spiegarsi come mai tutte le sensazioni umane da lui provate fino a quel momento, fossero state negative. Doveva provare per forza sensazioni spiacevoli? Non esistevano sensazioni positive? Eppure ne era così convinto da angelo.
«Dannazione, Cas, non puoi svegliarmi in questo modo nel cuore della notte! Mi hai fatto venire un infarto!» esclamò, mentre la rabbia e la preoccupazione lasciavano man mano il suo cuore, lasciando spazio ad un sorriso tenero, alla vista dell’altro, che ancora schiacciato contro il muro e imbarazzato, cercava di regolare il proprio respiro e il battito cardiaco. Dean non sapeva cosa avesse quel ragazzo conosciuto per caso, che gli aveva salvato ben due volte la vita, da spingerlo ad accoglierlo, e da fargli pensare di non volere che andasse via. Si convinse che fosse per il suo sesto senso nell’avvertire cosa stesse per attaccarli, e che comunque avesse ottimi riflessi, perché non aveva mai visto una persona così agile, e infine, perché altre due mani avrebbero fatto comodo alla loro missione, c’era ancora un covo di vampiri da distruggere in quella zona, e Bobby non era con loro. Sei mani erano migliori di quattro, questo era certo.
«S-Scusa, volevo… insomma, io sto bene, puoi… dormire sull’altro letto» balbettò a disagio l’ex-angelo, guardandosi le punte delle dita dei piedi, che erano sicuramente più interessanti e meno imbarazzanti da guardare dello sguardo truce dell’altro. Era una vera frana come umano, lo riconosceva, ma poi si disse che fosse solo il primo giorno, era normale che non sapesse bene cosa fare, giusto? «ti ho visto… a disagio, e… insomma. Uno di voi due ha rinunciato al proprio letto per me» spiegò a disagio l’ex-angelo.
Dean alzò lo sguardo, curioso e stranito, era umano quel ragazzo? Sembrava venire da un altro pianeta.
Chi sano di mente lo avrebbe svegliato nel cuore della notte, solo per dirgli di cambiare letto, perché lo aveva visto a disagio?
Il suo volto non poté altro che distendersi in un sorriso rilassato e dolce, mentre scuoteva la testa, e guardava il moro con un’aria leggermente superiore.
«Non è un problema, io e Sammy abbiamo dormito insieme in questo modo anche in auto, siamo abituati» lo rassicurò alzandosi finalmente dal letto, riponendo la pistola al suo posto sotto al cuscino e raggiungendolo «e ora smetti di tremare, ho messo via la pistola» concluse guardandolo fisso negli occhi, come lui aveva fatto la notte prima, quando gli aveva salvato la vita dal vampiro.
«Io… o-okay» mormorò il moro, continuando a fissarsi i piedi, imponendosi di non tremare – cosa che non si era assolutamente accorto di fare – e di cambiare alloggio al più presto. Non sapeva cosa avrebbe fatto, ma di certo non poteva essere un peso per i due cacciatori, a dire il vero, non sapeva neppure da dove iniziare ad essere umano, e ignorava come poter sostenere se stesso in una situazione del genere, aveva agito d’istinto, d’impulso, senza pensare. Non avrebbe mai dovuto farlo, doveva restare un angelo, e vegliare sugli umani come era stato scritto fin dall’inizio dei tempi, invece aveva scelto di far parte del mondo umano, per poter stare accanto a Dean, un uomo che con la sua dedizione alla famiglia e al lavoro, lo aveva affascinato a tal punto da fargli, indirettamente, desiderare di essere umano, ingenuamente Castiel aveva seguito il suo desiderio ed era divenuto umano, solo per Dean.
«Toglierò il disturbo al più presto, comunque» cambiò argomento, spostandosi dal muro e raggiungendo le sue scarpe, poco prima avvistate. Non poteva restare lì, non era il suo posto. Aveva sbagliato in partenza, ed ora era nei guai.
«No, perché? Non ci dai fastidio, certo, la prossima volta dovremmo prendere una stanza in più, ma sei un fenomeno, e ci servirebbe davvero una mano, in questi giorni» gli afferrò il braccio, facendolo voltare verso di sé «o ci nascondi qualcosa?» chiese fissandolo negli occhi, Castiel si specchiò in quegli occhi così verdi e limpidi, perdendo la sensibilità nelle gambe, quasi come se fossero state di gelatina. Sono un angelo, e ho perso la mia grazia solo per essere parte del tuo mondo, ma non avevo messo in conto che non mi conosci! – avrebbe voluto dire, ed era tutto vero, ma non poteva, non avrebbe mai potuto mettere in seri guai i suoi fratelli e le sue sorelle, non poteva farlo, non a causa  del suo egoismo, non a causa della sua bravata. E poi come avrebbe spiegato tutto al cacciatore? Non poteva spiegarlo, era troppo difficile, nemmeno lui riusciva a capire cosa avesse fatto.
Aveva solo seguito il desiderio, perdendosi nel mondo umano, che per lui era solo stato un qualcosa da osservare dall’esterno, e ora si ritrovava a viverlo.
Optò nuovamente per la menzogna, sicuramente un’azione riprovevole, ma l’unica arma che aveva in quel momento.
«S-sono stato… aggredito, prima che tu mi trovassi e…» si morse le labbra a disagio, mentire non era davvero il suo forte «non mi è rimasto nulla, a parte il trench e il pugnale».
In quelle parole, tuttavia, un fondo di verità c’era, il rituale di Metatron era stato come un’aggressione dolorosa e violenta, qualcosa che lo aveva privato di tutto ciò che era stato in passato, mettendolo di fronte ad un presente che non gli piaceva per nulla. Avvertiva un’altra sensazione sgradevole, forse senso di colpa? Era stato uno stupido, ed ora ne pagava le conseguenze.
«E volevi andare via? Ma sei stupido?» chiese Dean leggermente arrabbiato, credendo alle sue parole, spalancando gli occhi stupito, notando però di suscitare imbarazzo e disagio nell’altro, addolcì il tono, sorridendo amabilmente «e poi perché non me l’hai detto subito?» chiese ancora, meno rudemente, cercando di capire il nuovo arrivato nel gruppo.
«Mi… vergognavo?» la vergogna la provava, perché aveva mentito all’unica persona in grado di aiutarlo in quel momento.
Sono un vile vigliacco” – pensò Castiel, abbassando lievemente lo sguardo, incapace di guardare Dean, in quel momento.
«Non preoccuparti, io e Sammy ti aiuteremo, in fondo, io ti devo ancora un favore» spiegò col sorriso sul volto.
Castiel sorrise impercettibilmente, leggermente sollevato. Non poteva credere davvero a ciò che udiva, Dean era davvero un uomo speciale e buono. Lo stava davvero accogliendo nel suo piccolo nucleo familiare? Stava davvero decidendo spontaneamente di aiutarlo? Non poteva credere alle sue orecchie, tutto sembrò leggermente migliore, anche se il senso di colpa per la bugia, restava lì.
«Davvero? Ma non mi conosci…» cercò di ribattere, ma Dean appoggiò un dito sulle sue labbra, saggiandone la morbidezza, sorridendo teneramente. Castiel, sotto il suo punto di vista, era davvero un alieno, bellissimo, ma rimaneva un alieno.
«Smettila di obiettare e ritorna a letto, domani partiamo presto» ordinò con il tono da finto comandante, indicandogli il letto.
Castiel sorrise lievemente contro il suo dito, ancora appoggiato sulle sue labbra e annuì con lentezza, assimilando ciò che stava provando in quel momento, come una piccola fiammella, uno spruzzo di speranza e felicità lo colse dall’interno.
Mentre si dirigeva al letto, con quel sorrisetto stampato sul volto, si girò verso il cacciatore che ritornava sul letto condiviso con il fratello, che nel frattempo aveva occupato più della metà di quello, lo guardò con riconoscenza, prima di mormorare un «Grazie, Dean» sincero e spontaneo, prima di rimettersi a letto e chiudere gli occhi, più sollevato e meno ansioso, nonostante il senso di colpa. Non tutto era perduto. Dean gli aveva dato, seppur minima, una speranza.
 
La mattina seguente, i primi problemi da umano iniziarono a farsi sentire nell’angelo.
Conosceva in teoria, tutto ciò che un umano avrebbe dovuto fare per sopravvivere: mangiare, bere, lavarsi, andare in bagno, e simili, ma non ne aveva mai avuto bisogno. Non distingueva una sensazione dall’altra, ed inoltre aveva ancora il problema dell’equilibrio precario per via della mancanza delle ali. Non appena si svegliò, l’ex-angelo provò una strana sensazione, si sentiva gonfio, e avvertiva quasi dolore nelle cosiddette “parti intime”, probabilmente doveva soddisfare dei bisogni fisiologici, ma non sapeva come fare. Non lo aveva mai fatto, prima di quel momento. Dannazione, pensò, notando Sam uscire dal bagno.
Forse poteva… insomma, chiedere informazioni, ma come poteva, senza dover spiegare che non lo aveva mai fatto prima d’ora perché era un angelo? No, s’impose, non avrebbe chiesto nulla, lo avrebbe scoperto da solo, augurato il buongiorno al cacciatore, entrò nel bagno, senza prestare attenzione alla risposta dell’altro, il quale gli disse che lì dentro ci fosse Dean che stava facendo la doccia. Semplicemente Castiel entrò e si avvicinò a quello che doveva essere il recipiente per le cose in eccesso del corpo umano, era bianco, basso, sporco e a forma di tazza. Come si usa quest’aggeggio?
Mentre si interrogava sull’utilizzo di quello, udì lo scrosciare dell’acqua e sobbalzò, notando che qualcuno fosse dietro la tendina quasi invisibile, sotto la doccia. Deglutì notando che fosse Dean, che ora aveva iniziato a canticchiare qualcosa.
Il rumore dell’acqua non fece altro che infervorare il suo bisogno di un bagno, e istintivamente si calò i pantaloni, voltandosi verso la tazza. L’imbarazzo che si diramò in lui, quando non riuscì a centrarla fu tanto, ma non si perse d’animo. Fortunatamente Dean non poteva vederlo, e deriderlo per la sua inesperienza.
Il rumore dell’acqua si fermò, l’ex-angelo non riuscì a fuggire da quel luogo troppo stretto per due.
«Castiel?» chiese improvvisamente la voce di Dean, il quale stava uscendo dalla doccia, con un asciugamano a coprirgli il basso ventre – come non detto – pensò l’angelo, riconoscendo che fosse davvero nei guai.
«Scusa, scusa! Non ce la facevo più, scusa!» si giustificò, sistemandosi alla meglio i pantaloni, uscendo in fretta dal bagno, rosso in volto. Cos’era? Imbarazzo? Disagio? Non lo sapeva, ma sapeva di aver fatto una pessima figura con il cacciatore, e lo capì quando udì Sam ridere ed esclamare un «Te l’avevo detto che c’era Dean!» divertito.
Non appena Dean uscì dal bagno, Castiel tenne lo sguardo basso, incapace di incontrare il suo sguardo. Era stato stupido ad entrare, e a non accorgersi che ci fosse qualcuno, ma era annebbiato dalla sensazione che aveva, e…
«Cas, non sono arrabbiato, quando scappa, scappa!» esclamò Dean, sorridendo. Castiel alzò lievemente lo sguardo, cercando di non incrociare il suo «davvero, non fa niente. Io non ho visto nulla, tu non hai visto nulla… pace!» Dean non riusciva a spiegarsi come mai non sembrasse umano.
C’era qualcosa nei suoi gesti, nei suoi comportamenti che lo insospettivano, ma era pur sempre un cacciatore bisognoso d’aiuto, e chi era lui per negarglielo?
«Scusa ancora, e grazie» mormorò l’angelo, torturandosi le mani. Si sentiva meglio, ma avvertiva altre sensazioni sgradevoli, come il pessimo odore che emanava. Forse avrebbe dovuto lavarsi, e non sapeva minimamente come fare «ehm… posso?»
«Certo! A proposito, dovrai cambiarti… non ti fa schifo indossare roba mia, per ora?» chiese Dean, guardandolo interrogativo, per sapere se la sua idea andasse bene, l’ex-angelo accettò e appena Dean ebbe scartato qualcosa da prestargli, Castiel entrò di nuovo nel bagno. Prima di tutto doveva togliere i vestiti sporchi, poi entrare nella doccia… e lasciare che l’acqua gli cadesse addosso.
Okay, non sembra complicato. Eseguì tutti i passaggi per bene, e si stupì di quanto gli venisse naturale comportarsi come un umano, non avrebbe mai pensato di trovarsi bene in quel modo, poi afferrò un asciugamano e prese a passarla sulle parti del corpo bagnate, sorprendendosi ancora di quanto stesse prendendo la mano con certe cose, e poi indossò i jeans e la camicia prestatigli dal cacciatore maggiore, gli stavano appena un po’ larghi, ma andavano più che bene per lui che non possedeva praticamente nulla.
Quando ebbe finito, lasciò il posto nel bagno a Sam, andando a sedersi sul letto, dal quale recuperò le scarpe e il trench lasciati per terra la notte precedente. Aveva la gola e la bocca secche, forse aveva quella che gli umani chiamavano sete?
«Allora, Castiel da dove vieni?» chiese Dean curioso, infilandosi la giacca.
«Chicago, Illinois» mentì ancora l’angelo, dannazione quanto si sentiva in colpa nel mentirgli in quel modo, ma cosa poteva mai fare? Dirgli che veniva dal paradiso, che fosse un angelo e che fosse umano con tempo limitato? No, non ancora.
Dean annuì comprensivo e gli fece altre domande sulla sua vita, ma Castiel rimase vago, risposte brevi e poche parole, e provvidenziale fu l’uscita di Sam dal bagno, che lo salvò da ulteriori imbarazzi.
«Ho fame, andiamo a fare colazione!» esclamò il minore dei Winchester, facendo segno ai due. In effetti, anche Castiel avvertiva un certo vuoto nello stomaco, forse anche lui aveva fame. Com’era strano, sperava di abituarsi quanto prima a tutto questo, perché era davvero improbabile per lui avvertire così tante cose nuove tutte insieme.
I tre uscirono dalla stanza di motel, Dean pagò con una carta di credito falsa, e si diressero al bar più vicino. Il maggiore dei Winchester consigliò al moro di prendere dei pancake, perché secondo lui erano l’unica cosa commestibile presente in quel posto, e l’ex-angelo seguì il suo consiglio. Dean, Castiel e Sam si ritrovarono ad un tavolo un po’ più in disparte rispetto a tutti gli altri, i primi due avevano preso dei pancake con del caffè, mentre l’altro un semplice frullato di frutta. Dopo una sostanziosa colazione, una lotta con le posate per l’ex-angelo che divertì i due cacciatori, e altre domande imbarazzanti, Dean e Sam spiegarono a Castiel cosa accadesse in quelle città, e che avrebbero dovuto eliminare i vampiri lì presenti.
L’ex-angelo accettò di buon grado.
Castiel non sapeva se mai avesse imparato a comportarsi da umano, ma era certo che con i Winchester avrebbe imparato in fretta, e che avrebbe fatto di tutto per sdebitarsi con loro per l’aiuto datogli, ripromettendosi che li avrebbe aiutati in tutte le situazioni, anche le più complesse, soprattutto nelle cacce, sfruttando in quel campo le sue angeliche conoscenze delle creature sovrannaturali.
Quella notte stessa, i due cacciatori con l’aiuto di Castiel, e del suo sopraffino udito e della sua immensa conoscenza riguardo il soprannaturale, riuscirono a trovare il covo di vampiri, in cui, dopo una lotta senza precedenti, i tre debellarono la presenza dei vampiri da quella cittadina lontana e dimenticata da tutti del Connecticut.
I due fratelli decisero che il moro sarebbe rimasto con loro e con loro avrebbe cacciato.
Era il loro asso nella manica, a quanto pareva. 
To be contiued...
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Note: Oh salve, ben ritrovati!
In primis, voglio ringraziare chiunque abbia letto, le persone che hanno recensito e chi ha messo già questa storia nelle seguite. I'm so happy! Non credevo andasse bene in un fandom nuovo, ma thank you so much!
Allora, non sorprendetevi della disponibilità di Dean, perchè si sente in debito verso Cas, che lo ha salvato ben due volte, una delle quali era mezzo morto, ma comunque... eheh. Vedrete in seguito, e poi chi lascerebbe un Cas solo soletto in mezzo alla strada? Io no. E nemmeno Dean, su. Chiedo scusa per la parte di Castiel umano, ma... è stato un puro delirio notturno, e... giuro volevo cancellarlo ma alla fine l'ho lasciato. Non è tenero? 
Volevo pubblicare ieri, ma... avevo troppa voglia di guardare il nuovo episodio.
Anyway, spero che vi piaccia anche questo capitolo. E se ci sono errori di battitura o qualsiasi altra cosa, tell me. Betando da sola le mie storie, a volte gli errori mi scappano, e non me ne rendo conto.
Beh, vi saluto! Al prossimo capitolo!


P.s Castiel e Dean sono OOC, anche se ho cercato di renderli IC, e in alcuni punti toccheranno picchi di incoerenza voluti. 
 
   
 
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