Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: Nanek    10/05/2014    23 recensioni
Tratto dalla storia:
«Dovrei farti arrabbiare più spesso se il risultato finale è fare l’amore con te» le sussurra, facendola arrossire come non mai, mentre le bacia ancora le labbra, avvicinandosi a lei, avvolgendola in un abbraccio.
«Pensi davvero quello che hai detto?» le chiede ancora, alludendo a quella confessione: lei farebbe davvero l’impossibile per lui? Lei… vorrebbe davvero una famiglia? Con lui?
«Non mi piace dare aria alla bocca Cal, quello che dico lo penso davvero» dice decisa, baciandogli il petto.
«Pensi anche che io sia un cretino?» ridacchia lui, accarezzandole la schiena.
«Sì, a volte sì» confessa lei, stringendolo a sé «Soprattutto quando flirti con quelle tutte “tette e culo” e zero cervello» lui alza gli occhi al cielo.
~
*Questo è il sequel di “So Out Of Reach”, suggerisco la lettura di questa storia per poter capire i vari intrecci ;) La trovate nel mio profilo ;) Buona lettura ;) *
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=CZSa3Vz4yGg :)
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum Hood, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 9

Sorry

Image and video hosting by TinyPic
 
Broken hearts and last goodbyes 
Restless nights but lullabies 
Helps to make this pain go away 
I realize I let you down 
Told you that I'd be around 
Buildin' up the strength just to say 
I'm sorry

 
 
Lune stringe le sue dita su quelle di Calum, le stringe così forte che ha paura di fargli male, ma la presa di lui sembra davvero troppo leggera, come se potesse sciogliere quelle dita intrecciate dal nulla, come se non avesse neanche più la forza di tenerle la mano, come se Calum non fosse più in grado di compiere un gesto concreto: è spiazzato.
La conversazione con Michael l’ha distrutto, le parole dell’amico gli rimbombano in testa di continuo, sente quella dannata voce deriderlo, prenderlo in giro, dargli del sognatore e dell’immaturo, quella voce che è riuscita, in appena dieci minuti di conversazione, a distruggere ogni cosa costruita in quei mesi passati con Lune: Michael ha fatto piazza pulita delle sue convinzioni, Michael è riuscito a fargli dimenticare ogni cosa successa, ogni momento di gioia passato con lei, ogni singolo dettaglio, facendolo cadere nel buio più assoluto.
Calum non parla da quando l’amico se n’è andato quel pomeriggio da casa sua, non parla e non rivolge lo sguardo alla ragazza che tenta in tutti i modi di rassicurarlo, riempiendolo di abbracci, di baci sulle labbra, di carezze tenere che, però, sembrano non avere più effetto su di lui: lui che ad un certo punto ha pure evitato un suo bacio, alzandosi e andando a fissare fuori dalla finestra, come se avesse capito quanto sbagliata sia tutta quella storia, storia che lui, ingenuo, credeva possibile.
Ed è stato in quel momento che Lune, sospirando rumorosamente, ha detto quelle parole «Vieni a casa con me, dobbiamo dirglielo» facendo sbiancare il moro che non ha risposto per circa mezz’ora, continuando a fissare fuori, cercando di apparire invisibile e lontano dal mondo, lontano da quella casa, lontano da quel casino.
Ma Lune, dopo quella mezz’ora, ha deciso di passare alle maniere meno gentili, tanto che, sbattendo il bicchiere d’acqua che teneva in mano sul tavolo, ha alzato la voce «Questo non è un comportamento, Calum, mi stai rompendo con questo silenzio. Tira fuori il coraggio e preparati, o andrò da sola» e il cuore di lei ha sussultato al solo pensiero di dover affrontare suo padre senza di lui affianco.
Calum in risposta ha semplicemente annuito e, dopo essersi preparato per uscire, si sono avviati verso casa Hemmings: Lune al volante della macchina di lui, lui che fissava fuori dal finestrino, sospirava appena, non spiaccicava parola, mentre a lei saliva la voglia di ucciderlo, di riempirlo di insulti, perché tutto si sarebbe aspettata da parte sua, ma non questa sceneggiata degna di un adolescente.
 
Ed ora che sono davanti alla porta di casa Hemmings, con le loro mani intrecciate, tenute ancora unite solo grazie alla mano della ragazza, lei si rende conto di provare un’orribile sensazione dentro di sé: è lei che sta tenendo Calum, è la sua mano che intreccia la sua, da parte di lui non c’è nulla, c’è solo il silenzio e gli occhi persi, tutto questo la rende nervosa, le fa sentire gli occhi che pizzicano appena, deglutisce, sperando di mandare indietro anche quelle lacrime che si stanno formando nei suoi occhi, suona il campanello con la mano che trema.
E neanche a farlo a posta ad aprire alla porta è Michael, il quale fissa i due nuovi arrivati con quasi disgusto, fissa le loro mani unite come se fossero la cosa più oscena al mondo, Calum si sente così male da lasciare la mano di Lune per mettersela in tasca e non osa guardare in faccia né l’amico, né lei, lei che sospira e, voltandosi verso Michael, chiede semplicemente «Lo hai detto tu ai miei?» e lui scuote la testa. «Non spetta a me farlo» quasi ringhia guardando il moro che si fissa le scarpe, come se la vergogna salisse ogni secondo che passa.
E a dare il colpo di grazia a tutta quella situazione è il fatto che in casa Hemmings non manchi proprio nessuno all’appello: c’è pure Ashton con Sue e la bambina, c’è Abby e i due piccoli Clifford, ci sono pure nonna Anne Marie e nonna Liz, per non dimenticare poi Harry Irwin, la situazione non può essere messa peggio di così.
«Finalmente siete arrivati! Vi aspettavamo» annuncia June sorridente, facendo inarcare il sopracciglio alla giovane Lune.
«Eravamo tutti qua e abbiamo mandato Michael a chiamarvi: ero sicura fossi da tuo zio, Lune, ormai sei trasferita lì» continua sua madre, facendo capire il motivo per cui fossero tutti lì: un semplicissimo pomeriggio da passare in famiglia, un semplicissimo pomeriggio che verrà distrutto da quello che Lune sta per dire, un pomeriggio come tutti gli altri, un pomeriggio che verrà segnato, che verrà ricordato per sempre.
«Ma che magnifica notizia» fa dell’ironia la giovane Hemmings, sfoggiando il suo peggior sorriso, un sorriso che mai ha usato, un sorriso così falso che pure la piccola Sophie si sente poco gradita in quella casa: gli occhi di tutti fissano Lune con aria quasi scioccata.
«Lune…» sussurra Calum, sentendosi in dovere di dirle qualcosa, sentendosi responsabile di tutto, sentendosi il latte alle ginocchia per il putiferio che sta per scatenarsi; cerca di toccarle il polso, ma lei lo schiva, lei non ha bisogno di un suo contatto, lei non ha bisogno di lui, non in questo momento, perché le parole le escono di bocca come se fossero la cosa più semplice al mondo.
«Io e Calum stiamo insieme» dice chiaramente, senza girarci troppo attorno, provocando in lui un rossore violento in viso: quel suo essere così diretta lo ha spiazzato, lo ha letteralmente lasciato senza parole.
Mentre il resto della famiglia si lascia andare a delle risatine imbarazzate: sta scherzando, non c’è ombra di dubbio per loro, ma scherzare su una cosa simile non è mica troppo divertente.
«Lune, dovresti andare a fare un corso di recitazione per comici: perdonami, nipotina, ma questa battuta non fa tanto ridere» dice Ashton, prendendo in braccio la sua piccola Sophie continuando, però, a fissare la ragazza che, con fare sempre fin troppo diretto, si affretta a prendere la mano di Calum, intrecciando le sue dita alle sue, nonostante la resistenza da parte di lui.
«Potete chiedere conferma a Michael se non mi credete, ci ha colti sul fatto, vero?» e lo sguardo di tutti si precipita sulla figura appena nominata, figura che abbassa lo sguardo e si limita ad annuire, un misto di imbarazzo e ancora disgusto.
Ed è qui che il silenzio tombale cala.
Ed è qui che i volti dei presenti sono un mix tra il confuso e lo scioccato, i loro occhi vanno in tutte le direzioni: dalla mano di Lune che tiene quella di Calum, alla faccia bianca di Michael, agli occhi pieni di autentica paura di Calum, ai visi di June e Luke.
June e Luke sono i visi che richiamano più attenzione perché, se lei si limita a rimanere con la bocca leggermente aperta, gli occhi spalancati e senza dire una sola parola, il viso di Luke è un ritratto della rabbia e dell’ira: rosso, rossissimo in viso, la bocca serrata, gli occhi che fulminano la figlia e quel che definiva “migliore amico”, le mani strette a pugno e il respiro sempre più nervoso.
«Tutti i bambini vengano fuori con me! Dai che andiamo in giardino a giocare!» esclama dal nulla Ashton, richiamando l’attenzione dei più piccoli che esultano per la proposta dello zio: ma a seguirlo fuori, non sono solo loro, anche Abby, Sue, Harry, Liz, Michael, Anne Marie vanno fuori, escono tutti da quella stanza, escono tutti da quel putiferio che sta per scatenarsi, lasciando soli June, Luke, Calum e Lune, lasciando che quella faccenda si risolva senza bisogno di altri sguardi.
E non appena Liz chiude la porta, l’ultima ad uscire, la rabbia di Luke comincia lentamente a farsi sentire.
«Ditemi che mi state prendendo per il culo» dice con tono minaccioso, mentre Lune scuote la testa, come a voler confermare la loro storia, mentre continua a stringere sempre più forte la mano di Calum come se fosse spaventata, come se fosse terrorizzata, come se avesse bisogno di lui, lui che, però, non osa rispondere alla sua richiesta di aiuto.
Luke sbatte il pugno sul tavolo, come preso dai nervi, come se quella situazione fosse così surreale che neanche riesce a crederci: e da questo momento, ogni insulto, ogni parola che esce dalla sua bocca, va a colpire solo lui, solo Calum.
«Ti rendi conto di quello che hai fatto?!» gli urla, mentre June porta una mano sulla sua spalla come a volerlo calmare, come a volerlo trattenere, come se avesse paura che lo colpisca e non solo con le parole.
«Io mi fidavo di te e tu mi hai raccontato solo balle!» lo aggredisce, ma Calum non osa alzare lo sguardo verso di lui: si limita solo a liberarsi dalla presa della mano di Lune, azione che fa salire le lacrime alla giovane, si sente abbandonata, si sente sola ora più che mai.
«Abbi il coraggio di parlare, Calum! Come hai potuto?! Con mia figlia?!» urla ancora Luke, mentre June lo incita a sedersi riuscendo nel suo intento, accarezzandogli la schiena, sussurrando di respirare, di mantenere la calma.
«Papà, non prendertela solo con lui» sussurra poi Lune, lasciando che una lacrima le righi il viso: lacrima dovuta all’abbandono di Calum.
«Zitta, Lune! Zitta! Questo idiota mi deve delle spiegazioni e con te faremo i conti, te lo posso giurare» la fulmina con lo sguardo, scatenando in lei una reazione piuttosto inaspettata.
«Smettila, papà, smettila di considerarmi una stupida ragazzina!» alza la voce, facendo spalancare gli occhi pure alla madre. «Calum non è un idiota, non abbiamo fatto niente di male!» comincia a giustificarlo, cerca lo sguardo di lui come ultima speranza di essere aiutata, ma lui è troppo preso a fissare il vuoto, a rimanere rossissimo in viso, a rimanere in silenzio, lasciandola sola in quel casino.
«Tu e Calum siete amanti: ti rendi conto della… della… assurdità della cosa?!» Luke non riesce a trovare le parole da dire: quella situazione non ha davvero parole per essere descritta, è solo un grande errore.
«Non è assurdo, papà: ci vogliamo bene, stiamo bene insieme, non è assurdo essere felici» le parole di Lune fanno sorridere appena June, alle spalle di Luke, sorriso che dura solo un istante per poi sparire, in seguito alla voce ancora fin troppo alta di Luke.
«Ma cosa devo sentire?! Lune hai vent’anni e lui trentanove, ma in che cazzo di situazione vi siete cacciati?!» si passa la mano tra i capelli, potrebbe strapparseli da un momento all’altro: Lune ne è sicura.
«E cosa importa quanti anni abbiamo? Siamo felici, è questo che importa: l’importante siamo io e Calum, e nessun altro» e quelle parole, dette da Lune, in modo così inconscio, fanno accelerare il cuore a June: quella frase.
Ma June non è l’unica a essere colta dallo stupore perché anche Luke resta in silenzio, per pochi istanti, al sentire quella frase pronunciata da sua figlia, quella frase che è stato abituato a sentire da June o da lui, quella frase che ora gli si sta rivoltando contro.
«No. Non ti permetto di ragionare in questo modo» dice a denti stretti. «Lui è Calum, è il mio migliore amico e tu sei mia figlia, mia figlia, dannazione!» sbatte ancora il pugno sul tavolo, per poi rivolgersi all’interessato che sembra non volersi esprimere, che sembra voler lasciare la parola solo a Lune: ignobile codardo.
«Non hai nulla da dire tu?! Lasci a Lune il compito di pararti il culo?!» ed ecco che il moro sussulta appena, alza paurosamente gli occhi, fissa Luke con aria spaventata da morire.
«Vedo come siete felici insieme: mia figlia lotta e tu stai in silenzio. Cosa devo dedurre, Calum? Che mia figlia sia la scopatina di cui hai bisogno per vivere tranquillo?!» e questa accusa fa arrabbiare Calum, lo fa arrabbiare davvero perché nessuno sembra capire quanto gli importi di Lune.
«No, Luke. Lune non è la scopatina di cui ho bisogno» dice secco, gli occhi che non osano spostarsi da quelli dell’amico.
«E allora parla, Calum, dammi un motivo per non prenderti a calci, perché non sai quanto vorrei farlo» lo sfida ancora il biondo.
E Calum sta per ribattere, riesce a dire «Lune è…» ma si blocca, dal nulla, la sua convinzione svanisce come per incanto, le parole che stavano per uscirgli spariscono, si dissolvono, perché altre parole prendono il sopravvento nella sua testa: le parole di Michael.
Lei non lo vuole davvero.
Tu lo sai meglio di me.
Che futuro puoi avere con una ventenne?
Sii reale.
Non fare lo sciocco.
Credi davvero che rinuncerebbe alla sua vita per diventare una brava donna di casa?
Ha appena cominciato a vivere.
Sei davvero così ingenuo?
Cosa ti aspetti da lei? Un matrimonio?
Dei figli, magari?
Nessuno vuole dei figli a vent’anni Calum, non li volevi neanche tu.
E quelle parole gli fanno male, quelle parole sono pugnalate al petto, sono così dure da accettare che i suoi pensieri non vedono altra via d’uscita.
Michael ha ragione, lei non lo vuole davvero.
Si pentirebbe di quella scelta un giorno o l’altro, ne è sicuro.
Nemmeno Faith voleva dei figli e lei non aveva vent’anni: se non li voleva una donna matura come Faith, come può volerli Lune? Lei che ha ancora l’Università? Lei che ha appena cominciato a camminare da sola? Lei che ha tante di quelle capacità che potrebbe andare lontano, fare successo, vivere la sua vita come l’ha sempre progettata, una vita in cui una famiglia e dei figli non sono presi in considerazione, ma sono balzati alla sua mente solo per colpa sua: è lui che li vuole, è lui che le ha messo quella pulce nell’orecchio, è lui che la costringe a volere delle cose che neanche si sogna, è lui a volere una famiglia, è lui l’artefice di tutto, non lei.
E Calum sa bene che, se continuasse questa storia, lei un giorno lo odierà: lo odierà e lo lascerà, perché lui sarà solo un quarantenne qualunque, un quarantenne che esce con una ragazza così giovane che potrebbe essere sua figlia, una ragazza che lo lascerebbe con una facilità tale da trovare subito un sostituto, lasciandolo nuovamente solo, abbandonato in quella casa così troppo grande per lui.
E gli occhi pizzicano a Calum, gli occhi sono rossi e pronti a far scendere quelle lacrime, lacrime di disperazione, lacrime di odio nei suoi confronti perché lei è così speciale, lei è così unica, lui la ama davvero con tutto se stesso: non ha amai amato nessuno come ama lei, neanche Faith, neanche Maddy, nessuna di loro è mai stata amata così; e lui, invece, non è quello che lei si merita, non vale nulla, è solo una briciola, è un trentanovenne solo e bisognoso di una donna, di una famiglia, un uomo che non fa per lei.
E mentre Luke continua a fissarlo, con quegli occhi azzurri che lo fulminano, lo stanno odiando con tutto se stesso, Calum sospira a fondo, fa indietreggiare le lacrime e, balbettando, lascia che la sua voce flebile formuli quelle parole.
«Mi dispiace» dice, abbassando subito lo sguardo. «Sono un coglione, Luke, mi dispiace» sente una mano cercare la sua, la mano di Lune che lui schiva. «Non so cosa mi sia preso, ma mi dispiace» il silenzio regna in quel posto, come se l’unico a dover parlare fosse Calum.
La realtà è che: Lune è sconvolta da quelle parole, è talmente scioccata dal suo comportamento che lascia scivolare una lacrima sulla sua guancia; ma la giovane Hemmings non è l’unica a essere sconvolta: perché nonostante la sua ira, la sua rabbia, il suo andare fuori di testa per la troppa gelosia nei confronti della figlia, pure Luke è sconvolto da quelle parole; si aspettava altro, si aspettava una confessione pura, si aspettava un Calum pieno di sentimento che si batte per l’amore di una persona, una reazione che l’avrebbe spiazzato, ma che ,almeno, non gli avrebbe lasciato quell’amaro che ora ha in bocca perché Calum, con queste sue parole, si rivela solo come codardo, come approfittatore, come uomo alla ricerca solo del corpo di una donna.
«Ho fatto un casino, me ne rendo conto. Non importunerò più tua figlia, questa cosa era davvero al limite del ridicolo, mi dispiace, Luke, non so davvero cos’altro dire» conclude così il suo discorso, non osando alzare lo sguardo verso nessuno, cercando di non crollare proprio ora.
Calum non aggiunge altro, tanto che decide di andarsene, con passo spedito, allontanandosi da quella situazione, allontanandosi da quel posto che lo sta soffocando, scappando via da quel casino che lui stesso ha creato.
Ma Calum non riesce ad arrivare alla sua macchina, perché viene richiamato da una voce, una voce che strilla più del solito, una voce disperata che richiama l’attenzione pure delle persone che sono fuori, tanto che Ashton è costretto a trascinare il gruppetto nuovamente dentro casa, lamentandosi del fatto che «Non siamo mica trottole noi! Dentro e fuori, fuori e dentro!» scatenando la risata dei bambini.
Ma Calum non ride.
Ma la persona che ha appena urlato il suo nome non ride.
E quest’ultima, gli si avvicina, sempre di più. «Che cazzo stai facendo? Che cazzo hai combinato?!» è esasperata, è senza controllo, ha le lacrime agli occhi, le mani che tremano, le labbra che non mostrano quel sorriso a cui lui è abituato.
«Parla, Hood! Cazzo! Parla!» esclama ancora lei, mentre lui sospira, cerca, ancora una volta, il coraggio di non cedere: deve riuscire a lasciarla andare.
Definitivamente.
 
 


 
Note di Nanek
 
Beh, io dico che… oggi è meglio se non parlo.
Sono pure di fretta ma… cosa c’è da dire? È una tristezza assurda questo capitolo, e mi dispiace se qualcuna di voi affogherà nelle proprie lacrime.
Che situazione… non so davvero che dire, merito la tortura!
A parte la tristezza di questo capitolo, devo davvero scappare, mi spiace essere così rapida ma: devo andare all’Università, quando finisco vado a vedere The Amazing Spiderman 2 e però non volevo saltare questo sabato, quindi posto velocemente!!
Ci tenevo a ringraziarvi <3
Grazie alle 112 persone che hanno messo la storia tra le preferite <3 vi adoro <3
Grazie alle 10 persone che hanno messo la storia tra le ricordate <3 vi adoro <3
Grazie alle 87 persone che hanno messo la storia tra le seguite <3 vi adoro <3
Grazie alle 20 persone che hanno recensito lo scorso capitolo <3 vi adoro <3

Grazie davvero per tutto e scusatemi ancora una volta la fretta!! Ma purtroppo ho calcolato male i tempi =( spero mi possiate perdonare!!
Ci sentiamo il prossimo sabato <3 vi adoro tutte <3
Nanek

 
  
Leggi le 23 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: Nanek