Film > The Phantom of the Opera
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Autore: Alkimia    26/07/2008    3 recensioni
Una mia personalissima idea di come potrebbe continuare la storia del Fantasma dell'Opera, la fanfic comincia dove il film si interrompe, la sera del Don Juan. Erik è in fuga dopo l'addio di Christine ma alcuni incontri imprevisti gli mostreranno la prospettiva di una nuova esistenza, perchè anche il Figlio del Diavolo ha diritto a una vita normale...
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO UNDICESIMO

Diane si svegliò di buon umore al ricordo degli sguardi perplessi, quasi imbarazzati, degli invitati della cena di beneficenza a cui aveva partecipato la sera prima. Stava raccontando ad alcune signore del suo soggiorno in Provenza e una di loro le aveva chiesto se durante quella gita avesse partecipato a qualche ballo, o assistito a qualche importante rappresentazione teatrale, ma lei aveva risposto con disarmante candore che la cosa più interessante che aveva visitato era stato un circo di campagna.
Era per questo che Diane non aveva molti amici a Parigi: lei era una a cui piaceva sconvolgere le persone e i nobili erano una razza con vedute talmente ristette che gli bastava poco per farsi sconvolgere da una di loro che si comportava come una borghese qualsiasi. Strappare a quella gente smorfie di malcelata perplessità era per Diane una sorta di piccola vendetta. I pettegolezzi sulla marchesa de Valois erano all'ordine del giorno nei salotti parigini, malgrado tutti sapessero che era una moglie onesta, si sprecavano affermazioni e commenti su quanto una donna che viveva senza il controllo del marito che, sventuratamente, era lontano per questioni di lavoro, finisse per adottare una condotta così poco consona alla sua posizione sociale.
“Pensano che se avessi un marito accanto sarei diversa, che sciocchi!” si disse Diane legandosi la cintura della vestaglia attorno ai fianchi, poi la sua mente si concentrò su qualcosa che avrebbe dovuto ricordare ma che le sfuggiva...
“MIO MARITO!- esclamò la donna ricordando all'improvviso, battendosi un palmo sulla fronte- oggi è il gran giorno...”.
Diane scese di colpo al pian terreno, nel salone trovò un nutrito gruppo di domestici intenti a pulire e sistemare sotto le direttive precise e severe di Colette che gracchiava contro chiunque non facesse bene il proprio lavoro.
“Sembri un generale dell'esercito prima della battaglia Colette” commentò sarcastica la marchesa
“Oh, buon giorno madame,- disse la domestica con un sorriso- tra poco sarei venuta a svegliarvi... ehi, Rosalie! Attenta a quel vaso di fiori!... ah, scusate madame, vado a dire di prepararvi la colazione”
“Mia figlia è sveglia?” chiese la marchesa
“Non ancora madame, eppure pensavo che si sarebbe svegliata presto, che non stesse nella pelle all'idea di rivedere suo padre”
“Sarà che è talmente abituata a non vederlo mai che nel frattempo si è dimenticata di averne uno”
Colette fece un segno della croce e baciò il crocifisso d'argento che portava al collo,
“Sarebbe una cosa orribile, madame...” piagnucolò
“Si... certo...” concluse sbrigativa la marchesa avviandosi in sala da pranzo dove le sarebbe stata servita la colazione. Diane comprendeva l'attaccamento di Colette al padrone di casa, aveva servito in quel palazzo praticamente per tutta la vita, aveva visto Louis nascere, era quasi come un figlio per lei.
La marchesa bevve una tazza di the e mangiò un paio di biscotti, poi andò in camera di sua figlia. Vivianne dormiva tranquilla abbracciata alla sua bambola preferita, una bambola di pezza di ottima fattura con le trecce rosse e un vestito di raso di una sgargiante tonalità di arancio. Diane scosse con delicatezza la bambina fino a quando la piccola non si svegliò,
“Avanti tesoro alzati, oggi torna tuo padre e voglio che ti trovi più bella di quando è partito” le disse con un sorriso posandole un tenero bacio sulla fronte,
“Era oggi che tornava? Quand'è che arriva?” chiese Vivianne allontanando con delicatezza la bambola prima di scendere dal letto
“Se Dio vuole, oggi avremo il grande onore di vedere la famiglia riunita per pranzo”
“Mamma, quanto da tempo è che siamo tornate a Parigi?”
“Tre settimane, me lo chiedi ogni giorno Vivianne...” sbuffò Diane
“Si, è che... te lo ricordi il mio Angelo? Aveva detto che il circo veniva a Parigi, chissà quanto tempo ci mettono ad arrivare” disse la bambina
“Tesoro, ma loro non viaggiano come noi, forse ci metteranno mesi ad arrivare qui, prima magari dovranno fermarsi in altri posti”
Vivianne sbuffò delusa, poi lasciò che la sua tata la vestisse e la preparasse per quel giorno che in casa dei marchesi de Valois avrebbe dovuto essere una sorta di festa.

*

Gli occhi scuri osservarono per un attimo il sentiero sterrato lungo il quale procedeva la carrozza, poi lo sguardo dell'uomo tornò a concentrarsi sui fogli che aveva tra le mani: lettere scritte in una calligrafia allungata e perfetta, frasi fitte e allineate che ferivano il bianco del foglio con parole che a lui sembravano troppo grandi per poter essere assimilate dalla sua mente spossata dal lungo viaggio. Righe, frasi, parole che lui ormai ricordava a memoria ma che ogni volta che rileggeva sembravano sorprendenti e piacevoli come piccole sorprese inattese. Le buste da lettera erano prive di sigilli, quelle missive erano state consegnate dalla mano discreta e furtiva di un domestico direttamente a lui, senza che nessuno sapesse, senza che nessuno vedesse.
Dopo aver letto uno ad uno tutti i fogli, Louis de Valois li ripiegò con cura e li sistemò nella tasca del cappotto, poi si sporse dal finestrino della vettura, la strada gli sembrava irriconoscibile, quando era partito gli alberi stavano appena cominciando a perdere le foglie, ora invece quegli stessi alberi erano spogli e i loro rami puntellati di boccioli pronti a far nascere altre foglie, altri fiori, un'altra primavera. Altre stagioni che rincorrevano stagioni... e lui non riusciva a ricordare quanto fosse lontana la sua casa.
“Quanto manca?” domandò al cocchiere
“Tra meno di un'ora saremo a Parigi, monsieur” rispose l'uomo sferrando un'altra frustata ai cavalli,
il marchese estrasse il suo orologio da taschino e controllò l'orario, erano le dieci e mezza del mattino: quel giorno gli aspettava un pranzo con la sua famiglia.
Louis osservò il proprio riflesso nel vetro della carrozza, si passò un dito intorno agli occhi chiedendosi se sua moglie lo avrebbe trovato più vecchio, o diverso. Chiedendosi quanto lei lo conoscesse e fosse in grado di capire, ma sapeva che Diane era una donna intelligente, lo era sempre stata, era per questo che aveva scelto lei tra lo stuolo di giovani pretendenti che aspiravano a sposarlo, voleva una donna con la quale poter conversare di tanto in tanto, qualcuna che avesse argomenti più eloquenti del mobilio da cambiare o della servitù di cui lamentarsi, qualcuna di cui potersi innamorare nel corso degli anni trascorsi insieme, poiché era opinione condivisa che, nei matrimoni combinati, l'amore nascesse in seguito, durante la convivenza. Se Louis avesse avuto il tempo di innamorarsi di sua moglie probabilmente l'avrebbe convinta a seguirlo in Spagna, dove da diversi anni svolgeva la funzione di console di Francia, invece l'incapacità di provare un qualsiasi sentimento profondo nei confronti di quella giovane donna tanto brillante e attraente gli rendeva le lunghe permanenze lontano da casa una sorta di allettante via di uscita da una situazione che non era riuscito a piegare al suo volere: una vera delusione per un uomo autoritario e sicuro di sé come lo era lui. Non aveva avuto tempo di innamorarsi della donna che aveva sposato in effetti, e nemmeno di essere un padre per la figlia che aveva messo al mondo: sapeva che per la piccola Vivianne lui era poco più di un estraneo. Eppure Louis de Valois non era una cattiva persona, né un cuore di pietra come il suo atteggiamento serio faceva supporre.
Quando la carrozza giunse nel cortile della sua tenuta, ai margini della capitale Francese, e l'uomo vide sua moglie ad attenderlo in piedi davanti al portone di ingresso della villa pensò che avrebbe fatto meglio a sposare una subdola donnina interessata solo al suo denaro, che avrebbe gioito della libertà delle sue assenze più di quanto sua moglie se ne rammaricava, forse sarebbe stato meglio lasciare Diane a qualcuno capace di renderla felice, non aveva mai compreso le amarezze di sua moglie prima di allora... mo ormai era tardi per tornare indietro.
La carrozza si fermò davanti al palazzo, una villa dalla facciata barocca risalente ai tempi della monarchia dei Borboni, con un portone sormontato da un grosso arco di marmo bianco decorato con bassorilievi floreali che si intrecciavano lungo le semicolonne scanalate che sorreggevano la volta dell'arco. Il palazzo era immerso in un giardino curato e adorno di aiuole regolari e roseti.
Alle spalle di Diane stava la servitù, ordinatamente allineata, tutti attendevano con le mani conserte il ritorno del padrone.
Louis scese dalla carrozza facendo svolazzare i lembi della sua giacca, due domestici furono solerti ad occuparsi dei bauli assicurati al retro della carrozza con cinghie di cuoio, mentre l'uomo procedeva spedito verso sua moglie.
Le basette folte ai lati del volto erano leggermente brizzolate e contrastavano con il castano dei capelli facendolo apparire leggermente più vecchio dei suoi trentacinque anni, ma gli occhi scuri erano vividi e intelligenti, quasi sempre fissi in un'espressione decisa e imperscrutabile, il volto adorno di un paio di baffi sottili e di un pizzetto alla nazzarena aveva tratti attraenti ma decisi e conferiva alla sua figura un'aurea elegante di prestigio, accentuata dal fisico piuttosto robusto ma proporzionato.
“Bentornato” disse Diane con un sorriso
“Grazie, mia cara” rispose lui baciandole le guance, poi lanciò un'occhiata rapida ai domestici,
Colette fece un passo avanti e chinò il capo in un rispettoso cenno di saluto,
“E' bello riavervi a casa, monsieur” mormorò, la sua voce leggermente squillante tradiva una contentezza maggiore di quella che l'eticcheta le permetteva di mostrare,
Louis accennò un sorriso sotto i baffi sottili e si incamminò verso l'ingresso della sua casa. Appena entrato nel palazzo il marchese lanciò un'occhiata in giro quasi a voler controllare che fosse tutto come lo aveva lasciato.
“Colette ha pensato di far mettere dei fiori freschi per il vostro ritorno” disse Diane che procedeva a passi lenti dietro suo marito
“E' stato un bel pensiero- rispose lui- ma... dov'è mia figlia?”
“Forse la tata non ha sentito che stavate arrivando, sarà in camera sua”
l'uomo annuì, poi si voltò verso i domestici che stavano trascinando dentro i pesanti bauli, fece loro cenno di fermarsi e questi deposero i bagagli. Louis aprì una delle grosse valige di cuoio e ne estrasse un pacco incartato con una sottile carta trapuntata con dei fiori come se fosse stato un fazzoletto di stoffa damascata, poi si avviò lungo le scale,
“Come è stato il viaggio?” chiese Diane
“Decisamente noioso”
“Ah, capisco”,
il marchese e sua moglie raggiunsero la camera della bambina, Louis aprì la porta e trovò Vivianne seduta sul tappeto insieme alla sua governate, intenta a giocare con dei mattoncini di legno colorati. La tata, Martine, si alzò subito in piedi salutando il padrone di casa con un leggero inchino, la bambina scattò diritta e andò incontro a suo padre. Le sarebbe piaciuto potergli correre incontro e abbracciarlo, ma sua madre le aveva spiegato che non era buona educazione che una signorina corresse e facesse delle moine, e almeno davanti a suo padre la bambina era stata istruita a evitare di concedersi gli strappi all'etichetta che le erano permessi quando lui era via., così come le era stato raccomandato di non raccontare a suo padre della visita al circo, dell'incidente all'Opera e dello strano uomo che lei continuava a chiamare il “suo Angelo”.
“Bentornato” si limitò a dire Vivianne con un sorriso imbarazzato, aspettando che fosse lui a concederle la prima dimostrazione di affetto,
Louis si chinò su sua figlia e le posò una mano sulla testa
“Che bello rivederti, bambina mia, cresci a vista d'occhio, non ricordo che eri così alta quando sono andato via l'ultima volta” le disse con un sorriso tenero, strappandole una risatina lusingata,
Diane, alle sue spalle sospirò pensando che sua figlia si era comportata bene,
“Ho questo per te- aggiunse poi il marchese porgendo alla figlia il pacco che aveva estratto poco prima dal suo baule- l'ho fatta costruire appositamente da una famosa bottega di Madrid”
“Grazie!” esclamò Vivianne allargando il sorriso, facendo scoprire a suo padre quanto la sua bambina fosse ancora più graziosa di quanto la ricordasse,
la piccola scartò il pacco con le manine frementi, ne estrasse una bambola di porcellana, il viso perfetto era dipinto con maestria, gli occhi di vetro erano verdi e luminosi, i capelli morbidi erano disposti in boccoli corvini, il vestito curato nei minimi dettagli riproduceva con esattezza un tipico abito spagnolo. Vivianne alzò la bambola ad altezza del suo viso, tendendo le braccine, la osservò con attenzione,
“E' bella... non è uguale alle altre che ho” disse, poi la porse a Martine che la ripose su una mensola accanto al letto,
Diane lanciò un'occhiata complice a sua figlia, poi posò una mano sulla spalla di suo marito,
“Martine, prepara Vivianne per il pranzo- disse alla giovane governante- sarà bello essere a tavola tutti insieme oggi”
la donna si chiuse la porta della camera della bambina alle spalle, seguita da suo marito,
“E' molto bella la bambola che avete regalato a Vivianne” disse lei incamminandosi verso lo studio del marchese
“Si, ma ho la sensazione che non abbia apprezzato molto il regalo” commentò Louis perplesso
“Ah, bhe... forse non sapete”
“Cosa?”
“A Vivianne non piacciono molto le bambole di porcellana, preferisce quelle di pezza perché sostiene che quelle di porcellana possono rompersi più facilmente e lei non è libera di giocarci come vuole per paura che si frantumino”
dopo quelle frasi il viso di Diane si rabbuiò, Louis la scrutò con aria perplessa,
“Lo trovate così triste?” chiese con una punta di ironia, non comprendendo la malinconia che aveva visto passare sul volto di sua moglie
Quello che trovo triste è che una vecchia domestica sia contenta del ritorno di mio marito più di quanto lo sia io e che uno sconosciuto in un circo faccia sorridere mia figlia più del rivedere suo padre” pensò Diane, ma evitò di dar voce a quelle riflessioni e rispose a Louis con un rapido sorriso di circostanza.

*

Quando qualcuno desidera qualcosa è capace di tirar fuori risorse che nemmeno pensava di possedere pur di raggiungere il suo scopo. Questo Erik lo sapeva fin troppo bene, ma non credeva che quel giorno avrebbe visto questa semplice legge della natura umana attuarsi per un piccolo incidente di percorso.
Mentre la carovana del circo procedeva lungo una stradina di campagna una ruota di uno dei carri si incastrò in una buca rallentando il viaggio.
“Uffa, non è possibile, proprio ora che c'eravamo quasi!” aveva borbottato Alain guardando il piccolo disastro con aria quasi affranta,
Erik, dal canto suo, si limitava a fissare pazientemente gli uomini impegnati a tentare di sbloccare la ruota. Avrebbe dato volentieri una mano a sollevare il carro, ma c'era talmente tanta gente accalcata intorno alla buca che non avrebbe saputo dove inserirsi, sembravano un mare di formiche accorse su un pezzo di dolce caduto in un prato. Stava per proporre di usare una lunga trave per fare leva e sollevare la ruota, ma la gente circo sembrava intenzionata a cercare un'improbabile soluzione al dilemma nell'utilizzo della forza bruta.
“Mi è venuta un'idea!- esclamò all'improvviso Alain battendo sulle schiene curve dei suoi compagni impegnati a tentare di sbloccare il carro- potremmo usare qualcosa che faccia da leva!”
Erik sussultò per la sorpresa nel sentire quell'affermazione
“La sfortuna aguzza l'ingegno, a quanto pare” mormorò tra sé e sé quasi divertito,
“Si, possiamo prendere uno dei pali che usiamo per il tendone del circo, è abbastanza lungo e sarà una buona leva” continuò Alain spronando i suoi compagni
“Ottima idea!” gridò Erik per farsi sentire e dare il suo appoggio alla trovata del ragazzo, era improbabile che Alain conoscesse le leggi fisiche che regolavano il funzionamento delle leve, ma era talmente tanta la sua smania di raggiungere Parigi che la tua testolina lo aveva costretto a concentrarsi su una soluzione logica per uscire da quell'intoppo.
“Stai migliorando” mormorò il musicista all'orecchio del ragazzo quando la ruota del carro fu sbloccata e la carovana fu pronta a ripartire,
“Lo vedi che dopotutto la tua vicinanza mi fa bene!” esclamò Alain contento mentre la vettura riprendeva il suo ipnotico dondolio.
Alain era sembrato un bambino impaziente durante tutto il viaggio, uno dei suoi sogni era ormai realizzato e lui non riusciva a contenere l'entusiasmo e l'euforia. Il circo, dopo essere ripartito dalla Provenza si era fermato per alcuni giorni in un piccolo villaggio di campagna e poi si era messo nuovamente in viaggio verso Parigi. Maurice contava di rimanere parecchie settimane nella capitale, fin quando avrebbero avuto pubblico e in una grande città c'era da aspettarsi un'affluenza di gente maggiore di quella che di solito si verificava nei paesini di campagna, inoltre il mese di maggio che era alle porte era un mese ricco di feste e fiere per festeggiare le fioritura e la prosperità della primavera e l'approssimarsi dell'estate, non a caso durante la Rivoluzione il periodo che andava dal 20 di aprile al 19 di maggio era stato chiamato Florèal.
Il sogno di Alain si stava realizzando, come pure i peggiori incubi di Erik che erano ormai a sole poche miglia da lui. I pochi mesi passati dalla tragica notte dell'incendio dell'Opera erano sembrati un'eternità, ma più la carovana si avvicinava a Parigi e più lui avvertiva quanto fossero ancora troppo dolorose le ferite che il suo passato gli aveva inflitto. Quelle lunghe settimane trascorse tra la gente del circo non erano bastate a lavare via il dolore, meno che mai quel poco tempo trascorso gliela aveva fatta dimenticare: Christine era sempre nei suoi pensieri, era sempre la musa che metteva le ali alle sue note ed era questo a spaventarlo. Non aveva paura di tornare a Parigi perché temeva che qualcuno lo potesse riconoscere o perché pensava che le autorità lo stessero ancora cercando, aveva paura di sé stesso, della sua stessa natura, temeva di non riuscire a combattere contro l'impulso che avrebbe sicuramente provato di andare a cercare il suo piccolo angelo, il suo unico amore, una volta tornato nella città in cui aveva vissuto. Finché ne era rimasto lontano per lui Parigi era semplicemente la fredda tomba nella quale era rimasto seppellito il suo cuore, adesso quella tomba rischiava di aprirsi riportando in vita tremendi fantasmi che ancora si agitavano nel profondo della sua anima inquieta, fantasmi che lui non era sicuro di riuscire a domare.
Che sciocco era! Si preoccupava di Christine quando avrebbe invece dovuto temere che qualcuno lo riconoscesse... ma del resto solo una minuscola parte di Parigi aveva visto il mostruoso volto del Fantasma dell'Opera: i presenti alla rappresentazione del suo Don Juan, e loro erano tutti nobili che frequentavano teatri e gallerie d'arte, nessuno di loro sarebbe venuto a vedere il circo.
“I nobili non frequentano questo genere di posti, nessuno di loro...- pensò Erik tra sé e sé, poi un sorriso laconico si rese conto che i suoi recenti ricordi correggevano questa sua stessa affermazione- nessuno ad eccezione di quella strana marchesa con la sua bambina pestifera...”.
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NOTE:
Eccomi, un pò in anticipo... ero ansiosa di postare questo capitolo perchè contiene un particolare sul quale ho sudato parecchio: il ritorno del marito di Diane e la presentazione del suddetto personaggio.
Prossimo aggiornamento previsto per la decina di agosto ^^

Per Amy: Vai tranquilla, non ho mai pensato che tu sia acida (se le persone acide fossero semplicemente quelle che scrivono una recensione in maniera obbiettiva il mondo sarebbe un posto migliore XD), anzi, ribadisco, mi piacciono i tuoi commenti, fai bene a farmi notare qualcosa che secondo te non va. Ci tengo davvero alla mia passione di scrivere e spesso una critica è più utile di un complimento. Quando rispondo a quello che mi si fa notare non è per giustificarmi o per rimproverare, semplicemente penso che sia giusto spiegare perchè certe cose le ho rese in un certo modo (poi, si può essere d'accordo o meno con le mie motivazioni, ma questo non è un problema), come ho già detto non sono un'esperta di bambini, semplicemente penso a sei anni quando un bambino si fissa su qualcosa sia difficile toglierglielo dalla testolina, per questo la marmocchia è così fissata col Master.
Se il marchese è antipatico, ora che è "tornato tra noi", lo giudicherai tu stessa XD, in effetti non vorrei che venisse considerato il cattivo della situazione solo perchè è il marito di Diane.
Per la durata della storia, non so dirti quanto durerà e quanto sarà lunga, per ora ci sono ancora molti capitoli in cantiere, ma, a parte la pausa estiva, cercherò di aggiornare con regolarità in modo da non dilatare i tempi più del dovuto e non rendervi il seguire la mia storia una specie di parto plurigemellare.
   
 
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