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Autore: _Safyra    10/05/2014    4 recensioni
Wanda si era salvata. Adesso era rinchiusa in un altro corpo. Felice. Amata dall'uomo che non aveva mai pensato potesse innamorarsi di lei.
Aveva ricominciato una nuova vita, la sua decima vita, ed era ora di iniziare a godersela. Ad imparare che in quel mondo non esistevano soltanto la compassione, il dolore e l'indulgenza, ma anche il piacere, il desiderio... l'amore di una famiglia, di un uomo.
Non sapeva che là fuori, oltre quelle caverne e quel deserto, c'era un mondo pronto ad accoglierla.
Wanda non sapeva nemmeno di essersi fatta un altro nemico... Ma non c'era fretta. Doveva scoprire molte altre cose oltre a quello.
Dalla storia:
Incrociai lo sguardo di Ian per un interminabile istante. Un istante interrotto da un colpo di scena.
Rimasi impietrita quando vidi esplodere il capannone che avevo di fronte.
Avevo cantato vittoria troppo presto [...]
Avevo promesso. Non lo avrei mai abbandonato.
«Wanda... non c'è più niente da fare, capisci? È andato ormai» singhiozzava Brandt dopo avermi preso il volto fra le mani.
«No» dissi «No. Ian non è morto»
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian, Jared, Melanie, Quasi tutti, Viandante
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Up In The Sky - the serie '
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Domande



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Io lo amo più di me stessa, Ellen; e lo so da questo: tutte le sere io prego di potergli sopravvivere, perché preferirei essere infelice io, piuttosto che saperlo infelice. È la prova che l'amo più di me stessa.
[Emily Brontë]


«Ciao, io sono un Guaritore, ma ai miei amici umani piace chiamarmi Liam.»

L'anima sorrise, continuando a guardarmi attentamente. Aveva l'aria di uno di cui ci si poteva fidare, ma il mio istinto non era tanto propenso a darle retta.

I suoi amici umani?, pensavo.

«Tu ce l'hai un nome?»

Se anche lui conosceva umani e per di più erano suoi amici, significava che apparteneva ai ribelli proprio come me. Oppure mi sbagliavo?

«Io...» balbettai, indecisa se svelargli la mia vera identità o trovarne in fretta e furia una falsa mentre mi coglieva un inaspettato capogiro.

«Sei ancora in stato confusionale, a quanto pare.»

Liam parlò puntandomi negli occhi una lucina piuttosto accecante e sebbene il riflesso delle mie iridi gli rimbalzò in faccia, non sembrò infastidirsi. Anche Doc, una volta, aveva tentato di usare su di me quelle odiose lampadine, ma con scarso successo.

«Mi spiace non averti potuto ancora dare le medicine. Le ultime che sono rimaste le ho dovute consumare per casi più urgenti del tuo...» l'anima concluse assumendo un'espressione concentrata sul mio viso, un dito puntato verso di me come per afferrare il nome che non gli avevo ancora esplicitato.

«Petali Aperti alla Luna.» mentii, avvertendo improvvisamente un'altra fitta alla testa. Portai una mano sulla fronte, toccando qualcosa di ruvido: una benda.

«Bene, Petali Aperti alla Luna. Hai avuto un incidente... te lo ricordi?»

«Sì...» dissi mentre mi massaggiavo una tempia.

«Benissimo.»

Liam si alzò dalla sedia accanto a me, spegnendo il neon che avevo sopra la testa e avvicinandosi ad un mobile grigio posto alla mia destra. Aprì uno dei cinque cassetti e iniziò a cercare qualcosa.

«Hai un lieve trauma cranico e due costole incrinate. Ti avviso, almeno se tenti di sederti come stai facendo adesso, capisci perché hai male praticamente ovunque.» sorrise, un po' impietosito dall'espressione inorridita che assunsi quando mi issai sui gomiti per cercare di cambiare posizione, ma senza riuscirci. E fu in quel momento che mi accorsi di avere anche il petto fasciato sotto la maglietta sgualcita.

«Dove mi trovo?» chiesi quando decisi di rimanere sdraiata e limitarmi a seguire Liam con lo sguardo.

«In un posto sicuro.» asserì l'anima, che nel frattempo aveva trovato quello che cercava ed era ritornata seduta a poche spanne da me. In mano aveva una siringa piena di un liquido trasparente.

«Non ti sto per uccidere, tranquilla. Serve per farti sentire meno dolore.»

Evidentemente la mia faccia terrificata aveva convinto Liam a spiegarmi cosa stava per fare un attimo prima di affondare l'ago nella mia pelle.

Subito mi voltai dall'altra parte per non guardare.

«Sei un ribelle?» domandai, non trovando altro modo per chiedergli da che parte stava.

«Non avrei amici umani, altrimenti. E tu?»

Tornai ad osservare Liam, notando che non era un così brutto ragazzo. Gli occhi erano verdi, i capelli erano castano chiaro e scompigliati ad arte, il fisico asciutto ma non troppo muscoloso.

Indossava un camice bianco che era più simile a quello di Doc che a quello dei Guaritori.

«Anch'io ho degli amici umani.»

«Siamo nella stessa squadra allora.» constatò.

«Già...»

Fissai con aria assorta i lineamenti fini di Liam, ottenendo una sua risata soffocata.

«Di solito guardi così le persone?» chiese divertito, mentre andava verso la porta socchiusa.

Non ebbi il tempo di controbattere che lui se ne andò, giustificandosi con un «Penso che l'analgesico che ti ho dato stia iniziando a fare effetto. Torno subito.»

E io rimasi impalata su quel letto, il corpo improvvisamente intorpidito ma meno dolorante di prima, la testa piena di domande a cui nessuno sembrava poter rispondere.

Dovevo scoprire dove mi trovavo, dov'erano finiti Melanie, Brandt, Jared, Aaron, Ian...

Ian. Mi venne il magone al solo pensiero di quello che gli era successo. Alzai verso di me la mano che si era sporcata del suo sangue, scoprendola pulita, intatta. Nella mia testa cominciò a farsi spazio la mezza idea di essermi immaginata tutto, ma quando presi in considerazione ciò che mi aveva detto Liam, misi da parte quella possibilità.

Mi spiace non averti potuto ancora dare le medicine. Le ultime che sono rimaste le ho dovute consumare per casi più urgenti del tuo, aveva detto. E se il trauma cranico non aveva provocato seri danni al mio cervello, era logico che si stesse riferendo a Ian, e magari anche a qualcun altro più grave di me.

«Rieccomi. Sono andato a controllare se sono arrivati i medicinali, ma a quanto pare dovrai pazientare ancora un po'...»

Liam mi fece quasi sobbalzare quando riapparì dalla porta.

«Come stanno i miei amici?» biascicai, la bocca impastata di saliva. Qualunque cosa mi avesse somministrato mi stava facendo sentire come ubriaca.

Il Guaritore si avvicinò al letto, sfoderando dalla tasca del suo camice un rotolo di bende.

«Se la sono cavata. Adesso, se permetti, devo rifarti la fasciatura: stai perdendo ancora un po' di sangue.»

Inorridita, evitai di pensare e continuai il mio discorso. «Tutti?»

«Diciamo di sì.» disse lui, titubando.

«Perché "diciamo di sì"?»

«Non preoccuparti, sono tutti vivi...»

Anche se non accolsi il suo consiglio, decisi di rimanere in silenzio ad osservare quell'anima alle prese con fasciature e cerotti vari. Il contatto che aveva con la mia pelle era quasi impercettibile, delicato com'era. E mi parve strano scoprire che un Guaritore come lui sapesse perfettamente come fare il suo lavoro anche senza l'aiuto dei farmaci di noi alieni.

«Come... come fai ad essere così... così capace?»

Con la curiosità che incalzava, non avevo trovato un termine adatto per spiegargli meglio cosa intendevo, ma Liam sembrò capire lo stesso.

«Beh, i Guaritori dovrebbero essere già informati su come prendersi cura dei loro pazienti anche quando non hanno farmaci a disposizione, o no?»

Liam mi sorrise di nuovo - ormai avevo perso il conto di quante volte l'avesse fatto – controllandomi scrupolosamente la ferita scoperta che avevo in fronte. D'un tratto provai un insopportabile bisogno di grattarmi proprio lì, dove mi sentivo pizzicare in continuazione.

«E poi ci fai l'abitudine quando vivi nascosto da tutto e tutti.» aggiunse, dopo avermi messo un cerotto all'altezza del graffio.

«Da quanto sei un ribelle?» gli chiesi.

Liam fece per rispondermi, ma i suoi propositi scomparirono non appena sentimmo bussare alla porta. Lui si alzò e andò ad aprirla.

«Ciao.» disse la donna che c'era sulla soglia della stanza, un po' timidamente, senza che io riuscissi a vederla.

Liam si mise da parte per fare entrare la sconosciuta che scoprii essere umana.

Un paio di estranei occhi grigi si posarono subito su di me.

«Tu devi essere Wanda.» provò ad indovinare, mentre si veniva a sedere sulla sedia dove prima c'era stato il Guaritore.

Sorpresa dal fatto che sapesse il mio vero nome – o meglio, soprannome – sbattei le palpebre senza darle alcuna risposta. E Liam socchiuse gli occhi, interdetto.

«No, lei è...»

«Sì, sono io.» intervenni, prima che lui potesse terminare la frase, arrossendo appena per l'imbarazzo di aver bluffato.

«Ma non avevi detto che...»

«Ho mentito.» conclusi.

«Io comunque sono Claire.» disse l'umana, increspando le labbra in un gentile sorriso. «La ragazza che guidava il furgone contro cui è finita la macchina dove ti trovavi. Penso di essere conosciuta più per questo in giro.»

Mentre parlava Claire mi strinse una mano e ammise il tutto con un disagio mischiato ad un leggero senso di colpa, poi si venne a sedere ai piedi del mio letto.

«Ah» replicai io, ricevendo delle scuse silenziose prima che la sua attenzione potesse catapultarsi su Liam.

«Thomas arriverà coi farmaci a breve.» affermò, osservandolo mettere apposto le forbici e le bende che aveva tirato fuori per me.

D'un tratto notai che il comportamento del Guaritore si era visibilmente modificato. Sembrava stizzoso e assai più distaccato; per un secondo pensai di essere io il motivo per cui il Liam gentile e dolce si fosse trasformato quasi in un'altra persona, ma la mia impressione non ebbe vita lunga.

«Bene.» un sorriso più forzato e duro increspò le sue labbra, fino ad allora chiuse in una linea sottile come ad evidenziare la sua espressione da statua di marmo. Mentre andava a buttare le bende sporche nel cestino, degnò Claire di un'occhiata veloce e fredda.

E a quel punto, oltre a capire che la ragione di quel comportamento non ero proprio io, lei fece finta di niente e tornò a guardare me.

«Bene. Sei al sicuro adesso, Wanda. Non appena ti rimetterai in forma ti farò conoscere mio padre. Sarà felice di incontrarti.»

Senza controbattere – anche perché se l'avessi fatto avrei iniziato a riempirla di domande – sfoderai il mio peggior finto sorriso di sollievo.

Sembravano tutti gentili lì, tutti così tranquilli. Come se essere scappati da dei Cercatori equivalesse alla loro vittoria più valorosa, la fine dei problemi e dei casini, e sebbene l'atteggiamento di benvenuto fosse assai apprezzato, io ancora non riuscivo a fidarmi tanto.

«Come... come fai a sapere del mio vero nome?» domandai a Claire, ostentandole la mia finta innocenza.

«Jared mi ha parlato di te.» rispose semplicemente lei. Spalancai gli occhi.

Jared? Jared era lì?

«Sì, ci siamo imbattuti anche in lui e l'altro tuo amico... Aaron, mi pare si chiami così.»

Un'espressione soddisfatta si stipò sul suo volto quando riuscì a ricordarsi del nome e a dare risposta ai miei pensieri che, molto probabilmente, erano traspariti attraverso i miei occhi sgranati per la sorpresa.

Poi la porta cigolò e, senza neanche bussare, vidi Melanie entrare - o meglio, fare irruzione – nella stanza, precipitandosi subito da me.

«Wanda! Grazie al cielo stai bene!» esclamò nello stesso momento in cui io dicevo «Mel!» prima di venirmi ad abbracciare con non troppa delicatezza.

Non riuscii a trattenere il gemito che mi scappò dalla bocca quando sentii le ossa scricchiolarmi.

«Oh, scusa!»

«Non fa niente...» annaspai. Ero troppo felice di vederla per pensare al dolore.

«Stai bene, vero?»

Melanie mi guardò attentamente, notando che non ero del tutto in forma. E anch'io feci lo stesso, accorgendomi di alcuni graffi sul suo viso e di una fasciatura su un polso.

«Sta bene?» stavolta si rivolse a Liam e, dal modo in cui gli parlò, intuii che i due avevano già fatto le presentazioni.

«Non ha niente di grave, tranquilla. Deve solo riposarsi e aspettare i medicinali.»

Rispose, tornando il Liam che avevo conosciuto quando mi ero svegliata. Solo in quel momento vidi che Claire non era più seduta sul letto, ma bensì posta vicino alla porta, una mano sulla maniglia.

Melanie ricatturò la mia attenzione, cominciando ad accarezzarmi un braccio.

«Sono una pessima guidatrice.» ammise facendo una smorfia, dopo avermi sorriso affettuosamente.

Ridacchiai «Non è vero.»

«Oh, sì invece. Guarda come ti sei conciata.»

«Io non avevo la cintura di sicurezza allacciata, Mel. E Ian...»

«Okay, ragazzi, adesso io vado. Per qualsiasi cosa non esitate a cercarmi.» ci interruppe Claire col cellulare in mano e un piede fuori dalla camera.

«Certo.» ribatté subito la mia amica.

«Ah...» Claire tornò dentro un attimo prima di andarsene definitivamente «È stato un piacere conoscerti, Wanda.»

«Anche per me.»

La ragazza si eclissò nel giro di un secondo, e Liam parve tornare a respirare normalmente.

Quindi Mel si focalizzò di nuovo su di me, facendomi ricordare di ciò che volevo dirle quando avevo pronunciato il nome di Ian poco prima.

«Dov'è lui? Voglio vederlo.»

A quel punto Melanie e Liam si lanciarono un'occhiata d'intesa.

«Ma non puoi alzarti. Devi riposare.»

«No, ce la faccio.» mi intestardii, tentando di mettermi seduta con scarso successo, dato che Mel mi riportò giù con una mano. «Smettila di fare così.»

«Ha ragione la tua amica» intervenne poi Liam, avvicinandosi «Nelle tue condizioni dovresti stare a letto.»

Sospirai, alzando gli occhi al cielo. «Ma se io non voglio, posso anche non starci.»

I due si scambiarono altri sguardi, e la poca convinzione che dimostrarono mi fece sbuffare sonoramente.

«Liam, ti prego.»

Il Guaritore rimase in silenzio per qualche secondo, soprappensiero, poi trasse un respiro profondo e pronunciò un «Va bene.» non troppo entusiasta.

E fu così che dieci minuti più tardi Melanie mi accompagnava come se fossi una vecchina ultraottantenne in un lungo, luminoso ma silenzioso corridoio di quello che mi parve essere più un reparto d'ospedale che un rifugio per ribelli.

«Cos'è questo posto?» le chiesi, senza smettere di guardarmi attorno, mentre aspettavamo l'ascensore.

«Jared mi ha detto che è una struttura abbandonata. Il loro non è un gruppo di umani molto numeroso, infatti sembra che vivano tutti qui.»

«Come fanno a non essere stati ancora scoperti dai Cercatori? Sono a due passi dalla città.» dissi, alludendo al fatto che oltre le finestre che costeggiavano il lato esterno del corridoio si vedessero chiaramente le abitazioni di Tucson.

«Non lo so.»

Le porte dell'ascensore si aprirono con un tin e noi entrammo. I bottoni gialli segnalavano l'esistenza di ben quattro piani. Mel premette quello su cui c'era lo zero e il meccanismo si azionò quasi subito.

«Non avrei mai pensato che ci potessero essere altre comunità oltre alla nostra*. Credevo fossimo i soli.»

«Già.»

Aspettammo in silenzio l'arrivo al piano terra e io ne approfittai per tornare a preoccuparmi di cose più importanti.

«Hai già incontrato qualcun altro oltre a Jared?»

Melanie sorrise e si voltò verso di me. «Se mi stai chiedendo se ho visto Ian la risposta è no. Jared e Aaron sono stati gli unici con cui ho parlato e a differenza nostra non si sono fatti nemmeno un graffio.»

«Almeno loro...»

Con un altro tin l'ascensore ci avvisò del suo arrivo al livello zero e si aprì, rivelando la presenza di alcune persone: proprio quando uscii vidi due uomini passarmi davanti con passo rapido. Non badarono neanche lontanamente a Melanie, dato che la loro attenzione si catalizzò tutta su di me, o meglio, sui miei occhi.

Per la prima volta dopo tanto tempo tornai a sentirmi davvero aliena.

«Come fai ad essere così tranquilla?» domandai sottovoce, mentre attraversavamo il corridoio, notando che alcune delle porte che davano sul corridoio erano aperte e rivelavano le sistemazioni di alcuni umani.

«Perché Liam mi ha detto che con le poche medicine che sono rimaste è riuscito a far stare un po' meglio Ian, Wanda.»

Anche se non era quella la risposta che mi aspettavo, perché io mi riferivo alla situazione generale e non a lui in particolare, da un lato rimasi soddisfatta, quasi sollevata.

Almeno è vivo., pensai.

Nel frattempo raggiungemmo la porta in fondo al corridoio, azzurra come le altre, come le pareti di quell'ospedale che faceva più da rifugio che da ricovero per malati.

Azzurra come i due occhi che incontrai non appena venne aperta.

Finalmente.

Lasciai automaticamente il braccio di Melanie, che mi aveva aiutato per tutto il tragitto a tenermi su, e senza badare alla fitta alle costole – né calcolare Brandt, seduto su una poltrona vicina – annullai la distanza che mi aveva diviso fino ad ora da quelle iridi che tanto amavo.

Ian era davanti a me, disteso su un lettino sicuramente scomodo quanto il mio, i capelli arruffati, il viso pallido contrassegnato da delle occhiaie violacee, la camicia blu sbottonata che metteva in mostra un grosso cerotto bianco sull'addome.

E quegli occhi, bellissimi anche se stanchi e provati, erano fissi sui miei.

Beh, mi dissi, se è questo che Melanie intendeva con "farlo stare un po' meglio", non oso immaginare che aspetto doveva avere se avesse detto "sta molto male".

«Ian.»

Sussurrare il suo nome mi fece bene, così come mi fece bene poterlo vedere e toccare. La notte prima mi ero quasi lasciata convincere dal fatto che l'avrei perso e adesso invece eravamo lì, insieme come sempre.

«Ciao, splendore» mi salutò sorridendo, prima di assumere un'espressione preoccupata alla vista della medicazione che avevo sulla fronte «Cosa hai fatto alla testa?»

Ian O'Shea, il ragazzo più altruista che avessi mai conosciuto, era ovvio che si sarebbe allarmato nel vedermi in quel pessimo – ma non pessimo quanto il suo – stato.

Mi sfiorò con le dita il cerotto e io sorrisi, appoggiando una mano sulla sua guancia.

«È caduta dal marciapiede senza paracadute.» blaterò Brandt, che nel frattempo si era alzato dalla poltrona lasciandola libera a Melanie. «È da quando si è svegliato che chiede di te. Per poco non mi faceva venire un esaurimento nervoso.» aggiunse, guardando di traverso Ian, che nonostante il motteggio del nostro amico, rimase a fissare il mio viso.

«Pensa, anche lei ha iniziato a fare lo stesso dopo cinque minuti che sono arrivata.» mi schernì Melanie.

«Non è niente di grave, tranquillo.»

Risposi a Ian come se i due spilungoni presenti non ci fossero. Non m'importava tanto di quello che potevano pensare: la mia priorità in quel momento era avere la certezza che il ragazzo che amavo si sarebbe ripreso al più presto. «Tu piuttosto come stai?» gli chiesi a mia volta.

«Brandt mi ha raccontato che è venuto qui un Guaritore per somministrarmi un Antidolore prima di estrarre la pallottola. Ha detto che non aveva più medicine da darmi per farmi tornare come nuovo. Io ero svenuto, perciò non so quanto ci sia di vero in tutto questo.»

Ian posò lo sguardo sul addome scoperto, indicando con un cenno della mano il punto coperto dall'enorme cerotto bianco. Brandt sogghignò nell'udire il tono non molto convinto con cui il suo amico aveva pronunciato quelle parole, incrociando le braccia al petto.

«Fidati, è andata così.» mi confermò, strizzandomi un occhio.

«Anch'io ho conosciuto il Guaritore. È stato molto gentile, si chiama Liam.» replicai, annuendo.

«È la prima volta che incontro un'anima che ha un nome normale.» disse fra sé e sé Melanie, storcendo le labbra all'ingiù per assumere un'espressione impressionata.

«E tu come stai?»

Ian si voltò di nuovo verso di me, parlandomi sottovoce mentre intrecciava le dita alle mie. Un sorriso stanco ma felice gli incorniciò il viso, un sorriso che mi fece ritornare all'ultima notte prima della partenza, la nostra notte.

«Adesso sto bene.»

Già, adesso. Qui e ora, hic et nunc, proprio come il suo tatuaggio nascosto dalla manica della camicia.

«Ti sono mancato, eh?» un ghigno capace di mandarmi in tilt gli increspò le labbra, frastornandomi.

«Se mi sei mancato? Ho pensato che fossi quasi morto!»

Esclamai, rendendomi conto solo dopo aver percepito qualcosa di umido rigarmi la guancia che stavo piangendo.

«Vieni qui.» Ian mi prese il mento con due dita, avvicinando la mia bocca alla sua con una lentezza che non mi dispiacque. Quando la distanza tra di noi fu minima potei annusare quel profumo che non lo abbandonava mai, anche se era impiastrato di sangue e sudore.

Quel profumo inimitabile, di Ian, di tramonti estivi, di albe silenziose.

Quel profumo che mi avvolse in un attimo, spingendo le mie labbra a modellarsi alle sue.

«Bene o male?»

Non appena ci staccammo la sua voce mi accarezzò delicatamente la pelle, facendomi sorridere. Di nuovo.

Un colpo di tosse fu quello che ruppe la magia del momento, riportandomi alla realtà. Mi allontanai da Ian con la stessa velocità con cui mi ci ero avvicinata, e volsi lo sguardo verso Melanie e Brandt. L'una divertita, l'altro imbarazzato – come sempre, d'altronde.

«Volete lasciarci in pace almeno per una volta?» sbuffò Ian, esasperato.

Quando incrociai lo sguardo di Melanie, percepii il sangue fluirmi più velocemente sulle gote.

«Se proprio insistete...»

Brandt si voltò verso la porta, facendo cenno all'altra di seguirlo, ma non fece in tempo a toccare la maniglia che qualcuno la abbassò per lui.

«Permesso...» era Liam «... Oh, siete tutti qui. Siete pronti a tornare come nuovi? Sono arrivate le medicine!»

Ian sospirò, rassegnato, gettando indietro la testa per alzare gli occhi al soffitto.






*Wanda dice chiaramente che non avrebbe mai pensato al fatto che ci potessero essere altri gruppi umani nascosti proprio come loro. Questo vuole dire che secondo il corso della mia storia, nel libro o comunque anche nel film, lei e gli altri non incontrano casualmente quegli umani tra cui è presente anche un'anima nella parte finale della narrazione. Appunto per questo Wanda è sorpresa dalla presenza di questi umani. Spero sia chiaro ;)



Spazio autore:


Sì, credeteci. Quello che avete visto è il dodicesimo capitolo, ma la cosa più importante è che è arrivato prima del "normale".

Per la prima volta dopo una vita e mezza posso dire di non essere in un ritardo madornale O.O non so se potete comprendere la mia soddisfazione... <3 <3

Coomunque... vi è piaciuto il capitolo? Siete ancora preoccupate? Non come prima, dai... Anche perché il bello deve ancora venire!

Come vi avevo anticipato, con questo aggiornamento avete potuto conoscere due nuovi personaggi, Liam e Claire... Come vi sembrano? Presto approfondirò la questione che si è aperta con il loro arrivo, così da farvi conoscere meglio loro e la situazione in cui si è ritrovata Wanda coi suoi amici.

Questo capitolo ho voluto renderlo un po' più "soft" e potrei dire anche che funge da premessa a ciò che desidero farvi scoprire tra non molto.

Prima di congedarmi come sempre ringrazio tutti i miei lettori, che stanno aumentando ogni giorno di più e che ogni tanto si fanno avanti per dirmi cosa pensano riguardo a ciò che scrivo.

Alla prossimaaaa!

Sha <3

   
 
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