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Autore: Lechatvert    11/05/2014    1 recensioni
Campo Tre Pini, 8 agosto 1944
Rosa si scostò appena, muovendo un passo indietro. Tenne lo sguardo chino sulla punta degli stivali e frugò a lungo nella tasca della giacca.
«Ecco, tieni», mormorò, consegnando all’uomo una pistola. «Me l’ha data Ludovico ieri notte. Era la tua, no?» Mostrò un sorriso forzato, alzando finalmente gli occhi scuri sul viso di Hermann. «Così sarò io a restare disarmata, però, se dovesse succedermi qualcosa, ci sarai tu a proteggermi.»

Un'altra storia d'amore destinata a finire male.
Genere: Guerra, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
Capitoli:
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polverenera

Note

Arrivata a questo punto, non ho davvero molto da aggiungere. Solo che tra gli appunti ho trovato questo sito internet che all'epoca avevo usato per trarre qualche informazione sul periodo e mi sembrava carino condividerlo per chi, come me, si trova a scrivere sugli anni '40 :)

Sparisco.

Baci,

    Lechatvert






Occhi di ghiaccio, cuore di terra
Capitolo terzo





Il giorno dopo, alla stessa ora, riposavano all’ombra della costruzione che imperava in cima alla loro meta, fradici dopo aver attraversato il torrente in piena. Erano stati rallentati dalla notte e dal cattivo tempo ma, seppur allungando il percorso per via dei numerosi blocchi ai ponti che i tedeschi avevano posto in quei giorni, alla fine erano riusciti a raggiungere la chiesa tutti interi.
Ludovico e Giovanni divoravano avidamente le more e i mirtilli pazientemente raccolti da Rosa durante il tragitto, deridendo i proprietari dei magazzini che dei loro compagni avevano saccheggiato per fornire al battaglione del cibo commestibile. Hermann sonnecchiava sdraiato sull’erba, masticando del tabacco con aria assente. Stringeva la mano di Rosa che lo guardava, imbarazzata seppur felice di quel contatto sfacciato, e ascoltava le strofe della canzone bisbigliata nel dormiveglia.
«Ti piace?», le chiese allora, osservando il cielo grigio e terso di nuvole. «Sembra quasi che ti sia persa nelle parole, sai?»
La ragazza gli sorrise. 

«È una strana canzone», si giustificò, scrollando il capo. «A chi è dedicata?»
«Non ne ho idea, probabilmente chi l’ha scritta parlava della sua fidanzata … è possibile. Dovevano senz’altro amarsi moltissimo.» Hermann fece una pausa, voltandosi a guardare Rosa. «E tu? Ce l’hai, il fidanzato?»
Lei avvampò. 

«Ma no!», gemette. «Cioè, dovrebbe essere Giovanni però …» Fece una breve pausa, sospirando sconsolata. «Lui è sempre così gentile con me e gli voglio così bene, eppure è così strano pensare che un giorno noi …»
La verità era chea Ludovico Giovanni non piaceva per niente. Nonostante i loro genitori fossero stati subito propensi ad accettare la richiesta del ragazzo, suo fratello era sempre stato diffidente. Non gli piacevano i comunisti della Caiani, lui era un attivista, lui avrebbe riconquistato la sua Firenze e Giovanni, con quelle idee che sfioravano quasi il pacifismo, lo stava soltanto rallentando.
Rosa lo sapeva, Ludovico gliel’aveva detto chiaro e tondo la prima volta che l’aveva vista saltellare con aria sognante da una parte all’altra del campo dove dormivano con i garibaldini. “Giovanni non fa per te, lo sai. Non vi sposerete mai”. Ogni volta che le tornavano in mente, quelle parole le stringevano il cuore in una morsa. Non amava Giovanni e, molto probabilmente, ciò che le impediva di provare del sentimento nei suoi confronti era proprio suo fratello.
Si rannicchiò, stringendosi le ginocchia contro il petto. 

«Non dovrei farmi influenzare da Ludovico», ammise sottovoce.
Hermann sorrise. 

«Lui non dovrebbe influenzare te», rispose. 

Le accarezzò i capelli, sistemandole una ciocca castana dietro l’orecchio.
Lei lo guardò, pensierosa. In altre circostanze non avrebbe esitato a ritrarsi e arrossire, magari nascondendo il viso dietro le spalle di Ludovico, eppure in quel momento non ne sentiva il bisogno, anzi. Il tocco leggero dell’uomo in uniforme accendeva in lei un sussulto ogni volta, e provava tanto piacere ad averlo vicino da non desiderare altro che un’altra carezza, un altro sguardo di quelli che le scaldavano il cuore. Hermann la capiva, la sapeva ascoltare.
«Vieni, ti faccio vedere la fonte!»
Lo prese per mano, tirandosi in piedi, e lo condusse nel bosco. 

L’aria fresca profumava di pioggia e foglie bagnate; arbusti secchi e pigne scricchiolavano sotto i loro passi, mentre attraversavano di corsa il sentiero di Monte Giovi, scendendo lungo il pendio fino alla Sorgente alla Capra.
Di colpo tutto fu così familiare che Rosa si sentì quasi a casa. Più che sulla cima, dove si era facilmente individuabili, era lì che la brigata Garibaldi aveva aspettato la frazione della Caiani. Dal getto d’acqua zampillante che fuoriusciva dalla fontana che Ludovico stesso aveva costruito assieme ai suoi compagni, fino alla terra bruciata con le tegole poste come canna fumaria quando si cucinava, tutto, per la ragazza, era fonte di ricordi non troppo lontani che, con la caotica fuga che avevano dovuto architettare, sembravano ormai distanti anni.
«È qui che stavate!»
Hermann osservò stupito il luogo. 

Per un istante, sembrò che il suo sguardo di ghiaccio si perdesse nei cieli mascherati dai rami degli alberi.
«Ce lo siamo chiesti spesso, mentre organizzavamo l’imboscata ai Tre Pini.»
Rosa sorrise al dolce andare dei momenti passati con le decine di ragazzi di campagna che improvvisamente si erano trasformati in soldati. 

«Già. Eravamo pronti per tornare a Firenze. Molti di noi erano nati là; raggiungerla era il nostro sogno.» Parlò piano, quasi la foresta potesse origliare. «Hermann, come mai tu sei qui? Per cosa combattevi, prima? Non c’è qualcosa in cui credi?»
L’uomo le sorrise e si avvicinò. 

«Credo nella libertà, ma la libertà non esiste se qualcuno è rinchiuso dove non vuole stare.» Mosse un passo verso Rosa, cingendole le spalle. La guardava dritto negli occhi, senza accennare a un’espressione precisa. «Credo nei valori, e dov’ero prima non ce n’era neanche uno.»
Lentamente, quasi con discrezione, le prese il viso tra le mani. Le sfiorò le labbra con un bacio, chinandosi su di lei per abbracciarla.
Rimasero a lungo in silenzio, lui fermo ad ascoltare i rumori del bosco, lei pietrificata dal frenetico battere del suo stesso cuore. Voleva schizzare fuori dal petto, voleva scappare; lo sentiva agitarsi dentro la gabbia che era divenuta il suo corpo, desideroso della stessa libertà che anche Hermann stava inseguendo.
Lo guardò, arrossendo appena. 

Lui le sorrise e riprese a parlare.
«E, Rosa», le sussurrò all’orecchio, sfiorandole le guance con i palmi delle mani. «Credo soprattutto nell’amore; anche se questa guerra lo sta rubando un po’ a tutti.»
La baciò di nuovo, stavolta accarezzandole la schiena, e rimase lì, immobile con la fronte appoggiata contro quella di lei, stringendola contro il suo petto.
«Vorrei chiamarti Cuore di Terra, come anni fa chiamavano me Occhi di Ghiaccio. È la tua particolarità che spicca sulle altre: come la terra, che nasconde le sue ricchezze, anche tu tendi a mascherare le tue qualità. È quello che mi piace di te.»
Rosa si scostò appena, muovendo un passo indietro. Tenne lo sguardo chino sulla punta degli stivali e frugò a lungo nella tasca della giacca. 

«Ecco, tieni», mormorò, consegnando all’uomo una pistola. «Me l’ha data Ludovico ieri notte. Era la tua, no?» Mostrò un sorriso forzato, alzando finalmente gli occhi scuri sul viso di Hermann. «Così sarò io a restare disarmata. Però, se dovesse succedermi qualcosa, ci sarai tu a proteggermi.»
«Sì, Rosa. Ci sarò.»
Tornarono alla chiesa tenendosi per mano, attraversando il bosco in silenzio. Quei suoni che prima aveva apprezzato, quelli di cui si era innamorata nei giorni che aveva trascorso con la Brigata Garibaldi, erano spariti. Nelle sue orecchie c’era soltanto la calda voce di Hermann, le sue braccia che l’avvolgevano in un abbraccio, le sue labbra adagiate sulla sua pelle. Sentiva lo stomaco in subbuglio, agitato dalle emozioni che Giovanni non era mai riuscito a farle provare. Si sentiva felice, leggera, finalmente compresa e niente, in quel momento, avrebbe potuto rovinare l’immensa gioia che l’aveva travolta.
Non appena Ludovico la vide arrivare, rossa in viso e con la mano intrecciata a quella di un soldato tedesco, girò la testa dall’altra parte. Nel suo sguardo, Rosa lesse la delusione, ma neppure suo fratello poteva farla sentire in colpa. Quell’astio le scivolò addosso senza sfiorarla minimamente. Erano i sentimenti di Ludovico, ora, non i suoi. D’ora in poi non si sarebbe lasciata influenzare dai sciocchi pregiudizi della sua famiglia, mai più.
Passarono anche davanti a Giovanni, impegnato a fare la ronda. Lui le corse incontro per salutarla, sorridendole felice. Non si pronunciò sul contatto che Ludovico aveva disprezzato, semplicemente si fece da parte, piegando il capo con un sospiro.
Aveva accettato la sconfitta.
Quella notte, sdraiati tra le panche dell’unica navata, Rosa e Hermann parlarono a lungo. Parlarono del loro futuro, di quello che li attendeva a Pontignano, di quello che sarebbe successo dopo la fine della guerra. Come ragazzini ipotizzarono di sposarsi, un giorno, di avere una famiglia.
Rosa si addormentò per prima, stringendosi sotto la giacca che l’uomo le aveva avvolto sulle spalle per farla riposare al caldo. 

Per la prima volta sognò un avvenire felice, lontana dalla sua casa e da quel fratello che, seppur con tutto l’affetto di cui era capace, l’aveva sempre sottomessa.






   
 
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