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Autore: Venice C Hunt    11/05/2014    1 recensioni
In una strana notte di autunno, puntualmente ubriaco come quasi ogni sabato sera, James si perde in un bosco. Un bosco dall'aria inquietante, particolare, e che ospita un bizzarro ragazzo dagli occhi dorati e che farà quasi impazzire James.
L'unico modo per uscire da lì - ogni volta che procede avanti ritorna al punto di partenza -, sarà stare alla richiesta di quello strano ragazzo ...
Genere: Romantico, Song-fic, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Incontri notturni


 
 C’era qualcosa di eccitante nel perdersi alle due di notte con una bottiglia di birra vuota in una mano e, sotto i piedi, il terreno traballante. 
 No, non era il mondo a tremare; e no, non era per niente eccitante. Ma fino a quel momento, l’alcol aveva assorbito tutta la sua razionalità, rendendolo euforico, quasi visionario e tremendamente allegro. Un’allegria che lentamente andava scemando, ed una sensazione di vomito che lentamente gli divorava lo stomaco. 
 Era stanco, un po’ affamato e cominciava  a sentirsi inquieto. Camminava lungo un viale, affollato di foglie morte, qualche fazzoletto sporco e buste di patatine finite. La notte portava con sé, in quel parco o bosco, un triste silenzio, accapponandogli la pelle e coprendo come un manto ogni rumore. C’era solo il suo passo insicuro, i suoi singhiozzi, a colmargli l’udito. 
 Nessun animale, nessuna persona, niente di niente. Poteva almeno contare sulle fioche luci di alcuni lampioni dall’aspetto vittoriano: quelle erano l’unica compagnia che potesse scaldargli il cuore, sebbene alcune si accendevano e si spengevano a intermittenza.
 C’erano poi quegli orrendi e spaventosi alberi, alti e scuri, che fiancheggiavano il sentiero. L’autunno li rendeva vecchi come un anziano che perde i capelli; li avvolgeva di un’aria tenebrosa, i cui rami apparivano come le dita raggrinzite e ricurve di una strega intenta a fare i propri sortilegi - che di magia bianca di certo non erano. Credeva che lo spiassero. Sì, sembrava proprio che ce l’avessero con lui. Se avesse continuato a stare lì, sapeva, avrebbero allungato le loro viscide e spoglie braccia e lo avrebbero ucciso, si sarebbero nutriti di lui. Sarebbe diventato il loro concime. 
 Si fermò. Ma di cosa stava ragionando? Era uno stupidissimo parco, bosco o qualcosa del genere. Qualche altro metro e ne sarebbe uscito, ne era certo. Poi, si sarebbe fiondato a casa sparando la prima scusa che gli fosse venuta in mente ai suoi genitori.
 Abbandonò la stretta alla bottiglia, il cui collo si ruppe quando raggiunse terra. Gli sembrò che il rumore echeggiasse come una chiamata insistente e lontana. Come se qualcuno stesse pronunciando il suo nome.
 Oh, la sua testa! Chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie. Era un continuo martellare, lì dentro. Non soltanto doveva sopportare la nausea, la voglia di rimettere sempre più insistente, ma adesso doveva anche fare i conti con il mal di testa. Avrebbe voluto darsi uno schiaffo. Era per questo che non accettava mai di uscire il sabato sera con il suo amico Edward: lo convinceva a bere i liquori più forti, a partecipare a stupide gare su chi beveva più bottiglie di birra, e alla fine lo abbandonava da solo in qualche posto. La volta prima gli era toccata la spiaggia, ed aveva vomitato vicino ad una coppia intenta a "coccolarsi" - ricordò le loro urla e i pugni che aveva rischiato di prendere. Adesso, giusto perché non c’è mare senza bosco - definizione che aveva pensato sul momento -, si ritrovava perso in un ambiente dove facilmente qualcuno avrebbe potuto aggredirlo. Per carità, non che avesse paura. Era un diciottenne atletico, forte e alto. Ma non poteva nemmeno dire che quel luogo gli fosse indifferente. 
 Sembrava il classico film horror. E come qualunque altro film horror, non mancarono improvvisi rumori sinistri. Sollevò le palpebre e allontanò le mani dal viso, sfiorando i corti riccioli castani che gli ondeggiavano sulla nuca. Assottigliò lo sguardo: c’era qualcuno. Un ragazzo abbracciato da una sottile nebbia che si stava diffondendo dappertutto. Avevano la stessa altezza, all’incirca. Gli stessi capelli scuri, malgrado quelli dello sconosciuto fossero molto più corti e lasciassero la fronte spaziosa completamente nuda. I suoi occhi, però, erano insoliti. 
 Lo sguardo serio, il corpo irrigidito, una camicia sgualcita e dei jeans leggermente abbassati sui fianchi; degli strani occhiali da aviatore sulla nuca; ed i suoi occhi lo rendevano ancora più bizzarro. Iridi color oro; brillante, come anelli illuminati dal sole. Erano due piccole luccicanti pietre nel buio, intense e affascinanti.
 Non ebbe modo di scrutarlo ancora, perché il conato lo prese per la gola. James si chinò per vomitare. Bruciante ed acidamente disgustosa, la bile piovve per terra appiccandosi alle foglie e al cemento. Gli sembrò di vomitare anche la propria anima. Fottuto Edward!
 Aveva preso la sua decisione: mai più uscire con quell’idiota. Preferiva leggere le favole alla sua sorellina. 
 Quando ebbe finito, si pulì la bocca con un lembo della giacca nera. Alzò gli occhi, vedere lo sconosciuto così vicino lo fece sobbalzare. Scivolò sulle natiche, le braccia indietro e gli occhi sbarrati. Il ragazzo era chino su di lui, fissava il vomito come se non lo avesse mai visto prima. Era piegato sulle ginocchia, i gomiti appoggiati ad esse e i piedi piegati, lasciando portare il peso sulle punte. Aveva un che di misterioso che stava punzecchiando la curiosità di James, ma anche l’incredulità. Non lo aveva sentito muovere, come diavolo aveva fatto?
 «Ha un odore sgradevole» asserì il giovane, non mostrando però nessuna di questa “sgradevolezza” nel viso. Aveva abbandonato la propria serietà per un espressione più divertita. 
 Perfetto. Non solo si ritrovava chissà dove, con il cellulare scarico e la testa pesante come piombo, ma come se non bastasse, si era imbattuto in una specie di drogato o psicopatico ma in ogni caso un tizio che non ci stava molto con il cervello. 
 «Che ti aspettavi? Una miscela di fiori?» Borbottò, in risposta, affrettandosi a rimettersi in piedi. James si spolverò la giacca con le mani e, volutamente ignorando il ragazzo dagli strani occhi - non se ne era meravigliato: o erano lenti a contatto o l’alcol ancora sapeva bene come fluirgli nelle vene -, riprese a camminare sperando di sentire al più presto il ruggire dei motori o almeno di vedere un bel ed illuminato palazzo. Un desiderio che non si esaudì. Più muoveva i piedi, più rimaneva letteralmente al punto di partenza. Sembrava che fosse rimasto incastrato in un labirinto formato da un’unica strada. Era totalmente, assurdamente e spaventosamente incredibile.
 L’altro tizio rimaneva seduto dov’era, osservandolo, mentre l’incredulità si stava mostrando sul volto di James. 
 Era la quarta volta che gli passava davanti! Chiuse gli occhi, si massaggiò le tempie, riprese a vedere e a camminare. Niente: superava di poco il ragazzo dagli occhi color oro e, trenta secondi dopo, se lo ritrovava davanti di nuovo. «Che diavolo?!»
 Lo strano ragazzo gli sorrise, facendo flettere le gambe e diminuendo le distanze.  «Non puoi uscire, non ti farò uscire.»
 James corrucciò la fronte, confuso. «Ma di cosa stai blaterando?»
 Il giovane occhi-dorati lo fissò, serio. «Un bacio.»
 «Cosa?»
 «Dammi un bacio e ti farò uscire.»
 «Tu sei pazzo!» sbottò, arrossito, e riprese a camminare. E’ l’alcool, è l’alcooloppure sto sognando. , pensò, devo essermi addormentato!
 Con questa improvvisa teoria nella mente, James provò di tutto per svegliarsi. Si diede dei pizzicotti, si concentrò, provò a ripercorrere la strada in senso opposto per trovare qualche sorta di “uscita”. Ma di tutto quel che provava, di quella notte inquietante che si faceva sempre più pressante contro il suo animo, niente cambiava. E lui restava lì, intrappolato tra le grinfie di quell’orrendo posto, con lo sguardo di quello psicopatico addosso. Lo agitava, quel ragazzo. Sembrava potesse leggergli la mente con il suo sguardo.
 Stufo, arrabbiato e stanco, James si avventò su di lui attirandolo a sé per il colletto. «Cosa diavolo sta succedendo, eh?» gli sputò le parole, con il viso arso dall’ira. Non era mai stato un tipo paziente, soprattutto dopo aver bevuto. «Rispondimi!»
 Sul volto del ragazzo aleggiò un sorriso, era divertito, e James era prossimo a cancellargli dalla faccia quella sua espressione.
 «Te l'ho detto: dammi un bacio e ti farò uscire» rispose l’altro, con tranquillità.  James abbandonò la presa con una mano per cozzarla contro il volto dello sconosciuto. Nonostante avessero la stessa altezza, James era molto più forte e muscoloso. Lo indusse ad indietreggiare, quasi cadde, mentre dal naso gli colò una lacrima scarlatta. Occhi-dorati si mise il dorso all’incavo tra le labbra e le narici, asciugandosi, e poi rise. Una risata meschina, ambigua, che riuscì a far rabbrividire James - la paura lentamente lo stava inghiottendo. Quello che aveva davanti non era una persona normale, in tutti i sensi. Non si trattava soltanto di uno psicopatico qualunque. 
 «Un dannato bacio!» gridò lo sconosciuto, aprendo le braccia. «Non sai baciare? Non lo sai fare? Non vuoi uscire di qui?»
 James serrò le labbra. 
 «Eppure è così semplice!» 
 Occhi-dorati si avvicinò, il passo incerto.
 Come vittima di un incantesimo, ogni muscolo di James sembrò paralizzarsi. Il cuore batteva forte, quasi da spezzargli il petto, quando occhi-dorati gli afferrò il mento con una mano. Le punte delle sue dita premettero contro la sua pelle.  Dentro di sé, lottava perché il suo corpo aveva smesso di rispondergli.
 Cosa diavolo era quel ragazzo? Cosa diavolo gli stava facendo?
 Voleva urlare, voleva andarsene.
 «Vorrà dire che me lo prenderò io» mormorò occhi-dorati sulle sue labbra. E perse il contatto con la realtà: le loro bocche si scontrarono con irruenza. Occhi-dorati lo costrinse ad aprire le labbra, lasciando intrecciare la lingua con la sua. Per quanto ci provasse, con gli occhi sbarrati, il suo corpo non si lasciava più guidare dalla sua mente. Era come se la sua anima e la sua carne si fossero separate, ma avessero comunque un legame tale da lasciargli provare la sensazione delle labbra di occhi-dorati sulle sua. Si sentì inorridito da se stesso, perché per un momento aveva pensato che fosse piacevole. Baciare un pazzo! Uno sconosciuto! In una stupidissima foresta sconosciuta! 
Basta, gridò dentro di sé. Ma il ragazzo continuò a baciarlo, facendo scorrere la mano sul suo petto e accendendo una certa eccitazione nel suo corpo. 
 Non aveva mai baciato una persona del suo stesso sesso.
 Non era gay.
 Eppure … voleva che lo toccasse di più. Come poteva avere un pensiero così perverso in un momento del genere? Come poteva la sua mente eclissare tutto il resto per quello stupido bacio?
 La mano dello sconosciuto arrivò al cavallo dei suoi pantaloni, James sbarrò ancora di più le palpebre. Desiderava che facesse di lui quello che voleva, ma lo sconosciuto si bloccò. Tirò indietro il volto e la mano, guardandolo con malizia, ed il corpo di James sembrò riprendersi come se la sua anima si stesse riagganciando totalmente ai propri muscoli. Deglutì, sconvolto.
 La leggera nebbia sembrò diradarsi, gli sbraiti dei motori li giunsero alle orecchie, ma prima che potesse scappare via, occhi-dorati si avvicinò nuovamente.
«Adesso sei mio, umano.» 


♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦ Angolo autrice!

Ehilààà! Sono di nuovo io con un'altra OS :) 
Tra un compito e l'altro, tra miliardi di interrogazioni e nella preparazione della tesina, sono riuscita a mettermi davanti a word e buttare giù qualcosa perché ero letteralmente prossima ad impazzire! (Per chi ha gli esami può capirmi!)

Okay, anche questo spacco di storia è proprio no sense. Non so perché ho partorito questa cosa, ma mi andava e ho scritto u.u lasciando un po' di mistero attorno alla figura di "occhi-dorati". E' una cosa che adoro lasciare dubbi qua e là, perdonatemi. 

Anyway, ringrazio le tre anime buone che hanno recensito, e le altre due che hanno acceso una stellina, l'altra mia os (Inferno paradisiaco trama: Emmeline Leach è innamorata. E non di un ragazzo qualsiasi, ma di un Demone proveniente dall’aggressivo Inferno. Un Demone che ama intrufolarsi nei suoi sogni, che ama infastidirla, e che ama metterla in imbarazzo. Ed è proprio in uno dei questi suoi sogni che si ritrova in un castello gotico, con Henry ad aspettarla, a guardarla con quei suoi occhi intensi e rossi come la lava. Tra baci bollenti, Emmeline si perderà nelle follie d’amore di quel sogno così reale eppure così irreale) Se volete passare, mi farebbe piacere :3 E' a rating arancione ed het. E forse, quando ho un po' di tempo, ci strutturo una storia sopra **

Okay, mi sto dilungando. 

Bye bye

Ven

Arcano maggiore n°6 e Cuore contro cuore sono altre due mie OS :)

 
  
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