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Autore: _FrenkieFaye_    11/05/2014    1 recensioni
Non gli sono mai piaciuti i finali. Gli adii.
Ma ci sono giorni in cui bisogna fare la cosa giusta, solo la cosa giusta… e non per se stessi.
Giorni in cui il vecchio pazzo egoista deve essere messo da parte, per fare spazio a un uomo migliore... che ha il coraggio di chiedere il conto di quello che ha vissuto; per quel pizzico di buono che ha seminato nella sua lunga, lunghissima vita, e di cui va fiero.
Questo è un giorno in cui anche gli addii sono giusti.
Perché Amelia Pond aspetta.
Perché Amelia Pond ha sempre aspettato.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amy Pond, Doctor - 11, Doctor - Altro, Rory Williams
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Soffierà nel vento una lacrima...”

Che tornerà da te,
Per dirti Ciao, ciao.
Mio piccolo ricordo in cui nascosi anni di felicità.
Ciao… e guardami affrontare questa vita
come se fossi ancora qui.

 

~

 

“Da quando camminare è così difficile?”
Passi di piombo. E ogni passo in meno che lo divide dalla camera dove ha sentito Eloise urlare è un peso in più che cala sul suo cuore.
Non posso essere arrivato così tardi. Non così tardi.

Quando apre la porta, trovando Eloise inginocchiata sul pavimento accanto a un corpo, è solo l’istinto che gli permette di intervenire. Solo istinto, puro e semplice: come respirare, battere le ciglia; la ragione, invece, si accuccia in un angolo. E ancora non è pronta per quello che gli occhi già stanno vedendo, ma che la mente rifiuta di registrare come vero.

Rivedere qualcuno che ami... qualcuno che pensavi di aver perso per sempre, 50 anni dopo. 

E’ qualcosa che mette sotto sopra cuore e cervello, e lui, in questo momento, non può permetterselo, mentre si avvicina al corpo privo di sensi di Amelia e ne tasta il polso con ansia crescente.

Sospira di sollievo quando avverte il battito pulsare contro la pelle sottile.
Si guarda intorno, ispezionando la camera con attenzione: dei cuscini sono posati contro la testata di un letto, in fondo alla stanza.
Li prende, adagiandoli sotto i piedi di Amelia a rialzarne le gambe, per favorire la circolazione dell’ossigeno nel sangue.
“Da quanto tempo può trovarsi in questo stato?” chiede a Eloise, che ha il viso pietrificato mentre fissa il corpo rigido di sua nonna.
“Non lo so... l’ho trovata così...”, distoglie lo sguardo, impaurita. “... ma non può essere da molto. Non mi sono accorta di niente, come ho potuto? ”
Il Dottore poggia una mano sulla spalla della ragazza: “Ascoltami, Eloise, va tutto bene. Il battito c’è, e tiene, è solo una perdita di sensi, un calo di pressione molto probabilmente”. La ragazza rialza lo sguardo e lo fissa dritto negli occhi, prima di asciugarsi le guance, una piccola speranza che sembra riaccendersi nel fondo delle sue pupille.
“Portami dell’acqua fredda, una spugna... o anche delle bende di cotone possono andare bene. Non possiamo muoverla da questa posizione purtroppo, potrebbe essere rischioso. Chiama la tua famiglia e falli tornare a casa per quando si sveglia! Tutto chiaro?”
La ragazzina annuisce convinta col capo, attenta.
“Andrà tutto bene, okay? ...sta tranquilla... te lo prometto sulla mia parola”.
Gli occhi di Eloise sono ancora umidi quando sparisce in corridoio.

Ed è solo adesso che il Dottore si permette di guardarla davvero, la sua Amelia, mentre le accarezza i capelli che hanno perso il loro tipico colore rosso e il tempo ha tinto d’argento.

“Resta con me, Pond... non ti permettere... non ci pensare neanche per un momento...”sussurra vicino al suo orecchio “...resta con me, sono qui, mi senti?”
Sa che non può sentirlo, eppure prega, spera che lo faccia.
“Io torno e tu ne vai? No, non si fa così... dobbiamo coordinarci la prossima volta, eh? Che ne dici?” l’ammonisce dolcemente, tastandole la fronte accaldata, la voce che si piega di preoccupazione, tenerezza.
Poi le stringe la mano, così piccola, fragile, nella sua. La memoria tattile gli riporta alla mente la mano della piccola bambina scozzese che strinse anni prima, quando la crepa nella parete della sua camera la spaventava. Lei aveva pregato Babbo Natale di mandare qualcuno ad aiutarla.
E lui era arrivato nella sua cabina blu precipitata in giardino.

Tu chiami e io arrivo in soccorso, Pond. E’ sempre la stessa vecchia storia.

Adesso che le è accanto è come fare la pace con l’uomo che è stato; ritrovarsi riflesso in uno specchio e sorridere a se stesso, con malinconia. Il Dottore guarda le palpebre calate sul viso di Amelia, ripensa che gli occhi, almeno quelli, così verdi e intensi, quelli non possono essere cambiati.  
Sorride ancora, stringendole la mano, mentre le posa un bacio lieve sulla fronte.

“Ma come posso... come posso pensare di lasciarti andare di nuovo, proprio adesso che ti ho ritrovato?”

 

~

Stanca, Amelia si sente così stanca...

Le sembra di aver risalito a forza delle sabbie mobili, combattendo con le unghie e con i denti contro la gravità. L’udito chiuso all’esterno da un tappo che la isola dal mondo, un tepore intimo chiuso dentro al petto. La pelle che formicola di fresco contro le articolazioni che tornano a muoversi di nuovo.  Non ha il coraggio e la forza di riaprire gli occhi. Per un po’ vuole cullarsi in quello stallo che è ad un passo tra il mondo dei sogni e la realtà. Quando il formicolio passa, e le sembra anche di incominciare a percepire dei rumori, i sensi le danno la certezza che si trovi con la schiena contro il pavimento.
E qualcuno si sta prendendo cura di lei dall’alto, spostandole i capelli dal viso e bagnandole lentamente tempie e collo con piccoli colpi di spugna.
Intercetta quella mano, ad occhi chiusi, e la stringe nella sua.

E’ solo che il modo in cui si prende cura di lei... quell’attenzione; per un attimo ha avuto la sensazione di sentire Rory al suo fianco, e a questo ha contribuito l’odore pungente e stordente del disinfettante, che le macchia le dita di rosso mentre si porta una mano alla fronte.
“Ha sbattuto la testa cadendo, è solo una ferita superficiale” dice l’uomo di fronte a lei, con voce calma.
Il Dottore, quando Amelia ha riaperto gli occhi, per un attimo le ha sorriso.

Non avrebbe dovuto fargli male.
Non può avercela con lei per questo.

A conti fatti, lui è diverso: aspetto, voce, tutto.
Ed è triste, perché adesso il Dottore non ha il coraggio di dirle: “Amelia, sono io... sono tornato!”.
Ha solo la forza di spiegarle con voce ferma e professionale che è un medico funzionario del Ministero, venuto in visita di controllo. E che è stato solo davvero fortunato a capitare nel posto giusto al momento giusto, così da correre in aiuto.

Regola numero uno: il Dottore mente.

“Ha avuto un leggero calo di pressione”, le spiega. “… forza, adesso l’aiuto a rialzarsi. Si aggrappi a me!”
Il Dottore stringe Amelia: piccola, fragile tra le sue braccia.
La guarda senza guardarla davvero, con timore. Ha paura che tutto questo possa sparire da un secondo all’altro, svanendo come una nuvola di fumo.

 
Eloise ritorna nella stanza quando il Dottore ha ormai messo Amelia a letto.
Amelia sorride a sua nipote, che ha finalmente smesso di piangere.
Con un gesto silenzioso della mano la invita a sedersi affianco a lei.
“Mi dispiace bambina mia se ti sei presa uno spavento”, le dice.
La ragazza chiude un secondo gli occhi,  mentre si siede sul bordo del letto, accanto alla nonna. Le sue palpebre che tremano leggermente.
Poi sorride, ma ancora visibilmente spaventata.
“Non fa niente”, la rassicura a sua volta “... papà dovrebbe tornare presto a casa… e anche Crystal”.
Amelia appoggia una mano su quella della nipote, mentre con l’altra si alliscia le pieghe della camicia da notte sulle ginocchia. Sbuffa, prima di dire: “Perfetto! Adesso tuo padre metterà su quell’aria da baia isterica e non mi permetterà neanche più di alzarmi dal letto per andare al bagno, o per andarmi a prendere un bicchiere d’acqua in cucina!”
Eloise ride, una risata cristallina e ingenua da bambina, ma negli occhi ha un velo di preoccupazione: “Sei stata male, nonna. Non prenderla sempre così alla leggera.”, risponde. “Devi restare a letto a riposare. Vero, dottore?”
Ma il Dottore fa un passo indietro, colto alla sprovvista.

“C-come?”

Sente gli occhi indagatori di Amelia su di lui. Pizzicano sulla pelle, rendendolo inquieto.

“…ehm… certo che è importante riposare… ma sono altrettanto certo che la che signora Pond potrà alzarsi e camminare senza problemi tra un po’, purché si senta in forze”.

Amelia guarda prima lui, poi la nipote con sguardo soddisfatto e un sorriso sulle labbra.

“Grazie” dice, infine. “… scusami Eloise, saresti così gentile da prendermi la vestaglia?”

La ragazza viene colta alla sprovvista ma scatta subito in piedi dopo un primo momento di smarrimento. “Certo”, risponde. “Senti freddo, nonna?”

 “Oh, no. Qui si sta benone, ma fuori sicuramente farà un po’ freddo”.

“Non capisco... fuori dove?” chiede la ragazza, sfilando la vestaglia dalla gruccia e aggrottando le sopracciglia, confusa.

“Sì, fuori!” ripete semplicemente Amelia con più enfasi. “Sto per alzarmi dal letto, indossare la vestaglia, uscire dalla porta di casa e andare a fare due passi. E sì, torno presto, non ti preoccupare!”

Eloise sbarra gli occhi fino a quando le pupille non sembrano fuoriuscire dalle orbite come due biglie colorate.  Il Dottore, che fino a quel momento è restato in silenzio in un angolo della camera, s’intromette nella discussione: “Mi scusi, Amelia, non credo sia opportuno in questo preciso momento!”

Amelia volta lo sguardo verso di lui, restringe gli occhi come a mettere a fuoco il suo viso con maggiore precisione.

“Ma cosa devi andarci a fare poi, fuori?” sbraita Eloise, raggiungendo i piedi del letto con la vestaglia in mano.

Amelia sta ancora guardando il Dottore, con attenzione.

“Eloise. Cara, saresti così gentile da lasciarci dieci minuti da soli?”

La ragazza non è convinta ma obbedisce. Guarda per l’ultima volta il Dottore, sorride leggermente di gratitudine. Lascia la vestaglia piegata ai piedi del letto ed esce dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

Poi Amelia ride.

“La prego, si avvicini di qualche passo”, dice con voce profonda, ironica.

E così fa. Il Dottore si avvicina di un passo, dalla sua altezza guarda verso il basso con preoccupazione. Poi Amelia allunga una mano a raggiungere il primo bottone del suo cappotto.

Il Dottore la lascia fare, pietrificato ed emozionato, perché forse ha capito.

Lei, meravigliosa Amelia Pond, ha sempre capito tutto.

E quando Amelia trova quello che stava cercando, spuntando il primo e il secondo bottone del cappotto, il suo volto si apre in un sorriso.

 

“Come hai fatto a capire?”
Il Dottore abbassa lo sguardo quasi imbarazzato, colto sul fatto.
Si guarda le punte delle scarpe lucide, non ha il coraggio, adesso, di guardarla negli occhi.
E’ lui il Signore del Tempo centenario. Ma di fronte a questa donna, di fronte alla sua migliora amica, alla sua famiglia un tempo, si sente vulnerabile come un bambino.
Perché sa che, se alza lo sguardo, se solo permette a lei di leggere in questi nuovi occhi –che sono diversi da quelli a cui lei era abituata, ma non così meno stanchi- lei capirà tutto.

“L’ho capito da quel modo che hai tu e solo tu di piegare le spalle… come hai sempre fatto, come se il peso di tutto il mondo gravasse su di te. E le tue mani quando mi tamponavi la fronte. Adesso sono frenetiche, impacciate, dalle dita lunghe da nascondere solo nelle tasche. Ma prima ti sei preso cura di me, e solo due persone possono toccarmi in quel modo. Una è Rory… e l’altra sei sempre stata tu, Dottore”.
Amelia si fa forza sulla spalliera del letto e si mette seduta, prima di allungare le mani verso il Dottore, cercando aiuto per rialzarsi. Il Dottore afferra le sue braccia, di nuovo, come prima.
Amelia è di nuovo occhi nei suoi occhi.
Lo studia, forse a cercare nel suo viso i tratti del passato.
Il Dottore sente le dita sottili di Amelia accarezzargli la fronte, tastargli il naso, schiacciargli le guance. Infine alliscia il ciuffo di capelli rossi che gli ricade sulla fronte.

“Rossi… e lentiggini sulle guance. Mi piace! Ottima combinazione!”

E il Dottore si ritrova stretto in un abbraccio a cui non può opporre resistenza.
Amelia si alza sulle punte dei piedi e gli circonda le spalle con le sue braccia.
Lui si ritrova a chiudere gli occhi e a respirare nell’incavo del collo il suo odore.

Sente i suoi due cuori tremare.

“Secondo: il modo in cui il cappotto ti fasciava il collo… il sospetto c’era. Era come un istinto, come se una voce mi dicesse che tutto ciò che poteva darmi conferma di quello che pensavo era lì, nascosto. E, Dottore,  dopo tutto questo tempo… continuo a conoscere solo una persona che potrebbe sfidare con così tanta audacia il buongusto in fatto di farfallini!”

“Ehi!!!”

“Ohii!”

“Amelia”.

“Dottore...”

 

Restano in quell’abbraccio  fermo, ciondolando sui piedi come una danza.
Le risate dell’una scuotono il petto dell’altro.
“Tua nipote ha qualcosa di tuo… ti assomiglia, sai?”
“Eloise è una di due gemelle, l’altra, Crystal… anche lei mi assomiglia!”
“E tuo figlio? Anthony?”
“Ah, lui assomiglia a suo padre… e suo nonno, Brian. Anche se sai che non è davvero possibile parlare di somiglianze. Anthony non è davvero mio figlio. Non l’ho portato dentro di me, ma l’ho sentito dentro di me dalla prima volta che l’ho preso tra le braccia!”.

Il Dottore ha paura che adesso lei possa chiedergli di più. Che adesso il sangue di madre possa rivendicare l’appartenenza a ciò che un tempo aveva portato in grembo.
Melody. La sua bambina, che ha stretto tra le braccia solo un attimo.
Ma lei rimane in silenzio.

“Andiamo a fare una passeggiata”.

Lui le cede il suo braccio e lei lo stringe. “Non vedo l’ora!”.

 

~

 

Fuori il tempo è sereno.
Il cielo è buio e trapiantato di luminose stelle, ben visibili stagliate nella notte.
Una brezza leggera scuote gli alberi dei parchi in lontananza, qualche uccello notturno, inquieto, vola libero tra un albero e l’altro.
Due persone camminano lungo la strada, mano nella mano.
Lui, più giovane, alto, dalle lunghe gambe quasi sproporzionate rispetto al resto del corpo.
Lei, bella, i capelli argentei raccolti perfettamente sul capo, le spalle rilassate e i passi brevi, corti. Il Dottore l’aspetta paziente, divertito, tenendole la mano.
La conduce silenziosamente a un angolo della strada, all’ombra di un grande salice.
Si guarda attorno, attento.
Amelia fa lo stesso, allunga il collo in cerca di una cabina blu nel buio della notte.

Ma non la trova.

“Non preoccuparti… non siamo molto lontani” le dice il Dottore, e per un attimo gli lascia la mano.
Si avvicina all’albero e guarda su.
Saltella, allungando le braccia. Ci riprova un paio di volte, poi, finalmente, afferra qualcosa.
Tira con forza quello che ad Amelia sembra una fune.
La sgancia da un tronco robusto di un albero, poi le riafferra la mano.

“Pronta?”

“Pronta per cosa?”

Il Dottore non risponde. Sorride, schiocca le dita tre volte.

Amelia alza la testa in tempo per veder scendere dal cielo, silenziosamente, una lunga scala a chiocciola che le arriva a toccarle le punte dei piedi.

“Oh… immagino che lo vedrai con i tuoi occhi”.

La conduce sul primo scalino, al suo fianco, poi batte le mani.
La scala incomincia a muoversi, a salire, come a richiudersi su se stessa.
Amelia, meravigliata, si porta una mano alla bocca, mentre la scala sale nel cielo e lei ammira il panorama di una New York luminosa e quieta.
Si tiene stretta al corrimano da un lato, dall’altro al braccio del Dottore.

“Ma… come… è possibile?”
Il Dottore agita la mano, in direzione di due passanti avventurosi nel cuore della New York notturna.
Ma questi continuano la loro passeggiata senza neanche vederli, inconsapevoli.

“E’ invisibile, non ci vedono. Su, saluta!!!”

Amelia si sente di nuovo bambina, e anche un po’ stupida, in realtà, mentre alza la mano e saluta dall’alto i passanti che sembrano ormai puntini in lontananza.

“Dottore, non ti sembra di aver dei gusti un po’ estremi in fatto di parcheggio? Insomma, sulle nuvole?”

“Oh, sì…” Il Dottore ride. “O quasi…”

Amelia sbarra gli occhi quando arrivano a destinazione. La scala si ferma. E il Dottore salta su quelle che sembrano proprio nuvole, correndo verso la sua cabina. Amelia, a passo incerto, le si avvicina a sua volta. E nei suoi occhi verdi quel blu si staglia fino a riempirla dentro, a commuoverla.
Alza una mano verso la porta della cabina e l’accarezza.

“Ciao, bambina. Mi sei mancata!” sussurra a bassa voce.

Il Dottore accarezza a sua volta la cabina nello stesso punto dove Amelia ha posato la mano.
“Anche tu sei mancata a lei… a noi. Insomma, ci sei mancata a entrambi”.
Amelia ride, si stropiccia gli occhi che incominciano a pizzicare per le lacrime che vogliono uscire.
Ma non vuole piangere. Non deve.

E’ solo tempo di sorridere.

“Dove mi porti questa volta, Dottore?”
“E’ il nostro ultimo viaggio insieme, Amelia”, le dice lui. La voce rotta, emozionata.
“… facciamo che ti porto ovunque nel tempo e nello spazio. Potrebbe andare bene?”

Amelia ci pensa. E sa precisamente dove vuole andare.

 ~

Non ricorda con precisione come c’erano finiti a quella festa. Forse Mels ce li aveva trascinati e poi era sparita a fare chi sa che cosa, o forse erano stati invitati ma non ricordava da chi.
In un angolino della sala - quella riservata al rinfresco- Amy e Rory si erano seduti a bere il punch annacquato, spacciato per alcolico, su un divanetto. Leggermente annoiati e imbarazzati per l’atmosfera che si era venuta a creare: il deejay aveva messo su dei lenti, e tutte le coppiette erano accorse al centro della sala, a dondolarsi l’uno stretta all’altro, lasciando i poveri single sui divanetti, a deprimersi in silenzio.
In realtà, Amy ricorda che avrebbe pure ballato volentieri un lento, se solo Rory non si fosse immobilizzato sul divano, impaurito, con la faccia di un condannato a morte.
Un bicchiere dopo l’altro, e un altro ancora, la musica era cambiata e quasi non se n’erano accorti. Fin quando Amy era saltata in piedi, gli occhi sgranati.
“Nooooo, Roryy… questaa canzone!!!!”

Aveva barcollato sul posto, impacciata, afferrato il polso di Rory obbligandolo ad alzarsi.
"Che vuoi fare?” gli aveva chiesto lui, terrorizzato, opponendo resistenza.
“Ballare, mi sembra ovvio!”
“N-no, Amy. No, no, no, no, non ne sono capace”
“… EEEEEEE…MACARENAAA!!!!” aveva urlato lei, entusiasta, trascinandolo al centro della sala, coinvolgendolo in quell’incubo di ballo.
Un’alternanza di movimenti di braccia e bacino, giri, e ancora braccia, bacino, testa.

 

Nascosti tra la folla, Amelia e il Dottore assistevano alla scena.
“E adesso… che succede?” le aveva chiesto il Dottore, curioso, divertito e felice di rivedere di nuovo quei due ragazzi che conosceva così bene. Felici, spensierati.

Inconsapevolmente già innamorati l’una dell’altra.
“SPOILER!”
Amelia aveva poi appoggiato la testa alla spalla del Dottore, sospirando.

 

 

Amelia sapeva che Rory si sentiva un perfetto idiota.
La lingua a penzoloni, faticava a stare al suo passo.
Ma ci provava.
Tutto pur di farla felice, di vederla sorridere.
Ricorda di essersi sentita bene, con lui, quella sera.
Ricorda di essergli stata grata.

.E poi ricorda di essere inciampata. E Rory se l’era ritrovata improvvisamente addosso.
Troppo vicina. L’aveva stretta. Amelia aveva alzato lo sguardo verso il suo.
E tutto il caos, musica, deejay, macarena: non contava più nulla.
Perché il tempo si era fermato.
Che fosse l’effetto del punch analcolico - che veniva spacciato per alcolico- o forse una spinta di coraggio che stava cercando, Rory non lo sapeva.
Tutto ciò che sapeva era che aveva messo da parte le paure.
Aveva annullato le distanze e appoggiato le sue labbra a quelle di Amy.
Un bacio timido e impacciato. Amelia che aveva risposto al bacio più prontamente di quanto lui si fosse mai aspettato, appoggiandogli le mani sul viso arrossato, avvicinandolo ancora di più a lei.
Quando si erano staccati erano rimasti fronte contro fronte, storditi e intimiditi a guardarsi, a respirarsi l’uno sul viso dell’altra.

 

“A-Amelia… i-io… “ aveva balbettato Rory, il panico nella sua voce. “…ci siamo… ehm…insomma…”
“Baciati. Ci siamo baciati, sì!” Amy aveva riso, incredula a sua volta da quello che era appena successo.
“E tu… cioè… t-ti…insomma, va bene?”

Amelia l’aveva guardato per un attimo, lo sguardo serio.
Rory aveva represso l’istinto di prendersi a pugni da solo.

“Solo… sta zitto, Rory! Chiudi la bocca!” 
L’aveva sorpreso Amelia, di nuovo, tirandolo a se per il colletto della camicia, chiudendo le labbra sulle sue, in un bacio diverso dal primo.
Consapevole, questa volta.
E i due ragazzi non c’erano più per nessuno se non per se stessi, stretti al centro della pista da ballo.

 

 
“Hai visto quello che volevi vedere?”
“Sì… possiamo andare”.

 

E ancora…
Il viso raggiante di sua madre e suo padre, il giorno del suo matrimonio.

 

Lei e il Dottore si erano seduti su una panca in fondo alla chiesa.
“Mi raccomando, non diamo nell’occhio più del necessario”, si era raccomandato il Dottore.
“Non ti preoccupare. Nessuno ci noterà. Io posso spacciarmi benissimo per una zia acida venuta da lontano, e tu per mio nipote”
"E' la prima volta che vengo al tuo matrimonio" aveva costatato il Dottore, sorridendo divertito.
"E sì, non ho fatto in tempo a portarti indietro prima, scusa!"

 
Molte cose del suo matrimonio non riusciva a ricordare perfettamente.
Rimanevano ricordi offuscati, che non riusciva a raggiungere pienamente quando chiudeva gli occhi e ci pensava. Ricordava precisamente solo un momento: suo padre che l’accompagnava all’altare, più emozionato di lei.

 “Papà, tienimi stretta… non farmi cadere!” ricordava di avergli aveva sussurrato, temendo un mancamento nelle ginocchia, stringendosi con più forza al suo braccio.
“Mai. Mai… non ti lascio!”, l’aveva rassicurata suo padre con un sorriso, la voce fiduciosa e sicura. Amelia aveva ispirato ed espirato profondamente, prima che la marcia nunziale raggiungesse le sue orecchie. Con un nodo allo stomaco si era costretta a guardare avanti.
E quando aveva riconosciuto la figura di Rory in fondo alla navata, ad aspettare il suo arrivo, tutto era andato per il verso giusto.

 

“Sicura di non voler rimanere per il dopo festa? Ricordo di aver ballato con tutti ed aver sfoggiato il meglio della mia dote da ballerino quella sera”.
“Ah, ricordo bene. Il tuo ballo della giraffa ubriaca è entrato nella storia dei matrimoni di questa famiglia”.
“Giraffa che…?”
“Possiamo andare, Dottore! Ritorniamo al Tardis.”
“Tutto bene, Amelia?”
“Sono stanca. Dottore… tanto stanca…”.

~

( http://youtu.be/cMWh0p_kQ88 )

 

Il Dottore maneggia i comandi del Tardis in silenzio. Non pronuncia parola.
La sua mente è altrove, lontana…

Sapevi che saresti potuto tornare solo in una circostanza, vecchio pazzo che non sei altro.
Rimprovera se stesso. Si vede riflesso sulla consolle lucida del Tardis.
Il suo viso da ragazzo, la camicia azzurra, il farfallino che in realtà non usa più –l’ha indossato solo per questo giorno, solo per lei -, allentato intorno al collo, i capelli rossi che gli ricadono disordinati sulla fronte. Gli occhi grandi, azzurri, profondamente stanchi, umidi.

“Dottore…”
Amelia richiama il suo nome nel silenzio, ma il Dottore non riesce ad alzare la testa dai comandi.
Ha paura. Imposta le coordinate. Il Tardis atterra dov’era prima.
Amelia si avvicina alle sue spalle, gli appoggia una mano sulla schiena.
Fa in tempo per sentirle sussultare, scosse dai singhiozzi.
Il Dottore si piega su se stesso, appoggia la fronte alla console.
“Scusami…”
E urla. Arrabbiato con se stesso, cacciando indietro le lacrime.
Urla, e Amelia ha paura.

“… scusami, non voglio farmi vedere in questo stato…”
Si nasconde la faccia tra le mani.
“E’ tutto okay, Dottore…” la voce di Amelia trema, ma sa che adesso, più che in qualunque altro momento, lui ha bisogno di lei.
“Sarò anche vecchia… saranno passati anche tanti anni da quando viaggiavamo insieme… ma ricordo ancora due o tre cose sulle regole dei viaggi del tempo”.
Amelia lo fa voltare, gli prende il viso tra le mani.
Il Dottore la guarda, sente le sue mani che lo toccano: mani calde, vive.
“So perché sei qui. So perché sei potuto tornare da me solo oggi!”
“Amelia…”
“E’ tutto apposto…  Dottore… è tutto apposto. Vieni con me!”.
Amelia prende per mano il Dottore, lo porta fuori.

Camminano tra le nuvole con il cielo sopra che fa da muto spettatore.
“Adesso fai contenta questa povera vecchia…” dice, sistemandosi la vestaglia, allisciandosi le pieghe sulle gambe. “Balliamo?”
Il Dottore annuisce in silenzio e le si avvicina.
Chiude le braccia intorno alla sua vita sottile.
Amelia ricambia l’abbraccio e chiude gli occhi.
“Sono felice e serena, Dottore! Ho 87 anni dopotutto…”

“Mi dispiace tanto, Amelia… mi dispiace non poter fare niente per cambiarlo. Mi dispiace non essere tornato per Rory come ho fatto per te… non ho potuto”.
“Non devi rimproverarti per questo. Siamo noi che abbiamo creato un paradosso, siamo noi che abbiamo chiuso le linee temporali… quando Rory è andato via… mi ha promesso una cosa!”
Amelia guarda il Dottore negli occhi, con la mente ritorna al passato.
“Mi ha promesso che avrebbe trovato il modo di portarti da me. E insomma, tu adesso sei qui. Ovunque adesso lui sia… sono certa che ci stia guardando… e stia sorridendo, non credi?”
Il Dottore annuisce con la fronte appoggiata alla sua spalla.

Poi guarda il cielo, le stelle.
Ovunque tu sia, Rory…
“Sì, sono certo che sia così…”
Grazie anche a te.

Lui le sorride, le fa fare una giravolta tenendola per la vita.
“Grazie Dottore… grazie di tutto… e non rimproverarti niente. Mi hai resa la persona più importante e più felice di questo mondo”.
“Grazie a te, Pond… grazie a te!”
Il Dottore la stringe forte, come a volerla farla entrare dentro di se, per proteggerla, per sostituirsi a quel peso che rende le sue gambe più deboli.
E lui se ne accorge, si accorge che sta andando via da lei… e stringe con più forza i suoi fianchi.

“Ti riporto a casa?”
“Sì… andiamo a casa!”

~

                        ( http://youtu.be/CxV5vVcbfaI )

 

Amelia se n’è andata dopo una lunga notte.
E’ andata via serenamente, senza soffrire.
Nel suo letto, al caldo.
Circondata dalle persone che amava.
Da suo figlio, Anthony. Dalle sue nipoti, Eloise e Crystal.
Ha avuto tutto il tempo di dire addio.
Di dispensare parole e carezze.
Baci e raccomandazioni.
Ha avuto anche il tempo di stringere per l’ultima volta la mano del suo migliore amico.
Di presentarlo a suo figlio, che non ha avuto parole da aggiungere.
Perché è cresciuto con le favole dell’uomo che viaggia tra le stelle, e ha capito.

E quando Amelia ha accarezzato per l’ultima volta la guancia del suo migliore amico, una lacrima le è scesa lungo la tempia.
“Questa è per lei…” ha detto. “…porta questa carezza a lei… da parte mia…”
E il Dottore ha preso la sua mano e l’ha trattenuta ancora un po’ sulla sua guancia.
Ha annuito.
“Va bene, lo farò…” le ha promesso.

Le ha mentito.

Adesso quel tocco caldo non lo lascia più.
Se lo porta dentro. E quando cerca di immaginare la sua Amelia vuole ricordarsela così: viva, felice.
E fa appello a quella carezza quando ha bisogno di trovare la forza di perdonarsi.

Non ha potuto, non ha voluto dirle la verità.
Perché avrebbe fatto troppo male a lui.
E non voleva far del male a lei.

E’ un fardello, una verità che si porta dentro.

Adesso, accanto alla lapide di Amelia Jessica Pond e Rory Arthur Williams ce n’è un’altra.
Reca il nome di Melody Williams.

Figlia e moglie amata. 
Donna coraggiosa e insostituibile.

E mentre il Dottore lascia i fiori ordinatamente a terra, un pensiero va a loro.

“Che vi sarete ritrovati, spero.
Che avrete trovato anche il modo di raccontarvi tutto, ci credo.
Che mi starete guardando, forse, da lassù.
E magari starete pure ridendo di me. Perché io so che i musi lunghi non vi appartengono, non vi sono mai piaciuti. Perché, forse, questa lacrima volerà nel vento e arriverà da voi.
Perché spero che, un giorno, forse, voi possiate perdonarmi.
Perché vi ho amato, come non ho amato mai.
Vostro, sempre, Dottore”.

 -Fine.

 

Spazio Autore:  8 MESI. Sono passati quasi 8 mesi da quando ho aggiornato l’ultima volta questa storia. Sono imperdonabile. Non voglio accampare scuse, quindi dirò che è solo colpa mia. Ma la storia è finita adesso *finalmente ho portato a termine qualcosa, brava Francesca*, e spero che qui ci sia ancora qualcuno disposto a leggerla.
Scrivere questa storia mi è servito. Portarla a termine è stato importante per me.
Spero possa piacere, spero di essere stata chiara. Di aver trasmesso quello che volevo trasmettere. Se mi lasciate una recensione e mi fate sapere… mi fate veramente un favore gradito. A presto (spero).

-Francesca.


   
 
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