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Autore: La Setta Aster    11/05/2014    3 recensioni
Un uomo sente di aver perduto una parte di se: quella che regna sovrana nei bambini e nei giovani, quella dei sogni e delle fantasie, della sorpresa e della meraviglia. Per ritrovarla e tornare ad amare con un cuore di ragazzo, dovrà vivere indimenticabili avventure alla ricerca della sua immaginazione, in compagnia di Keras, uno scorbutico e amabile libro parlante, e Saoirse, una ragazza dai capelli color mandarino e gli occhi perduti in un sogno lontano.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Vi narrerò ora di come l’ho ritrovata. Essa è giocosa, e se la si desidera scovare, è necessario giocare il suo gioco, riuscite ad intendermi? Bisogna inseguirla a bordo di navi pirata, bisogna darle la caccia sulla scena di un crimine in una cupa Londra del 1800, si deve correrle appresso attraverso praterie infiammate dal fiato di mille draghi, o in mezzo ad ardenti campi di battaglia, e, se davvero si è disposti a tutto per lei, è d’uopo anche portare la propria caccia fin sopra le nuvole, in alto nei cieli e su vascelli spaziali, fra le stelle. Ma prima di raccontarvi la mia avventura, alla sua disperata ricerca, dovrò accennare a come è iniziata la mia storia. Non mi avete inteso? Comprendo, non conoscendola bene come ho imparato a conoscerla io, le mie parole vi parranno sciogliersi come zucchero nel tè. Andiamo a cominciare.

*

L’uomo passeggiava con la notte ad accompagnarlo, mano nella mano. Le tenebre lo proteggevano con dolcezza e sensualità. Teneva stretto a sé, a fianco ad un coltello dal manico in legno, in una bisaccia a tracolla, un piccolo libro, più una sorta di diario. Era rilegato con un’affascinante carta color ciliegio proveniente da Bucarest, ornata da disegni dipinti con le più variegate sfumature di marrone, e rovinata a tal punto da conferire al piccolo taccuino un aspetto vissuto e consunto. Il dorso, invece, e gli angoli, erano coperti da una lucida stoffa color cobalto, mentre un elastico di identico colore racchiudeva segreti all’interno di pagine sottili come veli, ingiallite più dal materiale che dal tempo, ed erano meno ricche di quanto la loro creatrice avrebbe voluto. Il segnalibro in filigrana d’oro era rimasto là dove l’attuale possessore del libro l’aveva lasciato da ormai troppo tempo. Lei aveva affidato ali di carta, le sue ali, ad un ragazzo, che si era però perduto, e che ora vagava in cerca di colei che aveva rilegato quel libro pagina per pagina. In quel momento stava affrontando la notte, che si era fatta solitaria e silenziosa per l’occasione. La prova più semplice solo per poter parlare con Lei. Le luci dei lampioni lo illuminavano da diverse angolazioni, stagliando le ombre in altrettante direzioni. Camminava a passo sicuro, con le mani al caldo nelle tasche del cappotto. Sbuffi di condensa candida fuoriuscivano dalla bocca dell’uomo, perdendosi poi nell’aria. Era primavera, ma quella notte d’Aprile era gelida come la più fredda dell’inverno più rigido. Aprile è un gioiello d’Autunno, incastonato nel candido ombelico di Primavera ricordò. Non era ben sicuro di chi, tra loro due, avesse recitato per la prima volta quelle parole, eppure suonavano così familiari dette da lui stesso. Le lacrime negli occhi parevano ghiacciarsi, e i polmoni dolevano ad ogni respiro profondo. Levò una mano dalla tasca sinistra per tastare la bisaccia, ed assicurarsi che il libro fosse dove lo aveva nascosto: non si era mosso. Ma la mano parve trasformarsi in ghiaccio, finché non tornò a rintanarsi nella tasca dalla quale era uscita. La coppola che aveva in testa gli proteggeva il capo, ma i capelli che schiumavano fino a coprire il collo erano ormai finissime corde di una nave ancorata fra le nevi del nord. Non un fiato di vento, però, voleva schiaffeggiare l’uomo con raffiche. Gli scarponi avanzavano come guidati da una forza invisibile, o come se sapessero esattamente dove portare chi li indossava. Una lieve salita piastrellata con tasselli di mattone rosso percorreva in cerchio le mura marmoree di un piccolo parco, costruito su un’altura artificiale, nel mezzo del quale si stagliava lo scheletro di un gazebo, immobile come un albero, come se quella struttura fosse sempre stata lì, una millenaria scultura di qualche antica mano. Sotto di esso, un tavolo con le gambe in ferro e la piana di marmo portava le scritte e le storie di centinaia di ragazzi, che nel tempo lo avevano usato per incidere i loro pensieri, con coltellini, matite, pennarelli, vernice, pennelli. Man mano che l’uomo percorreva la salita, sempre di più alla sua destra appariva il parco, fino a che non si presentò dinanzi a lui un cancello a sbarre, arrugginito e cigolante, ma era chiuso, serrato da un lucchetto vecchio, rovinato e ormai fragile. Un tempo, al ragazzo sarebbe bastato mollare un calcio al marchingegno di sicurezza per sfondarlo, ma ora temeva quell’azione impudente. Pensò di scavalcare il cancello, ma anche quell’atto pareva ai suoi occhi di adulto azzardato e irresponsabile: si sarebbe potuto rompere la testa cadendo. Si rese conto solo in quel momento di essere un uomo e non un ragazzo.

“solo una decina di anni fa avresti sfondato questa cancellata con un calcio possente” disse una voce femminile proveniente dall’interno, ben nascosta nell’oscurità.

“la voce suadente da cantante proveniva dal fogliame tenebroso, e pareva impaurita dall’empio uomo che era giunto alle soglie del suo dominio” raccontò l’uomo, come se quel momento fosse in realtà una storia. Lo fece per provare che era degno di entrare.

“mediocre, ma probabilmente lo dico perché sono atrocemente arrabbiata con te” rispose indispettita.

Il cancello si spalancò. Quando l’uomo entrò nel parco, ricolmo di bei fiori e piante aggraziate, ma avvolte da una innaturale nebbia bianca, trovò la ragazza seduta al tavolo, dove molti anni fa lui stesso scrisse “ieri tutti i miei guai parevano così lontani” citando i Beatles. Non aveva vestiti, era nuda, e la pelle color mogano se prima era nascosta, abbracciata dalle tenebre, pareva invece dorata, quando dalle dita lunghe, da pianista, di lei fuoriuscì una fiamma ardente. Due eleganti ali nere erano chiuse sulla sinuosa schiena. Sembrava giovane, una ragazza nel fiore degli anni, nell’età dei sogni di avventure, dei tumulti amorosi e del desiderio più impetuoso.

“dove guardano i tuoi occhi?” gli domandò.

“ti vedono”

“cosa vedono di me?”

“le tue ali, chiuse”

“ricordi cosa dissi al libro, dopo avermi vista la prima volta?”

“no”

A quella risposta, la splendida fanciulla fece apparire dalla fiamma una pagina, come se stesse bruciando a ritroso nel tempo, e dalle fiamme e dalle ceneri stesse rinascendo una fenice di carta e parole.

“è apparsa ai miei occhi amari, che bramavano bellezza, la più splendida delle fanciulle” leggeva, facendo muovere le labbra carnose, con voce sognante “non aveva alcun lembo addosso, solo la sua pelle ambrata, e un ricamo di dolci parole sulle labbra. Era seduta, e teneva le gambe da danzatrice accavallate. Io, nel mio desiderio carnale, cercai le mie fantasie mordendomi le labbra, le cercai fra quelle cosce, ma le trovai chiuse al mio passaggio” l’uomo era imbarazzato, non ricordava di aver dedicato quelle frasi a lei, che ora le leggeva ad alta voce “non potendo vedere oltre, alzai leggermente lo sguardo, e cerca in mezzo a quel ventre lucido di sudore, che si alzava e s’abbassava col respiro come onde del mare serale, il suo ombelico, piccolo bottone che avrei tanto voluto pigiare fino in fondo con un dito, sentendo bene la pelle umida sotto il polpastrello” adesso l’uomo si rese conto che stava inconsciamente cercando gli stessi particolari: era il primo passo, e si sentì sollevato di averlo fatto “quando fui soddisfatto, percorsi poi la stradicciola ‘dell’Alba’ fino ai monti dorati, che terminavano non con la neve, ma con inturgidimenti color cacao. I suoi seni erano armonici e sodi come uova bollite, e solo queste pagine mi sono testimoni di quanto bollente fosse il mio pube in quel momento” questi dettagli fecero arrossire il volto dell’uomo, che pian piano ricordava “infine, quando ebbi viaggiato sulle sue cosce, quando fui sceso nel suo ombelico, ed ebbi scalato i suoi seni, finalmente giunsi al viso, senza dubbio dono di un sogno ai miei occhi, e questa carta che ora sto bagnando di inchiostro forse prenderà fuoco come s’infiammò il cuore mio cocente” concluse la ragazza.

“questo ciò che mi scrivevi più di dieci anni fa, con la passione di un ragazzino. Io ti affidai allora il compito più importante della tua vita, ed ora vieni da me implorando di aiutarti a portarlo a termine”

“non ne sono stato capace”

“lo eri, invece, o non ti avrei affidato quella missione!” iniziò ad irritarsi.

“ti ho perduta!”

“non l’hai perduta!” s’intromise la gracchiante voce del libro dalla bisaccia “l’hai solo dimenticata!”

“e ora devi ricordare” riprese il discorso la ragazza alata, stendendo un poco le ali piumate, e moderando i toni.

“come?” chiese allora l’uomo.

“ritrovami laddove mi hai abbandonata”

“ma questo significa diventare parte di Keras! Parte del libro!” esclamò.

“tornerai ad essere un ragazzo nell’aspetto e nella mente, ma il cuore non posso cambiarlo. Quello dovrai ritrovarlo da solo, e ti attenderà alla fine del tuo viaggio, insieme alle ali della ragazza”

“ragazza?”

“prima di diventare parte di Keras dovrai entrare nel sogno di Saoirse, una ragazza alla quale donerò le Ali, e convincerla a venire qui domani notte” spiegò, mentre l’uomo ascoltava “e poi la condurrai con te nel tuo viaggio, alla fine del quale l’uno avrà il suo premio, l’altra le Ali”

L’uomo era riluttante all’idea di dover accompagnare una ragazzina, ma aveva già recato troppe delusioni, così accettò, fingendo di buon grado nonostante sapesse benissimo che Lei avrebbe smascherato il suo inganno con un solo sguardo. Certa che non l’avrebbe più delusa, raccolse da terra una cinta di cuoio sulla cui superficie erano intagliati interi racconti. Si dice che, continuando a scorrere la cinta tra le mani, si possano trovare sempre nuovi intagli, finché la storia non finisce. A questa era legata una spada, rinfoderata in una guaina percorsa da scritte in greco antico che brillavano di una luce azzurra. L’elsa era costituita da una manica, pensata per essere impugnata da una sola mano, e vedeva una guardia cruciforme che imitava la forma delle ali, bianche come l’avorio, mentre il pomolo raffigurava un occhio la cui iride era un’ametista al cui interno era incastonata una pupilla di biotite nera come la notte. Quella spada portava il nome della donna che la brandiva: Oneiron. Ella sguainò la spada, menò un fendente che creò uno squarcio sospeso nel nulla, da quale fuggiva una luce infuocata.

Sapevo esattamente cosa dovevo fare: ordinai a Keras di tornare al sicuro nella tasca interna del mio cappotto, e quando fui certo che il libro fosse al sicuro, saltai nella voragine incandescente.

ANGOLO DEGLI AUTORI:
Per chi avesse già iniziato a leggere Keras, si sarà accorto che abbiamo praticamente ricominciato da capo. Ebbene sì, la trama è stata modificata profondamente, ma non ha perso nulla del suo fascino, anzi! Vi invitiamo ad accompagnarci in questa sorprendente avventura in compagnia di Keras, lo scorbutico libro parlante, Saoirse, che andremo a conoscere nel prossimo capitolo, Oneiron, la donna alata, e il nostro protagonista senza nome, al quale ne verrà affibbiato uno molto presto. 
Buona lettura, e buona viaggio! ;-) _ La Setta

 
  
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