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Autore: Shinkocchi_    12/05/2014    1 recensioni
Hai tredici anni quando ti prendi la tua prima cotta.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Celia/Haruna, Kariya Masaki, Kirino Ranmaru, Minamisawa Atsushi, Taiyou Anemiya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perchè non ho la benchè più pallida idea di cosa io abbia scritto...
(sono molto confusa quindi faccio la transgry e non scrivo le note addio)














 
Time follows only one rule
(and it’s your name)
                       
 


 
Hai tredici anni quando ti prendi la tua prima cotta. Ammetti che non te lo aspettavi, probabilmente perché, con la bassa fiducia che riservi nei confronti del genere umano, l'ultimo dei tuoi problemi é imbatterti in qualcuno che "non ti dispiaccia" (un eufemismo é meno diretto, vero?) e ai tuoi occhi "non sia così male". Eppure il primo incontro con Kirino non é dei migliori e ancora peggio, se possibile, é lo svilupparsi del vostro rapporto nei primi tempi. Quel ragazzo ti urta davvero, a partire dal suo modo di impegnarsi per la squadra fino ad arrivare al suo inutile e seccante fare moralismi sul tuo modo di comportarti. Il modo in cui tu agisci non lo deve riguardare, ti ripeti; strano come troppo tardi ti accorgi con orrore che vorresti se ne interessasse di più. Sempre tredici anni hai inoltre quando giochi la prima partita con la Raimon contro la Gassan Kunimitsu. Ironico nuovamente come per te non abbia avuto significato, a quel tempo.
 
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Hai quattordici anni quando i tuoi senpai si diplomano, e questo include anche Kirino. Potresti far finta di non darci peso, dire che, ah!, in effetti non l'avevi realizzato, ma sarebbe troppo bugiardo con te stesso persino da parte tua: hai passato mesi a scacciare il pensiero, convincerti non ti importasse, e a guardare Tenma e gli altri congratularsi con loro mentre stringono il diploma in mano ti chiedi cosa ci sia da essere tanto felici. Te lo chiedi sopratutto mentre guardi Tsurugi, troppo perso ad osservare Shindou per accorgersi della tua attenzione nei suoi confronti.
Sei tu poi a tua volta ad accorgerti troppo tardi di Kirino, quando ti si avvicina sotto una poetica cascata di petali di ciliegio per rimproverarti come al suo solito perché, cosa diavolo ci fai lì in disparte, invece di unirti a loro? Non hai molta voglia di festeggiare, vorresti replicare, sbuffando, ma il tuo senpai ti precede, mette su un mezzo sorriso di chi la sa lunga e ti scompiglia i capelli dicendoti che gli mancherai, nonostante tu sia una calamità per lui. Ed é un momento, un rapido battito di palpebre quello che intercorre tra l'imbarazzo che segue al contatto corporeo con la persona che ti piace e l'ammutolire completamente di fronte alle parole dello stesso individuo. Peggio ancora delle sue parole però é l'espressione che Kirino assume poco dopo, e tu impieghi qualche secondo per accorgerti di star piangendo, lacrimando come uno stupido ragazzino, e fai solo in tempo a ridere piano di te stesso, cercando di porre un freno all'orlo delle tue emozioni ormai esondate, che lui preme maggiormente la mano sul tuo capo per abbassarlo, forse in un tentativo goffo di fingere di non vedere mentre scorgi oltre la vista appannata il suo sorriso farsi meno sereno di prima. In verità, ti trovi a pensare che Kirino sappia benissimo quello che provi per lui, chissà da quanto, e non sai se quella consapevolezza ti umili o rassicuri di più. Ti limiti quindi a soffocare un "anche tu, senpai", sperando l'altro non ti abbia sentito. A giudicare dal fremito lieve della sua mano, tuttavia, giureresti il contrario.
 
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Hai diciassette anni quando una mattina di inizio febbraio ti perdi per Tokyo. Pur considerando il tuo amore per le condizioni climatiche avverse, trovarti zuppo fino al midollo riparato sotto una tettoia nel centro non é il massimo, sopratutto considerando che sei rimasto bloccato lì, dato che per allerta meteorologica é stata chiusa la stazione. A posteriori, atteggiandoti all'uomo vissuto che non sei, fra tutte le giornate della tua vita probabilmente questa é quella che più benedici e maledici al contempo, pur senza possedere alcuna attitudine religiosa.
Potrebbe sembrare ironico, poi, quanto sia piccolo il mondo quando nell'irritazione generale del momento ti ritrovi a battibeccare in maniera davvero idiota con un ragazzo spocchioso che si trova a passare di lì (e che deve necessariamente rivedere le proprie priorità se considera figo il suo ombrello), per poi scoprire si tratta dello stesso Minamisawa contro cui avevi giocato subito dopo il tuo debutto alla Raimon. Una fortunata coincidenza, seppur non richiesta, dato che é proprio quella coincidenza a offrirti un riparo e posto per dormire quella notte, e, non sai esattamente come, fra bisticci, frecciatine e situazioni fra le più varie, ti trovi a interagire con questo tuo senpai più di quanto non avresti mai immaginato. Dopo mesi di conoscenza e sempre più assidua frequentazione (distanza permettendo), ti pare poi normale, a dispetto di tutto, quando a conclusione del liceo e di quei dannatissimi esami ti trasferisci a Tokyo per frequentare la facoltà universitaria (nonostante i piagnistei di Hiroto, che non pensavi davvero sarebbe arrivato a tirarti per i piedi, attaccato alla porta di casa), e la prima persona a cui ti viene in mente di rivolgerti é Atsushi (beh, non che tu abbia molte conoscenze a prescindere nella capitale).
È una convivenza che comincia in maniera difficoltosa, causa differenza degli orari, diversità di abitudini, conflittualità reciproca dei caratteri, ma nonostante tutto ti ritrovi a pensare sia divertente passare del tempo insieme: Atsushi é al momento la persona per te più simile ad un amico, e la più distante dall'esserlo che tu abbia, quindi non sai bene come definirlo. Decidi di non farti problemi inutili e limitarti solo a un "Atsushi senpai", perché é la prima cosa che ti venga in mente a questa domanda ("Atsushi senpai é Atsushi senpai, stupido, egocentrico e supponente come solo un Atsushi senpai può esserlo"). Quel senpai un po' nostalgico ti ricorda Kirino, ma preferisci far finta di non accorgertene al momento.
 
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Hai diciotto anni quando realizzi di esserti preso una cotta madornale per il tuo coinquilino. Non provi lo stesso orrore dei tuoi tredici anni alla constatazione, è più una sensazione di rassegnazione, un "ah, lo sapevo sarebbe andata a finire così", nonostante tu non ne conosca la ragione. Atsushi in fondo é bello (ma non lo ammetteresti mai), è carismatico, ti fa stare davvero bene, pur considerando la sua miriade di difetti, quindi non fatichi a capire il perché di questa stupida infatuazione, e la accetti relativamente con filosofia, sereno, perché prima o poi passerà, ti dici. Come sberleffo al tuo pudore e dignità arriva anche quel giorno dei tuoi diciotto anni in cui ti tocchi per la prima volta pensando a lui. Ti rendi conto benissimo da solo che non è il modo migliore per far passare una cotta, quello, ma non ti importa particolarmente, perché é "solo una volta", non é poi così grave. Non é comunque la prima volta che lo fai, o almeno, non la prima che ci provi: alle scuole medie con Kirino era stato lo stesso, semplicemente, ancora troppo immaturo eri stato sopraffatto dalla vergogna e avevi lasciato la cosa a metà. Nel profondo, una parte di te si sente colpevole come quel giorno di diversi anni prima quando vieni chiamando il nome di Atsushi con una smorfia a occhi chiusi in volto, steso di fianco sul tuo letto, ma hai la mente troppo offuscata e il respiro eccessivamente pesante per formulare pensieri coerenti. È stato bello, eppure, con le guance ancora arrossate e una piacevole sensazione che ti formicola il basso ventre, non puoi fare a meno di sentirti un po' in colpa.
 
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Hai diciannove anni quando dai il tuo primo bacio, ed é nello stesso momento che capisci di essere nella più assoluta merda. Sei a casa di Shindou, non sai nemmeno come ci sei finito, considerando che ricordi chiaramente di aver rifiutato l'invito del senpai per studiare per un esame. Ti ci giochi che é stato Atsushi, ne sei sicuro quasi al cento per cento, e sottolinei quel "quasi" perché hai bevuto un bicchiere e mezzo di birra, e chiunque ti conosca abbastanza bene da averti mai portato a fare una bevuta sa perfettamente che la tua resistenza a qualsiasi tipo di alcolico é quanto quella di Tenma di fronte a un pallone da calcio: nulla. Sta di fatto che quando Hamano tira fuori la malsana idea del gioco della bottiglia hai voglia di imprecare, sopratutto considerando che quasi tutti (quei tutti che devono evidentemente aver alzato il gomito) acconsentono. E la sorte é stronza, lo sostengono decine e decine di opere letterarie e vicende nel corso della storia, ma non ti rendi conto di quanto questo significhi finché, intento a eclissarti con Kurama in un angolino, senti l'improvvisa attenzione di tutti puntata su di te, e sai che non puoi fuggire in cucina e nasconderti, questa volta, perché in questa casa (solo casa, davvero? Non reggia?) non hai ancora capito come orientarti.
Per questo cerchi di protestare inutilmente quando Tenma e Hikaru ti afferrano e trascinano verso il centro, sempre più vicino al dannato becco di bottiglia che ti ha cacciato in quella situazione, e sbiancando desideri sparire quando ti rendi conto che ad averla fatta girare é stato proprio quel Minamisawa per cui stai cercando di farti passare una cotta; così tiri qualche calcio, ti dimeni mentre gli altri ridono alticci e Aoi ridacchiando ti scorta contro la tua volontà davanti al senpai, che ti guarda con divertito interesse. Forse, considerando gli standard della tua generazione, tu sei un po' in ritardo rispetto alla media dei tuoi coetanei, ma la cosa non ti ha mai umiliato tanto fino al momento in cui Atsushi prende il tuo viso a coppa fra le mani e lo avvicina al suo, sussurrandovi a un soffio qualcosa che suona terribilmente come un "prometto che sarò gentile" prima di premere le labbra sulle tue con un gesto fluido, che ti pare così dannatamente perfetto da togliere il respiro. Esplode un coro di fischi e mentre il tuo cuore batte talmente forte da minacciare di portarti a un collasso, ti rendi conto che è la prima volta nella tua vita che ti senti così bene, completo, come se nulla al mondo importasse eccetto quel singolo momento.
Non é il semplice "avere le farfalle nello stomaco" della tua adolescenza, né l'essere percorso di continuo da scosse elettriche dell'ultimo periodo: é più subire entrambi combinati insieme con l'aggiunta di una picconata in testa e un infarto istantaneo. Non capisci se sia la cosa più bella o distruttiva tu abbia mai provato, ma nonostante il gusto acre della vodka che ti nausea vorresti non staccarti più dalle sue labbra.
 
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Hai vent'anni quando girando per le vie di Tokyo sorprendi Atsushi in compagnia di Otonashi Haruna. Non che non fossi a conoscenza dell'interesse del tuo coinquilino nei suoi confronti, ma da lì ad avere un appuntamento (o forse è solo un incontro casuale?) la differenza é abissale. In vero non avresti mai pensato quella situazione fosse un pericolo concreto (pericolo? Ma non doveva essere solo una cotta passeggera?). Ti infastidisce sopratutto il modo in cui la guarda, ragioni mente li osservi da lontano, concentrato in maniera quasi imbarazzante sull'espressione raggiante sul viso del tuo senpai. Non hai mai rivolto quello sguardo, a te, e la cosa ti fa provare una fitta fastidiosa di gelosia alla bocca dello stomaco che non fa che peggiorare quando lei incrocia il suo sguardo e ricambia: sembrano così belli insieme che ti senti in colpa anche solo a osservarli, quindi ti stringi nel petto e te ne vai.
Quando poi Atsushi ti confessa che lui e Haruna stanno insieme stai guardando "Inception", e rimpiangi di non aver scelto un film più allegro quella sera. Ha l'espressione imbarazzata, lui, e la mano intenta a grattare la guancia: non ne sei sorpreso, te l'aspettavi. Questo non vuol dire sia più facile.
Fa male, semplicemente non nel modo in cui pensavi lo avrebbe fatto: non c'é nessuna pugnalata al petto, alcuna ferita che sanguina. È più come soffocare, come una lenta, lunga agonia senza fine; sta nell'avere un peso che preme forte sul tuo petto e ti far venire voglia di vomitare. É come se stessi annegando senza acqua, e rifletti, così é ancora più crudele perché non hai modo di risalire in superficie.
Ma non intendi lasciarti andare così, almeno non apertamente: hai un orgoglio da mantenere e una testardaggine da supportare. Quindi piangerai dopo contro la porta del bagno, stringendo le ginocchia al petto e con le lacrime che bruciano sulle guance, nel tentativo di sciogliere il groppo alla gola e imprecare contro il mondo perché fa schifo, è ingiusto, perché, perché sempre a te?
Ti costringi dunque a stirare un sorriso mentre ti stringi al cuscino e un "sono felice per te" si fa strada dalle tue labbra. Ti accorgi che non sei capace a essere sarcastico quando soffri, curioso allora come ti sembri pieno di sarcasmo quel pensiero che ti rimbomba nella testa e sembra urlare "Ehi, mi sono innamorato di te! Mi riesci a vedere?"
 
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Hai ventidue anni quando assisti indirettamente alla prima, vera litigata di Atsushi e Haruna. Da una parte non puoi che esserne felice, perché é la tua occasione per rivendicare i tuoi diritti (quali diritti, Masaki?), per fargli capire che non ha bisogno di lei per essere felice perché ha te; dall'altra soffri, soffri perché Atsushi soffre (e ti senti partecipe del suo dolore perché tieni a lui), e soffri perché non sei tu la persona per la quale soffre, perché sei solo un osservatore passivo in questa vicenda. Eppure, continui a ripeterti che se ci fossi tu al suo fianco non permetteresti che nulla lo riduca così, pur sapendo quanto un'affermazione del genere sia bugiarda, dal momento stesso che invidi Haruna proprio per la sua attuale posizione.
Sei contraddittorio, non pensi? Come puoi pretendere di venir capito se non ti capisci tu per primo? Dopo la tranvata presa con Kirino, ti eri persino ripromesso di non fare cose stupide: forse avresti dovuto pensarci quando hai accettato il suo invito a casa il giorno in cui l'hai incontrato.
Tutto quello che sai é che, offrirgli una spalla su cui piangere e una maratona notturna di film horror ti sembra la cosa giusta da fare al momento. Rimpiangerai qualcosa in ogni caso, quindi tanto vale fare la cosa giusta: avere la percezione di soffrire per ciò che altruisticamente è bene per chi ami ti giustifica egoisticamente a crogiolarti in un senso di vittimismo travestito da eroismo. Nemmeno questo é molto coerente a ben vedere, ma ti solleva sapere di essere coerente almeno nella tua stessa incoerenza.
 
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Hai venticinque anni quando, per la prima volta nella tua vita, ti ritrovi davvero a voler morire. Lo sai che é egoista, é spregevole (perché sei suo amico, te lo ricordi, Masaki?), ma quando Atsushi ti annuncia che a breve lui e Haruna convoglieranno a nozze non riesci a essere felice davvero. Hai la fetta di torta che il senpai ti ha gentilmente offerto al bar ancora integra nel piatto e quello ti sorride in quel modo raggiante che mostra raramente (che annulla le tue difese), raccontandoti di come gliel'abbia chiesto, di come lei sia arrossita coprendosi il viso con le mani, accettando, stretta fra le sue braccia. Ti accorgi che non hai più tanta fame, a quel punto.
Dovevi aspettartelo, lo sai perfettamente anche tu, ma ormai l'hai capito anche da solo: finché la realtà non ti schiaccia, rimane sempre un po' di aspettativa, un rimasuglio di masochistica speranza da covare in fondo al cuore per quanto si cerchi di nasconderlo. Ti rendi conto perfettamente da solo che quello sposarsi significa molto di più che un unirsi in matrimonio: vuol dire che uno dei due presto o tardi dovrà lasciare quel loro appartamento in comune. Forse tanto vale lasciarti alle spalle anche quel "senpai" a cui sei tanto attaccato. Sembrerà più facile poi porre un confine fra di voi.
"Voglio renderla la donna più felice del mondo", ti dice ad un tratto, e tu non dubiti lo farà davvero. Come potrebbe d'altronde Haruna non esserlo, se è al suo fianco?
Il giorno delle nozze non hai poi molta voglia di sgusciare dal letto. Affondi la testa nel cuscino, stretto fra le coperte stropicciate (non hai dormito particolarmente bene quella notte), e la sola idea di mettere un piede fuori da lì ti pare un delitto contro la persona.
É una splendida mattina di maggio, scopri scostando le tende e coprendoti gli occhi con una mano, e questo non contribuisce a migliore il tuo umore, incline a trovare tranquillità maggiormente nelle giornate plumbee e piovose (forse é un segno che ci sia il sole e non piova, come il giorno in cui l'hai incontrato per la prima volta). Mentre poi ti strascichi in cucina a fatica ti senti più morto che vivo, e non hai nemmeno la forza di controbattere quando becchi Hiroto che esce dal bagno e ti fissa contrariato (sembra davvero di pessimo umore da quando ha appreso delle imminenti nozze), sentenziando un “la tua faccia, è inguardabile”; non fai comunque molta strada, ti accasci a peso morto sul divano prima di poter toccare un singolo biscotto in cucina: non che tu abbia fame, in vero (e questo ti ricorda Atsushi che ride e ti chiede come farai senza di lui, di cosa ti nutrirai in sua assenza, considerando la tua totale incapacità ai fornelli). Midorikawa ti da un buongiorno più gentile del solito, a cui tu rispondi con un debole borbottio indistinto.
Magari se resti lì, se ti lasci annegare fra quei cuscini, Atsushi si chiederà che fine hai fatto. Forse mollerà Haruna all'altare e lascerà tutto e tutti per venire da te, a bussare a quella porta e chiederti come mai non c'eri, perché non l'hai avvisato, forse ti abbraccerà stretto dicendo "mi hai fatto preoccupare, Bakariya". Forse dovresti farlo davvero, anche perché sei stanco, trovi davvero inconcepibile l'idea di renderti presentabile (chissà che occhiaie avrai) e comportarti in maniera sociale con altri. Però non puoi, vero? Nonostante tutto non puoi. Oggi é l'ultima volta, l'ultimo giorno in cui svegliandoti potrai pensare che Atsushi non é ancora così lontano da te, che se ci provi allora le cose cambieranno davvero; che un giorno su quell'altare con lui ci sarai tu (e sarai lì di fronte a lui, non alle sue spalle, non come testimone destinato a guardare senza poter far altro, a toccare la loro felicità più vicino di chiunque altro).
Ma in fondo lo sai, vero, che sarebbe solo rimandare? Che, anche se a quel punto non ti importa tanto di deluderlo, scappare sarebbe solo rimanere in bilico per un altro po' in attesa di sbilanciarsi in caduta libera e sprofondare, senza nessuno che sia pronto a riportarti a galla davvero? Certo che lo sai, e a pensarci ora rimpiangi come poche cose al mondo di non avergli mai detto cosa provi (é ciò che giustamente ti spetta per essere un codardo), perché la distanza fra voi é ormai troppa.
Forse a ben pensarci questo processo ha avuto inizio molto tempo prima di stamattina, sei semplicemente tu che non te ne sei accorto.
 
 
"Ehi, mi sono innamorato di te! Mi riesci a vedere?"
 
 
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Hai ventisei anni quando cominci ad andare effettivamente avanti. Ora che Atsushi é partito per gli Stati Uniti a causa del lavoro di sua moglie (moglie, non più Haruna, ora è moglie; Minamisawa Haruna, moglie di Atsushi), le cose sono un po' più facili. Non hai lasciato il vostro appartamento, quello ancora no (hai bisogno di tempo), perché continua a conservare il suo odore, perché quando la sera accendi l'abat-jour e guardi qualche film alla televisione una parte di te spera ancora di vedere la porta aprirsi e il tuo coinquilino entrare, lamentandosi dell'odore di bruciato che si spande dalla cucina.
É Tenma che ti trascina fuori di casa la maggior parte delle volte, e gli sei grato per questo, perché nonostante tu non lo dica apertamente, la compagnia degli altri non é poi così male. Ed é proprio durante le varie uscite che ti trovi dopo tanto tempo a parlare con Amemiya Taiyou, che ora, in proporzione, é diventato ancora più alto di te di quanto non lo fosse prima. Sta bene adesso, ti dice; certamente avrà sempre una salute più cagionevole rispetto agli altri, ma sta bene, é vivo e può giocare: questo gli basta.
Tu lo ammiri per questo, perché inconsciamente ti trovi a pensare debba avere davvero una grande forza di volontà per essere riuscito ad arrivare dove é ora; forse un po' lo invidi, addirittura, e te ne vergogni, ma é così e vorresti avere tu il suo coraggio, perché magari smettere di fuggire ti avrebbe condotto da un'altra parte a quest'ora. Sussulti quindi quando Taiyou ti dice che é divertente come dall'ultima volta che vi siete visti l'espressione corrucciata sul tuo viso si sia accentuata e ride, chiedendoti se dormi abbastanza la notte e mangi correttamente. Tu arricci il naso, offeso, rispondi che dormi e mangi a sufficienza, solo non é colpa tua se l'arte della cucina non ti é propria.
Quando poi un giorno ti invita a mangiare a casa sua accetti, seppur facendo cadere la tua disponibilità dall'alto, come se lo facessi perché "se sei contento per così poco...", allora puoi farlo, é da tanto in fondo che non ti lasci andare.
Le uscite insieme vengono poi per associazione di cose, nasce spontaneo girare in sua compagnia e passare tempo insieme, parlare del più e del meno come fosse naturale, giusto. Per questo non ti sorprendi neanche più di tanto il pomeriggio in cui, seduti sotto un gazebo nel parco di Tokyo (non conoscevi l'esistenza di quel posto prima che ti ci portasse) Taiyou ti bacia. Sei intento a osservare con finto interesse i piccoli cerchi concentrici che la punta del tuo piede crea a contatto con sulla superficie appena increspata del laghetto, e quel contatto ti sembra talmente naturale da risultare quasi banale nella sua complessità. Non rispondi a parole quando vi separate (d'altra parte non sapresti nemmeno cosa), limitandoti a ricambiare il suo gesto con un bacio leggero sulla guancia, occhi negli occhi, mentre ti stringe la mano. Per un momento persino ti scordi di quanto siano indolenzite le dita dei tuoi piedi.
 
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Hai ventisette anni alla tua prima volta. Ammetti che, fra tutte le persone difficilmente ti saresti aspettato sarebbe stata con Taiyou, ma non é che la cosa importi tanto ora che siete così stretti, vicini, intimi; di certo ha fatto male, é stato strano in certo senso, ma pur non avendo alcuna esperienza pregressa da usare come confronto, sei abbastanza sicuro sia stata una prima volta gentile (e impacciata, oh sì). Così, quando "il tuo ragazzo" ti abbraccia forte la mattina seguente senza lasciarti nemmeno il tempo di svegliarti decentemente non te la riesci a prendere, e ti limiti a sbuffare contro la federa del cuscino, avvampando vergognosamente al bacio leggero che ti lascia sul collo scoperto; e sei felice, lo sei come da tanto tempo non ricordi di esserlo stato mentre ridi senza imbarazzo alle sue affermazioni sulla notte appena trascorsa agitandoti fra le lenzuola; sei sereno.
Puoi farcela, pian piano la ferita si sta rimarginando. Poi Taiyou ti bacia sul naso e ti chiede di andare a convivere insieme; non è ancora iniziato l'inverno quando finalmente decidi di lasciare l'appartamento che hai condiviso con Atsushi per anni.
 
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Hai trentadue anni quando incontri Atsushi dopo sette anni di lontananza. Non che non vi siate tenuti in contatto sporadicamente, ma vedere e saggiare dal vivo é diverso dall'immaginare tramite una voce oltre il telefono, dalla calligrafia impressa su carta da lettere ingiallita. Noti che non é cambiato molto da quando vi siete salutati (certo, sembra più maturo, più adulto, ma è naturale), e non sai se la cosa ti contrari o rassicuri.
Il modo in cui vi incontrate tuttavia é forse anche più sconvolgente: non ti aspettavi certo che la bambina persa nel parco (quella a cui hai offerto un ghiacciolo per farla smettere di piangere, a cui hai deciso di dare una mano a ritrovare la strada di casa) fosse sua figlia. Si chiama Kyoko, ti dice carezzandole i mossi e scuri capelli violetti con un sorriso che non ricordi di avergli mai visto in volto, e ha quattro anni. É davvero bella, tutta i suoi genitori, e un po' ti stupisci quando ti senti genuinamente felice per lui.
Poi Atsushi tira fuori un sorriso mesto, preme il capo della bambina contro il suo fianco e la voce gli si rompe appena: "Haruna é morta", mormora solo evitando accuratamente il suo sguardo, e Masaki non riesce a comprendere esattamente da dove derivi quel lancinante senso di colpa che gli stringe lo stomaco.
É stata una complicazione durante il parto, non c'é stato molto da fare; mentre parla Minamisawa ha gli occhi fissi fuori dalla finestra, si regge la guancia con una mano e con l'altra gira il caffè sul tavolino. Sembra stranamente a suo agio, il ché fa supporre a Masaki che non sia la prima volta che debba intrattenere una conversazione del genere (Kido, forse? Eppure non deve essere mai facile). Rimani in silenzio, incerto su cosa sia indicato dire in una situazione del genere, mentre Kyoko gioca con la sua fetta di torta: ti ricorda un po' il giorno in cui Atsushi ti disse che stava per sposarsi, nonostante il bar in questione sia diverso (quello ha chiuso ormai da diversi anni: le cosa cambiano).
Scopri poi che passare del tempo in sua compagnia é più piacevole di quanto non ricordassi, e l'idea di poterlo aiutare ti é cara più di ogni altra al momento: perdere la persona che si ama fa male, non importa quanto tempo passi, la ferita non si cicatrizza mai del tutto. Per questo vuoi essere un buon amico, un appiglio, se necessario, perché il dolore che hai provato in quel periodo non lo augureresti nemmeno al tuo peggior nemico.
Riprendere le vecchie abitudini é poi più semplice del previsto, nonostante la presenza di Kyoko; senza farlo apposta ti affezioni anche a lei come a un membro di famiglia, non ti chiedi nemmeno il perché: ti basta sentirti chiamare "zietto Masaki" perché tu abbia voglia di abbracciarla. Taiyou ti accusa di essere un tenerone (ride, e tu avvampi), perché non puoi negarlo così facilmente.
É una sera di giugno quando Atsushi ti invita a mangiare a casa loro, e tu accetti volentieri perché non ti sei reso conto di quanto ciò ti mancasse fino al momento in cui non l'hai provato di nuovo. Kyoko sta guardando un film alla televisione mentre voi due siete intenti a cucinare (ti prende ancora in giro come sette anni prima, questo almeno non é cambiato), e Atsushi ride mentre ti confessa che preparare la cena assieme a te é sempre stata una delle cose che preferiva della vostra convivenza.
"Ero del tutto innamorato della tua maestria nel girare le frittate", confessa con aria palesemente serafica, "Io invece ero innamorato di te", rispondi e lo guardi con un sorriso forzato mentre Atsushi non fiata, nè distoglie lo sguardo (come potrebbe d'altronde?).
Ora che l'hai detto non sembra più così spaventoso.
 
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Hai trentatre anni quando tu e Taiyou decidete di rompere. É una decisione di comune accordo, nessuno di voi ha avanzato pretese sull'altro, semplicemente avete capito che ciascuno dei due deve percorrere la propria strada per conto suo: per voi non c'é posto, non come coppia perlomeno.
Rimarrà comunque sempre una delle persone per te più care, anche quando a stringere la sua mano sarà qualcun'altro (Aoi, quasi non esiti a scommettere sarà così, perché te l'ha detto Tenma quando eravate alle scuole medie, e Tenma in qualche modo che non comprendi indovina sempre).
Il primo grande amore in fondo non si scorda mai, nonostante possa essere difficile da accettare: é come scavare e scoprire che sotto la cenere arde ancora una fiammella silente, e che per quanto piccola essa non ha intenzione di spegnersi; basta poco poi perché torni a divampare. Te ne sei reso conto nel momento in cui hai visto Atsushi piangere davanti ai tuoi occhi, e, colto alla sprovvista non hai saputo che fare. Ha i pugni stretti, seduto sul divano mentre stai in piedi di fronte a lui, e poggia il capo chino contro il tuo ventre, dicendoti quanto lei gli manchi: oggi é il compleanno di Haruna, lo sarebbe stato (sarebbe). E non trovi altro da fare che trattenere il respiro mentre cerchi di soffocare le lacrime (come puoi sostenerlo se ti lasci andare anche tu?), premendo maggiormente il suo capo contro il tuo ventre con un gesto che ti ricorda quello di Kirino durante la cerimonia del diplomi.
Ti dispiace, ti dispiace davvero; quando mormori queste parole con tono rotto ad Atsushi non sai nemmeno tu per cosa ti stia scusando esattamente.
 
 
"Ehi, mi sono innamorato di te...
 
 
                                                                                   …Mi riesci a vedere?"
 
 




 
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Hai trentacinque anni quando Atsushi ti dice che ti ama per la prima volta. É una dichiarazione che non ti aspetti per nulla al mondo, un po' perché conosci il suo carattere (per quanto ancora ti sia incomprensibile a tratti), un po' perché semplicemente stai cercando di recuperare un libro da un alto scaffale della libreria. Non é una cosa che ti ispira particolarmente romanticismo o confessioni, quella.
Sei ritto in punta di piedi, imprecando perché, chi cazzo ha spostato tutti i volumi? E mentre sfiori lo spigolo del tomo e ti lecchi il labbro in atto di concentrazione senti la voce squillante dell’altro alle tue spalle e perdi l’equilibrio, cadendo rovinosamente e facendo cadere il libro con te (libro che, oh, ti finisce in testa; tu guarda il caso). Così cacci un bercio e quando dischiudi gli occhi umidi di lacrime lo vedi star inginocchiato al tuo fianco, mentre ti fissa divertito; e tu lo mandi a fan culo, perché non c’è nulla di divertente in un tomo di quattrocento pagine sulla scatola cranica, affatto. E lui ride ancora, tu avvampi, poi Atsushi parla, compiaciuto (“Dio, ti amo”), e tu non sei sicuro di aver recepito correttamente le sue parole (“Dio, ti amo”), e se anche così fosse, probabilmente quelle parole avrebbero un significato diverso da quello che intendi tu (“Dio, ti amo”). Vero?
Mentre lo fissi con una faccia che di intelligente deve avere ben poco, lui rimuove il libro aperto da sopra la tua testa e ti dispensa un sorriso che ti è familiare, ma che chissà per quale ragione non riesci a identificare al momento.
È però quando passa il dito sulla tua fronte (fra i tuoi capelli), osservando con meticolosa attenzione la chiazza rossastra che vi si è andata a formare che d’un tratto te lo ricordi (“Dio, ti amo”).
Poi con cura, sopra quella bugna, Atsushi posa un bacio leggero; hai quasi paura a quel punto ad affermare che quel sorriso sia lo stesso che rivolgeva ad Haruna anni fa.
 
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Hai appena compiuto trentasei anni quando Atsushi ti propone di andare a vivere assieme. Alla richiesta lo fissi qualche secondo stordito, come se una botta in testa te l’avessero data di nuovo, e impieghi un certo tempo a rispondere con quello che pare tanto un verso monosillabico confuso, facendo sbuffare di rassegnazione l’altro. Ci metti dunque poco a riprenderti, sbattendo un paio di volte le palpebre e fissandolo come se fosse stupido (perché, che razza di domanda è?), e gli rispondi che è ovvio che vuoi andare a vivere insieme (perché ami Atsushi, ami Kyoko; perché vuoi stare con loro), e lui ti cinge i fianchi e bacia piano sulle labbra, rispondendo che non ne aveva dubbi.
Gli pizzichi dunque il naso mentre ti allontani, e prendi il giornale per leggerlo in santa pace gettato sul divano (prima che l’altro te lo rubi come è solito fare con ogni rivista portata a casa, su cui pare voler avere il monopolio).
Sfogli le pagine con fare svogliato e sussulti impercettibilmente quando nella pagina degli annunci (quella che di solito salti sempre), scorgi un mucchietto schiacciato di righe sul fondo che attira la tua attenzione: è l’annuncio di un piccolo appartamento in affitto nel centro di Tokyo, il cui indirizzo e numero ti risultano nostalgicamente familiari.
Deve pensare lo stesso anche Atsushi, giunto alle tue spalle non sai quando, mentre si poggia con i gomiti sullo schienale del divano e ti scocca un bacio sulla nuca. Trovi sia un peccato quell’appartamentino sia troppo piccolo per tre persone, perché ai tuoi occhi è sempre parso perfetto sotto ogni punto di vista quando ci vivevate assieme.
Ma le cose cambiano in continuazione, giusto? Giusto. Sospiri in un sorriso, e ti risolvi a pensare che tuttavia non è detto sia sempre in peggio.
 
 



 
“Ehi, mi sono innamorato di te! Mi riesci a vedere?"
“Sì, ti vedo e sento forte e chiaro; però preferirei baciarti, se me lo consenti.”





 
  
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