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Autore: Kyra4    27/07/2008    3 recensioni
Si era tuffato per lei...ma perchè?
Genere: Generale, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Note di lithtys: questa ff è tradotta da lithtys col permesso dell'autrice.

UNANSWERED

By Kyra4

CAPITOLO 1

 

Si era tuffato per lei.

Questo pensiero l'avrebbe ossessionata per anni; nei suoi pensieri così come nei suoi sogni ad occhi aperti.

Notte dopo notte sarebbe balzata a sedere, ansimando, un profondo, affannoso respiro dopo l'altro, ricordandosi l'impatto con l'acqua ghiacciata che le si chiudeva sopra la testa, così fredda da colpirla come un pugno, facendole uscire bruscamente l'aria dai polmoni.

Quasi rubandole la vita.

Ma no - si era tuffato per lei. E non aveva un briciolo di dubbio che nel farlo, le aveva salvato la vita.

Si era tuffato per lei.

Ma PERCHE'?

 

-----------

 

Era metà febbraio. Il tempo della battaglia finale contro Voldemort, nei pressi della scuola di Magia e di Stregoneria di Hogwarts. Una lotta che continuava senza sosta da più di due giorni.

Hermione Granger, come la maggior parte dei combattenti di entrambe le parti, lottava ininterrottamente dall'inizio delle ostilità.

Era completamente stremata dalla fatica.

Era così che era finita col separarsi dai suoi compagni, ed era così che l'astuto McNair era riuscito finalmente a prenderla alla sprovvista e ad avere la meglio su di lei.

Barcollava letteralmente dalla stanchezza, mentre si faceva strada sopra e intorno alle dozzine di cadaveri che ingombravano le sponde del lago di Hogwarts; le girava la testa. Non aveva ben capito cosa la avesse colpita - era avvenuto in un attimo. Con un 'Accio!' le aveva preso la bacchetta prima che riuscisse a comprendere cosa stesse accadendo e un momento dopo, aveva ringhiato un rapido e frettoloso 'Incarcerous', avvolgendole le braccia con delle corde che erano immediatamente scaturite dall'estremità della sua bacchetta.

Poi, prima che riuscisse a rimettere in moto l'ingegno quel tanto da consentirle di gridare, le scagliò un 'Silencio'. Completamente disarmata, legata e vinta, non aveva alcuna speranza di colpirlo fisicamente o magicamente. Era totalmente e innegabilmente fottuta.

Un'ondata di cupo orrore le si riversò addosso quando le ruppe in due la bacchetta con aria indifferente e gettò via i frammenti, avanzando verso di lei e puntandole contro la sua. Non si illudeva di poter lasciare viva il campo di battaglia - era una ragazza pratica, dopo tutto - si sarebbe rassegnata all'idea di morire.

Ma Merlino, non così...non così...così...sola. Si guardò freneticamente intorno, ma non vedeva nulla che si muovesse nelle vicinanze eccetto che il suo futuro assassino. Era tutto avvolto in una densa, bassa, turbinante nebbia - il manufatto del contingente dei Dissennatori di Voldemort. Oscurava tutto eccetto che le immediate vicinanze, e attutiva tutti i suoni. Il gentile sciabordio del lago contro la piccola roccia sulla quale lei si trovava, lo scricchiolio dei passi di McNair sulla ghiaia ed il suo respiro affrettato e spaventato erano gli unici suoni che udiva.

Finché lui non parlò.

"Bene, bene, l'amica di Harry Potter", sogghignò malignamente, soffermandosi a sputare sul terreno ghiacciato intorno ai suoi piedi. "Cosa dovrei fare con te? Il nostro lord ci ha detto di non occuparci dei prigionieri, e tu non meriti di certo che sporchi la mia spada per te o che mi sprechi con una maledizione Senza Perdono", sputò di nuovo. "Schifosa piccola strega. Fammici pensare un momento".

Sapeva che stava scegliendo la morte più dolorosa e orrenda che la sua mente perversa riusciva a concepire - e questo le venne confermato poco dopo quando lo vide sorridere maliziosamente. Spostò lo sguardo verso l'acqua gelata dietro di lei, poi lo rivolse nuovamente su di lei.

"Che ne dici, Mezzosangue, di una nuotata?".

Agitò la bacchetta e lei barcollò - gettando un'occhiata in basso, e, con una paura che ormai sfiorava il panico, notò che due pesi, piccoli ma incredibilmente pesanti, le si erano attaccati ai polsi. Pensò che dov'essero pesare almeno trenta libbre ciascuno - e ce n'erano altri due alle caviglie. Tutti e quattro insieme raddoppiavano il suo peso.

"Chi lo sa?", disse McNair con un tono da conversazione, mentre lei sollevava gli occhi scuri e disperati sul suo volto, "forse i tuoi piccoli amici sopravviveranno abbastanza a lungo da riuscire a trovare i frammenti della tua bacchetta. Forse, non vedendo subito il tuo cadavere, gli verrà in mente di guardare nel lago. Forse ciò che troveranno laggiù sarà ciò che spezzerà il tuo prezioso Potter una volta per tutte. Puoi aiutare la nostra causa, piccola".

Fece un passo indietro. "E ora, Mezzosangue, hai sprecato a sufficienza il mio tempo. Addio".

E non preoccupandosi questa volta di usare la magia, la calciò in pieno stomaco con tutta la forza che possedeva.

Il dolore fu incredibile - reso ancora più forte dal fatto che la suola dei pesanti stivali di McNair era rinforzata da cunei, per aiutare chi li indossava ad avere più presa sul ghiaccio e sulla neve. E poi, si sentì cadere all'indietro, come voleva lui, e toccò l'acqua - acqua così fredda che sembrava bruciarla di un fuoco gelido - e poi stava affondando.

Lontano dalla luce - lontano dalla speranza - lontano dalla vita.

Arrivò velocemente sul fondale - il lago era poco profondo in quel punto, non più di dodici o quindici piedi. Poco più alto della piscina dei suoi genitori, nella quale aveva sgambettato e giocato fin da piccola - ma certamente abbastanza profondo per uccidere, se uno era legato e appesantito. Oh, si.

Fissò quanto a lungo poté l'aria ed il cielo sopra di lei. Vide la sagoma scura e gobba di McNair, che sbirciava in giù; non sapeva se riusciva a distinguerla nell'acqua buia. Poi si voltò e se ne andò.

Era di un freddo lacerante e dilaniante, l'acqua laggiù - ed i suoi polmoni era in fiamme. Aveva ancora pochi secondi. Si ricordò quello che McNair aveva detto a proposito della sua bacchetta, a proposito della possibilità che Harry e Ron la trovassero lì.

Fa che non mi trovino qui, pensava freneticamente; Non lasciare che io sia ciò che li spezzerà. Per favore, Dio, fa che non si pieghino. Lasciali combattere, lasciali vincere e poi lascia che mi ricordino, ma non lasciare che mi trovino così, mai...non così. E poi, mentre la luce sopra di lei andava svanendo, mentre la disperazione lasciava il posto alla rassegnazione, mentre il freddo gelido nelle sue ossa diventava solo un pigro e dolente intorpidimento, si lasciò andare e iniziò a pregare.

Padre...Padre Nostro...che sei...sei...nei...

La prima preghiera che aveva imparato - ecco a cosa pensava ora. Ma non riusciva a ricordarsi le parole. La sua mente si stava spegnendo. Gli occhi stavano chiudendosi.

E poi si tuffò per lei

 

-----------

 

Sentiva, più che vedeva, la perturbazione nell'acqua buia quando lui si tuffò. Con un immenso sforzo di volontà, cercò di focalizzare lo sguardo per alcuni secondi, e vide una forma confusa nuotare verso di lei con veloci e decise bracciate. La bacchetta, accesa per rischiarare l'oscurità, era trattenuta fra i denti.

Una volta che l'ebbe raggiunta, la afferrò per le spalle, prese la bacchetta fra le mani e urlò qualcosa che, alterata come suonava sott'acqua, doveva essere stato un 'Finite Incantatem', perché le limitazioni e i pesi imposti da McNair si dissolsero. Cercò di focalizzare lo sguardo per capire chi fosse - ma tutto ciò riuscì a vedere fu dei capelli del colore della...della neve?...non andava bene. La concentrazione se n'era andata e anche la sua coscienza la stava seguendo. L'agonia dei suoi polmoni era insopportabile. Anche quando le mise un braccio intorno al corpo, tenendola contro di lui, e calciò con potenza l'acqua per uscire dal lago, portandoli in superficie, il suo corpo, incapace di resistere ancora, fece un disperato, involontario tentativo di inspirare aria, ma trovò solo acqua.

Aveva le convulsioni, quando affiorarono in superficie - perse quasi la presa. "Dannazione, Granger, stupida ragazza", pensò di averlo sentito ringhiare, "avresti potuto resistere ancora per un fottutissimo secondo!". Poi si diresse verso la spiaggia, trascinandosela dietro.

Inciampando, la tirò fuori dall'acqua e caddero entrambi sulla piccola, ghiaiosa sponda mezza ghiacciata. Senza la benché minima consapevolezza, si stava aggrappando a lui, le braccia avvolte strettamente intorno al suo corpo e le mani strette, con le nocche bianche, attorno alla stoffa bagnata. Cadde sulla schiena, iniziando a tremare, borbottando un "umph" - lei gli cadde sopra, raggomitolata sul suo petto, tossendo così forte che stava praticamente vomitando.

Ricadde sul terreno asciutto, all'aria, alla luce - ma l'acqua le riempiva ancora i polmoni.

"Granger. Granger". Si stava alzando ora, togliendosi le mani di lei di dosso, e allontanandola. Si raggomitolò su se stessa, come una piccola palla, l'acqua del lago che le lambiva le caviglie, e tossiva così forte da vedere lampi di luce davanti agli occhi.

"Dannazione, Granger, vuoi far accorrere tutti quelli che si trovano nel raggio di un quarto di miglio? Quietus!". Non accadde nulla. E poi - "Ah, cazzo. Cazzo. La mia bacchetta!".

Hermione trascinò la testa quel tanto che bastava per cogliere il luccichio della bacchetta del suo salvatore, e notò che era ridotta come la sua, spezzata in un paio di miserabili, inutili pezzi. Com'era accaduto? Era intera in acqua. Il danno doveva essere avvenuto durante il loro accidentato approdo.

"Ho rotto la mia bacchetta per te", disse lentamente, mentre la voce tinta di orrore usciva attraverso i denti che avevano iniziato a battere. "Ho rotto...la mia fottuta...bacchetta per te. Ora cosa dovremmo fare?".

E fu allora che riconobbe per la prima volta la voce del suo salvatore - e poi spalancò gli occhi shockata- il volto, così come i capelli inconfondibili.

Ma non poteva essere. Non era assolutamente possibile. Stava immaginando le cose, stava avendo delle allucinazioni? Non poteva certamente essere stata salvata dalla sua tomba d'acqua da -

"M-M-Malfoy?", cercò di dire fra i colpi di tosse ed i denti che, come quelli del ragazzo, ora battevano violentemente. Si tirò su a sedere, tenendo una mano sul terreno a sostenerla, l'altro braccio avvolto intorno al corpo. "Ch-ch- che cosa stai-?".

Le lanciò una pallida occhiata di traverso, tornando a guardare i pezzi della sua bacchetta, e poi, con un ringhio di furioso disgusto, li spinse in acqua. Sollevò una mano verso il volto, spingendo indietro i capelli grondanti e quasi privi di colore. Non c'era assolutamente possibilità di errore: l'aspetto, la voce, la leziosaggine.

L'ultima volta che lo aveva visto era stato quasi un anno fa, e indossava l'uniforme di Hogwarts. Ma sapeva chi era Draco Malfoy. Ciò che non riusciva a comprendere era ciò che aveva fatto.

Era il nemico. Anche in questo non poteva sbagliarsi. Anche se non era conoscenza comune che avesse accumunato il suo destino a quello dei Mangiamorte, saltava subito all'occhio nel suo abbigliamento - nella veste nera del nemico e con, riusciva a vederne solo un'estremità che sgusciava da sotto la manica sinistra - il Marchio Nero sul braccio.

Ma McNair aveva detto che i Mangiamorte non erano interessati ai prigionieri. Allora a che diavolo di gioco stava giocando?

Era senza bacchetta - ma lo era anche lui. Erano entrambi bagnati fradici e mezzi congelati. Capì che il campo di battaglia si era livellato piuttosto bene. Tanto bene quanto uno poteva sperare, comunque. Gettò uno sguardo al terreno per cercare qualcosa da usare come arma, ma, infatti, non c'era nulla di simile nelle vicinanze.

Merda. Che cosa voleva da lei?

La stava seguendo con gli occhi; lo vide comprendere esattamente che cosa stava cercando di fare. Strinse gli occhi. "Oh, per amor di Dio, Granger", proruppe fra i denti incollati per il freddo, "non crederai che abbia fatto tutto questo per ucciderti proprio ora? Sei così maledettamente stupida?".

Beh, quello la ferì. Se c'era una cosa che Hermione Granger non era abituata a sentirsi dare, era proprio della 'maledettamente stupida'. Aprì la bocca per rispondergli a tono, ma tutto ciò che ne uscì furono una serie di colpi di tosse - peggiori di quelli di prima.

"Granger". Udì la sua voce come se venisse da molto lontano. " Granger, merda!".

E poi le fu accanto; le braccia, sorprendentemente forti considerando la sua costituzione magra, che la cingevano - proprio sotto le coste - e la stringevano forte, aiutandola a far uscire un'ondata d'acqua.

"Buttala fuori tutta, Granger. Ormai hai attirato l'attenzione su questo luogo; dobbiamo muoverci".

Finalmente sembrò ritornare a controllare il respiro. Vomitò altra acqua - e poi altra ancora. Merlino, come aveva fatto a berne così tanta? E lui la tenne stretta per tutto il tempo.

Le sue braccia le ricordavano quelle di Harry - avevano la stessa costituzione, loro due. Era per questo che erano sempre stati accoppiati, Cercatori nel Quiddich e duellanti nella vita. Forse era a causa di questa sensazione di familiarità, insieme al disagio fisico e mentale di quel momento, ed il pungente, gelido freddo, che le permise di appoggiarsi contro il suo collo, gli occhi chiusi per la stanchezza.

Stava per svenire. Un altro momento o due e sarebbe scivolata nell'inconscio. Ma Draco aveva altre idee.

Le diede un singolo, forte scrollone. "Dannazione, Granger, vedi di riprenderti; dobbiamo muoverci". Come per sottolineare le sue parole, un urlo risuonò da qualche parte alla loro sinistra, e venne ricambiato da un altro, più vicino - risuonando dietro di loro, sulla destra. Draco imprecò a bassa voce. La nebbia bassa era inevitabilmente ingannevole; qualche suono veniva amplificato; altri attutiti. Le urla potevano arrivare da un centinaio di piedi rispetto a loro, o da soli dieci. Una sola cosa era certa: i suoi amici erano i suoi nemici e viceversa. In questo modo i due, così stretti l'un all'altro, avrebbero certamente incontrato dei seri problemi, non importava chi li avesse trovati.

Barcollò cercando di alzarsi, tremando in maniera così forte per il freddo da essere indebolito quasi quanto lei. Tuttavia, riuscì a tirarla su.

"Dai. Dobbiamo tornare verso la banchina. Ho lasciato qualcosa lì che ci potrebbe fare comodo".

La aiutò a mettere il braccio attorno al suo collo, mentre avvolgeva il proprio intorno alla vita della ragazza, e un po' la trascinava e un po' la portava, mentre iniziava a camminare.

 

-----------

 

Raggiunsero il mantello invisibile di Draco - perché era quello a cui si riferiva prima - giusto in tempo. Giaceva dove lo aveva nascosto poco prima di gettarsi nel lago, ma non fece in tempo a chinarsi per riprenderlo che tornarono le grida - e questa volta sembravano davvero vicine. Come se non bastasse, un'ombra scura stava iniziando a materializzarsi dalla nebbia, troppo vicino.

Draco si gettò a terra d'istinto, tirandosi dietro Hermione con violenza e mettendole una mano sulle labbra per soffocare qualsiasi suono potesse fare - ma lei riuscì a stare zitta, eccetto che per il battere dei denti. In un baleno coprì i loro corpi con il mantello, tirandolo velocemente con la mano libera. L'altra mano che copriva il volto di Hermione, rimase al suo posto, ed in più Draco riuscì a metterle un dito in bocca, infilandoglielo fra i denti.

"Per farti smettere di batterli", le sibilò all'orecchio quando la sentì irrigidirsi contro di lui, cercando di resistergli. "Ora stai ferma!"

In realtà, nel suo stato, non era una cosa difficile da fare. L'intero corpo tremava, ma la teneva così stretta che il tremito non era così forte come avrebbe potuto essere. Chiuse gli occhi. Senti dei passi scricchiolare sempre più vicini; sentì le braccia di Draco stringersi attorno a lei, involontariamente. Nonostante il chiaro pericolo, stava svenendo di nuovo...avrebbe potuto essere quasi piacevole...se non fosse stata gelata fino al midollo...

Sembrava non fosse passato più di un battito di ciglia, prima che la tirasse di nuovo in piedi - ma realizzò, stupita, che doveva essere stato di più, perché non c'era più traccia di chiunque fosse stato ad avvicinarsi solo, sembrava, un secondo fa. Confermandole la sensazione di aver perso la nozione del tempo, le stava ringhiando all'orecchio, "Dannazione, Granger, non svenirmi di nuovo; non provarci nemmeno, cazzo! Non voglio lasciare il tuo culo indietro, ma non voglio nemmeno morire; mi stai sentendo?".

Sembrava aspettarsi una risposta, perciò riuscì a far uscire un piccolo "uh-hm".

"Ora", mormorò più a se stesso che a lei, "dobbiamo entrare da qualche parte prima di congelare. Ma dove, dove?".

"Da Hag-g-grid?", suggerì.

"Non va bene. E' bruciata. L'ho visto".

Visto o FATTO? Non aveva ancora capito a che gioco stesse giocando, ma era il nemico, dannazione, e doveva ricordarselo bene. Merlino, perché lo stava facendo?

Ma l'istinto di sopravvivenza le fece presente che la domanda migliore era dove avrebbero potuto nascondersi, indifesi e debilitati, lontani dai combattenti di entrambe le parti, nel gelido febbraio, e riscaldarsi un poco? Perché ora lei non aveva la forza di separasi da lui. E non era nemmeno completamente sicura di poterlo fare. Sentiva di essere l'unica cosa che lo teneva in piedi, proprio come lui era l'unica cosa che sosteneva lei. Nemico o no, rischiava di congelare a morte lì fuori, e tutto perché aveva saltato nel lago per salvarla. Quindi non poteva abbandonarlo, anche se le capitava l'occasione. Semplicemente non poteva.

"Uhm...L-la barac-ca per le attrez-zature di Q-Quiddich?".

Si fermò un momento, pensando la stessa cosa. Poi, "Giusto. N-Non male, G-Granger. Per n-niente m-male. Andiamo".

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Note di lithtys: questa storia consta di 2 capitoli più un breve epilogo. Spero vi piaccia.

  
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