Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: Lost on Mars    13/05/2014    12 recensioni
A diciassette anni non sai cosa sia la morte e perché debba capitare proprio a lei. Non sai perché il destino abbia deciso di fare questo scherzo proprio a voi. Perché tu debba soffrire così.
A diciotto capisci che non si può più cambiare nulla, allora provi ad uscire di casa, ma tutto ti ricorda troppo lei.
A diciannove ricominci a vivere, ma sei ancora legato ai fantasmi del passato,tant’è che non riesci più a legarti a nessuno, perché ti sembra di tradirla, perché la ami ancora, anche se è morta.
Ashton ha diciannove anni ed è convinto che il tempo che guarisce ogni ferita sia un gran cazzata: lei è morta da due anni, ma lui non smette di sanguinare dentro.
E se fosse una persona a guarire ogni ferita? Se il tempo non c’entrasse proprio niente?
-
«Non credo quanto possa interessarti la storia di un ragazzo depresso.»
«Oh, non credo che tu sia depresso. Non hai l’aria da depresso.»
«Allora devi essere una pessima osservatrice.»
«Hai l’aria da distrutto, a dir la verità, ma hai anche l’aria di uno che ne è uscito, da qualsiasi cosa tu fossi dentro. Hai un sacco di arie, in effetti.»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 

 
Capitolo 10
 
  
«Everything that I do always takes me home to you.»
(Kenny Loggins – Whenever I call you friend)
 
Calum aveva le mani nelle tasche dei Bermuda di jeans che indossava. Non sapeva come, ma si era ritrovato a vagare per Sydney da solo, senza una meta ben precisa. Dalla sera del ballo erano successe troppe cose strane. Luke era sparito proprio a metà serata, così come Thalia e Ashton, anche se Calum non aveva ben capito il perché. Sospettava che a Luke piacesse Thalia. Aveva quella sensazione da un bel po’… dopotutto, lei e Luke erano migliori amici all’apparenza, passavano un sacco di tempo insieme e da soli, inoltre, ogni volta che Ashton si avvicinava a lei, Luke li guardava e assottigliava gli occhi, come se fosse geloso.
Sospirò, anche Jules era diventata sempre più strana. Insomma, prima del ballo lo chiamava praticamente sempre, Calum finiva per non avere mai un momento libero, se non di notte e a volte nemmeno quello; adesso, invece, Jules si era leggermente distaccata, ma Calum non se ne preoccupava più di tanto.
Forse era solo l’ansia per gli esami finali, ansia che aveva anche lui. Gli esami erano l’ultimo dei suoi problemi, eppure, il ballo c’era stato e loro avevano avuto l’ultimo divertimento prima del grande incubo di ogni diciottenne durante il mese di Dicembre: il diploma.
Calum avrebbe desiderato essere Luke, che era ancora al quarto anno e che doveva solamente preoccuparsi di eventuali debiti da recuperare durante l’estate, cosa impossibile perché Luke riusciva a strappare la sufficienza in tutte le materie senza particolari sforzi. Quel ragazzo avrebbe potuto essere un genio se solo si fosse applicato un po’ di più. Qualcuno in cui Calum non avrebbe voluto trovarsi per nulla al mondo era Thalia, primo anno di scuola a Sydney, solo terzo anno di liceo, era convinta che non ce l’avrebbe fatta, anche se a scuola andava benissimo, se si escludono la chimica e la matematica in cui, all’inizio dell’anno c’era stato qualche intoppo.
Sospirò e si fermò di punto in bianco in mezzo al marciapiede. Per la prima volta in vita sua, Calum si era messo a pensare al grande punto interrogativo che lo attendeva e incombeva sempre più minaccioso e oscuro proprio in mezzo alla strada: il suo futuro. Calum si era sempre chiesto dove sarebbe andato a finire, cosa avrebbe fatto dopo essersi diplomato. L’università oppure avrebbe cercato subito lavoro? Sarebbe rimasto a Sydney o avrebbe girato il mondo? Nessuno poteva saperlo, tantomeno lui. Calum non lo sopportava, il futuro. Era anche peggio del passato. Quello si poteva sempre dimenticare, cancellare. Ci si poteva passar sopra facendo finta di niente, lì stava e lì rimaneva. Non cambiava. Il futuro, invece, secondo Calum era un’incognita incostante: cambiava continuamente, non rimaneva mai la stessa e mai nello stesso posto. E stava anche nelle cose quotidiane, nelle cose più stupide. Come dire “stasera mangerò pizza”, ma non puoi saperlo con certezza finché non lo fai. Chissà, potresti cambiare idea all’improvviso e ordinare cinese, non sai mai cosa succederà tra due minuti, due giorni o due mesi. Così come Calum non poteva sapere dove sarebbe andato a finire quel pomeriggio quando era uscito di casa.
Aveva l’intento di fare una passeggiata, di schiarirsi le idee su tutto quello che stava succedendo. Non gli era mai capitato di pensare alla grande incognita che lo angosciava in situazioni come quelle, da solo e su un marciapiede deserto. Sì, perché il futuro angosciava terribilmente Calum. Gli metteva un’ansia indescrivibile, lo terrorizzava. Aveva paura di cadere in un fossato che non aveva fine e, soprattutto, aveva paura di caderci da solo. Solo lui con i suoi tormentosi pensieri.
Una volta, Luke gli aveva detto: «Sai, Cal, i pensieri e le persone sono due cose opposte. Facci caso. Le persone ti aiutano a dormire, i pensieri ti tengono sveglio.»
E solo adesso, fermo su un marciapiede fin troppo familiare, Calum riconosceva che Luke aveva ragione. Che lui ce l’aveva sempre, ragione, anche se non lo dimostrava mai. Anche se gliela lasciava sempre vinta.
Continuò ad incamminarsi verso la schiera di cancelli neri e di case bianche col tetto rosso, camminò finché non arrivò davanti al numero 6: casa di Luke.
Scavalcò il muretto come gli aveva insegnato Luke anni prima e salì titubante le scale della veranda, e ad ogni gradino gli venivano in mente mille scene diverse. Tutti litigi con Luke, comunque. Salite le scalette, giunse davanti la porta ed esitò prima di suonare. Si chiese se non fosse lui il problema che c’era tra di loro. Insomma, Calum lo sapeva di sbagliare. Sapeva che Luke lasciava correre ogni volta che litigavano, sapeva che era lui a creare tutti i casini e sapeva che era Luke a rimettere sempre tutto a posto, a fare da collante tra di loro e ad impedire che tutto andasse in pezzi.
Si morse il labbro, Calum. Perché lui trascurava la band, lui rispondeva male a tutti, lui litigava con Luke. Luke non aveva mai fatto niente di male, se non rimanere in silenzio anche quando aveva ragione e Calum torto.
Finalmente, si decise a suonare il campanello, e dopo una manciata di secondi venne ad aprirgli Luke come non lo aveva mai visto. Il ragazzo era in tiro: indossava dei jeans neri e una camicia, i capelli erano perfettamente curati e il ciuffo era probabilmente retto da litri di gel. L’unica cosa che gli mancava erano le scarpe.
«Calum?» domandò confuso, aggrottando le sopracciglia non appena lo vide. Stava aspettando qualcuno, e quel qualcuno non era chiaramente Calum.
«Vedo che ti ricordi ancora il mio nome…» mormorò Calum, maledicendosi subito dopo aver fiatato. Dio!, perché rovinava sempre tutto?
«No… cioè sì! Voglio dire, entra!» cercò di dire Luke, impacciato come non mai. Non si aspettava Calum, a dir la verità. Non pensava nemmeno che volesse parlargli, dopo il litigio della settimana precedente, a cui aveva assistito anche Ashton per la prima volta.
«Stavi aspettando una persona in particolare?» chiese Calum, rimanendo sulla soglia di casa per un po’. Luke era già entrato e lo fissava.
«No, figurati» mentì, girandosi dall’altra parte. «Faccio una telefonata, tu.. ehm, c’è la crostata sul tavolo della cucina, se ti va.»
Calum annuì ed entrò in casa, chiudendosi la porta alle spalle. Lo conosceva meglio di casa sua, quel posto. Ci era praticamente cresciuto, e col tempo non era cambiato niente, se non qualche foto in più sui ripiani. Il colore delle pareti era sempre lo stesso, le scale con il loro sesto gradino rotto erano sempre le stesse, i quadri erano sempre stati lì da quando Calum aveva memoria. L’unica cosa a cambiare lì dentro, oltre alla stanza di Luke, era proprio Luke. E Calum non sapeva se fosse una cosa positiva o no, perché negli ultimi tempi Luke era cambiato e si era allontanato, e a Calum cominciava a mancare il Luke delle scuole medie. Quello con cui passava tutti i pomeriggi, non importava dove o come.
Luke ritornò in salotto e riportò Calum sulla terra.
«Non pensavo volessi vedermi.» mormorò il ragazzo, lasciandosi cadere sul divano.
«Sei ancora il mio migliore amico, no?»
«Già.»
«Non so come ci sono arrivato qui. Camminavo e mi sono ritrovato davanti casa tua. Credo che il mio subconscio voglia dirmi qualcosa.»
«Qualcosa tipo…?»
«Tipo che se ogni cosa che faccio mi porta da te, Luke, una ragione c’è. Ed è perché siamo amici.»
«Sì…»
Luke sospirò quel “sì” come fosse la cosa più sofferta del mondo. Calum l’aveva detto, per ben due volte. Amici. Nulla di più, insomma, perché mai avrebbe dovuto andare oltre? Calum non sapeva niente di tutto quello e, forse, era meglio che ne restasse all’oscuro.
«Che c’è? Non vuoi più essere mio amico?» chiese Calum, notando il tono sconfitto e poco convinto di Luke.
«Non è questo il punto, Cal.»
«E allora cosa?»
«Ti sento distante rispetto a prima. Come se mi stessi scivolando dalle mani, ma non potessi fare niente per riportanti indietro. È… orribile.»rispose Luke. Poco prima aveva chiamato Susan Kyle e le aveva appena dato buca inventandosi una scusa assurda. Quindi, per farla breve, Calum si era presentato a casa sua senza un vero motivo, ma dopotutto non ne aveva realmente bisogno, Luke aveva disdetto i programmi con una delle ragazze più belle della scuola per rimanere con Calum a fare lo sfigato e a dirgli pian piano tutta la verità, come si sentiva in quegli ultimi tempi.
«Ho fatto qualcosa che non va?» chiese Calum.
Era arrivato il momento.
«Mi piaci, Cal.» lo disse forte e chiaro, al contrario di come ci si potrebbe immaginare. Lo disse ad alta voce perché ad ascoltarlo c’era solo il diretto interessato, lo disse ad alta voce perché non voleva né vergognarsene né averne paura. E per la prima volta, si sentì sicuro di se stesso, di quello che faceva. Per la prima volta, sentì di poter chiamare Calum “amico” e non starci male.
«Che?» domandò l’altro.
«Ho detto che mi piaci.» ribadì Luke con enfasi.
Calum lo guardò con la testa inclinata, in cerca di qualcosa da dire, ma l’unica cosa che gli venne in mente fu: «In che senso?»
«Nel senso che… che a te piace Jules e a me piaci tu.» rispose Luke, non trovando un esempio vero e proprio che rendesse bene il casino che aveva in testa.
«È un modo alternativo per dirmi che sei gay? Perché io non lo sono.» chiese ancora Calum, grattandosi la testa.
Luke sorrise divertito. «Non sono gay. Insomma, stavo per uscire con Susan Kyle prima che arrivassi tu.»
«E perché  diamine sei ancora qui?» Calum si alzò in piedi a dir poco sconcertato. Insomma, Susan Kyle era… era semplicemente l’obiettivo di qualsiasi ragazzo della loro scuola.
«Perché tu mi piaci, lei no. O almeno, non come mi piaci tu. Poi, che abbia due tette da paura, su quello non ci piove» rispose Luke calmo. «Però, il mio problema sei tu. Sei la mia ossessione. Di notte non riesco a dormire. E sai cosa? Adesso tu che vieni qui a casa mia, quando so che tra meno di un’ora probabilmente sarai con lei… fa male. Non puoi nemmeno immaginarlo.»
Calum sospirò e si rimise seduto sul divano. «Okay» disse. «Dammi un secondo.»
«Ho tutto il pomeriggio, tanto ormai l’appuntamento con Susan è saltato.» Luke si stravaccò sul divano e si mise a fissare il soffitto. Gliel’aveva detto e le conseguenze non erano disastrose. O meglio, ancora non c’erano state conseguenze.
«Devo andare… ho dei casini con Jules da sistemare e…» iniziò Calum, si alzò in piedi. Stava fuggendo. Stava per rimanere di nuovo solo, e con un pensiero in più a girargli per la testa. Il problema era che da solo Calum non ci voleva stare, ma quella situazione era diventata troppo strana, per questo pensò che fosse meglio finirla lì e andarsene senza guardare Luke negli occhi. Fuggiva e se ne pentiva allo stesso tempo. Luke lo seguì con lo sguardo e solo dopo un po’ capì quello che stava cercando di dirgli: a me non piacciono i ragazzi, e nemmeno tu. Sei il mio migliore amico e basta.
Non poteva permetterglielo. Scattò in piedi e lo prese per un braccio.
«Manda Jules a quel paese e rimani qui. Facciamo una cosa normale, da migliori amici, ci stai? Non lo so, giochiamo FIFA, rubiamo due birre dal frigorifero di mio padre in cantina, ma rimani con me» disse, guardandolo negli occhi. «Non te lo ricordi? Non mi piace stare da solo con i pensieri, se devo affrontarli, voglio che ci sia anche tu.»
Calum sgranò gli occhi e si avvicinò impercettibilmente a Luke. «Solo se è vero che hai sbloccato Messi.»
E Luke sorrise.
 
«Sai, Lukey, credo che tu abbia ragione.»
«Su cosa?»
«Su quella roba dei pensieri e della solitudine.»
«Anche tu odi rimanerci da solo?»
«Terribilmente.»
Calum posò la bottiglia di birra sul pavimento, vicino al cuscino dov’era seduto. Non sapeva da quanto tempo stavano giocando, sapeva che era già la terza birra che stavano bevendo, però, e non era una cosa abbastanza bella prendersi una sbronza alle sei del pomeriggio.
Luke non aveva bevuto moltissimo, invece, anche se continuava a ridere senza motivo ad ogni cosa che diceva Calum. In tutta onestà, non seppe dire se fosse per l’alcool o semplicemente per il fatto che Calum gli piacesse.
«Quindi, sei tipo innamorato di me?» chiese Calum, buttandosi completamente sul pavimento, fissava il soffitto azzurrino, gli sembrava il cielo, gli ricordava gli occhi di Luke.
«Non lo so, forse… e mi odio per questo.» Luke sorrise di sottecchi, alzando solo un angolo della bocca e abbassando lo sguardo.
«Non sorridere così, Lukey.» sibilò Calum, abbandonando il joystick.
«E perché?»
«Perché altrimenti mi innamoro pure io… e poi chi la sente Jules che sbraita come una matta?»
E, strano a dirsi, ma Luke sorrise un’altra volta nello stesso identico modo. Forse per provocare Calum, forse perché lui sorrideva così e basta ed era una cosa che gli veniva spontanea, che non poteva cambiare volontariamente. Sapeva solo che non voleva perdere Calum ed era riuscito nel suo intento; sapeva solo che gli aveva confessato la sua cotta, ma Calum era ancora lì con lui a giocare a FIFA e a perdere. Non voleva perdere la grande amicizia che li legava, perché Calum era prima di tutto il suo migliore amico… il suo primo migliore amico. E se mai in futuro ci fosse stato qualcos’altro, Luke avrebbe aspettato. Era un tipo paziente, lui. Aveva tutto il tempo del mondo.
 
_________________________________________________________________________
Angolo di Marianne
Ecco qui il tanto agognato capitolo (agognato solo da me stessa, ma vabbé) sui nostro meravigliosi, dolciosi, fantastici *elenca altri  100 aggettivi* Cake! *w* Scusate, ma quando si comincia a parlare di questi due io comincio a sclerare e smetto di parlare seguendo un filo logico perché, dopo varie riflessioni e angosciosi pomeriggi passati a chiedermi "To ship Cake or to ship Muke?", rovinando inscenando una versione alternativa dell' Amleto, sono giunta alla conclusione che OT3 è la cosa migliore da fare 0:)
Passando al capitolo che è interamente Cake. Luke trova finalmente il coraggio di "dichiararsi", ma come potete ben vedere, la vostra perfida autrice ha deciso di non riportare le conseguenze, perché di conseguenze non ce ne sono state. Però, il fatto che Calum sia rimasto suggerisce qualcosa, eh... ma qualcosina piccina picciò.
Comuuuunque, ora scappo perché la mia interrogazione di storia incombe minacciosa e DEVO studiare, ma prima ringrazio infinitamente le sette persone che hanno recensito il nono capitolo: DarkAngel1, xKikka, animanonimy,  Aletta_JJ, _Sogni_of_Bea_ , Thesperance_99 e Winter_Is_Coming, siete tutte meravigliose ♥
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e come al solito, le recensioni non mordono e rendono felice la sopracitata autrice depressa per l'interrogazione di storia, e sì, sta scappando per studiare proprio quella materia. Quindi nada, fatemi sapere cosa ne pensate :)
Love ya ♥
Marianne

 
 


 
   
 
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: Lost on Mars