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Autore: Clary F    13/05/2014    8 recensioni
Clary è nata e cresciuta come una Cacciatrice di Idris e lei e suo fratello Jonathan, alla vigilia dei nuovi Accordi, sono costretti a vivere nell'appariscente tenuta dei Lightwood, dove si sta tenendo la più ridicola delle competizioni mai organizzate nella storia dei Nephilim, coordinata da Magnus Bane, maestro del bon ton. Cacciatrici e Nascoste affronteranno varie prove per accaparrarsi il cuore del giovane Jace Wayland. Tra incubi e bagni notturni, la ragazze inizieranno a scomparire misteriosamente ... Chi sarà il colpevole?
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Magnus Bane, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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CHAPTER 5
BAD DREAMS
 
 
La stanza era scura, circolare e Jace non riusciva a scorgerne i dettagli. Tutto ciò che riusciva a mettere a fuoco, era la figura di una ragazzo in piedi al centro della sala. Aveva il capo chino e i capelli biondi come oro gli ricadevano sulla fronte. Per un attimo Jace pensò di guardare sé stesso. Stessi capelli, stessi lineamenti, stesse rune che spiccavano sulle braccia muscolose, stessa divisa da Cacciatore … ma quando il ragazzo aprì gli occhi, si rese conto che non erano come i suoi, erano blu, dello stesso colore del mare. Il ragazzo si portò una mano al petto e l'anello che portava al dito spiccò sulla casacca nera. Era un tipico anello di famiglia da Cacciatore, decorato con un motivo di uccelli in volo.
«Giuro incondizionata obbedienza al Circolo e ai suoi principi ... Sarò pronto a rischiare la vita in qualsiasi momento perché il Circolo preservi la purezza del sangue di Idris e per il mondo mortale della cui sicurezza ci facciamo carico.» Recitò il ragazzo con voce alta e solenne, anche se verso la fine fu tradito da un tremito.
Una mano massiccia si posò sulla spalla del ragazzo. La mano apparteneva ad un Valentine decisamente giovane. I capelli bianchi erano un po’ troppo lunghi, ma la durezza del suo viso era quella di sempre.
«Molto bene, Stephen.» Disse Valentine, con un sorriso soddisfatto e tagliente come la lama di un rasoio.
Jace si svegliò di soprassalto. Il sudore freddo gli incollava il lenzuolo al torace. Il cuore gli batteva nel petto all'impazzata. Di nuovo quegli strani sogni. Di nuovo. Di nuovo. Stava forse diventando pazzo?
 
 
Alec aprì la porta al piano terra che conduceva ai sotterranei. I cardini arrugginiti cigolarono e ben presto uno spicchio di luce illuminò i gradini di pietra umidi e scivolosi.
«Perché dovrebbe trovarsi nei sotterranei.» Ripeté Alec per la milionesima volta, mentre scendeva gli scalini con in mano una stregaluce.
«Vuoi stare un po’ zitto?» Sussurrò Isabelle. «Fra poco lo scopriremo.»
Ma Alec non sembrava intenzionato a tacere. «Magnus, sei sicuro di -»
«Dolcezza, sono sicuro di non aver sbagliato incantesimo.» Sbuffò lo stregone, esasperato. «Dio, faccio quest'incantesimo da secoli. Nel vero senso della parola.»
Il resto del percorso fu silenzioso. L'unico rumore era il suono dei loro passi sulla pietra, attutiti da millenni di polvere. Alec era in testa alla fila e gettava occhiate da una parte all'altra, illuminando i sotterranei con la stregaluce ardente. Ad un certo punto si fermò di colpo. Una sfumatura di arancione e rosa aveva attirato la sua attenzione, fece alcuni passi avanti, incerto, fino a che non fu abbastanza vicino da illuminare il corpo della ragazza disteso a terra. Sembrava immobile e la sua posizione era innaturale, come quella di una bambola rotta.
«Ridley,» sussurrò Isabelle, portandosi le mani alla bocca.
 
 
«Perché sei ancora qui?» Sbottò Clary, entrando in camera sua e trovandoci Jonathan nell'esatta posizione in cui lo aveva lasciato quel pomeriggio: torso nudo, muscoli e rune in bella vista e braccia incrociate dietro la nuca. La recente discussione con Victoria l'aveva messa ancora più di cattivo umore. Cosa ne sapeva lei dei suoi sentimenti?
«Non avevi qualcosa di molto importante da fare?» Continuò, lanciando la maglietta a terra e infilandosi il pigiama.
«Perché sei così nervosa?» Le disse lui, sedendosi sul letto e squadrandola. «Sai che puoi dirmi tutto, sono il tuo fratellone.» Aggiunse con un ghigno ironico.
«Certo, come tu dici tutto a me, no?» Ribatté lei, indignata. «Dimmi dove sei stato stanotte.» Clary si sedette sul letto, alzando le coperte e posandosele sulle gambe incrociate.
«Sei gelosa, sorellina?» Jonathan rise.
«Non credevo saresti caduto così in basso, insomma, rifarsi con gli scarti di Jace, non è da te.» Clary parlò con voce gelida e intrisa di cattiveria, dopodiché si sdraiò, voltandosi su un fianco e dando le spalle a Jonathan.
«E chi ha detto che ho passato la notte con una di quelle
«È implicito. Se non hai dormito in camera tua e ovvio che tu abbia dormito in camera di qualcun altra.»
Jonathan rise ancora, spostandole i capelli dall'incavo del collo. Quando parlò di nuovo, Clary sentì il suo respiro sulla pelle.
«In effetti quella fata, Hyacinth, mi fa impazzire. La pelle blu, mani e piedi palmati. Chissà come deve essere far-»
Il ragazzo non finì la frase, visto che Clary gli assestò una gomitata piuttosto forte sull'addome. Lo sentì espirare d'improvviso e poi cadere sdraiato accanto a lei, il viso affondato nell'incavo del suo collo mentre continuava a ridere silenziosamente.
«Idiota,» sibilò lei, alzando gli occhi al cielo.
Quando smise di ridere, Jonathan si sistemò meglio accanto a lei, passandole un braccio attorno alla vita e costringendola a voltarsi. Clary si ritrovò a fissare i suoi occhi neri. L'unica illuminazione della stanza era una torcia di stregaluce appesa sopra il soffitto.
«Come è andata la gara in bikini?» Le chiese piano, senza staccare gli occhi dai suoi.
«Patetica. Odio Jace.» Rispose Clary, «è così … volubile
Jonathan alzò un sopracciglio. «Lo odi così tanto e l'aggettivo dispregiativo peggiore che trovi è volubile?» Sbuffò. «Io avrei detto stronzo, arrogante e -» Clary sorrise e alzò una mano che posò sulle labbra di Jonathan per farlo tacere.
«Okay, okay, hai reso l'idea.»
Jonathan aprì la bocca, poi la richiuse di scatto.
«Hai sentito?» Le chiese in un sussurro.
In un primo momento Clary non capì, poi aguzzò l'udito e percepì delle voci al di là della porta. Aggrottò la fronte, scambiandosi con il fratello uno sguardo eloquente. I due si alzarono dal letto e, in punta di piedi, uscirono nel corridoio buio. La stanza di Clary era la prima del corridoio ed era affacciata sulle scale di marmo che conducevano all'ingresso, dove un piccola folla di persone sussurrava concitatamente. I due ragazzi si sporsero dalla ringhiera che saliva insieme alle scale, aiutati a nascondersi dall'oscurità della notte. Clary riuscì a distinguere delle sagome: Maryse Lightwood, Alec, Isabelle, Magnus, Kadir, una delle guardie mandate dal Conclave e le alte e bionde figure inconfondibili dei fratelli Blackthorn. Entrambi, nonostante la giovane età, erano già membri attivi del Consiglio.
«Sì. L'abbiamo trovata svenuta nei sotterranei.» Stava dicendo Alec, rivolto verso Kadir.
«Abbiamo avvisato la famiglia di Ridley Stairwell,» disse Mark Blackthorn. «Ora dovrebbe già essere arrivata alla Guardia.»
«Ha detto qualcosa quando è rinvenuta?» Chiese Helen a Isabelle, Alec e Magnus.
Alec abbassò lo sguardo e rispose. «No … appena abbiamo visto il corpo le abbiamo inciso un iratze. Ha aperto gli occhi solo per pochi istanti prima di svenire di nuovo.»
Helen iniziò a passeggiare avanti e indietro nell'ingresso. La sua lunga chioma bionda fluttuava sulla sua schiena senza sosta. «È così strano.» La sentì mormorare Clary.
«Si riprenderà?» Chiese una voce, carica di preoccupazione. Fino a quel momento Clary non aveva notato la presenza di Jace, perché si trovava al di fuori del suo campo visivo. Ma quella voce era sua, l'avrebbe riconosciuta fra mille. Trattenne il respiro.
«Sì, sì. Non preoccupatevi.» Fu Kadir a rispondere sbrigativamente. «Avete detto che la ragazza è stata la prima ad essere eliminata.» Continuò il Cacciatore, con voce autoritaria. «Probabilmente non ha retto il colpo e ha deciso di farsi un giro nei sotterranei per affogare il suo dolore. Avrà avuto un mancamento ed ecco risolto il mistero.»
Maryse inspirò bruscamente. «Questa è la spiegazione del Conclave?» Disse acida. «Una ragazza viene ritrovata in fin di vita nei miei sotterranei e per voi è solo frutto di un'isteria femminile?» Stava sussurrando, ma sembrava furiosa.
«Maryse,» disse Kadir, assumendo un tono ragionevole. «Non credo sia il caso di spaventare le altre ragazze, ovviamente indagheremo sulla faccenda, ma sono sicuro che si rivelerà essere nulla di grave.»
«E, ovviamente, il fatto che Valentine sia tornato non c'entra niente con tutto questo, giusto?» Ribatté lei, sarcastica.
«Non sappiamo con certezza se Valentine sia davvero tornato.» Disse Kadir, gelido.
«Solo perché il Conclave non vuole ammetterlo. Non ora che gli Accordi devono essere firmati.» Sbottò Maryse, alzando la voce di qualche tono. «Kadir, c'eri anche tu il giorno della Rivolta, nella Sala degli Accordi. O hai già dimenticato tutto quel massacro? Questo sarebbe il momento più opportuno per Valentine per tornare all'attacco, lo sai anche tu. Proprio come quindici anni fa.»
Kadir si torse le mani, ma il suo sguardo rimase fisso in quello di Maryse. «Credi che abbia dimenticato? Molti dei nostri sono morti durante la Rivolta. Cacciatori che non avevano niente a che fare con il Circolo, persone valide, e tutto per colpa di Valentine. Non dimenticherò mai quel giorno. Credi che se ci fossero delle prove concrete del suo ritorno non sarei il primo a dargli la caccia?»
Maryse aveva esaurito le parole.
E il cuore di Clary batteva così forte nel suo petto che si ritrovò a chiedersi se anche gli altri potessero sentirlo. Jonathan era immobile dietro di lei.
«È meglio se ora andiamo.» Disse Mark Blackthorn, interrompendo quel silenzio teso. «Il Console vorrà essere informato sugli sviluppi di persona.»
Fu in quel momento che Helen Blackthorn alzò gli occhi verde acqua, incrociando quelli verdi e spalancati di Clary. Lei rimase pietrificata. Le era sempre piaciuta Helen, fin dai tempi dell'Accademia, nonostante fosse più grande. La trovava una ragazza dolce e con dei solidi principi morali, oltre ad avere delle orecchie a punta davvero buffe e affascinanti al tempo stesso. In quel momento però, maledisse Helen e la sua mania di alzare gli occhi al cielo. Aspettò per un lunghissimo attimo che lei li smascherasse davanti al resto del gruppo, ma non lo fece. Abbassò lo sguardo, invece, e disse: «Maryse, credo che per il momento sia meglio tenere tutte le ragazze all'oscuro. Se sapessero che Ridley è stata ritrovata in quelle condizioni potrebbero agitarsi e scoppierebbe il caos.»
Maryse annuì, impassibile.
«Noi continueremo ad indagare.» Affermò Mark con convinzione. Kadir annuì, con un po’ meno convinzione.
 
 
Jace tornò nella sua camera. Il letto era sfatto, ma il resto della stanza era nel suo solito ordine maniacale. Si sedette sul materasso prendendosi la testa fra le mani. Non voleva dormire. Non poteva dormire. Ma le ultime notti insonni rendevano le sue palpebre pesanti e la nuova scoperta riguardo a Ridley aveva gettato un ulteriore strato di stanchezza sul suo corpo già provato. Jace non credeva nelle coincidenze. Prima quegli strani sogni, ora la ragazza svenuta nei sotterranei … Ma qual'era il nesso che legava le due cose?
Tu.
Rispose una piccola voce nella sua coscienza stanca.
No.
Scacciò via quel pensiero dalla mente e, senza neanche accorgersene, si ritrovò sdraiato a occhi chiusi.
La Sala degli Accordi era affollata fino all'inverosimile. Il rumore del metallo contro il metallo era ovunque, così come le urla disperate dei presenti. Era proibito portare armi all'interno della Sala, eppure erano dappertutto. Spade che trafiggevano corpi. Sangue. Lupi mannari che affondavano le zanne affilate. Stregoni dalle cui dita si sprigionavano potenti fiamme di colori sgargianti. Vampiri con i canini sguainati. Le urla erano assordanti … il sangue … il viso straziato di Maryse …
Jace si svegliò con il cuore in gola, le urla del sogno riecheggiavano ancora nelle sue orecchie. Si alzò dal letto con un unico movimento fluido. Non poteva dormire.
 
 
Jonathan si alzò molto presto quella mattina. Aveva dormito nel letto con Clary, osservandola passare dallo stato agitato dovuto alle nuove scoperte, fino a sprofondare nella beatitudine del sonno. Si era mossa freneticamente durante la notte, probabilmente a causa di un incubo. Si infilò una camicia bianca, jeans neri e gli stivali, prima di scendere nella sala da pranzo. Faceva sempre colazione molto presto, per evitare di incappare nella spiacevole famiglia Lightwood. Quindi era abituato a trovare l'enorme tavolo imbandito vuoto. Ma quella mattina non lo era.
«Oh, no. Non tu.» Borbottò la ragazza seduta e intenta a fare una colazione solitaria.
«Anche per me è un piacere rivederti, Rebecca, giusto?» Disse lui, affabile, con un ghigno che gli incurvava le labbra.
«Non parlarmi, grazie.»
«Come? Dopo la lotta con i cuscini che abbiamo condiviso? Mi ferisci.» Jonathan si sedette esattamente di fronte a lei, versandosi del caffè con espressione noncurante.
Lei non rispose. Era pallida e i capelli rossi erano spettinati. Sembrava stesse morendo dalla voglia di dire qualcosa ma al tempo stesso era combattuta.
Jonathan la fissò con le sopracciglia alzate.
«Stai pensando a qualcosa di estremamente scortese da dirmi?» Le chiese con voce piatta.
«No,» disse piano, abbassando gli occhi sulla sua tazza. «Io … ho sentito tutto. Ieri sera. Ridley è stata trovata svenuta da qualche parte.»
Jonathan era sorpreso, ma mascherò il sentimento con la sua solita faccia di schiaffi. «E così ti piace origliare, oltre che lanciare cuscini.»
«È una cosa seria.» Rispose lei, guardandolo in cagnesco.
«Molto seria. Magnus Bane potrebbe toglierti altri punti, sai, origliare non si addice ad una signora.»
«Smettila. Anche tu e tua sorella stavate origliando. Vi ho visti.» Sbottò con voce graffiante.
«Beh, infatti io non sono una signora e mia sorella può permettersi di comportarsi come vuole, visto che vale più di tutte voi messe insieme.» Non parlò con cattiveria, ma le sue parole bastarono per far arrossare di indignazione le guance pallide di Rebecca.
«Sei l'essere più orribile che abbia mai conosciuto.» Sputò con la voce più velenosa che le riuscì.
«Grazie.»
Rebecca era sull'orlo della crisi isterica, sbatté il suo minuscolo pugno sul tavolo e aprì la bocca dipinta di rossetto per ribattere, ma fu interrotta dall'arrivo delle altre ospiti.
Leah Silvermark entrò nella sala da pranzo, seguita da Marlene Ashwood. Dopo un breve sguardo a Jonathan, si sedette accanto a lui.
«E tu chi sei?» Gli chiese con voce suadente, giocherellando con una ciocca dei suoi lunghi capelli biondi.
«Jonathan Morgenstern.» Rispose lui, con un sorriso amabile quanto falso.
Leah si morse il labbro. Evidentemente Jonathan Morgenstern aveva attirato la sua attenzione da predatrice. «Sei il fratello di Clary. Io e Clary siamo molto amiche.»
«Non ne dubito.» Disse lui, trattenendo a stento una smorfia.
«Che ne pensate dell'eliminazione di Victoria?» Chiese Marlene, all'improvviso.
«Decisamente ingiusta.» Rispose subito Rebecca, felice di non trovarsi più sola con Jonathan. «Insomma, quella vampira … Maureen. Dimostra sì e no quattordici anni e ha letteralmente divorato un libro antico della collezione dei Lightwood durante la prova di portamento. Mi chiedo cosa ci faccia ancora qui.»
«Ragazze, credo sia arrivato il momento che io me ne vada.» Disse Jonathan ad alta voce, alzandosi dal tavolo.
«Perché? Non ti piacciono i pettegolezzi?» Leah posò volutamente una mano sul suo braccio, guardandolo dal basso con i suoi grandi occhi azzurri.
«Preferisco i fatti
Leah strinse la presa sul suo braccio, costringendolo ad abbassarsi con il capo, fino a che le labbra di lei non furono a pochi centimetri dal suo orecchio. «Allora che ne dici di stasera alle dieci in camera mia?» Sussurrò pianissimo. Ma non abbastanza da non essere udita da Rebecca, ancora seduta di fronte a loro. Jonathan sorrise, si liberò dalla sua presa e se ne andò senza aggiungere una parola.
«Cosa stai facendo?» Sibilò Rebecca, una volta che la schiena di Jonathan fu scomparsa dietro la porta. Era pallida e aveva gli occhi sgranati.
Leah la fissò con un sopracciglio alzato. «Perché?»
«Sei qui per Jace. Non per lui.» Indicò con un dito il posto in cui fino a pochi attimi prima era seduto Jonathan.
«Oh, andiamo! Questo non mi impedisce di divertirmi un po’.» Rispose Leah, con un sorrisino malizioso e una scrollata di spalle.
«Leah, non farlo. Non mi fido di quel ragazzo.» Disse Rebecca, sporgendosi in avanti in modo che le altre non potessero sentire. Il tavolo iniziava a riempirsi: Aline, Hyacinth e Kaelie si erano unite alla colazione. «Sai che cos'è
 
 
Quella sera, dopo cena, Clary entrò in camera sua, sicura di trovarci dentro Jonathan. Lui non c'era. Rimase ad aspettarlo, sdraiata nel letto, con la mente lucida, che vagava imperterrita al corpo di Ridley, svenuto nei sotterranei, e a come potesse esserci mai finito. Stava quasi per addormentarsi, era chiaro che Jonathan non sarebbe venuto, quando la porta della camera si spalancò. Afferrò il pugnale che teneva sopra il comodino e si mise a sedere sul letto. Il cuore batteva furioso, quando riconobbe la sagoma di Alec.
«Alec! Avrei potuto farti del male!» Esclamò senza fiato.
«Ehi, metti giù quel pugnale, per favore.» Rispose lui, avvicinandosi di qualche passo. Era strano vedere Alec in camera sua nel bel mezzo della notte. Non riusciva proprio a immaginare un motivo plausibile per cui potesse trovarsi lì.
«Che cosa vuoi?» Ringhiò Clary, posando bruscamente il pugnale sul comodino.
«Jace. Non sta dormendo.» Sussurrò lui, semplicemente.
«Fammi capire, tu mi hai svegliato per dirmi che Jace non riesce a dormire?» Chiese acida.
Alec iniziò a percorrere la stanza avanti e indietro, visibilmente a disagio. Sembrava davvero preoccupato, notò Clary. Doveva essere qualcosa di serio. Fece un bel respiro.
«Ti ha detto perché non riesce a dormire?»
«Brutti sogni.»
«Che genere di brutti sogni?»
«Non me lo ha detto. So solo che non dorme da giorni, ormai. Senti, magari a te darà ascolto. Ho visto come ti guarda. Non è che potresti fare qualcosa per lui?»
«Vuoi che gli canti una ninna nanna?» Sibilò Clary.
Alec scosse la testa. «Non infliggerei mai una così dolorosa tortura al mio parabatai. Potresti parlargli, cercare di capire cosa c'è che non va.»
Clary sgranò gli occhi. Alec che faceva una battuta sarcastica? Questo era preoccupante.
«Se è questo il prezzo per poter dormire.» Clary si alzò sbuffando, Alec sembrava molto preoccupato. Inoltre doveva ammettere di essere davvero curiosa riguardo a questi incubi di Jace. Ricordò di averne avuti alcuni anche lei, qualche giorno prima. Alec le fece strada nei corridoio bui, fino a che non si fermò davanti ad una porta.
«Questa è la sua stanza. Ci vediamo Clary, grazie!» Le fece un piccolo sorriso e svanì.
«Alec!» Sibilò fra i denti, ma lui era già sparito nel buio. Rimase qualche istante davanti alla porta, nella speranza che Jace la aprisse senza che lei dovesse bussare. «Oh, ma è ridicolo» sussurrò a sé stessa. L'intera tenuta era piombata nel silenzio, tutti dormivano. A parte quell'idiota di Alec, evidentemente. Afferrò la maniglia della porta e la aprì silenziosamente. Se Jace stava dormendo, non voleva di certo svegliarlo.
   
 
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