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Autore: Anna Wanderer Love    13/05/2014    5 recensioni
All’improvviso Alec sentì delle mani afferrarlo e strapparlo dal palo con una forza disumana. Sgranò gli occhi, pregando che finisse presto, e vide gli occhi rossi dell’uomo davanti a lui prima di sentire un dolore impossibile da sopportare diffondersi dal collo lungo tutte le vene.
[Il momento mai narrato nella saga in cui Aro strappa Alec e Jane dalle braccia della morte]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alec, Aro, Jane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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Cenere
 


 

"Il fuoco che sembra spento spesso dorme sotto la cenere."
- Pierre Corneille



 

Alec sentiva solo le mani dei suoi compaesani che lo strattonavano, lo tiravano per i vestiti, gli urlavano “mostro”, “cane”, “demonio”. Alec cercava con tutte le sue forze di sfuggire alle loro prese, ai loro schiaffi, ma erano troppi e troppo forti. Il suo corpo era compresso, schiacciato da quelli dei contadini, mentre gli sputavano addosso e lo picchiavano dappertutto.
Sentiva le urla disperate di Jane, la sua voce che invocava il suo nome. Per un momento, Alec riuscì a dimenarsi dalla presa del ragazzino che lo teneva per il collo e a sfuggire a tutti quegli uomini che lo stavano trascinando verso il rogo, ancora spento ma lucido e grondante d’olio.
Sentiva il puzzo di sudore, sangue e legna secca infiammargli i polmoni.
Si scagliò contro la folla, fendendo la massa, e per un attimo vide i capelli biondi di sua sorella, scorse in mano alle contadine alcuni di quei fili dorati che amava così tanto osservare mentre catturavano la luce del sole.
-JANE!- Lei si voltò e Alec vide la disperazione nelle sue iridi color castagna.
Come lui aveva i vestiti sudici e strappati. Le mani degli uomini e delle donne del villaggio la strattonavano mentre la insultavano, portandola di peso verso il mucchio di legno. Quando inciampava la tiravano per le braccia e  per i capelli.
Alec venne riafferrato da Conan, il fabbro del paese, e sentì le spalle venire attraversate da una scossa di dolore mentre l’uomo le stringeva con la stessa furia con cui picchiava il martello su una lastra di metallo.che non si decideva a  prendere la forma che voleva lui.
-Conan- lo pregò Alec, ma il volto del fabbro rimase impassibile.
Senza dire una parola lo afferrò bruscamente e se lo caricò in spalla, buttandolo sul palco di legno.
Ad Alec si mozzò il respiro quando il suo corpo colpì con violenza la legna, e per qualche secondo gli si oscurò la vista. Gemette, mentre le schegge si conficcavano nel suo fianco e nella pelle morbida della sua guancia. Le mani rudi del figlio di Conan lo tirarono su, sbattendolo violentemente contro il palo al centro della piazza.
Alec tossì, sentendo un dolore sordo al polmone, e le sue labbra si macchiarono di sangue.
-Alistair, ti prego- lo implorò, mentre le urla dei  cittadini del villaggio si facevano sempre più forti e gli riempivano la mente. L’orecchio gli fischiava.
Gli occhi azzurri dell’apprendista fabbro guardarono con disgusto quello che una volta era stato il suo migliore amico mentre lo teneva fermo. Alec sentì qualcuno afferrargli le braccia e legargliele attorno al palo, senza curarsi di non affondare le unghie nella sua pelle mentre una spessa corda gli incideva i polsi.
Il ragazzo cercò di voltare la testa, provando a chiudere gli occhi per non vedere gli sguardi pieni d’odio di quelli che un tempo erano stati suoi amici e che ora gli urlavano di morire.  Alistair gli colpì la guancia con un manrovescio che gli oscurò la vista e gli fece sbattere la guancia contro il legno. Tossì, sputando di nuovo sangue. Alistair si allontanò di scatto per evitare di essere colpito dallo schizzo vermiglio.
Alec sentì altre urla insultarlo, chiamarlo “occhio del demonio”, ma cercò di non prestar attenzione a loro e al dolore che gli infiammava ogni singola vena del corpo, assieme al terrore. Sentiva l’odore di olio bruciargli la gola, il liquido inumidirgli i polsi.
Quando Alistair si allontanò, scendendo dal palco, Alec si dimenò in cerca di Jane.
-JANE! JANE!- Chiamò, scorticandosi la gola.
Jane emerse dalla folla davanti a lui, cadendo in ginocchio davanti al mucchio di legna dov’era legato il fratello. Alistair si chinò e la prese per un braccio, tirandola su e strappandole un grido di dolore. Lei alzò il viso verso Alec. Era sporco, e le lacrime scavavano linee scintillanti sulle guance lerce.
-Alec!
-Sta’ tranquilla, stega! Brucerai insieme a lui- ringhiò Conan, strappandola alla presa del figlio e spintonandola verso di lui. Jane cadde di schiena sui ciocchi di quercia, e restò lì, sdraiata.
Alec fu preso dal terrore. Urlò il suo nome, agitandosi e facendo affondare ancora di più la corda nei suoi polsi, scavando la pelle, ma non sentì il dolore.
Guardava sua sorella, urlando e pregandola di rialzarsi.
Qualcuno le tirò un calcio e Jane tossì sangue, mentre la sbattevano contro il palo.
La legarono con la spalla premuta contro quella del fratello, e all’improvviso i due smisero di agitarsi e lottare. Alec chiuse gli occhi, il coro delle voci dei contadini che gli rimbombava nelle orecchie. Il suo respiro era veloce e sentiva il battito del cuore risuonare nelle vene.
Ti prego, fa’ che finisca presto, pensò disperato. Non farà male. Non farà male.
All’improvviso si sentì avvolto da una strana calma. Ebbe il presentimento che qualcosa stesse per succedere.
I suoi muscoli doloranti si distesero e smise di provare dolore ogni qualvolta che inspirava ed espirava. Deglutì, sentendo i propri sensi affievolirsi. Le grida impazzite si ridussero a un mormorio indistinto.
Alec aprì gli occhi, e fece vagare lo sguardo sulla folla, perfettamente calmo e padrone di sé stesso. Vide la croce calare accanto a loro, tenuta dal prete, che li guardava con i suoi occhi scavati pieni d’odio. Non li aveva mai sopportati.
Alec scorse un movimento al limite del suo campo visivo e vide un ragazzino poco più piccolo di lui correre verso di loro con una torcia in mano. Il fuoco ardeva nell’aria, proiettando una spirale di fumo verso il cielo. Il ragazzo osservò il colore acceso della fiamma. Aveva sempre amato il fuoco, ma era destino che venisse ucciso dall’elemento che sentiva più vicino, evidentemente.
Sentì la voce impazzita d’odio e di terrore di Jane maledire tutti i loro compaesani, e le dita gelide della ragazza avvolgersi faticosamente attorno alle sue.
Alec inspirò, concentrandosi. Sapeva che a un suo ordine lui e sua sorella non avrebbero sentito più nulla, nessun dolore e nessun suono.
Un urlo gli fece aprire le palpebre. Girò la testa e sgranò gli occhi nel vedere il ragazzino che trasportava la fiaccola ormai spenta steso a terra, il braccio allungato verso i due condannati.
Una figura era sopra di lui. Un uomo dai lunghi capelli neri che si confondevano con il nero pece del mantello osservava Alec con un leggero sorriso.
I suoi occhi catturarono l’attenzione del ragazzo e di tutti quelli che potevano vederlo.
Erano rossi, un rosso intenso ma al tempo stesso opaco, sbiadito. Anche se opachi sembravano più vivi che mai. Un sorriso increspò le labbra sottili dell’uomo.
Fece per dire qualcosa, ma Alec sentì un calore insopportabile raggiungere il suo braccio e urlò di dolore, dimenandosi più forte che poteva. Qualcuno aveva gettato un’altra torcia sulla legna. Sentì il fuoco lambire la sua spalla e gridò forte, mentre Jane malediceva i contadini e urlava il nome del fratello.
All’improvviso Alec sentì delle mani afferrarlo e strapparlo dal palo con una forza disumana. Sgranò gli occhi, pregando che finisse presto, e vide gli occhi rossi dell’uomo davanti a lui prima di sentire un dolore impossibile da sopportare diffondersi dal collo lungo a tutte le vene.
Lo sconosciuto lo lasciò andare e Alec cadde a terra, agonizzante, stringendosi le mani alla gola, sul punto di svenire. Qualcosa di caldo gli gocciolò lungo le dita, mentre il collo pulsava e bruciava.
Forse sarebbe stato meglio il rogo.
Però Alec vide lo sconosciuto strappare Jane dalla morsa imminente del fuoco, e lo vide accostare la bocca al collo della sorella.
-Non farle male- gorgogliò, tendendo una mano verso di loro.
Lo sconosciuto si voltò verso di lui e in un secondo Alec lo vide accanto a sé, che teneva la sorella tra le braccia. Vide dei segni rossi sul suo collo, ma Jane si contorceva in preda a spasimi di dolore e non riuscì a vedere bene. Le urla strazianti della sorella gli riempirono le orecchie, mentre una scossa gli percorreva il corpo e lo faceva urlare fino a  sputare sangue.
Lo sconosciuto depose Jane accanto ad Alec e osservò con i suoi occhi rossi le loro mani intrecciarsi, mentre condividevano lo stesso dolore che li avrebbe portati ad essere più forti, più potenti e soprattutto superiori.
Dopo un lungo istante alzò gli occhi sulla massa di persone che lo guardava atterrita.
Sorrise affidabile, un sorriso che ben presto si tramutò in un ghigno.
Si lanciò in avanti.
 

Del villaggio non restò che un mucchio di cenere.


♦   ♦   ♦   ♦
 
ANGOLINO DELLA CENERE:
Non so come mi sia venuta in mente questa oneshot, so solo che a un certo punto stamattina a scuola mi è venuto in mente Aro (loooove Michael Sheen!!) e Alec e Jane, e mi sono chiesta per la settantottesima volta perché la Meyer non ha approfondito questi personaggi, magari in un libro come in quello dedicato a Bree!
Perciò mi sono messa lì a scrivere mentre interrogava -non me XD- e appena arrivata a casa l'ho ricopiata e continuata.
Spero di aver fatto un buon lavoro.
Ovviamente i personaggi non sono miei -a parte Conan e Alistair che me li sono bellamente inventati- e ho scritto questa ff per divertimento e basta.
Ho raccontato dal punto di vista di Alec, e non riesco a capire se sia decente o una schifezza, perciò... ditemi voi! ;)
Un bacio!
Anna
   
 
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