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Autore: Inheritance    13/05/2014    1 recensioni
Storia ispirata ad un post di Tumbrl.
Dal testo:
"Per nostra natura, arriva un momento nella vita in cui abbiamo l'assoluta certezza che spenderemo il resto della nostra vita con una determinata persona. Lo sappiamo perchè nel momento in cui la incontriamo smettiamo di vedere il mondo in bianco e nero, per solo l'ombra che è, ed iniziamo a vederne i colori e a dare un nuovo significato alle cose.
Tuttavia, se anche non avessimo avuto una simile caratteristica che ci permettesse di riconoscere l'attimo in cui posiamo gli occhi sulla nostra anima gemella, io... beh, io penso che lo avrei capito."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ciaaao.
Questa storia è stata ispirata da un post di Tumbrl ( http://thetardisinbakerstreet.tumblr.com/post/85219513074/red-orca-pleasegodletmelive-owynsama ) e boh, non so che dire se non che ho pianto nello scriverla. Ah, doveva essere una OS, ma poi l'ho divisa in quattro parti, che fra oggi e forse domani saranno postate tutte.

Also, un immenso grazie alla mia Crilla che mi ha supportato durante tutto il processo di ideazione, strutturazione e stesura (Madò, perchè sembro così formale?). Ti voglio bene, tesoro <3

Spero vi piaccia :3



Raccontami del cielo. 


I/IV. 

Quando ero piccolo capitava che mio nonno mi prendesse in braccio. 
Lo dico così, questo è da capire, perché non era qualcosa che capitava spesso. Nè niente che facesse particolarmente volentieri. 
Tuttavia, qualche volta accadeva esattamente questo: io entravo dalla porta, di quelle grandi e robuste di legno che fanno un gran rumore quando vengono chiuse, e andavo dritto da mia nonna, la quale mi abbracciava e mi dava un bacio sulla guancia sinistra con uno schiocco scenico ed un conseguente marchio di rossetto ben impresso sulla mia pelle. Poi mi recavo nel salone e mi sedevo su uno di quei grandi divani dal tessuto morbido. C'era questa specie di regola a casa dei miei nonni, che vietava assolutamente qualsiasi forma di attività fisica all'interno dell'edificio. Non che loro l'avessero mai detto ad alta voce, era semplicemente qualcosa che si sapeva
Perciò mi sedevo sul divano e, di solito -che poi era praticamente sempre- aspettavo. 

Ecco, quello era il momento in cui mio nonno entrava nella stanza e in cui qualche volta -rare volte- decideva di sedersi con me, di adagiarmi sulle proprie ginocchia e di parlare con me. 
Mio nonno, c'è anche questo da capire, non era un uomo cattivo, non lo era affatto, era forse -se mi è consentito dirlo- fra le persone più buone di questa terra. Semplicemente, non era in grado di mostrarlo agli altri. 
Stando che io avevo all'incirca cinque anni quando ho capito questa cosa, spero vivamente che anche tutti gli altri se ne siano accorti. Sarebbe un vero peccato se i suoi conoscenti lo ricordassero come una persona maligna. 

Quello che stavo dicendo, comunque, è che mio nonno qualche volta parlava con me e, qualche volta, mi raccontava storie. 
La sua preferita era di quella volta in cui a quattordici anni aveva visto per la prima volta, e purtroppo anche l'ultima, l'Europa. Gli piaceva parlare di tutti i posti che aveva visto, ma quello...quel viaggio era qualcosa che gli era rimasto nel cuore. 
"Ciò che rimpiangerò per sempre", diceva, "è il fatto che non ci sono più tornato dopo...sai, dopo aver conosciuto tua nonna. Ciò di cui più mi rammarico è non averne visto i colori." 

Mio nonno amava i colori. Ne parlava sempre come se ogni giorno assistesse alla più grande meraviglia dell'universo. Parlava del verde e lo descriveva come qualcosa che sa di pace e di tranquillità e poi parlava del giallo e diceva che lo faceva sempre pensare al sorriso di mia nonna. Che però era bianco, quello potevo vederlo anche io, quindi in realtà non mi sono mai spiegato quella cosa. 

Mio nonno amava i colori e diceva che io li avrei assolutamente adorati, una volta incontrata la mia anima gemella. Diceva così e io chiudevo gli occhi cercando di immaginare l'inimmaginabile: un colore, una tonalità, un'emozione mai provata prima, un viso mai visto e un amore mai assaporato. Immaginavo la mia vita a colori e qualche volta piangevo, chiedendomi che colore mai avessero le lacrime, e non avendo il coraggio di domandare. 

La sua seconda storia preferita, quindi, questo arriva di conseguenza, è quella di quando ha conosciuto mia nonna. Di quando per la prima volta -questo è qualcosa su cui gli piaceva porre l'attenzione, e penso sinceramente di poterlo capire, anche se a me non era mai accaduto- ha visto il colore dei suoi occhi, poi della sua pelle ed infine del cielo. 
Faceva sempre così, a un certo punto smetteva di narrare della nonna e cominciava a parlare del cielo tutto all'improvviso, con le sue sfumature e le variazioni di tonalità durante l'arco della giornata. 
All'inizio mi chiedevo perché non mi parlasse mai degli occhi della nonna o dei suoi capelli o della sua pelle, ma col tempo ho capito che in lui risiedeva il genuino desiderio che io scoprissi da me cosa significa vedere, come ci si sente a non vivere più solo una metà del mondo, ma guardarlo tutto intero. 
Credo che mio nonno, oltre ad essere un uomo buono, fosse un uomo saggio, e credo desiderasse per me un'esperienza simile alla sua, una di quelle che è tutta una sorpresa, che è tutta un mistero da scoprire assieme alla propria anima gemella. 
Credo volesse per me che io conoscessi la mia metà senza sapere cosa aspettarmi da essa.

Il nonno e la nonna si incontrarono sulla spiaggia, il che -se volete la mia- suona piuttosto romantico, ma è stato in realtà un semplice incrocio piuttosto caldo e decisamente affollato. 
Mamma e papà si incontrarono al supermercato, e io qui ci ho sempre visto dell'ironia, perché in realtà il tutto è stato molto, molto poetico. 
A mia madre è caduto il foulard e mio padre lo ha raccolto per lei. 
Papà racconta, dopo un bicchiere di birra o due, che avendo subito capito di trovarsi di fronte alla propria anima gemella -con quella storia dei colori e tutto- le abbia circondato il collo con la sciarpa e l'abbia baciata, così dal nulla, il che suona come una specie di favola, finché non pensi che è accaduto tutto di fronte a delle scatole di fagioli. 

Per quel che mi riguarda, mi piacerebbe dire di aver incontrato la mia anima gemella quando meno me lo aspettavo. 
Non so perché, penso che al nonno sarebbe piaciuto in questo modo. Sarebbe stata una di quelle storie che avrebbe ascoltato un po' rapito, con gli occhi ben aperti e la bocca appena socchiusa. Gli sarebbe piaciuta una cosa così. 
Eppure così non è stato.

È chiaro che, a questo mondo, siano diversi i casi in cui si incontra la propria anima gemella da bambini, casi di quelli:
"Mamma, credo di essermi innamorato di Elise."
"Elise?"
"È la bambina che abita in fondo alla strada, nella casa gialla sulla destra."
"Oh, quella Elise."
"Mh-mh."
"Aspetta...casa gialla hai detto?"
Quelli sono casi fortunati, voglio dire, che qualche volta capitano. 
Tuttavia, è raro che il destino renda tutto così semplice, ed è conseguentemente raro che casi simili avvengano. 
Ciò che è molto meno raro -ed è quasi la prassi, stando a credere ai libri di scuola- è che la propria metà la si trovi nel periodo dell'adolescenza o in quello appena seguente. 

Quando dico, quindi, che il mio incontro con essa non è stato propriamente una sorpresa, intendo dire che io la stavo cercando, la cercavo ogni singolo giorno, ed avevo il sentore che non potesse mancare troppo.

Finché sei ancora piccolo, lasciatemi spiegare, è una cosa che ti piace sognare ed immaginare, ma in cui non credi veramente perché è troppo lontana l'idea che a te possa accadere -le statistiche parlano di un caso su 200.000, che, globalmente parlando, non è neanche poco, ma sicuramente non è frequente-, mentre quando sei adulto, già verso i quarant'anni, qualche volta non puoi fare a meno di scoprirti rassegnato all'idea che forse potresti non trovarla mai, la tua anima. 

Quando sei un ragazzo, invece, è tutto lì: la speranza, la certezza, la trepidazione dell'attesa. Sai che arriverà da un momento all'altro e non ti tocca il pensiero che sarebbe potuta già essere lì, o che addirittura potrebbe non giungere mai. 
Quando sei un ragazzo, hai la consapevolezza che ogni singolo giorno è il giorno in cui potresti diventare completo e, personalmente, non ho mai avuto difficoltà a trovare una logica in tutto questo. 

Nel mio caso, perciò, non è stata una vera e propria sorpresa, ma non per questo può essere considerata come qualcosa di diverso dall'esperienza più importante della mia vita. 

Nell'eventualità che qualcuno, poi, fosse interessato -e vi assicuro che, alla fine dei conti, è una gran bella storia, questa- vi dirò che io la mia anima gemella l'ho incontrata su una scala.
  
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