Capitolo Primo - Risveglio
Una
luce abbagliante invade il mio campo visivo e i miei occhi cominciano
a distinguere alcune figure chine su di me. Non ho la più
pallida
idea di dove mi trovo e tutto ciò che vedo è il
soffitto di una
stanza abbastanza ampia e un mormorio di sottofondo. All'improvviso
una delle voci supera le altre di tono e dopo pochi istanti qualcuno
mi si avvicina di più stringendomi il polso. Con un
movimento che mi
sembra durare un secolo riesco a piegare la testa di lato
incontrando lo sguardo di una ragazza dai capelli biondi. Rebecca?
-Chiara?
Mi senti? Oh Dio non ci credo..- dice lei. Gli occhi colmi di
lacrime.
Apro
la bocca per rispondere ma mi accorgo di non riuscire a emettere
alcun suono: un tubo di plastica, attaccato ad un respiratore,
percorre la mia trachea e mi impedisce di parlare.
-No,
scusami non parlare. Sono così felice.. Chiara.. non sai
quanto
tempo..- ma le parole le si mozzano in gola e la giovane è
costretta
a uscire dalla stanza scossa dai singhiozzi.
Che
diavolo sta succedendo? Dove sono? Cosa ci faccio attaccata ad una
macchina? Perché faccio fatica a muovermi?
In quel momento avevo tante domande nella testa e ancora
non conoscevo le risposte che le persone intorno a me mi avrebbero
dato.
Forse, però, non avrei mai voluto saperle.
Il
giorno in cui mi sono svegliata dal coma era inverno ed è
stato come
aprire gli occhi dopo un sonno molto profondo. Tuttavia quel mattino
non mi trovavo nel mio letto, ne' avrei sentito mia madre aprire la
porta della stanza per dirmi che la colazione era pronta, ne' avrei
salutato mio padre prima di andare a scuola.
Il
giorno in cui mi sono svegliata l'unica persona al mio fianco era la
mia migliore amica.
I
medici mi raccontarono di un incidente avvenuto ad agosto:
io e i miei
genitori eravamo diretti a Roma per i nazionali di nuoto, ma non ci
siamo mai arrivati.
Un
camion ci aveva tagliato la strada e mio padre era morto sul colpo.
Mia madre ha lottato fino in ospedale tra la vita e la morte, ma le
ferite riportate erano talmente gravi che si è spenta dopo
pochi
tentativi di rianimazione.
Io sono rimasta in coma per quasi sei mesi
e una sottile cicatrice ora mi solca la tempia sinistra.
Il giorno in cui mi sono svegliata dal coma mi accorsi di non avere più nessuno.
*
-Chiara!
Forza sbrigati, perderai l'aereo!- la voce di Rebecca mi fa tornare
alla realtà.
-Sì,
scusami. Arrivo!-.
L'aeroporto
di Fiumicino è davvero affollato, nonostante sia inizio
giugno, ed è
difficile orientarsi specialmente per una ragazza che si ritrova a
prendere l'aereo per la prima volta.
Sono
passati due anni dall'incidente che cambiò la mia vita e,
alla
vigilia dei miei 16 anni, il destino mi ha giocato un altro brutto
scherzo. Parto per il Giappone e andrò a vivere da una mia
lontana
zia che rappresenta tutto ciò che rimane della mia famiglia.
Non so
se tornerò prima dei miei diciotto anni, non so se
rivedrò i miei
amici, la scuola, la piscina.
Ad
occuparsi di me per tutto questo tempo è stata la mia cara
nonna, ma
la sua età ormai avanzata e il dolore per la tragedia che ha
coinvolto suo figlio, la nuora e me non le ha permesso di vedermi
crescere ulteriormente. Quindi ora non ho alternative.
Mancano
pochi minuti all'imbarco e mi si stringe lo stomaco, Rebecca lo nota
e mi abbraccia. Ah, mi mancherà il suo abbraccio, il suo
profumo, la
sua risata: amiche come lei ce ne sono una su un milione.
-Mi
raccomando Chia.. vedi di fare nuove amicizie e di comportarti bene.
Se puoi trova una piscina e continua a nuotare. Se diventi forte ci
troveremo tutti a casa di Luca a guardarti in televisione.. e.. e..
non dimenticarti che ti voglio un bene dell'anima!- dice
aggiustandomi il colletto della camicia come farebbe una madre con la
figlia di dieci anni prima di lasciarla varcare il cancello
scolastico.
Sorrido
e ricaccio indietro a forza le lacrime. Se piango piangerà
anche lei
e non voglio ricordarmi della mia migliore amica
nonchè compagna di squadra se non con il suo
bellissimo sorriso stampato sul volto.
-Grazie
Rebe, mi mancherai tantissimo. Cercherò di farmi sentire il
più
spesso possibile te lo prometto e giuro che mi comporterò
come si
deve!- rispondo nel modo più naturale possibile. Gli addii
non mi
sono mai piaciuti..
Faccio
per raccogliere il mio bagaglio a mano quando Rebecca mi ferma. La
testa china sul petto e lo sguardo fisso a terra.
-Volevo
darti una cosa..- sussurra prendendo dalla tasca dei jeans un piccolo
ciondolo a forma di goccia - prendilo.. così se ti sentirai
sola ti
basterà pensarmi e io sarò li con te- aggiunge,
poi alza lo sguardo
e sfodera il suo sorriso più bello - buona fortuna!-.
Rimango
in silenzio per qualche secondo; sì mi mancherà
da morire. Anche se
lo negherò mille volte la verità
rimarrà questa.
-Nuoterò
per te.. te lo prometto.- dico solamente. Prendo il ciondolo dalle
mani tremanti di Rebecca e scappo letteralmente via.
A
quanto pare una nuova vita si prospetta davanti a me. Chissà
se
riuscirò a lasciarmi alle spalle i due anni appena trascorsi
per
tornare ad essere la ragazza spensierata che ero prima.
Chissà se
riuscirò a mantenere la promessa fatta alla mia migliore
amica.
Non
faccio in tempo a sistemarmi nel posto a me assegnato che sento il
cellulare vibrare nella tasca dei jeans. Sblocco la schermata con un
gesto rapido per poi sorridere malinconica. Ti voglio bene.
Anche io te ne voglio. Non sai quanto.