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Autore: onlydreams    14/05/2014    2 recensioni
STORIA RISCRITTA DAL PRINCIPIO!
Una storia che ormai si è lasciata andare alle spalle torna prepotente nelle veci dei loro corrispettivi figli: Crhistine e Josh. Fin da subito attratti l’un dall’altro, legati inconsapevolmente. Ciò che non sanno è che il loro amore non è altro che il ripetersi di una storia terminata molti anni prima dai loro genitori.
Scopriranno con amarezza che il passato tende spesso a ritornare nel luogo in cui era finito, ignari di ciò che li unisce. Scopriranno come sia cattivo il fato nel fargli vivere le stesse emozioni,nello stesso contesto di un passato ormai trascorso.
DAL CAP
< Buongiorno Sono Josh Somerhalder e vi darò tutte le dritte per raggiungere gli obiettivi prefissati da questo corso e superarlo. Voglio precisare una cosa non accetto favoritismi di nessun genere. > La sua voce assottigliata, declinava a quelle che lo stavano già puntando, la possibilità di passare una notte con lui in cambio di un punteggio alto, ma lasciava anche intendere che fosse stato propenso a qualche notte di puro divertimento ma senza ripercussioni.
Non c'era nessun punto di sospensione nella sua frase, né nessuna forma di indugio nella sua voce.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Il lupo di cappuccetto rosso
 
< Ho l'intera collezione riposta accuratamente nella piccola ma accogliente biblioteca del mio appartamento. Vuole venire a vederla? > Sibilò fermandosi, scandendo ogni singola parola con estrema sensualità e i suoi occhi complici si schiusero in due piccole fessure affascinando lo sguardo e predisponendo il suo tono a lasciar intuire a chiunque l'ascoltasse l'incoerenza e l'immoralità che la sua mente voleva destare nei pensieri altrui, conducendo così la povera vittima nel cammino della confusione, rendendo instabile il percorso da percorrere.

Lo scopo? Perdere la ragione.

Il mio cuore inaspettatamente perse un battito.

Il suo modo di fissarmi fu più che sufficiente per farmi vacillare ma a lui questo non bastò, sopraggiunsero le sue parole che mi diedero quell'effimero colpo di grazia.
Rifiutare sarebbe stato sinonimo di debolezza?!

Un tranello.

Sorrisi.

Se c'era qualcosa che nella vita fosse doveroso imparare quello era certamente attingere a chi nella vita con le loro beffe e false promesse ci avevano impartito a loro volta una grande  lezione di vita: dare ciò che si riceve, prendendo spunto proprio dagli inganni subiti.

Credere che basti abbassare di un tono la voce rendendola profonda o costringere i lineamenti del viso a simulare il volto di nuovo inizio è la presunzione dello stolto che crede che il proprio aspetto sia quel tassello indispensabile per cambiare le prospettive di una guerra che è già alle porte di una conclusione.

< Ci vuole sempre una buona dose di presunzione per fare determinate dichiarazioni, lei ne ha i requisiti  peccato pecchi di furbizia, è assurdo no? Credere che basti fare il faccino dolce per cascare ai suoi piedi  > Controbattei decisa quasi come se da altezzosa volessi sottolineare i difetti della sua affermazione per poi lasciarlo come un ebete al centro della pista.

Al termine della serata mi accorsi che il suo modo di sfogare la rabbia era piuttosto illecito, non sopportai l'immagine che avevo di fronte ai miei occhi.

Lasciandomi trasportare dal presupposto che io e la coerenza fossimo nemiche dalla nascita mi fiondai accanto a lui e facendo una piccola pressione sul suo braccio lo trascinai lontana da lei alla quale questo mio gesto le aveva appena dato conferma di quelle voci di corridoio sul mio presunto sentimento d'invidia.

< Deve essere una vera appassionata di Pascoli vedendo con quanta irruenza mi ha trascinato dentro la macchina > Canzonò fintamente sorpreso

<  L'unico motivo per il quale l'ho trascinata fuori è stato quello di sventare i suoi piani per la serata con la mia amica > Lo smentii assumendo un'aria quasi avvelenata.

< Accostata qua > Sibilai subito dopo e stranamente ascoltò la mia richiesta.

Cercai di ignorare il panorama da brividi che mi si presentava davanti e approfittando della presenza di quell'unico lampione funzionante mi appoggiai ad esso.

< Che sta facendo? > Domandò realmente curioso continuando a tenere un braccio teso su quello sportello ancora aperto, cercando di capire quale fosse il motivo che mi aveva spinto a scendere e  fiondarmi sul primo lampione acceso. 

< Aspetto un taxi  > Affermai stizzita.

Al suono della mia affermazione increspò gli occhi e con fare incredulo iniziò a guardarsi intorno mentre il suono inquietante di una civetta rendeva quel viale alberato ancora più isolato.

< Sì certo, forse intendevi qualche lupo affamato > Sbeffeggiò.

< Per quanto possa essere soddisfacente per il mio ego lasciarti qui in mezzo al nulla il mio senso di responsabilità me lo impedisce > Sbuffò estenuato dai miei capricci prima di prendermi di peso e caricandomi su una spalla mi costrinse ad entrare sulla vettura. Fui tentata di aprire lo sportello ma il suo dito puntato a mo' di avvertimento anticipò il mio pensiero.

< Chiamerò un taxi da casa tua, non voglio che qualcuno del mio vicinato mi veda con te fraintendendo più di quanto tu non abbia fatto > Esclamai.

E mentre la testa era persa in qualche parte di quel bosco fitto, appoggiai la testa sul vetro, stanca di parlare aspettavo con ansia di ritornare a casa per sentirmi più sicura più di quanto lo fossi accanto a Josh ed io inconsapevole che la sua immagine  riflessa sul vetro mi guardava, anche se per pochi secondi, i suoi occhi mi fissavano pensierosi.

Quell'appartamento era lo specchio che rifletteva la sua immagine: fredda e impenetrabile, nessun tipo di oggettistica che lasciava intendere se la sua personalità fosse stravagante o meno. Non c'era nessun dettaglio fuori posto tra quelle mura grigie, era tutto rigorosamente perfetto.

< Posso offrirti qualcosa? Acqua...vodka? > Propose fintamente dubbioso, la sua voce sembrò soffermarsi particolarmente sull'ultima parola e il suo modo di guardarmi la diceva lunga sul suo indugiare.

Che mi avesse visto affogarmi nell'alcol? affogare in realtà era un parolone, dire che mi  ero concessa all'alcol era il termine più adeguato.

< No grazie > Rifiutai stizzita.

< Strano, eppure non mi sei sembrata tanto astemia > Confessò portando gli occhi verso l'alto e il mio sguardo fu che più sufficiente per fargli passare la voglia di ricordare.

< Ok tregua > Affermò alzando le braccia in segno di arresa e togliendosi la giacca maliziosamente simulando una sorta di spogliarello si allontanò per chiamare il servizio taxi.

I miei occhi vagarono tra quelle stanze alla ricerca di un qualcosa che assomigliasse a un ricordo di una famiglia felice e quando pensai di averlo trovato mi accorsi di quel portafotografie posto sottosopra e capii quanto quel ricordo felice fosse anche il ricordo più triste.

Ero nella tana del lupo, quel luogo dove mostrava il vero se stesso, emozioni, sensazioni erano messe a nudo perché era qui dove si sentiva più al sicuro e il suo cuore, quello che cercava di tenere nascosto perfino ai suoi occhi era in quella fotografia.

Volevo sapere, scoprire cosa  l'aveva reso duro come il cemento.

Mossa dalla mia incontrollabile voglia di capire l'afferrai e capovolgendola sentii  la copertura di vetro frantumata, scricchiolare al contatto con le dita.

Per quanto assurdo potesse essere, quel leggero scricchiolio mi destò dai tutti quei pensieri negativi che con facilità avevo fatto in modo  calzassero perfettamente con la sua figura. E quando provando ad immaginare il modo e la rabbia con la quale accanitamente l'aveva lanciato sentii per la prima volta la voglia di abbracciarlo, di rassicurarlo.

Ignorai palesemente i pensieri di bontà che avevano invaso la mia mente e che comunque non sarei riuscita a giustificare e scuotendo lievemente la testa, come se volessi riprendermi, rimisi a posto la cornice ma proprio in quel secondo la sensazione di averlo alle spalle mi fece vacillare.

Presi un lieve respiro e mi voltai.

Era immobile.

POV JOSH


Si voltò e all'improvviso ciò che aveva tenuto per le mani passò in secondo piano, non mi importava che avesse scorto il mio lato debole nulla era più logorante del suo sguardo che mi studiava non più con occhi critici, era forse la compassione quella che leggevo nei suoi occhi?


INIZIO FLASHBACK 

Certe ferite sono difficili da guarire e a volte anche il tempo che si dice possa essere curativo lesiona quello che è già stato devastato, io ne ero l'esempio vivente. 

Tutte quelle volte che mi deludeva, mi convincevo che il tempo in qualche modo potesse smentire l'idea che la mia testa gli aveva appropriato ma i giorni, i mesi e gli anni mi dimostrarono che la sua immagine assente non poteva cambiare a prescindere se in realtà non c'era mai stata la voglia di essere partecipe nella mia vita.

Era il mio settimo compleanno.

Mia madre come ogni anno, nonostante le mie lamentele, aveva deciso di affittare un grande gazebo, avevo maturato una sorta di odio per le classiche feste con i compagni perché era proprio in quelle occasioni che si accorgevano di un'assenza genitoriale: quella di mio padre.

< Josh il tuo papà non c'è nemmeno quest'anno? >

Ricordo ancora quel momento come se fosse ieri.

Mi sentivo a disagio quasi colpevole della sua assenza ad ogni compleanno.

< No > Sibilai piano sperando di chiudere l'argomento.

< Ho sentito dire dalla mia mamma che il tuo papà ha scelto un'altra mamma e un'altra bambina > Affermò 

< Non è vero! Ho detto che non è vero! > Urlai ma loro mi guardavano con disattenzione.

FINE FLASHBACK

POV CRISTEL

I suoi occhi mi scrutavano come un dettaglio insignificante.

Istintivamente abbassai lo sguardo incapace di reggere il suo.

< Smettila > Asserì rudemente con tono staccato.

Sobbalzai, nonostante in quel breve lasso di tempo avevo provato ad immaginare le sue parole, ripetendomi perfino di essere pronta a parare ma alla fine mi colse ugualmente impreparata. Alzai lo sguardo e quando provai a dire qualcosa mi ritrovai completamente ammutolita

Forse era stato il fracasso del battito del mio cuore che aveva mimetizzato il suono delle sue scarpe ma mi accorsi della vicinanza forzata solo quando la pressione della sua mano sul mio braccio aveva messo in moto la soglia del dolore e le sua voce mi aveva sollecitata a guardarlo.

< Smettila di guardarmi come se mi stessi compatendo > Digrignò a denti stretti e il suo sguardo duro sembrava suggerirmi di aggredirlo perché spazientire me era soltanto uno stupido pretesto per sviare l'attenzione da lui.

Parla. Dì qualcosa.Continuavo a ripetermi ma era come se le parole mi morissero in gola prima  ancora di poterle rendere qualcosa di concreto.

Il silenzio.

Sorrise.

Sorrise un'altra volta e tutto nel suo modo di guardarmi lasciava intravedere lo stupore per la persona che aveva di fronte a se.

< Non provare a fare la schizzinosa non ti s'addice per niente e poi non mi piacciono per niente le ragazze silenziose > Asserì increspando lo sguardo e passando un braccio intorno alla vita mi strinse con forza.

Era strano il destino quanto lo era la storia che in qualche modo ci legava.
Come poteva mia madre essere talmente importante per suo padre da costringerlo a rinnegarlo come suo figlio?

Non è forse il ciclo della vita che ci costringe ad andare avanti? Non è la stessa che ci induce a credere che non abbiamo altra scelta se non quella di continuare a camminare perché chiunque si guarda indietro è perduto.

< Mi dispiace > Sussurrai tutto d'un fiato < Ma non lo comprendo, innamorarsi non è la certezza di un futuro insieme e qualcuno può restarne scottato ma non per questo... > Parlai così velocemente che quando arrivai al sodo di quella conversazione non ebbi il coraggio di terminare e il tono della mia voce stonò.

< Si abbandona una famiglia. è questo che vuoi dire? > Sibilò in cerca di conferma.

< Quindi mi chiedo perché essere così stupidi da correre dietro qualcuno che ha preferito lasciarti indietro? > Sussurrai  rendendomi conto solo dopo ciò che avevo detto. La durezza della mia frase che criticava chiunque rincorresse l'amore alludeva alla mancata saggezza da parte del padre toccando quindi chi aveva raccolto i suoi errori.

 < E' a causa di quella stupidità e chi la reso così che io sono arrabbiato > Asserì a denti stretti.

Con una lieve pressione eliminò quella poca distanza che era rimasta tra il mio e il suo busto.
< Il tuo ragionamento non fa una pecca... > Rifletté abbassando di un tono la voce.

< Amare implica anche giocare e sta a te capire chi bleffa e chi invece secondo il tuo saggio ragionamento pagherà le conseguenze solo perché le loro aspettative non combaceranno > Assottigliò la voce rendendo quella strana confidenza intima, più di quanto la vicinanza tra i nostri volti non aveva già sottinteso.

< La colpa non sarà mai del lupo ma della povera cappuccetto rosso che si è fidata > Concluse prima che l'uomo del taxi suonasse e mi desse la possibilità di fuggire da quel botta e risposta senza termini.

 
*****


Chiusi la porta alle mie spalle e la brezza fredda di quella serata mi stonò.

Per qualche strana ragione mi sentii svuotata.

Mi avvicinai alla macchina, dentro la quale l'uomo del taxi aspettava spazientito per la troppa fretta di finire quei turni strazianti di lavoro ma prima che potessi entrarci dentro una voce mi chiamò.

< Cristel >

Alzai gli occhi.

< Marcel > Sussurrai quasi sorpresa della sua presenza che subito dopo capii essere una  coincidenza: lui abitava nella palazzina accanto.

Mentre per me l'aspetto di quell'uomo rude fosse qualcosa per cui sorvolare pur di tornare a casa per Marcel, l'uomo maturo che dava l'impressione di non aver mai corso un rischio perché il suo essere così responsabile e corretto glielo impediva, non era un'azione saggia. E forse fu proprio questo sentimento di protezione che lo spinse in modo galante a patteggiare con il tassista che dopo aver trascorso diversi chilometri per guadagnare quei pochi soldi per vivere non era affatto contento di tornare indietro a mani vuote.

Tra una parola e un'altra qualcuno nascosto dietro la tenda fissava con attenzione la situazione.

Alla fine anche lui ne rimase in qualche modo affascinato.

Era semplice confondere quel bagliore di luce con calore familiare, un'immagine quasi suggestiva indotta da quelle fiamme ardenti che ingenuamente evidenziavano i dettagli di quella stanza, convincendoti di essere al sicuro tra quelle quattro mure e un fuoco che a malapena soffocava il freddo che intorpidiva ogni muscolo del tuo corpo.

< Ingenuità o vizio? > Domando con uno strano sorrisetto.

Sussurrai senza rendermene conto. Le sue parole mi presero alla sprovvista come quando nonostante la disattenzione riesci a capire ciò che ti è stato detto solo che la mente frettolosa ti spinge a chiederne conferma.

Forse era la prospettiva di come appariva ai miei occhi, seduto al mio lato destro in quell'antico ma quanto scomodo divano o i suoi occhi persi tra quelle fiamme che mi spinse a leggerla come una riflessione piuttosto che un'affermazione. 

Accennò un sorriso divertito, incuriosito da quale fosse il termine che s'addiceva maggiormente ai miei modi di fare, scuotendo lentamente la testa verso il basso per poi alzare lo sguardo verso di me.

< Ciò che per te è coraggioso in realtà agli occhi degli uomini è pura provocazione. Agisci con superficialità a prescindere dalla persona che hai di fronte > Rifletté con voce pacata e il mondo con cui si esprimeva e le sue espressioni lasciavano intuire uno stupore inaspettato perfino per lui.

Sorrise nuovamente quando la mia mancata reazione alla sua affermazione gli fece intuire che la mia mente non si era minimamente sforzata di leggere fra le righe cercando di vedere in quel consiglio una sorta di rimprovero alla mia personalità impulsiva.

Ricalcò quella smorfia simile ad un sorrisetto furbo, fautore di ciò che la sua mente maliziosamente nel silenzio stava realizzando e che contemporaneamente mi aveva messo in allarme.

Increspai gli occhi sospettosa, i suoi cambi umorali non accennavano a nulla che potesse assomigliare a qualcosa di buono.

Quel sorriso allusivo, quasi fuori posto su quelle labbra sempre sostenute e prive della capacità di essere più sensibili all'emozioni adesso mi apparivano chiare e leggibili.

< Quanto pensi rischioso sia stare qui da sola con me >Azzardò improvvisamente scandendo ogni singola parola con un tono stucchevole che celava la maturità di chi vuole impartirti una lezione di vita.

Assunsi un'aria pensierosa, sul mio viso c'era disegnato un enorme punto interrogativo.

Il suo sguardo dapprima intrigante si fece serio perdendo quel barlume di maliziosità che il suo sorriso ti portava a vedere, con le labbra dischiuse era possibile vedere l'altra faccia della medaglia, quel lato misterioso e quasi irraggiungibile.

Percepii anche se per poco il suono del divano scricchiolare al movimento del suo corpo che si poneva verso di me, soffermandosi qualche secondo vicino al mio viso il suo respiro solleticò il mio collo inondando la  schiena di brividi.                                                                                                                                          
< Fin dove ti spingerai? >

La sua affermazione era il perno di una questione che io ignoravo, il mio essere così avventata era qualcosa che ai suoi occhi appariva rischioso e irresponsabile.

Ciò che avevo fatto fino ad adesso era stato vivere alla giornata, continuamente impreparata agli ostacoli della vita avevo strizzato gli occhi per paura, lasciando che le mie improvvisazioni reggessero il peso delle mie azioni senza rifletterci più di tanto.

Il profumo del suo dopobarba solleticò il mio olfatto che preso alla sprovvista si trovò a lasciarsi cullare da quella dolce fragranza attenuando il senso della vista che preferì fingersi cieco costringendomi a socchiudere gli occhi  mentre quell'organo che palpitava contro la gabbia toracica reagì di conseguenza aumentando i suoi battiti.

Solo quando quella strana sensazione di calore abbandonò il mio collo mi convinsi ad aprire gli occhi pentendomene l'attimo dopo.

Il suo sguardo era fermo sul mio. 

Arrossii di colpo.  
                                                                                     
Era soddisfazione e giocosità quella che leggevo nel suo sguardo per aver visto la mia debolezza nell'essermi concessa di chiudere gli occhi come una richiesta di attenzioni.
Tossicchiò fintamente indifferente volgendo la sua attenzione a quei ceppi di legna che venivano consumati dalle fiamme, alleggerendo così quel vagone d'imbarazzo che mi aveva ammutolito.

Nonostante la sua accortezza di comportarsi come se nulla fosse successo, i miei occhi che di nascosto continuavano a guardarlo spudoratamente si accorsero di quei lineamenti istintivi che facevano trapelare un viso curioso, stupito e divertito.



SPAZIO AUTORE

Scusatemi per la lunga assenza è davvero difficile per me essere costante nella pubblicazione ^.^
Vi lascio questo piccolo capitolo, spero che vi piaccia. =)
Grazie a tutti coloro che perdono quei pochi minuti per leggere questa storia.
  
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