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Autore: fewde    14/05/2014    0 recensioni
«Mi trovo a più di venti metri d’altezza, il London Eye gira lentamente e mi permette di osservarla tutto il tempo. Lei sta là sotto accanto al fiume, con il vento che le scompiglia i capelli: tiene lo sguardo fisso lontano, chissà se davvero non si è accorta di nulla o se finge di non sapere che la sto osservando perché si vergogna.»
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao, il mio nome è Jude. Una signora mi ha chiesto di raccontarle la mia storia perché la crede tra le più belle realtà adolescenziali mai esistite. E lo credo anche io.

 È iniziato tutto  il 22 settembre. C’è un po’ di vento, ma il tempo non è brutto. Lei è seduta sulla sella del suo motorino, proprio davanti al mio palazzo: parla e muove in modo nervoso il piede, che sembra battere ritmicamente sull’asfalto ancora bagnato dal giorno prima. Le passo davanti e le sorrido, non so neanche io perché, non l’ho mai vista prima. Anche lei sorride e continua a parlare, formando nuvolette di vapore che salgono e si rarefanno nell’aria.

Non devo aspettare molto per rivederla. La riconosco da dietro, forse dal cappellino grigio di lana con il pompon dai cui sbucano lisci i capelli scuri, forse dalle scarpe. Mi precede con in spalla lo zaino nero e arancione della Seven, i jeans chiari e un giubbotto rosso con il colletto di pelliccia. A quanto pare va proprio alla mia scuola: un pretesto in più per fare conoscenza.

Gli incontri diventano sempre più frequenti, gli sguardi anche. Un giorno la vedo entrare nuovamente nel mio condominio, quello formato da tre palazzine con i mattoncini rossastri un po’ rovinati: allora era lei l’altro giorno, quella affacciata al balcone che dà sul giardino. Incontro spesso sua madre fuori da scuola oppure sotto casa e sorride. Mi ricorda un po’ la mia, penso appartengano entrambe a quella tipologia di donne con due figli e senza un uomo su cui contare, indaffarate dalla mattina alla sera.

Non ci sono ancora uscito, ma trovo che il gruppo di pallavolo sia un’ottima opportunità: conosco abbastanza bene Leonard, un suo compagno di classe che frequenta il gruppo con lei. Potrei usarlo da tramite, o entrare direttamente nella squadra, o magari dovrei prendere il coraggio a due mani e decidermi a chiederle direttamente di uscire, senza aspettare troppo…  Nel frattempo l’ho cercata su facebook e ho visto che mette un sacco di foto, le carica per lo più la sera. Ieri ne ha pubblicata una simpatica con la sua classe, il IV C, mentre sono tutti vestiti in giacca e cravatta, probabilmente obbligati da quel professore strano che hanno.

È il 2 di febbraio, fa freddo, c’è aria da dissennatori e noi due stiamo tornando a casa con il motorino. Finalmente mi sono deciso e sono riuscito a vederla fuori da scuola. Una cosa tranquilla, abbiamo bevuto qualcosa in un bar non lontano da qui: ma il semplice fatto di essere nello stesso locale in cui è lei mi rende felice. Ora siamo fermi al semaforo, quello sulla via della scuola, e Gwen si strofina rapidamente le mani sulle ginocchia per scaldarsi. Non so cosa ci sia preso, penso ci pentiremo entrambi di essere usciti con questo gelo. E infatti per un po’ di tempo non ci vediamo più di sera, finché ad aprile i primi accenni di primavera  non tornano a darcene la possibilità, e una passeggiata in centro dopo cena non guasta mai.

In quel periodo siamo entrambi molto occupati. Io studio tantissimo e non vedo Gwen se non a scuola, e neanche tutti i giorni. Aspetto sempre con ansia l’intervallo per vederla, quei dieci minuti insieme sono i migliori della giornata. Un mercoledì sono costretto a rimanere in classe durante la ricreazione per finire la versione di latino e così riesco a incrociarla solo all’entrata. È vestita con lo stile di sempre, ma ha sostituito quegli orecchini con la farfallina che mette sempre con altri a pendente, le stanno davvero bene.

Le giornate si stanno scongelando, pian piano il cappotto rosso viene sostituito da un semplice maglioncino, a volte quello verde acqua che mi piace tanto, oppure, il giovedì, dalla tuta bianca che usa per educazione fisica. Lei non cambia mai però: i movimenti sono sempre gli stessi, i sorrisi, gli sguardi sottecchi o palesi, le risate allegre e spensierate che fa, proprie di quel mondo in cui solo lei riesce ad entrare.

Scopro anche che le piace tanto ballare, lo vedo nel video del suo compleanno che Leonard ha pubblicato la settimana scorsa, dove non si fa impensierire dai tacchi alti e si scatena tra la gente con il suo vestito blu a fiori. Ma il lunedì seguente a scuola c’è, senza vestito, ed è come la conosco io. Proprio quel giorno escono i risultati delle Olimpiadi della Matematica; non lo dà a vedere, ma penso che non mi perdonerà mai il fatto di averla battuta nonostante io abbia un anno in meno.

Poi arriva il caldo vero. Lo vedo nella foto che Gwen ha pubblicato oggi. Sta sul balcone di casa sua, quello che dà sul giardinetto, con gli occhiali da sole blu che le ho visto anche a scuola negli ultimi giorni e un sorriso smagliante.

Il sole non ci abbandona neanche nel giorno della partenza per Londra. Ero tanto invidioso quando la vedevo sempre con Leonard, intenta a parlare di quel viaggio, il nostro viaggio («Il venti luglio parto per l’Inghilterra, non vedo l’ora!»). Ma finalmente siamo entrambi qui, all’aeroporto: Londra ci aspetta. Il 27 luglio è sicuramente il giorno migliore della vacanza. Mi trovo a più di venti metri d’altezza, il London Eye gira lentamente e mi permette di osservarla tutto il tempo. Lei sta là sotto accanto al fiume, con il vento che le scompiglia i capelli: tiene lo sguardo fisso lontano, chissà se davvero non si è accorta di nulla o se finge di non sapere che la sto osservando perché si vergogna. Giro Londra tutto il giorno e mi scateno a suon di scatti. Entrambi abbiamo pubblicato le nostre foto su facebook, sono così belle. Lei con camicetta chiara e degli shorts che passa per Trafalgar Square, Covent Garden, il Tower Bridge, senza farsi mancare nulla; io dietro, con la mia maglietta preferita e uno zaino stracolmo di viveri, che sarebbero bastati per tutti e due e altre tre persone.

Torniamo a casa e ci vediamo più e più volte in pochi giorni. Poi,  di colpo, non la incontro più per varie settimane: forse fa così caldo che non ha più voglia di uscire, o forse ha iniziato a frequentare posti diversi. Non ci rivediamo quasi fino all’inizio della scuola, tanto che inizio a pensare che il nostro rapporto stia perdendo il suo valore magico. Ma poi tutto si aggiusta ed torna ad essere come l’anno scorso: ci incontriamo ogni giorno, o quasi. Il suo stile non è cambiato molto dall’anno scorso, mi piace sempre da impazzire il modo in cui si veste. Raffinata ma non troppo elegante, intrigante ma non sfacciata, e il tutto senza indossare nulla di particolare, e sempre con quei jeans azzurri che la contraddistinguono.

Qualche volta la raggiungo a tennis dopo le lezioni, o faccio in modo di andare a cavallo quando ci va lei. La sento ogni tanto parlare con i suoi amici del fatto che la seguo ovunque, anche Leonard me lo fa notare.  Deve farle proprio piacere, e per me non c’è cosa migliore da fare se non stare sempre con lei.

Ma un giorno tutto cambia, improvvisamente. Mia madre mi dice che non posso più andare a vedere Gwen a tennis, non posso più andare a cavallo con lei, che dovrei anche cercare di evitarla.

La signora che vedo ogni venerdì e che mi ha chiesto di scrivere la nostra storia dice che è qui apposta per me, per ascoltarmi e aiutarmi a risolvere questo trauma che sto vivendo. Anche lei mi ha detto che è meglio che io non segua più Gwen, sono stato denunciato per stalking.




Angolo dell’autore
Salve a tutti! Innanzitutto vorrei dire un grazie veramente veramente grande ad _Atram_ (http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=168716) che mi ha aiutato immensamente, e senza la quale la storia non sarebbe qui!
Poi mmh.. volevo dirvi che questa storia nata elevando all’ennesima potenza un mio, di certo strano, interessamento per ragazze che neanche conosco. L’attenzione ai dettagli, inglobata però in questo racconto dove niente è veramente chiaro, mi ha permesso di creare una così grande ambiguità. I periodi sono spesso sconnessi per rispecchiare il pensiero confusionario del protagonista.
Se vi va lasciatemi una recensione :3
  
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