Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: Inheritance    14/05/2014    1 recensioni
Storia ispirata ad un post di Tumbrl.
Dal testo:
"Per nostra natura, arriva un momento nella vita in cui abbiamo l'assoluta certezza che spenderemo il resto della nostra vita con una determinata persona. Lo sappiamo perchè nel momento in cui la incontriamo smettiamo di vedere il mondo in bianco e nero, per solo l'ombra che è, ed iniziamo a vederne i colori e a dare un nuovo significato alle cose.
Tuttavia, se anche non avessimo avuto una simile caratteristica che ci permettesse di riconoscere l'attimo in cui posiamo gli occhi sulla nostra anima gemella, io... beh, io penso che lo avrei capito."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quarta e ultima parte! So che è corta e sinceramente non ci ho messo neppure molto a scriverla, però volevo dire che questa storia..non so, mi ha preso una parte di cuore. Appena ho letto il prompt, sapevo che in nessuno universo sarei riuscita a trattenermi dallo scriverci qualcosa e boh...il risultato mi è piaciuto molto :')
La fine di questo capitolo, mi sento di informarvi, è un tantino "moralistica" (?); non so, non era voluto, ma è uscito così e mi sembrava adatto.

Per il resto, spero che la storia vi sia piaciuta e, nel caso, che vi vada di dirmelo in recensione :3 
Un bacio e un abbraccio,
Her. <3



 IV/IV


Se c'è una cosa a cui la natura ci ha preparati come si deve, è a morire. 

Quello che intendo dire non è che morire sia facile, nè niente di simile, ciò che intendo dire è che la vita, la nostra natura, ci ha dato tutte le cose necessarie a capire la morte e a farci sapere cosa aspettarci da essa: abbiamo avuto malattie, tragedie, catastrofi, tutto per renderci tanto vicini alla morte da farcene un'idea quasi completa. 
Conosciamo nei dettagli specifici il corso di quasi ogni tipo di morte, sappiamo cosa accade dentro all'uomo che affoga e dentro a quello che viene consumato dal cancro e dentro a quello che, più semplicemente, invecchia. 

Se c'è una cosa che la natura ci ha resi pronti ad affrontare, essa è la morte. 

O almeno, questo era ciò che credevo. 

Perchè se c'è una cosa per cui la natura non ci ha mai preparati abbastanza, è perdere se stessi. 

Vi spiego -e prego che voi capiate-, per quel che riguarda la morte le opzioni principali sono sempre state due: la prima è che dopo non ci sia assolutamente niente -il che è forse un po' la mia visione-, ma la seconda... la seconda è che l'anima semplicemente si stacchi dal corpo per andare verso altro -e qui le opinioni si diramano nuovamente, ma non è di questo che voglio parlarvi. 

Quello che ora voglio dirvi è... pensate alla morte e a quello che potrebbe succedere se all'improvviso vi trovaste separati dal vostro corpo, se la vostra anima si trovasse al di fuori da esso e con circospezione lo scrutasse giacere senza vita su qualche fredda superficie. 
Sarebbe doloroso, e di questo ne sono certo, ma ora- ora immaginate la situazione opposta. Immaginate di trovarvi all'interno del vostro corpo e all'improvviso sentiate la vostra anima -ma non è che proprio la sentiate, non è una sensazione facile da spiegare, è come se la vediate- lentamente scivolare via davanti ai vostri occhi. 
Immaginate questa di sensazione, di trovarvi dentro ad un corpo spento e guardarvi allo specchio e non riconoscere più all'interno quello che eravate abituati a vedere. Immaginate di guardare dentro ai vostri occhi e di non vederci assolutamente niente, perchè la vostra anima non c'è più, se n'è andata, ed è rimasto solamente uno stupido involucro vuoto. 

Immaginate di avere la vostra anima di fronte, in questo esatto istante, sotto le sembianze di centinaia di macchie di colori che illuminano e danno forma e significato ad ogni misero oggetto faccia parte della vostra esistenza. 
Immaginate il blu, e poi l'azzurro, e il rosa e il verde, e poi il viola, e dopo ancora l'arancione ed il rosso e mille altri, tutti sfumature della vostra essenza, tutti parte della vostra anima. 

E' con questa fotografia in testa, quindi, che voglio lasciarvi immaginare cosa esattamente significhi perdere se stessi, e il motivo per il quale credo la natura non ci abbia mai resi abbastanza pronti. 

Perchè io ho perso me stesso il giorno che ho perso la mia anima, il giorno che, camminando per strada mentre andavo a lavoro, ho chiuso le palpebre per poco meno di un secondo, e, riaprendole, ho visto di fronte a me l'ombra, la versione oscurata di quella che fino a poco prima era la mia visuale. Ho visto la stessa strada, ho visto gli stessi palazzi ed ho visto persino lo stesso cielo, ma tutto, ogni singolo dettaglio, era completamente in bianco e nero. 

C'è da comprendere che in certe situazioni alle cose non è che ci si pensa subito -con la sorpresa e lo sconvolgimento, la paura e la rabbia-, ma credo di non star deviando troppo dalla realtà quando dico che, con un ritardo di circa quattro secondi, la realizzazione si è fatta strada nella mia testa e le gambe hanno ceduto e mi sono trovato a terra, con le braccia attorno al capo a coprirmi gli occhi e ad impedirmi di vedere. 

A quel punto, ho cominciato a gridare. 

Se ricordo bene qualcosa dei momenti che seguirono, sono le voci. In parte perchè c'era troppa gente per porre attenzione all'ambiente intorno, in parte perchè i miei occhi sono rimasti chiusi per quasi tutto il tempo, impedendosi di guardare ed impedendosi di credere. 
Perciò, quello che ricordo sono le voci:

"Cosa è successo?

"Signore, sta bene?"

"Si sente male? Chiamate un'ambulanza!"

"Signore, cos'ha?

A tutti coloro che mi hanno chiesto, in seguito, cosa avessi risposto a quelle domande, dico sempre che non avevo risposto affatto. Che la mia gola era chiusa e che non riuscivo a formulare alcuna parola nè tantomeno pensiero logico. 
Tutti coloro che si sono fermati ad aiutarmi quel giorno, se interrogati a riguardo, giurano che quell'uomo sulla strada, piegato sulle ginocchia e con la testa fra le mani, non ha smesso un secondo di parlare, di ripetere sottovoce, e qualche volta anche gridando, a ripetizione un un'unica parola. Un nome, dicono. 

"Kurt." 

Mi hanno portato all'ospedale che avevo quasi del tutto ripreso i sensi. 
Mi hanno portato all'ospedale che un'ambulanza era appena arrivata. 
Mi hanno portato all'ospedale appena in tempo perchè potessi vedere gli infermieri accorrere e perchè potessi riconoscere il corpo sulla barella. 
 
Sono caduto all'indietro a un certo punto e due paia di braccia mi hanno afferrato. 
Un medico si è avvicinato a un certo punto e mi ha chiesto quale fosse il problema. 

"E' morto." 

Ho detto, perchè la spiegazione non poteva essere nessun'altra. Perchè il volto del medico non era roseo, ma grigio chiaro; perchè le pareti non erano beige, ma erano bianche; perchè la scrivania dell'ingresso non era più marrone, ma era nera. 

"E' morto."

Ho detto, perchè dirlo ad alta voce era l'unica cosa che mi avrebbe convinto a credere che fosse vero. 

Ho passato la notte in ospedale, riversando tutte le lacrime che il mio corpo poteva contenere sul pavimento, mentre i ragazzi erano a dormire dai nonni e non avevano ancora idea di cosa fosse accaduto. 
Ho speso ore affianco al letto di Kurt, aspettando che i medici mi dessero tutte le conferme di cui non avevo bisogno. 
Ho aspettato che i miei genitori portassero Hepburn e Spencer all'ospedale, per dire loro la verità, e poi ho abbracciato entrambi per un tempo indefinibile, credendo di essere io a consolare loro e non rendendomi conto che erano invece loro in quel momento a cercare in tutti i modi di tenere in piedi me. 

Ho pianto per quelli che mi sono sembrati anni, perchè sembrava alleviare il dolore, perchè piangere mi offuscava la vista e mi impediva di vedere un mondo che ormai non sapeva fare altro che ricordarmi cosa avessi perso. 

Ho pianto anche mentre accarezzavo l'arma che mi avrebbe fatto sparire da quel mondo, pensando a quanto egoisticamente in basso fossi caduto, a pensare di abbandonare i miei figli, e pensando che se ogni singolo uomo su questa terra si suicidasse, una volta persa la propria anima gemella, allora la nostra esistenza davvero non avrebbe un senso. 

Ho pensato che, se tutte quelle persone erano riuscite ad andare avanti, in un modo o nell'altro, avrei potuto farlo anche io. 
E ho pensato che forse questo è l'esatto pensiero che porta avanti anche tutti gli altri. 

La verità è che non si smette mai di domandarsi:

"Passerà?"

E la verità è che non passerà mai, la verità è che noi continueremo a vedere il mondo in bianco e nero fino al giorno in cui, quasi con sollievo, lasceremo questa terra. 

Ma la verità è anche che ci sono milioni di cose per cui vivere e che non possiamo arrogarci il diritto di scegliere quando sia giusto porre fine alla nostra esistenza. La verità è che, arrivati ad una certa età, dopo aver vissuto diverse esperienze, è difficile rimuoverle dalla propria testa ed è difficile iniziare a vedere il mondo come qualcosa di orribile, quando se ne sono viste le meraviglie. 

La verità è che avremo sempre in testa il ricordo di quel colore, di quella sensazione e di quell'emozione, che non svanirà mai, e tutti questi ricordi saranno ciò che ci farà per sempre credere che al mondo c'è qualcosa che vale la pena vedere, seppur attraverso gli occhi di altri. 

---------------------------------------------------------------------------


"E dimmi, di che colore ha i capelli? E gli occhi?"

Hepburn sorride e mi osserva con dolcezza, prima di spostare lo sguardo sulla bambina di circa due anni che tiene in braccio. 
La piccola batte le mani in maniera sgraziata e poi fa una smorfia con la bocca. Credo sia un sorriso, o almeno spero che lo sia. 
Ha un viso bellissimo e gli occhi grandi e dolci, vorrei saperne il colore. 

"Ha i capelli biondi, chiarissimi.", dice Hepburn, mentre si lascia stringere il dito indice dalla mano paffuta di sua figlia. "E gli occhi sono azzurri, come quelli di papà."

Sorrido.

"E come i tuoi." 

Qualche volta Hpburn si sente in colpa -glielo leggo negli occhi, capite- perchè sa di ricordarmi Kurt in una maniera quasi dolorosa. So anche che teme possa essere la stessa cosa con sua figlia, adesso. 
Vorrei farle capire che non è affatto una sofferenza per me osservarla e catalogare nella mia mente tutte quelle piccole cose di lei che mi richiamano alla mente la persona che più ho amato al mondo. 
Vorrei farle capire che è perfetta nelle sue analogie con suo padre, ma anche nelle sue differenze. Mi sono imposto, dopo la morte di Kurt, che avrei inegnato ai miei figli ad amare ogni singolo aspetto del mondo, anche quello in bianco e nero, e ad apprezzare ogni piccola cosa ci viene donata. 

Credo che sia la nostra stessa natura a volere questo per noi, perchè credo che se nascessimo con già la capacità di vedere i colori e non avessimo bisogno di incontrare la nostra anima gemella, allora trascureremmo gli uni e l'altra. Daremmo per scontati due dei più grandi miracoli a cui abbiamo ogni giorno l'onore di fare da spettatori: i colori, e l'amore. 

Nella vita ho imparato ad apprezzare tante cose che voglio che i miei figli, così come i miei nipoti, riescano a vedere dal mio stesso punto di vista. 
E' per questo che quando un'altra piccola creaturina di circa cinque anni entra correndo nella stanza e mi si getta addosso, non posso fare a meno di prenderla in braccio, accarezzarla e riempirla di baci.

E' per questo che quando la stessa creaturina siede in posizione completamente rilassata sul mio grembo, con un braccio ripiegato sotto la testa ed uno a stringere il mio, entrambi portiamo gli occhi su Hepburn ed entrambi, sottovoce, le chiediamo di raccontarci del cielo. 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Inheritance