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Autore: Donixmadness    14/05/2014    3 recensioni
Non ho idea di cosa mi sia saltato in testa!! Sono nei casini e metto pure a scrivere una storia!!
Va beh! Spero almeno di farcela, premettendo che ho molto da fare comunque ecco alcuni indizi:
"Lo sapevi che era solo un riflesso, perciò non ti sei stupito più di tanto quando non ci hai trovato nulla in quella pozza sporca. Ma perché l’hai fatto? Non vorrai mica controllare le tue condizioni, mi auguro!
Ciò che fai dopo conferma i miei timori. Persino il tuo inconscio ti intima di non farlo: gli hai già disobbedito una volta perché vuoi farlo ancora? Maiale testardo!!
Troppo tardi ti sei sporto sulla superficie stagnante e ti sei visto … "
Genere: Malinconico, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Matt, Mello, Near, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The Glory smells like Burnt
 



-Capitolo 11-
 
 




La palpebra si apre di scatto. Un bagliore accecante investe la pupilla, restringendola,  mentre la sclera si inietta di sangue.
Immediatamente l’occhio destro si scherma dietro le ciglia, finché, a poco a poco, esso non si abitua gradualmente ai raggi filtranti. Il respiro si fa improvvisamente più ansante, roco, strascicato. E quelle faticose boccate d’aria si articolano in un gemito strozzato.
-Mello! –il suo nome viene fuori spontaneo.
Matt rimane per un istante incredulo di fronte a quella scena, tuttavia si libera immediatamente della sigaretta gettandola fuori dalla finestra.
Accorre subito da lui e avvicina l’orecchio al suo volto, per udire più chiaramente il respiro: è cambiato, lo percepisce distintamente. Poi, allontanandosi, nota l’occhio destro semiaperto e non ha più dubbi: è sveglio.
O almeno si sta svegliando.
-Mello. Mi senti? – lo chiama, con la speranza che non svenga un’altra volta. Il biondo è in stato confusionario e a fatica riesce a mettere a fuoco. Distingue a malapena un’ombra muoversi davanti a lui su uno sfondo bianco abbacinante. Sente le orecchie fischiare insopportabili e un suono rimbombare in continuazione: sono i richiami del rosso, i quali si sono fatti più concitati.
Nonostante la situazione spinosa, Jeevas non ha alcuna intenzione di mollare. Per cui, con delicatezza estrema, solleva leggermente il capo dell’amico e intanto l’altro braccio gli trattiene le gambe per non farlo girare supino.   
-Mello! Mello!! – lo richiama ancora, scuotendolo appena –Dannazione idiota, svegliati!!
Le labbra secche e screpolate di Mihael si schiudono a fatica, come se vi fosse appiccicata sabbia di un arido deserto. Mail deve attendere qualche minuto prima che l’occhio, quello non bendato, si riapra completamente.
Lentamente il biondo mette a fuoco e la prima cosa che riesce a scorgere sono delle ciocche dai riflessi vermigli, mentre alle narici giunge un lieve, ma pungente, odore di fumo: forse è proprio quello a ridestarlo del tutto.
Infatti, il movimento dei sassolini nelle orecchie si attenua e può distinguere meglio la voce, una voce famigliare.
-Finalmente! Era ora che ti riprendessi!! – esclama il rosso scostandosi dal letto, intimamente sollevato. Mello allora prende consapevolezza di chi ha di fronte: -M…Matt? – sussurra, sbattendo le ciglia.
Jeevas gli sorride come suo solito, tuttavia l’amico è ancora troppo stordito e debilitato: il rosso si accorge subito di come gli risulti difficile parlare, considerando la voce molto roca. Scatta subito fuori a prendergli un bicchiere d’acqua e Mello riesce a malapena a sollevarsi.
-Ecco, bevi ... Piano eh! – gli intima quando il biondo prende sorsi più copiosi: dopo tre giorni di incoscienza, senza nemmeno idratarsi, ne aveva un disperato bisogno. 
Ora che si è dissetato, risulta più sveglio e lucido che mai:  -Che è successo? Dove mi trovo? – sono i primi quesiti che espone al rosso, il quale trascina una sedia per piazzarsi accanto al letto.
-Che è successo? Questo lo dovrei chiedere a te, brutto coglione. Ti ho trovato fuori dal distretto di Los Angeles, tra cumuli di lamiere e macerie. Se permetti dovrei fartela io questa domanda. – risponde Matt, in tutta tranquillità, ed estrae dalla tasca la sua adorata PSP. Mello si acciglia un momento e il suo cervello comincia a vibrare di informazioni, ricollegando velocemente i ricordi degli eventi precedentemente accaduti.
Kira. I suoi scagnozzi morti d’infarto. L’irruzione della polizia nel covo. Il quaderno. Yagami. E infine l’esplosione.
Ritornano anche nitidi gli istanti in cui, con le sue ultime poche forze, si è trascinato fuori dai sotterranei dell’edificio passando per la fognatura. Infatti, aveva scelto quel luogo apposta perché c’era quella scappatoia: alla fine, la sua lungimiranza gli ha salvato la vita.
Non avrebbe mai creduto di sopravvivere, ma, a quanto pare, la sorte vuole giocare ancora un po’ con lui. Il biondo non ha mai creduto a cose come il destino, piuttosto era incline a pensare che "Faber est suae quisque fortune" *, come dicevano i Romani. Tuttavia, adesso prova la sgradevole ed inquietante sensazione di essere un burattino, il quale cerca inutilmente di rompere i fili che lo legano al suo trascendente padrone.
Scuote impercettibilmente il capo: “La partita non è ancora finita …” pensa e, colto da un’improvvisa consapevolezza, si volta di scatto verso l’amico.
-Quanto tempo è passato?! – domanda alterato. Matt solleva lo sguardo dal gioco a lui, che ha ancora il capo sul cuscino. Lo scruta attraverso le lenti dei googles : conosce perfettamente quell’espressione. Ai tempi dell’orfanotrofio era quasi sempre dipinta sul suo viso. La causa? Ovviamente la sua acerrima némesi : Near.
“Apprezzerai mai i tuoi sforzi, Mello?” si chiede il rosso, esasperato. Ma probabilmente, uno come lui che non si è mai interessato a scalare la vetta non potrà mai capire.
-Tre giorni. – soffia pacato, prevedendo già la reazione dell’altro.
Immediatamente il biondo scatta a sedere, tuttavia il movimento brusco gli causa una fitta allucinante al braccio sinistro. Keehl emette un gemito strozzato e si porta una mano al braccio.
-Merda!- impreca a denti stretti. Intanto il rosso, costretto per forza di cose a interrompere il videogioco, si alza dalla sedia:
-Accidenti Mel! Non sei ancora in grado di rialzarti! – lo rimprovera, nel tentativo di dissuaderlo. Dal canto suo, Mihael gli scocca un’occhiata raggelante: l’iride azzurra sempre acuminata e tagliente quanto la lama più letale.
Però, Matt non si scompone affatto dinnanzi a quello sguardo minaccioso che intimidiva sempre i loro compagni della Wammy’s House. Tutti si guardavano bene dallo stargli vicino, quasi temessero di essere trafitti a morte se per un caso sfortunato finivano nel suo raggio visivo.
In realtà, osservandolo, al rosso pare quasi udire il passo di marcia di Mello quando, dopo aver visto la graduatoria, si dirigeva nella loro camera trangugiando cioccolata con morsi feroci.
-La tua è un’ustione molto grave, Mello. Non ti conviene fare il duro.- stavolta Mail è serio, anzi, mai stato così serio. Punta, da dietro le lenti, gli occhi color del prato sul ragazzo con fissità spaventosa: è senza dubbio una delle pochissime persone che riesce a sostenere lo sguardo omicida del biondo.
Rimangono in  silenzio, scrutandosi a vicenda. Poi il mafioso prende parola:
-Non ho tempo di stare a letto a riposarmi. Ne è già passato troppo e io non posso permettermi ulteriori distrazioni … - afferma, irremovibile.
Allora il rosso emette un sospiro stanco: possibile che dopo tutti questi anni non abbia imparato proprio nulla? Non importa quello che può dirgli, quella biondina isterica farà sempre come cazzo gli pare. Sarebbe persino capace di strapparsi le garze con i denti!
Lo guarda negli occhi un ultima volta, per poi arrendersi:
-E va bene … Ti aiuto a togliere le bende.- dice, alzandosi. Il biondo non aggiunge altro, limitandosi a mettersi seduto sul letto. Non un ‘grazie’ muove le sue labbra, ma –a  giudicare dal capo chino e l’occhio basso– Matt capisce perfettamente. Un implicita quanto insolita riconoscenza a non discutere con lui, perché ha già l’orgoglio trafitto dalla sconfitta.
Sì, l’esplosione della baracca –seppur strategica– e il fatto che ora il quartier generale giapponese conosca il suo vero nome sono sinonimo di sconfitta.
Tra le peggiori oltretutto: si sta giocando nella vita reale, dove le pedine non sono fatte di plastica o legno, ma di carne.
Con qualche faticosa manovra, Mello riesce a risollevarsi e a rimanere seduto al bordo del materasso. Il braccio sinistro è come paralizzato, il ragazzo avverte la pelle stirasi in maniera insopportabile, quasi fosse un pezzo di stoffa teso fino allo strappo. Si morde il labbro inferiore screpolato e arpiona le lenzuola con le dita: più devastante del fuoco è la consapevolezza di essere un fottuto perdente.

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-Mello?- il richiamo dell’amico gli fa sollevare il capo e una strana sensazione di deja-vu gli attraversa la mente: di certo non è la prima volta che Matt lo aiuta a risollevarsi e ai tempi della Wammy’s House accadeva spesso,  fin troppo spesso.
Quante sfuriate seguivano dopo all’affissione di una nuova graduatoria: accanto al suo nome sempre quello stramaledettissimo numero 2.
Quante volte ha convogliato le sue frustrazioni nel rosso e quello sopportava con sacrosanta pazienza.
Quante altre volte, invece, Matt, scocciato di sentirlo brontolare nella sua oscura depressione, lo mandava a’ fanculo e gli diceva che era solo una fottuta biondina mestruata e che gli stava bene essere il secondo.
E quante volte lui, Mihael, scattava all’improvviso e si avventava sul giovane per vendetta. Ma, anche incassando un pugno, quel coglione rideva dicendogli: -Sei proprio un cioccolatomane schizzato!
Allora Mello capiva il motivo del suo gesto e, indeciso se gonfiarlo oppure scusarsi, sviava lo sguardo borbottando un:
- Vaffanculo stronzo!
Ed era così, un ciclo continuo e senza fine. Però, nonostante il caratteraccio, il biondo si rendeva perfettamente conto di quanto i suoi gesti pesassero, tanto che non mancò mai di pensare che avrebbero dovuto beatificarlo quel nerd di merda! Ancora oggi non riesce a capire come si possano definire “amici”, visto il loro rapporto fatto di scazzottate e commenti poco eleganti. Eppure ci sono stati anche momenti spassosi, sempre però provocati da Matt che da piccolo era un disastro ambulante: e pensare che quando lo incrociò per la prima volta, lo reputò un patologico allo stato vegetativo.
Per quanto non rientri nella sua indole, deve ammettere che il rosso è l’unica persona per cui prova un sincero rispetto e –anche– affetto. La persona migliore che abbia mai conosciuto da quando è rimasto solo al mondo.
Si perde a fissarlo con sguardo vacuo, pensando:
“Devi essere proprio fumato per seguire ancora un miserabile come me …”
Lo riscuote dalle sue riflessioni il braccio di Matt che passa sotto l’ascella destra, sollevandolo. Il biondo fa forza sulle gambe e con il sostegno dell’altro riesce ad alzarsi in piedi. Un capogiro lo coglie di sorpresa, ma subito il rosso si porta il suo braccio sano dietro al collo, così da mantenere l’equilibrio.
Le spalle larghe del nerd riescono a sorreggerlo e a Mello pare quasi di essere entrato in qualche distorsione temporale: in fondo, l’ultima volta che si erano visti erano ancora due ragazzini abbastanza gracili e non proprio altissimi.
Piano piano, raggiungono il bagno: un misero rettangolo ricavato da quel putrido appartamento che, anche con quelle poche finestre spalancate, puzza irrimediabilmente di muffa. Matt accende la luce e subito si delineano il profilo di un lavabo con uno specchio sudicio e dagli angoli scheggiati. A seguire in un angolo c’è una doccia coperta da una tenda di plastica, la quale presenta  l’ombra di una fantasia che doveva essere floreale, ma la stampa è consunta e quasi illeggibile e, infine, dalla parte opposta ci sta il wc.
Il rosso schiocca la lingua guardandosi attorno in cerca di una sedia o una qualsiasi altra cosa, su cui Mello si possa sedere. Ne individua una in fondo al corridoio, ma a questo punto non sa come fare con il biondo.
-Ce la faresti a reggerti un attimo? – domanda accostandolo allo stipite, a cui subito il ferito si sostiene.
-Tsk, ma che mi pigli per il culo? Ce la faccio eccome! –sbotta il biondo, infastidito oltre ogni umano limite per la sua condizione: detesta essere un peso. Sul volto di Matt compare un ghigno sardonico:
-Se, come no. – e detto questo si affretta a prendere la sedia e la posiziona davanti al lavandino, il quale non è molto alto. Lo specchio, invece, è grande.
Mello si siede e per la prima volta scorge il suo riflesso: si stupisce nel notare le bende coprirgli metà del volto, mentre alcune ciocche dorate fanno capolino da sotto le garze, mentre dal lato destro ricadono lisci e scomposti.
La sua testa sembra, tutto a un tratto, quella di un bambolotto di plastica a cui una bambina vivace ha appena strappato i capelli.
Si rabbuia: le immagini di quel giorno non sono tutte presenti nella sua memoria. Ricorda, infatti, di essersi trascinato fuori dall’edificio quasi strisciando e poi … Poi c'è stato un momento in cui si è sporto verso una pozzanghera e lì si è visto ***, ma non ricorda come fosse.
-Per fortuna l’ustione non ti ha danneggiato l’occhio sinistro.- lo informa Matt disinfettando la lama di un coltellino a serramanico. Il biondo lo scruta un momento con la coda l’occhio, ma non dice niente.
Con un taglietto secco, il rosso rompe una fascia bianca all’altezza del torace per poi cominciare a rimuovere le bende. A poco a poco, gli intrecci di stoffa
 –con alcune tracce di sangue– si  allentano scoprendo la pelle nuda. Ricadono sulle piastrelle oscillando come un serpente al suono di un flauto.
La ferita si riesce a scorgere non appena viene scoperta la spalla: la cute è arrossata, ruvida e martoriata. Appare lacerata da fauci spietate. Quelle del fuoco. Sulla zona lesa si è anche formata una sottile pellicina bianca, la quale presto il nerd provvederà a rimuovere.
Matt ha rimosso la fasciatura sino al limite del collo, dopodiché si fermato un attimo per concedere a Mello tempo fermentare tale sgradevole condizione.
Lo sguardo ceruleo è rimasto attonito di primo acchito, tuttavia il giovane non ha fiatato, nemmeno quando il rosso lo ha voltato di tre quarti per mostrargli le reali proporzioni della ferita. Una macchia scura ed irregolare, la quale si spande da un punto vicino alla scapola e prende tutta la clavicola fin quasi al limite del braccio. Inoltre, l’ustione presenta delle zone concentriche, partendo dall’interno verso l’esterno la lesione diminuisce di intensità.
Stringe i denti, Mihael.
Infine, Matt passa a togliere la fasciatura sul volto. Quando anche l’ultima copertura viene rimossa, a fatica riesce ad aprire l’occhio sinistro e sente le palpebre come sigillate. Ha chiuso istintivamente la sua visuale, poiché una fitta di bruciore gli ha attraversato il volto.
-Cazzo! – digrigna, chinandosi appena e poggiando una mano sulla parte lesa. Ma Jeevas gli afferra subito il polso e ribadisce di non toccarsi la ferita.
Lentamente Mello riprende possesso di alcuni muscoli facciali, così riesce finalmente a riaprire l’occhio sinistro. L’iride azzurra spicca prepotente in quel mare rossastro che è ormai parte del suo viso.
Boccheggia inorridito dinnanzi a quel macabro spettacolo: il volto è una maschera di cera esposta al sole. La pelle sciolta, ricade in pieghe irregolari su se stessa.
Disgustoso … 
In seguito allo sgomento iniziale, il biondo serra le labbra. Il sangue infetto da rancore comincia ben presto a ribollire.
Il rosso lo osserva non poco preoccupato: stiamo parlando sempre di Mello, potrebbe esplodere da un momento all’altro.
-Ehi, Mel … - lo richiama, cauto.
-Matt … - mormora atono, quasi senz’anima – esci fuori.
Jeevas abbassa lo sguardo: “Ecco … ci siamo”.
-Esci. – ordina algido, senza la minima inflessione. L’amico non può far altro che acconsentire. Va via dal bagno, richiudendo la porta.
Dopo ciò, un urlo abominevole squarcia il silenzio.
Mihael si alza di scatto e scaraventa con forza inaudita la sedia contro lo specchio. La lastra di vetro va in frantumi, i quali ricadono a pioggia nel lavabo e sul pavimento. La sedia ricade in un tonfo sordo e Mello si accascia accanto ad essa.
È nauseato, disgustato e, soprattutto, disperato.
Da fuori Matt ha udito. Vorrebbe rientrare e aiutarlo a rialzarsi, ma sa che non può fare nulla: lui, troppo orgoglioso, non accetterebbe mai.
Ed è costretto a lasciarlo lì, tra le dolorose schegge della sconfitta.
- Mi dispiace tanto … Mello …
 
 
 
 
 
 
 
 
 








 
“Faber est suae quisque fortunae” = Detto romano che significa: "Ognuno è fabbro del proprio destino"

**  << Se non riesci a vincere il gioco. Se non riesci a completare il puzzle. Sei solo un perdente. >> = famosa frase di Near nell'episodio 27.

*** 
Poi c’è stato un momento in cui si è sporto verso una pozzanghera e lì si è visto = tratto dal Prologo.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Tadaaaaaaa!!!
Rieccomi finalmente con il 12° capitolo, che mi auguro vi faccia contenti. Imputo il ritardo alla “mancanza di ispirazione”,  metteteci pure le verifiche, ecco che mi ritrovo a postare l’anno successivo!!
Non ho scuse, lo so. 
Mi auguro lo stesso che vi sia piaciuto e che abbia reso al meglio la scena, il resto lo lascio giudicare a voi.
Baci baci <3 
  
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