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Autore: Farawayx    15/05/2014    11 recensioni
Dianne e sua cugina Gwen partono insieme per il college intenzionate a lasciarsi tutto alle spalle. Dianne, però, è ancora fidanzata e non riesce a immaginare il suo mondo senza Austin. Bello quanto stupido, questo ragazzo l’ha condotta sul fondo, facendola diventare bulimica. Nessuno sa quello con cui Dianne deve convivere ogni giorno, nemmeno Gwen. Sarà Cam, un enigmatico quanto affascinante ragazzo, a risvegliare Dianne dal suo stato di catalessi interiore, facendola sentire viva e bellissima come non mai.
Un sentimento così forte e travolgente può portare Dianne solo sull’orlo di una scelta: rimanere bloccata fra il fango del passato o tuffarsi nelle acque incerte e tempestose del futuro?
« Gli occhi vengono definiti lo specchio dell’anima, allora mi chiedo, perché quando
incrocio i miei allo specchio riesco solo a pensare a quanto siano vuoti e
spenti? E’ questo che ho dentro? Sono un involucro vuoto nato in un giorno di
pioggia?
Ma chi mi crederebbe mai. Chi penserebbe che uno come me ha questi pensieri che
periodicamente gli girano in testa. Però ci sono e ho quasi il timore che
qualcuno li sgorga.
Cosa ne sarà di me? Di me.»
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Capitlo 5









«Ecco il brutto: da quassù non vedi la ruggine, la vernice scrostata, ma capisci che razza di posto è davvero.
Vedi quanto è falso. Non è nemmeno di plastica, persino la plastica è più consistente. E' una città di carta.
Tutti rimbambiti dalla frenesia di possedere cose. Cose sottili e fragili.
Ho vissuto qui per diciotto anni e non ho mai incontrato qualcuno che si preoccupasse delle cose che contano davvero.
»
▪John Green▪






                           
                           ◊ CAPITOLO V ◊ It’s always darkest before the dawn.





N
onostante la classe si fosse ormai già svuotata, Dianne era ancora seduta al suo posto, intenta a ricopiare alcuni appunti sulle cose che il Professor Ordaway aveva spiegato a fine lezione. Lasciava scorrere velocemente la penna su quei fogli, prima che ogni frase abbandonasse la sua testa, dimenticandosene.
Era così concentrata su quello, che, non si rese conto che qualcuno le si era avvicinato, e, la osservava con curiosità dall’alto.
-Come mai sei ancora qui, Rivera?-
La voce del Professore la fece sobbalzare, alzando così velocemente gli occhi nella sua direzione e incrociando il suo sguardo.
-Dovevo ricopiare degli appunti. - Si limitò a rispondere mentre raccoglieva velocemente le varie penne disperse sul banco.
Ordaway inclinò il viso, incrociando le braccia al petto. – Ho letto nel tuo fascicolo che sei del Vermont.-.
Dianne riportò lo sguardo sul viso dell’uomo, confusa dalle sue parole. Perché si era soffermato sul suo fascicolo? Si limitò ad annuire.
Lui si protese in avanti, sciogliendo la stretta delle braccia e poggiandole entrambe sul banco, usandolo come sostegno. –Sai, anch’io sono originario del Vermont.- Le disse gentilmente rivolgendole un sorriso. – Delle parti di Orleans.-
Dianne si strinse i vari fogli al petto, raccogliendo con la mano libera la tracolla appesa allo schienale della sedia. –Anche io sono di quella zona, Westfield per la precisione. -
Lui annuì. –Io e mia moglie ci siamo trasferiti quest’anno. - Il suo tono era velato di malinconia.
Quell’amichevole scambio di chiacchiere confuse leggermente Dianne, in primo luogo perché il professore aveva messo subito in chiaro il distacco che ci sarebbe stato tra lui e gli studenti. Non aveva nemmeno detto loro il suo nome di battesimo. Mentre ora, le parlava come una persona normalissima, in modo perfino amichevole. Forse era meglio evitare di partire con i film mentali, semplicemente quell’uomo aveva nostalgia di casa e vedendo che erano entrambi dello stesso posto, si era sentito di parlarle. Infondo capita a tutti no? Quando ci troviamo in quei viaggi fuori dalla nostra patria, dove tutti parlano lingue diverse e mangiano cose diverse, ma poi tra la folla individuiamo un nostro concittadino e ci sembra di rivedere casa.
-Anche qui in New Jersey si sta bene, non trova?- gettò lì, prendendo a scendere alcuni scalini della gradinata.
Il professore la seguì con lo sguardo, annuendo appena. –Sì.- sospirò. –Ma di alcune cose non smetteremo mai di sentire la mancanza. –
Dianne lo osservò tentando di non mostrarsi troppo perplessa, ma, evidentemente, la sua espressione parlava chiaro perché il professore scrollò le spalle e ritornò ad assumere la sua solita espressione autoritaria.
-Bene, ora vai, ti ho fatto perdere abbastanza tempo. - Si girò, scendendo i gradini a due a due, raggiungendo la cattedra. –Mi raccomando, conto sulla tua tesina per la prossima settimana. -
Lei annuì ancora più confusa e uscì dalla classe, rischiando di sbattere più volte contro le varie porte che si aprivano all’improvviso nel corridoio.
Nonostante il calo delle temperature, il sole splendeva nel cielo azzurro e i suoi raggi filtravano attraverso le finestre, illuminando a giorno i corridoi.
Inizialmente Dianne era convinta di trovar un po’ di difficoltà nell’ambientarsi in un posto nuovo, ma poi era filato tutto nel migliore dei modi. Le prime settimane erano passate così velocemente che non se ne era nemmeno accorta. E con il passare dei giorni anche le foglie iniziavano a perdere il loro verde estivo, passando a colori più caldi, come il rosso e l’arancio. Dianne amava l’autunno, era la sua stagione preferita, in più ogni cosa sembrava diventare magica e variopinta, i colori caldi avvolgevano ogni cosa.
Ma stare a Princeton era stato positivo anche per Gwen, ormai aveva smesso di bazzicare un po’ ovunque e a vedersi sempre più spesso con Theo. I due negavano categoricamente che ci fosse un qualche coinvolgimento che andava oltre l’amicizia, ma secondo Dianne e Nives nascondevano qualcosa.
Passava molto del suo tempo con Nives, le sembrava di aver trovato la sua sosia, avevano gusti simili, stesso modo di pensare e di reagire. Il loro rapporto si stava consolidando man mano e Dianne ne era davvero felice.
Quando aprì la pesante porta che dava sull’uscita principale, il vento freddo le ferì la pelle, costringendola a coprirsi velocemente con la sciarpa azzurra che aveva legato intorno al collo. Studiò con lo sguardo le varie panchine, cercandone una libera dove aspettare Nives.
I suoi occhi si posarono su un ragazzo di spalle, i suoi capelli scuri ricadevano in avanti ed era occupato a parlare con una ragazza che non faceva altro che sbattere le ciglia ogni tre secondi. Sembrava un tic nervoso.
Cam l’ascoltava ma il suo interesse non era molto concentrato su di lei, anzi, sembrava sul punto di addormentarsi, mentre allungava maggiormente le gambe e poggiava la schiena contro la panchina di ferro.
Lei e Cam si erano visti qualche volta dopo quella cena, ma sempre in compagnia degli altri, Theo se lo trascinava dietro e lui sembrava sempre scocciatissimo, come se stessa a fare un favore al mondo.
Passò davanti alla panchina dei due, muovendo le sue gambe con maggiore velocità , il viso girato dall’altro lato e lo sguardo perso a fissare il niente. Si sentiva sempre a disagio in sua presenza, ma il problema e che non era un disagio da definire in maniera negativa.
-Non si saluta?-
La voce di Cam le arrivò alle orecchie facendola bloccare di scatto, girò appena il volto e vide la biondina infastidita per via dell’interruzione e lo sguardo di lui vagare sul suo corpo.
-Non volevo interrompervi. - Disse sincera.
-Dove stai andando?- Le chiese Cam, tornandosi a sedere con le spalle dritte sulla panchina.
-Sto aspettando Nives.- Rispose lei in automatico, si sentiva fuori luogo, in più quella ragazza la stava strangolando con lo sguardo.
-Mh.- Il ragazzo annuì. –Allora divertitevi. - Concluse sollevando appena l’angolo delle labbra.
Dianne gli rivolse un cenno con la testa e schizzò velocemente nella direzione della panchina più lontana, perché Cam la metteva così tanto in soggezione?
Chinò appena il viso portandosi le mani tra i capelli e passandole tra di essi come un pettine.
-Sono una ritardataria, lo so!- Esclamò Nives arrivando di corsa, aveva il fiatone e la fronte sudata. –Però tu hai scelto la panchina più lontana dal mondo. - commentò poi, sedendosi di fianco a lei.
-Volevo un po’ di tranquillità.- Rispose Dianne sollevando il viso.
-Sì certo. - Rispose l’altra e poi sollevò gli occhi, portando lo sguardo oltre la spalla dell’amica. Sul suo volto si dipinse un sorriso diabolico. –Già proprio un po’ di tranquillità, o te ne sei venuta qua in Papuasia per evitare qualcosa…-Fece una pausa tirando una leggera gomitata nel fianco di Dianne. –O qualcuno. -
Lei lo guardò interdetta per poi voltarsi appena, intercettando cosa stesse fissando Nives.
I suoi occhi finirono sul profilo di Cam. –Smettila!- Squittì girando velocemente di nuovo il viso. –Ti sei fissata con questa storia. –
-Certo certo, è tutto frutto della mia fantasia. – Rispose l’altra con un sorrisetto.
-Comunque. - Dianne simulò un colpo di tosse. –Come va con la tua dolce metà?-
Nives distese le labbra in un sorriso. –Bene, non litighiamo da una settimana e per noi è un record. - annuì compiaciuta. –Tu hai sentito Austin?-
Lei annuì, aveva parlato con lui quella mattina. –Sì, visto che non potrà venire prima di trasferirsi mi ha promesso che verrà a trovarmi quando meno me lo aspetto. – Chinò appena il viso. –Ho paura che improvvisamente sbuchi da qualche cespuglio. -
Nives rise. –Sarebbe bello, magari mentre ti mangi con gli occhi Cam.- Le fece l’occhiolino.
-Nives!- La riproverò lei. –A me Cam non interessa minimante. -
-Ovvio. - annuì l’altra. –Lo fissi di continuo solo perché è bellissimo ed ha un bel culo. -
-Esattam…. Ehi, sei un caso perso. –Rise.



Nives e Gwen quella sera avevano deciso di seguire un seminario esterno sull’economia dell’innovazione. O meglio, Gwen si era trascinata dietro Nives, nonostante le numerose proteste di quest’ultima.
Dianne aveva la casa tutta per se, però mai come in quel momento sentì la mancanza delle chiacchiere delle due ragazze che solitamente riempivano l’aria di allegria. Decise quindi di mandare un messaggio a Jude, dopo quella chiamata strana, in cui le aveva accennato qualcosa, non avevano più parlato , in più ne sentiva davvero la mancanza. Probabilmente era l’unica cosa che le mancava di casa.
Mentre stringeva il telefono in mano, questo squillò, prendendola di sorpresa.
-Pronto?- Chiese non riconoscendo il numero.
-Tesoro, sono la mamma. – Le disse una voce allegra dall’altro capo. –Come stai?-
-Mamma!- Esclamò Dianne sinceramente felice di risentire la sua voce. – Sto bene e tu? A casa tutto bene? Papà?-
-Ehi calma con le domande. – Sentì la madre ridere. –Qui va tutto bene, si sente la tua mancanza. –
Sorrise. –Anche voi mi mancate. -
-Ti ho chiamata per chiederti una cosa.- Riprese la madre.
-Dimmi tutto. -
-Tu e Gwen pensate di tornare a casa per il Ringraziamento, vero?- le chiese la donna.
-Mamma, manca ancora tanto al Ringraziamento. - Le fece notare lei.
-Un mese. – Precisò la madre. –E guarda che non ci vuole niente a passare. -
-Non lo so, comunque. - Sospirò. –Ne parlo con Gwen e ti faccio sapere. -
-Va bene. - Ci fu un momento di silenzio. –Tesoro, ti voglio bene. -
Dianne sentì il cuore stringersi e un senso di nostalgia l’avvolse completamente. –Anche io. Ci vediamo presto. -
Chiuse la chiamata e sentì le lacrime pungerle gli occhi, il rapporto che aveva con sua madre era davvero singolare, l’aveva sempre considerata un’amica. Il problema era un altro… Suo padre.
Ma Dianne decise di non pensarci, non quella sera.
Si precipitò nella propria stanza e spalancò le ante dell’armadio, cercando, e trovando, a fatica la tuta.
Okay, la sua stanza era un campo di battaglia, il letto era disfatto, l’armadio sembrava condurre a Narnia visto che ci si perdeva in tutto quel casino di vestiti.
Si vestì velocemente e uscì di casa, non riusciva a restare un altro istante in quel posto così silenzioso in più le era salita una malsana voglia di correre. Il campus era perfetto per quello.
Le strade erano larghe e costeggiate da alberi, nonostante fosse ormai sera, erano ben illuminati da piccoli lampioni posti lunghi il sentiero.
Superò la zona residenziale e non appena varcò il cancello dell’università, iniziò a correre.
Mise le cuffie nelle orecchie e si abbandonò alla musica, correndo più forte che poteva, lasciando che l'adrenalina le scorresse lungo tutto il corpo, aumentando sempre di più la velocità. Tutti i pensieri negativi che solitamente le annebbiavano la testa venivano respinti via, sentiva il peso nello stomaco farsi più leggero mentre l'aria fredda si scontrava con la sua pelle. Voleva solamente che tutto sparisse. Non voleva sentirsi in quel modo.
Accantonò perfino il pensiero di Austin, aveva gli occhi aperti ma era come se non vedesse nulla. Si sentiva libera.
Rallentò il passo solo quando i polmoni iniziarono a bruciare e una fitta di dolore le attraversò il fianco. Si piegò su stessa, tentando di recuperare un po’ di fiato, e quando sollevò lo sguardo i suoi occhi furono catturati da un vero e proprio capolavoro della natura. All’interno del campus era presente un lago, nonostante dovesse essere artificiale, era davvero immenso e alcune barchette dondolavano lungo la riva. Un molo di legno si estendeva per alcuni metri, mentre le luci dei lampioni riflettevano il proprio riflesso nelle placide acque.
Tutto intorno padroneggiava il silenzio, in giro sembrava esserci solo lei, che, attirata come una calamita dalla tranquillità di quelle acque, tolse le cuffie e mosse alcuni passi in direzione del piccolo molo.
Si sedette sul bordo, sentendo il legno scricchiolare sotto il suo peso, e chiuse gli occhi mentre i suoi piedi si muovevano nell’aria sfiorando la superficie dell’acqua.
Ah, quella sì che era la pace. Avvertiva ogni muscolo del suo corpo rilassarsi e qualche brivido formarsi alla base della schiena a causa del vento. Era tutta sudata, stava rischiando di prendersi una polmonite, ma non le importava, desiderava solo starsene in pace per alcuni istanti.
Ma poi accadde qualcosa.
Il legno sul quale era seduta scricchiolò in modo più forte, per poi cedere, facendola cadere in acqua. Completamente colta di sorpresa, Dianne sbarrò gli occhi e sentì i polmoni riempiersi d’acqua mentre con i piedi andava a toccare il fondo. Era molto più profondo di quando avesse immaginato.
Sapeva nuotare, però il panico aveva preso il possesso di lei, in più aveva pochissima aria a disposizione, così tentò di concentrarsi tentando più volte di riemergere, ma la sua testa continuava a sbattere contro qualcosa. L’altra parte del molo.
Era terrorizzata, non riusciva a risalire, stava soffocando e in più l’acqua era gelida. Che sarebbe finita così?
Dianne sentì le lacrime agli occhi, non meritava quella fine, si sentiva ancora all’inizio del suo percorso. Non aveva vissuto per niente, non aveva ancora amato per davvero. Non aveva ancora fatto niente.
Ormai la vista iniziava ad appannarsi, formandole delle stelline davanti agli occhi, quando avvertì due mani afferrarla per le spalle e tirarla su.
Non appena ritornò in contatto con l’aria, respirò avidamente, tentando di riportare ossigeno ai suoi organi che ormai erano sul punto di collassare. Ma l’operazione si rivelò più complessa, più tentava di respirare più una forte tosse la scuoteva, impedendole il tutto.
Quando finalmente fu al sicuro, nuovamente sul molo, sollevò lo sguardo, intercettando un viso del tutto anonimo. Era un ragazzo, aveva delle braccia enormi, le labbra sottili e dischiuse. Gli occhi scuri erano puntanti sul suo viso, sembrava terrorizzato.
-Ti ho vista cadere da lontano. - Farfugliò.- Pensavo fosse troppo tardi. Come ti senti?-
Dianne percepì una fitta alla testa, l’acqua continuava a scivolare attraverso i capelli, lungo le guance e rendeva ogni indumento pesante il doppio. –Gr…-Tentò di dire, ma la voce non le uscì. –Grazie. - Sussurrò più forte.
Si sentiva gelare e terribilmente stanca, voleva tornare a casa, sentirsi nuovamente al sicuro.
Lui le rivolse un sorriso e, senza lasciare la presa sulle sue spalle, l’aiutò a rimettersi in piedi. –Riesci a camminare?- Le chiese.
Dianne annuì appena e tentò di restare in equilibrio per più di qualche secondo.
-Dimmi il tuo dormitorio, ti aiuto a tornare a casa. -
Lei gli avrebbe voluto spiegare che alloggiava fuori dal campus, ma le parole proprio non uscivano, sentiva la gola stretta in una morsa.
-Trevor?- Sentì qualcuno in lontananza. Era una voce femminile.
Dianne girò appena il viso e con sorpresa notò che era la ragazza con cui Cam parlava quella mattina. E non era sola.
Cam le stava affianco, aveva le mani infilate nelle tasche dei jeans, il giubbotto di pelle era aperto sul busto, lasciando così intravedere la maglietta che gli fasciava il torace.
Non appena gli occhi di Cam incontrarono i suoi, il ragazzo la guardò confuso. –Che succede qui?- Chiese avvicinandosi.
-E’ caduta in acqua. –Spiegò Trevor. –Stavo passeggiando e ho visto tutta la scena, menomale che sono arrivato in tempo. -
Lui annuì lentamente e le arrivò vicino, sollevando una mano, sfiorandole appena la pelle con le dita. –Dee, cosa combini?- sussurrò con dolcezza.
Dianne deglutì lentamente, abbassando lo sguardo. Si sentiva in imbarazzo come non mai, se ne stava lì, con i vestiti appiccicati addosso, moriva di freddo e aveva perso la sensibilità nella punta delle dita.
-Ti porto a casa, va bene?- Le disse poi Cam e questa volta appoggiò la mano sulla sua guancia. Il calore della sua pelle la fece sobbalzare, era una sensazione così piacevole. –E’ una mia amica, ci penso io a lei. - Aggiunse poi voltandosi verso Trevor.- Tu puoi accompagnare a casa Alyssa?-
L’altro annuì e Dianne sentì la ragazza protestare.
Cam la ignorò e si sfilò di dosso la giacca, poggiandola sulle spalle di Dianne. –Stai diventando un pezzo di ghiaccio. - Commentò stringendo tra le proprie mani una delle sue, sfregandole nel tentativo di riscaldarla.

Il tragitto verso casa fu totalmente immerso nel silenzio, Cam era venuto a piedi, quindi più volte l’aveva sostenuta per evitare che sbattesse da qualche parte. Quando Dianne aveva tentato di dirgli che quella non era la strada per il suo appartamento, lui l’aveva fulminata con lo sguardo, conducendola poi nella zona residenziale più vicina al campus, ma comunque al suo esterno.
Dianne era già stata in quella casa, ma ora che non era più un luogo per una festa, le sembrava terribilmente grande e maestosa. Cam e Theo vivevano lì, non era un appartamento, era proprio una tipica e immensa costruzione della tradizione americana. In quel momento iniziò a pensare che Theo e Cam non fossero poi così tanto poverini, anzi…
-Perché mi hai portata qui?- Chiese Dianne mentre lui infilava la chiave nella serratura.
-Oh, hai ritrovato la lingua?- Le chiese, accennando un sorrisetto.
Lei alzò gli occhi al cielo, entrando e non appena il calore della casa la invase, provò subito una sensazione di sollievo.
Nonostante dall’esterno la costruzione comparisse alquanto classica, all’interno era del tutto arredata con gusto moderno.
Il salone era un’ampia stanza, metà della quale occupata da un lungo tavolo di vetro. Dal soffitto pendevano lampadari di vetro nero smerigliato che proiettavano ombre danzanti sulle pareti. Tutto seguiva lo stesso gusto, dalle sedie in pelle nera al grande camino incorniciato d'acciaio. Dentro ardeva un fuoco. L'altra metà della stanza ospitava un grande televisore, un tavolino da caffè nero laccato su cui erano sparsi videogiochi, e divani bassi in pelle. Una scala di acciaio a chiocciola portava al piano superiore.
Dianne sbattè più volte le palpebre, completamente incantata da quello che le si presentava davanti. –Accidenti. - si lasciò sfuggire e vide le labbra di Cam distendersi in un sorriso.
-Il bagno è di la.- Il ragazzo sollevò una mano indicandole un punto nel corridoio. -Visto che stai bagnando tutto il pavimento…-
-Ovvio, povero pavimento. - borbottò lei. –Secondo te anche lui si prenderà una polmonite?-.
-Può darsi, dovrò dargli delle coperte. - Rispose Cam, inclinando il viso.
Dianne sollevò gli occhi al cielo, pronta a rispondere, ma un mezzo gridolino interruppe la loro conversazione.
Theo se ne stava nel bel mezzo del corridoio, dalla vita in su era completamente nudo, mostrando il colore chiaro della sua pelle… In realtà tutto quello che aveva addosso era un paio di boxer.
-Cosa ci fa lei qui?- Chiese tutto imbarazzato, ormai il suo colore di pelle passava dal rosso al viola.
Cam si lasciò sfuggire una risata e si voltò verso Dianne, tentando di tenere un’espressione seria. – Questa serata diventa sempre più traumatizzante per te.-
Lei tentò di distogliere lo sguardo da Theo che intanto si era nascosto dietro una porta, tirando fuori solo il viso. –Theo, ti giuro che non ho visto niente. - Disse a voce alta, tenendo il volto girato e gli occhi puntati su quello di Cam. Non che la cosa le dispiacesse, anzi.
-Perché sei tutta bagnata?- Chiese lui da dietro la porta.
-E’ caduta nel lago, quindi, ora piantala di fare la femminuccia e falla passare così può riscaldarsi. – Rispose Cam.
-Oddio, mi dispiace Dianne.- Sussurrò l’altro.
Dianne stava per rispondere che non era importante, che ormai era tutto passato, però, mentre apriva la bocca, sentì un peso salirle lungo la gola. Era come un muro di angoscia che prendeva forma nelle lacrime che le pizzicavano gli occhi. Non aveva ancora pianto, e molto probabilmente era sotto shock, ma in quel momento proprio non riuscì a trattenersi e lasciò che le riempissero gli occhi, solcandole le guance.
-Cam, che ho detto? Perché ora sta piangendo?- Strillò Theo allarmato. –Non volevo farla piangere. -
-Cristo Theo, sta zitto e vai a vestirti. - Scattò lui innervosito. –Ci penso io.-
Theo lo osservò infastidito per alcuni istanti e poi si allontanò nella penombra del corridoio.
-Dee. - La richiamò Cam, ma ora il suo tono era più morbido. –E’ normalissimo piangere ora, però ricordati che stai bene, okay?- Le sussurrò con dolcezza.
Dianne annuì e sollevò una mano tentando di asciugare quelle stupide lacrime con le dita, ma mentre la sollevava lui gliela bloccò, stringendola tra le proprie. La tirò appena guidandola all’interno del corridoio e conducendola così nel bagno, facendola sedere sul bordo della vasca.
Cam prima aprì l’acqua, iniziando a riempirla, e poi le s’inginocchiò davanti, portando le mani tra i suoi capelli, sciogliendoli, visto che della sua coda era rimasto un groviglio.
Dianne tentò di non pensare a tutte quelle attenzioni che il ragazzo le stava rivolgendo, ma ogni volta che le sue mani entravano in contatto con la sua pelle, si sentiva percorrere da un brivido. Anche solo averlo vicino le trasmetteva una sensazione di calore, era una sensazione del tutto nuova.
Mentre lei sembrava una bambola di cera, Cam portò le dita vicino all’abbottonatura della sua felpa e con un movimento veloce fece scivolare verso il basso la cerniera. Dianne s’irrigidì immediatamente e questo non sfuggì al ragazzo.
-Tranquilla, non voglio molestarsi. - Dal suo tono di voce sembrava quasi divertito. –Voglio solo aiutarti. -
Lei distolse lo sguardo, in quel momento le sembrava di aver spento il cervello, di aver dimenticato qualsiasi cosa, ma tentò di far appello alla parte lucida di se stessa. –Posso provarci da sola. - Sussurrò.
- Va bene. - Cam annuì appena, portando i suoi occhi azzurri su di lei. –Vedo di trovare qualcosa da farti mettere. - Disse poi, sollevandosi in piedi e scostandosi i capelli dalla fronte con le dita.
-Cam.- lo richiamò Dianne.
Lui si voltò, guardandola. –Sì?-
Lei poggiò entrambe le mani sul bordo di marmo della vasca e si mise in piedi, portandosi difronte a lui. –Grazie. -
Cam s’inumidì appena le labbra fissandola per un momento che sembrò infinito, poi sospirò profondamente. –Non ringraziarmi. - Fu tutto quello che disse e uscì dal bagno.
Dianne fissò frastornata per alcuni istanti il punto in cui fino a poco prima c’era stato il ragazzo, non capiva il perché di quella premura verso di lei. Forse era solo più umano di quanto si mostrasse.
Tentò di non pensarci mentre lentamente entrava all’interno della vasca, lasciando che l’acqua calda penetrasse in profondità, riscaldandole la pelle e l’animo.
Restò immersa a farsi cullare dall’acqua per un tempo indefinito, probabilmente si era anche appisolata, visto che non sentì i vari colpi alla porta.
-Dee? Cazzo rispondi. Guarda che entro.- Queste furono le ultime parole che riuscì a cogliere, Cam sembrava irritato…oppure spaventato?
-Ci sono, scusami, mi ero appisolata. – Sobbalzando si affrettò di dire.
Sospiro. –Mi hai fatto prendere un colpo. - Poi una pausa. –Ti lascio i vestiti sulla maniglia, io e Theo siamo in cucina. - E poi al posto della sua voce subentrò un rumore di passi che diventavano man mano più lontani.
Si sollevò, sciacquando via ogni residuo di schiuma dai capelli, dopodiché uscì dalla vasca, avvolgendo il busto in un asciugamano e i capelli in una più piccola.
Mosse alcuni passi in direzione della porta e, tirando fuori solo il braccio, tentò di raccogliere gli indumenti che aveva lasciato Cam. Indumenti che si rivelarono essere una maglietta da uomo, un paio di pantaloncini corti, quelli che si usavano nei completi da calcio e, con sorpresa, la canotta e l’intimo erano da donna. Dianne guardò gli ultimi capi interdetta, pensando a quale tizia potessero essere appartenuti. Però, essendo in una situazione di emergenza, decise di mettere da parte il disgusto e usufruire di quelle cose.
Si vestì velocemente e districò i capelli umidi con una spazzola, lasciandoli ricadere sulle spalle. Ora sì che si sentiva meglio, quel bagno l’aveva completamente rigenerata, perfino il suo viso non era più di quel pallore malaticcio e le guance erano tornate al loro colore roseo.
Uscì dalla porta, percorrendo lentamente il corridoio, tentando di orientarsi ascoltando le voci dei due ragazzi.
-Come mai l'hai portata qui?- Stava dicendo Theo.
-A casa sua non c'era nessuno e hai notato anche tu quant'era sconvolta. - rispose Cam. -Non potevo mollarla lì e andarmene. -
-Come facevi a sapere che non c'era nessuno?-
-Nel tempo libero faccio lo stalker.- Rispose lui, dal suo tono di voce sembrava stizzito. –Me l’ha detto Nives, avevano non so che seminario. -
Non appena Dianne varcò la soglia, la conversazione fu interrotta, ed entrambi i ragazzi sollevarono il viso nella sua direzione.
-Dianne!- La salutò Theo con un sorriso. - Mi dispiace tanto per prima. - Si scusò andandole incontro e stringendo il corpo di lei un abbraccio.
Lei ricambiò la stretta, accennando un sorriso. –Non ti preoccupare, era emotivamente instabile. -
-Secondo me l’hai traumatizzata a vita. - Commentò Cam, frugando nel cestino della frutta e afferrando poi una mela. –Avrà per sempre davanti agli occhi l’immagine delle tue gambette spelacchiate. –
-Ehi!- Borbottò Theo. –Così ferisci i miei sentimenti. -
Dianne non riuscì a trattenere un sorriso, quei due sembravano marito e moglie.
Cam stava per rispondere qualcosa ma tutti furono distratti dal rumore della porta principale che sbatteva e poi dei passi.
Sulla soglia della cucina comparì la ragazza che prima era con Cam, aveva i capelli biondi che le ricadevano lungo le spalle, gli occhi verdi mandavano fuoco da tutte le parti. Sembrava incazzata nera.
Dianne non riuscì a non pensare che fosse davvero bellissima, nonostante lo sguardo da bambina capricciosa.
-Alys.- Disse Theo. –Pensavo ti fossi persa. -
-E’ colpa del tuo amico che mi ha mollata con quella cozza di Trevor!- Scattò furiosa.
Cam scrollò le spalle. –Avevo altre priorità in quel momento. -
-Ah sì?- Lei lo fulminò con lo sguardo. –Sei uno stronzo. -
-Ehi ehi, che ne dite di prenderci tutti una camomilla?- Intervenne Theo.
-Io sono calmissimo. - Rispose l’altro, addentano la mela.
Dianne si sentì in primo luogo confusa e poi del tutto fuori posto.
Alyssa si lasciò sfuggire un sospiro frustrato, per poi sollevare lo sguardo verso di lei, come se la notasse solo ora. –Spero che non le abbiate dato i miei vestiti. - Disse velenosa, squadrandola.
-Ti sembrano i tuoi vestiti quelli?- Commentò Cam.
-Okay, state mettendo Dianne a disagio. - Borbottò Theo, girandosi verso di lei. –Dianne, lei è Alyssa, mia sorella. -
Sua sorella? Dianne allargò gli occhi per la meraviglia, quella ragazza non assomigliava per niente a Theo, né fisicamente, né nei suoi modi di porsi.
-Anche lei è al primo anno come te e le ragazze. - Continuò lui.
-Non ti avevo mai vista. - Disse Dianne rivolgendosi a lei, tanto valeva tentare di scambiare due chiacchiere no?
-Perché avresti dovuto?- Rispose Alys con un’aria superiore.
No, a quanto pare non valeva proprio tentare di socializzare con lei. Però c’era una domanda che continuava a frullarle in testa, tra la bionda ossigenata e Cam, c’era qualcosa? Beh, teoricamente non le avrebbe dovuto importare nulla, ma…
-Dee, andiamo, ti riporto a casa. - La voce di Cam la riportò in mezzo a loro. Il ragazzo si sollevò in piedi e recuperò la giacca che aveva appeso alla spalliera della sedia, infilandosela.
Alyssa osservava ogni suo singolo movimento, mentre le sue labbra si contraevano in un’espressione sempre più imbronciata.



-Ma tra te e la bionda c’è qualcosa?- Chiese di getto Dianne non appena si chiusero alle spalle la porta di casa, ritrovandosi nel viale.
Cam distese le labbra in un sorriso. –Oh, mi chiedevo quanto ci avresti messo per chiederlo. -
Lei arrossì tentando però di mostrarsi disinvolta. –Era solo semplice curiosità.- specificò.
Lui estrasse dalla tasca il telecomando per l’apertura dell’auto e sollevò lo sguardo verso Dianne. –Lo scoprirai vivendo. -
Lei si strinse le braccia al petto scocciata, ma che razza di risposta era?
Lo seguì lungo il viale, implorandosi mentalmente di non fargli più domande, meno parlava, meglio era visto che ogni volta che apriva bocca sembrava sbavargli sul collo o in cerca di qualche informazione iper personale.
Cam aprì lo sportello ed entrò velocemente in auto, per Dianne il processo fu un po’ più complicato. L’auto di Cam era un fuoristrada che sembrava essere alto due metri, infatti, dovette proprio arrampicarsi e improvvisare una mezza spaccata per raggiungere il sedile del passeggero.
-Altro che l’auto di Gwen.- commentò quando finalmente si sistemò sul sedile, inserendo la cintura di sicurezza
Lui restò in silenzio per tutto il tragitto, la strada non era molta, però l’aria in auto si era fatta pesantissima, Dianne si sentiva a disagio. Avrebbe quasi preferito gettarsi dall’auto in corsa che restare un altro secondo lì dentro.
Quando stavano svoltando in direzione del suo appartamento, Cam si voltò improvvisamente verso di lei. –Stai bene?- Le chiese dal nulla.
Lei si strinse le mani sul ventre e annuì appena. –Sì e mi sento di doverti dire ancora grazie. -
Lui parcheggiò l’auto nel viale e spense il motore. –Te l’ho già detto, non devi ringraziarmi. -
Dianne scosse il capo. –Devo invece, non eri dovuto ad aiutarmi e invece l’hai fatto. -
-Lo avrebbe fatto chiunque. - Rispose Cam, senza guardarla.
-Non è vero. - Sussurrò lei. –Perché non accetti i miei ringraziamenti e basta?-
-Perché io non sono quel tipo di persona. - Si voltò con il viso verso di lei, era completamente immerso nel buio, la luna illuminava solo alcune zone del suo profilo.
- Che cosa dovrebbe significare?-
-Quello che ho detto. -
-E’ impossibile parlare con te.- Sbottò lei stringendo le mani al petto. –Parli ma in realtà non dici niente. -
-Non è questo il bello, Dee?- Rispose lui, sollevando l’angolo delle labbra.
-No, perché non ha un minimo di senso. - Disse esasperata e si chinò nella direzione della chiusura della cintura, per sbloccarla.
Cam le si avvicinò di scatto, arrivandole a un palmo dal viso e bloccandole la mano a mezz’aria. –Cosa ne sai tu se ha senso o meno. -
Dianne sbattè gli occhi, sentiva il battito del suo cuore pulsarle nelle orecchie. –Non posso saperlo perché tu non permetti agli altri di conoscerti. -
Lui accennò una risata. –Non sono l’unico. - poi inclinò il viso. –Anche tu reciti a pennello una parte, m’incuriosisce scoprire chi sei per davvero. -
Lei deglutì a vuota, tentando di non mostrarsi troppo frastornata da tutta quella situazione. – Perché dovrei darti un privilegio che tu non permetti a nessuno?-.
Cam la guardò, per alcuni istanti quelle parole sembrarono colpirlo, poi si ritrasse velocemente, tornando al posto di guida. –Vai, si è fatto tardi. -
Dianne lo guardò per alcuni istanti e senza farselo ripetere due volte aprì lo sportello dell’auto. Era sul punto di scendere, quando esitò per un istante. –Buonanotte Cam.- disse senza guardarlo e uscì dall’auto, sbattendo lo sportello alle sue spalle.


 







 

 


 

 


NdA :
Buon pomeriggio a tutte!  
Come state?  
Su questo capitolo ci ho lavorato per più giorni, per questo ci ho messo più tempo per aggiornare! Anyway, spero vi piaccia!
Spero anche che  inizi a incurisirvi la storia, o il perchè determinati personaggi siano così (?), spero davvero che questo lavoro sia di vostra gradimento! <3
Per è molto importante conoscere le vostre opinioni, quindi, sarei felice di leggere cosa ne pensate :)

Grazie a tutti! 
Un bacione <3




P.s. Nel caso ci siano degli errori, non fate problemi a farmeli notare. :)
   
 
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