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Autore: Klainester    15/05/2014    1 recensioni
Alle prese con gli inizi delle loro carriere a New York City, un giovane dottore e un promettente attore di teatro si scontrano.
Questo è l'inizio di una serie di eventi che porterà Kurt e Blaine a incontrarsi con il destino.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Svegliarsi si era rivelato più difficile quella mattina. Con ancora il ricordo della sera prima a fargli compagnia, Blaine aprì gli occhi ed ebbe quasi voglia di richiuderli e tornare a dormire, per rimanere ancora un altro po’ in quel sogno magico. Di due corpi vicini, due labbra che si incontrano e si sfiorano e un sorriso dolce sulle labbra di Kurt. Kurt, che chissà cosa stava facendo in quel momento, magari dormiva ancora. Allora chissà se lo stava sognando, come lui aveva appena fatto.

Il suo telefono iniziò a vibrare e a riportandolo alla realtà. Il vibrare cessò, segno evidente che gli era arrivato un nuovo messaggio. Fissò svogliatamente il comodino, da dove era provenuto il rumore di vibrazione e dopo tornò a fissare il soffitto riportando il suo pensiero a Kurt. L’immagine di quel ragazzo dalla pelle chiara, il sorriso radioso e riservato a pochi e gli occhi più azzurri che avesse incontrato, scattò a sedere e afferrò in fretta il cellulare, sperando fosse un messaggio del ragazzo, magari un buongiorno.

Quando sbloccò lo schermo, quella speranza morì sul nascere. Il numero sullo schermo non era quello di Kurt, anzi, era un numero che non vedeva da un bel po’ di tempo. Si chiese cosa mai volesse da lui e come mai lo avesse cercato a quell’ora, ma poi si limitò a lanciare il telefono sul letto e a prepararsi per una nuova giornata in ospedale. Era arrivato il momento di riprendere a lavorare, ora che Kurt stava meglio e il loro rapporto sembrava a una svolta. Un po’ gli sarebbe mancato, restare a casa a osservare gli oggetti immobili ma ricordò anche, che quel periodo non era stato dei migliori.

Tutta la preoccupazione per Kurt, i sensi di colpa dell’incidente, le notti insonne a chiedersi cosa sarebbe successo se avesse aspettato invece di correre via. E poi gli mancavano i pazienti, le varie visite, prendere il caffè con Mercedes e anche essere preso in giro da Santana. Così, una volta pronto uscì di casa, salì in auto e dopo un respiro profondo mise in moto. Come sempre a quell’ora, non c’era molto traffico e non ci impiegò molto ad arrivare all’ospedale e a parcheggiare. Quello si rilevò più complicato, considerato l’afflusso di persone, pazienti e medici.

Tutto sommato riuscì a parcheggiare, ma prima di uscire dall’auto afferrò il telefono - ignorando i nuovi messaggi che gli erano arrivati - e scrisse un messaggio a Kurt. Non sapeva esattamente cosa scriverli, quindi si limitò ad augurali buona giornata. Una volta nell’edificio, venne bloccato da Santana, che iniziò a riempirlo di “complimenti” chiedendoli da quale barbone avesse rubato gli abiti che indossava o se semplicemente stesse frequentando un corso per diventare il clown per qualche circo, in giro per il mondo.

Subito dopo fu il turno di Mercedes che gli sorrise gentilmente e gli offrì un caffè, cercando di fargli più domande possibile sulle uscite con Kurt, senza farsi notare o creare sospetti, per poi arrendersi e parlarli dei casi più interessanti che erano passati in quei corridoi, in sua assenza. Anche Quinn lo intercettò facendoli qualche domanda e chiedendoli come stava, sinceramente preoccupata ma felice di rivederlo di nuovo in ospedale. Riuscì anche a incontrare Artie in ascensore, cosa molto strana dato che non usciva mai dal suo ufficio, e sembrava molto felice di riaverlo a bordo.

Sì, era felice di essere tornato a lavorare. I suoi nuovi pazienti erano molto cordiali ed era bello rivedere tutti, ad ogni modo non riuscì a impedirsi di chiedersi cosa stesse facendo Kurt o perché ogni volta che il suo telefonino suonava, non era mai il suo nome che compariva sullo schermo.


 
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Un rumore sordo e poi una porta che si apriva, fece scattare sull’attanti Kurt. Aveva faticato ad addormentarsi la notte precedente e aveva spostato la sveglia di qualche ora, sperando di poter  recuperare qualche ora di sonno ma ovviamente inutilmente. Un lamento di bambina lo fece sorridere. Si era completamente dimenticato che Rachel gli avrebbe fatto compagnia quella mattina. Almeno fino all’arrivo di Finn, che era andato alla ricerca di qualcosa per la bambina, sicuro un capriccio di Rachel.

Si strofinò gli occhi stanchi prima di alzarsi dal letto, con addosso ancora il pigiama, ed entrando in salotto per accogliere la sua migliore amica. Si era ripromesso che avrebbe tolto le chiavi alla ragazza, considerando che si presentava nel suo appartamento a ogni ora del giorno ma lei insisteva che le servivano per emergenze e casi gravi, cosi lasciava correre.

“Buongiorno meraviglia, dormito poco la notte scorso? Oddio non avrò interrotto niente, giusto? Lui non è in camera tua per il bis o il tris, in quel caso mi volatilizzo all’instante. Bhe, se tu vuoi” sogghignò e Kurt ebbe la certezza che aveva passato troppo tempo in compagnia di Santana Lopez.

“Calma i bollenti spiriti ragazza. Non è successo proprio nulla, non c’è nessuno in camera. Ho solo una avuto una notte insonne e tra l’altro mi ero dimenticato che saresti passata da qui, altrimenti non mi avresti trovato in pigiama” sorrise con fare dolce, avvicinandosi alla piccola e prendendola in braccio.

“Quinn mi ha detto che Blaine oggi ha ripreso i suoi turni in ospedale e che Mercedes ha provato a estorcergli qualche informazioni sulle vostre uscite, ma che non è riuscita a ottenere molto. Cosa nascondete voi due? Siete usciti per tutta la settimana, eppure, nessuno sa niente e non sappiamo neanche se ci sono sviluppi” provò a convincere l’amico a raccontarle qualcosa, mentre si rendeva utile e preparava la colazione.

“Da quando la nostra storia è diventata di dominio pubblico? E da quando tu, Quinn e Mercedes mi ritrovate a parlare di noi?” chiese Kurt scherzosamente, mentre cullava la piccola Elizabeth Carole. “Tutto è nato fin da subito a dir la verità” Kurt la fulminò con lo sguardo come per dire: Io stavo solo scherzando, ma Rachel lo ignorò e continuò a parlare “Andiamo, Kurt, non mi guardare cosi. Tutti in quel posto hanno notato i nostri sguardi o i vostri sorrisi, ogni volta sembra che il mondo intorno a voi sparisca e ci siate solo voi. Questo non lo puoi negare, non con me”.

Kurt evitò il suo sguardo e continuò a muoversi lentamente, cercando di far addormentare la piccola. Rachel sbuffò prima di dire: “Sei una testa dura, lo sai? Oddio aspetta, ma tu hai detto NOSTRA storia sì, hai proprio detto: Da quando la nostra storia è diventato di dominio pubblico” squittì la ragazza, ricordando le parole dell’amico ed evidenziando le parole: nostra storia. “Quindi avete una storia? E’ una cosa ufficiale?”.

“Rachel, sono il tuo migliore amico e quindi credo spetti a me dovertelo dire: sei un caso perso” e cosi dicendo, tornò a fissare la piccola e a sorriderle gentilmente, mentre Rachel lo fissava sognate, sgranocchiando qualcosa di sconosciuto all’uomo.

“Sai, sarò un caso perso come dici tu ma sai che saresti un ottimo padre? Voglio dire, guarda la piccola Elizabeth Carole, quando è con te sorride sempre e si addormenta molto facilmente.” Kurt la guardò e accennò un piccolo sorriso “E sai cosa? Io e Finn potremmo lasciartela qualche volta. Sono giorni che Finn cerca un modo per organizzare una cena romantica per noi due e mi sento un po’ in colpa a lasciarla sempre a Quinn e tu potresti essere la soluzione a tutto e poi sarebbe una cosa utile ad entrambi”.

“In che modo, tenere la piccola per una sera, potrebbe risultare utile a me? Non che ci siano problemi, sai che adoro questa principessina ma non capisco proprio dove vuoi arrivare Rachel e quello sguardo nei tuoi occhi non mi convince neanche un po’” disse, facendo due passi indietro, stringendo a sé la bambina.

“Ma smettila, non faccio cosi paura” sbuffò la ragazza, incrociando le braccia al petto, fingendosi offesa. Cosa che durò qualche istante, perché poi riprese a parlare “Pensavo solo che, mentre io e Finn ci godiamo una cena romantica, tu e Blaine potreste giocare alla famiglia felice, tutto qui”.

“Rachel Barbra Berry esci subito da questa casa e non ti fare vedere per i prossimi mille anni” e poi rivolta alla bambina aggiunse: “Tu no, principessa mia. Ma ti rendi conto di che mamma ti ritrovi? Giuro che un giorno ti trarrò in salvo da tutto questo, te lo prometto”.
 

 
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La giornata era trascorsa abbastanza in fretta, forse perché per metà del tempo non ci aveva pensato. Era cosi entusiasta di essere tornato a lavoro e i pazienti si erano rivelati cosi gentili, che finiva più tempo di quello che era necessario, nelle loro stanze a parlare. Era in pausa da qualche minuti, seduto sul divano della sala relax a controllare alcune cartelle, mentre sorseggiava un tazza di caffè. Era bello potersi rilassare, soprattutto dopo quelle ore piene di lavoro, per controllare le varie cartelle e avere del caffè caldo in circolo nel corpo.

Quando vide Santana entrare nella piccola stanza, capì che il suo attimo di riposo era appena giunto al termine. Iniziò a riordinare le cartelle aperte sulle sue gambe e parte sul divano, pronto a qualche frecciatina o a qualche altra battuta sulla sua altezza ma Santana lo sorprese. “Ciao Hobbit, detesto disturbarti quando te ne stai qui tutto solo a- non voglio sapere a fare cosa, ma c’è un bel imbusto che ti cerca. Sembra anche molto carino, ma la sua aria non mi piace molto e poi sembra me al maschile e non so se questa cosa dovrebbe piacermi oppure no, ad ogni modo ti aspetta in sala d’attesa. Ora finisci quello che stavi facendo e cerca di rimettere a posto- quello che deve essere al suo posto ed esci da qui. Addio Hobbit” e cosi dicendo uscì dalla stanza.

Il moro fissò la porta con un sopraciglio sollevato. Okay, forse Santana non lo aveva deluso poi tanto, era riuscita a fare i suoi commenti e i suoi doppi sensi ma Blaine non ci pensò poi tanto e riportò la sua attenzione al perché, Santana era andata a cercarlo. Ci penso su alcuni istanti: Un ragazzo lo aveva cercato e ora lo stava aspettando in sala d’attesa. Santana aveva anche aggiunto, che in parte le assomiglia. Non ci mise tanto a unire i vari tasselli e a capire chi lo stava aspettando. Prima i messaggi, che aveva ignorato e ora era lì. Chissà cosa voleva da lui.

Si lasciò andare a un sospiro stanco, prima di raccogliere le cartelle e uscire dalla stanza. Consegnò a una infermiera tutte le cartelle e si diresse verso la sala d’attesa. Nella stanza c’erano altre tre persone, che aspettavo il loro turno o l’orario di visite. A Blaine bastarono una manciata di secondi, per individuare il ragazzo alto e in camicia e cravatta, che lo aspettava seduto su una sedia libera. Gli si avvicinò e gli sembrò di star andando a rallentatore. Si fermò a pochi centimetri e lo chiamò: “Ciao Sebastian, a cosa devo questo onore?”.

Il ragazzo castano, voltò il capo e ghignò alla vista del ragazzo. Erano passati diversi anni dall’ultima volta che si erano visti. Non riuscì a trattenersi ed esclamò: “Lo sai che sei realmente sexy con quel camice? Devo dire che con il tempo ti ha cambiato, ma è bello vedere che il tuo fascino resta sempre lo stesso o migliore”.

“Oh Sebastian! Passano gli anni ma tu resti sempre lo stesso e non so ben dire se questo è un bene o un male. Ad ogni modo resterei molto volentieri qui a parlare con te o a sentirti fare questi commenti ma come vedi sono di turno e non ho molto tempo. Che ne dici di arrivare al motivo di questa visita? Credevo che non rispondere ai messaggi fosse abbastanza chiaro ma mi sbagliavo” disse sbrigativo, mentre nella stanza si accomodarono altri due pazienti.

“Sei la gentilezza, Dottor Anderson, e devo dire che mi mancava molto questo di te. Ma hai ragione, stai lavorando e non voglio creare problemi, sono qui per farti un offerta di lavoro.” Blaine sollevò un sopraciglio pronto a rispondere, ma Sebastian lo zittì “Sono a conoscenza di quanto questo posto sia prestigioso e che ti sei trasferito da poco, ma prima ascolta cosa ho da proporti”.

Il giovane dottore lo guardò con attenzione poi guardò le persone che stavano chiacchierando nella stanza. Per quanto lui e Sebastian erano vecchi compagni di college e aveva seguito la specialistica insieme, ancora non riusciva a fidarsi completamente di lui. Ci aveva provato durante i loro primi anni al college e aveva anche provato a portarlo a letto ma non poteva impedirsi di essere incuriosito, cosi semplicemente disse: “Va bene. Che ne dici di andare a prenderci un caffè? Sono in pausa e ho ancora qualche minuto”. Sebastian sorrise a quella proposta e accettò subito.

 
 
Erano seduti in un tavolino non molto lontano dalla porta d’ingresso, in un bar poco distante dall’ospedale. Era frequentato dai dottori dell’ospedale ma Blaine preferiva di gran lunga la sala relax. Lì poteva restare da solo con i suoi pensieri, a riordinare le sue cartelle e starsene in santa pace. “Allora Sebastian” esclamò una volta che il cameriere si fu allontanato, lasciando sul tavolino le loro ordinazioni “Di che offerta di lavoro mi volevi parlare? E perché sei venuto fino a qui a New York per propormela? Se non ricordo male, ti sei trasferito in California l’estate dopo il nostro esame di fine anno”.

Sebastian sorseggiò il suo caffè corretto, prima di rispondere alle domande di Blaine. Lo fissò per alcuni istanti da dietro la tazza, notando quanto fosse cambiato e migliorato nel tempo. Aveva da sempre avuto una cotta per lui, ovviamente mai stata ricambiata e iniziò a chiedersi se fosse ancora disponibile. Ma non si limitò solo a pensarla e allora disse: “Sei ancora su piazza o il tuo bel sederino ha già trovato un padrone?”.

“Passa il tempo ma questo resterà sempre il tuo chiodo fisso e io che pensavo che avremo parlato della tua offerta di lavoro. Non sarai venuto fin qui solo per questo? Ti ricordo che hai fallito e anche molto tempo, ma se proprio ti interessa saperlo, sto frequentando una persona ma non è come credi tu. Non si tratta di sesso o qualcosa di fisico” Blaine abbassò il capo, stringendo la tazza calda tra le mani e sorridendo dolcemente.

“Oh! Oh! Qualcuno si sta innamorando, che cosa disgustosa” finse di vomitare e poi riportò lo sguardo sul il ragazzo che arrossì “Glielo hai detto che è il ragazzo più fortunato della terra? Voglio dire, ci ho provato per anni e tu niente e ora mi sei cosi innamorato da far schifo. Deve essere realmente speciale”.

“Lo è, credimi. Ma credo di essere io quello fortunato ad averlo trovato. Mi fa sentire cosi bene quando sono con lui e quando sono distante da lui, non riesco a impedirmi di chiedermi dove sia o se mi stia pensando e forse questo non lo avrei dovuto dirlo, perché ora mi prenderai in giro a vita” disse, scuotendo il capo e ridendo di se stesso e di quel suo essere cosi innamorato di Kurt.

“Farò finta di non aver ascoltato queste ultime frasi, anche perché potrei sul serio mettermi a vomitare e tornerò al motivo della mia visita. Come prima cosa lasciami dire che non sarei dovuto venir fin qui dalla California se tu ti fossi degnato di leggere un singolo messaggio ma dimenticherò anche questo. Sono qui per offrirti un posto come capo reparto” disse con un ghignò sulle labbra.

Blaine impallidì a quella proposta. Un lavoro come capo reparto era una occasione da non perdere e prendere al volo, ma doveva restare calmo e capire qual era il tranello. Infondo si parlava di Sebastian Smythe, cosi chiese: “Perché io?”.

“Come siamo sospettosi, Anderson. Nessuno imbroglio, ti voglio nel mio team, perché cerco persone di cui fidarmi e che sappiano far bene il loro lavoro. Eri il più bravo del corso e per lavorare in un posto del genere devi essere sul serio il più bravo. Questa è la mia offerta, ovviamente il lavoro è in California e dovrai lasciare la tua ama New York ma sai meglio di me quanto valga una proposta di questo tipo. Resterò qui per alcuni giorni, il mio numero lo conosci, non credo ci sia altro da dire” e cosi dicendo, uscì dal bar, lasciando una generosa mancia sul tavolo e un Blaine pieno di domande.

Per quanto l’offerta fosse ottima e non avrebbe ricevuto molto presto un proposta di quel calibro, non avrebbe mai lasciato New York per trasferirsi in California. New York era il suo sogno e, diciamocela tutti, non era solo il suo attuale lavoro a tenerlo in quel luogo. La motivazione principale, quella che faceva girare la sua vita in quelle settimane e mesi, comparve sullo schermo del telefono di Blaine, chiedendoli se era libero quella sera e se aveva voglia di fare qualcosa insieme. Blaine sorrise istintivamente e rispose.

Dopo qualche scambio di messaggio e tanti sorrisi felici, Blaine gli diede appuntamento in ospedale. Certo, non era un ottimo posto per iniziare la serata, ma Kurt si era offerto di andarlo a prendere a lavoro e Blaine non se la sentiva proprio di controbattere.   
 

 
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L’ospedale ero uguale a come lo ricordava, non che si aspettasse che cambiasse. Erano trascorse diverse settimane, da quando era bloccato in questa stanza mentre Mercedes gli faceva compagnia. Ma erano cambiate diverse cose da quei giorni, ormai lontani. Ora aveva una quasi relazione con il ragazzo a cui pensava e a cui stava per dire Ti Amo. Molte volte aveva avuto l’impulso di dirlo ancora e questa volta con la consapevolezza di essere ascoltato, ma aveva paura. Aveva superato tanti ostacoli personali e forse quello era il suo ultimo ostacolo.

Durante quelle settimane ci aveva pensato spesso e dopo il bacio, aveva anche avuto l’impulso di farlo ma la paura lo bloccava sempre e questo gli pesava. Perché non era da lui ed era consapevole di provarlo realmente. Più conosceva Blaine più lo amava e più aveva voglia di trascorrere ogni momento con lui. Estrasse il telefono della tasca e mandò un rapido messaggio a Blaine, dicendoli che era appena arrivato e che avrebbe aspettato in sala d’attesa. L’idea di tornare in quella stanza ed essere trasportato da tutti quei ricordi, gli faceva venire voglia di correre via. Più lontano possibile da quel posto.

Tutto sommato si sedette sulla prima sedia vuota e incrociò le gambe. L’idea di vedere ancora Blaine con il camicie mentre finiva il suo giro di visite o chiacchierava con pazienti e colleghi, gli fece dimenticare subito dov’era e iniziò a perdersi in fantasia, troppo reali. Perso i quei pensieri cosi dolci e allo stesso tempo cosi spinti, non vide entrare il più bel dottore di quel ospedale e di tutto il mondo, almeno fino a quando non gli lasciò con tenero bacio sulle labbra quasi imbarazzato da quel piccolo gesto.

Kurt arrossi quando senti le labbra di Blaine sulle sue ma dopo sorrise dolcemente al gesto. Blaine indossava ancora il camice e stringeva al petto alcune cartelle, segno che era andato da lui anche se il suo turno non era ancora terminato. “Che ci fai qui? Il tuo turno non finisce tra quindici minuti? Ti ho forse distratto dai suoi compiti? Guarda che hai delle vita da salvare, Dottor Anderson e non puoi scappare via, per baciare ragazzi in sala d’aspetto. Non ci si comporta cosi” lo rimproverò scherzosamente, puntandoli un dito contro, con un sorriso sulle labbra.

“Questo è vero, non posso darti torno, ma quando il ragazzo in questione è un angelo sceso in terra per rendere la vita più meravigliosa a chi lo incontra, allora si può fare questa eccezione” sorrise, lasciando un altro piccolo bacio sulle labbra del attore. “Ora ci stai prendendo troppo gusto, Anderson. Quindi fila subito e torna al tuo lavoro, ne riparliamo dopo” e quando vide gli occhi di Blaine illuminarsi e un enorme e raggiante sorriso allargarsi sul suo viso, non riuscì a non sorridere a sua volta e a sporgersi per un altro bacio.

Si guardarono per qualche secondo, prima che un’infermiera catturò l’attenzione di Blaine. Doveva tornare al suo lavoro e questo entrambi lo sapevano, quindi si sorrisero ancora una volta e Blaine uscì dalla stanza saltellando come un bambino, mentre Kurt lo guardava divertito.

“Tu devi essere la persona speciale che ha rapito il cuore di Blaine, esatto?” disse una voce alle sue spalle, mentre sorrideva ancora alla vista di Blaine che saltellava felice e raggiante. Si voltò lentamente, mentre un ghignò lo accolse. “Scusa, tu saresti? Non credo di conoscerti, anzi, ne sono più che sicuro” rispose con un sopraciglio sollevato, cercando di capire cosa volesse da lui e perché conoscesse Blaine. Non sembra un suo collega e sapeva che Blaine non conosceva ancora nessuno a New York, oltre i suoi colleghi di lavoro.

“Mi chiamo Sebastian Smythe e sono un vecchio amico di Blaine, ma non mi sorprende che lui non ti abbia parlato di me. Diciamo che abbiamo avuto i nostri alti e basi e che non ci sentiamo da un bel po’. Sono qui, a perdere il mio tempo a parlare con te, perché ero curioso di conoscere chi ha avuto l’onore di infilarsi sotto le coperte di Blaine ma soprattutto perché avevo un offerta da fargli, che ovviamente non accetterà” disse in fretta.

“E di grazia, io cosa centro? Voglio dire, fino a prova contraria, io non sono Blaine e non posso dirgli cosa fare della sua vita. Magari non accetta la tua offerta perché sei quello che sei” disse freddo, mentre cercava di capirlo e ignorando la maggior parte delle cose dette da quello strano individuo.

“Perché la motivazione principale che lo trattiene qui, invece di cogliere al volo questa offerta di lavoro, sei tu” disse senza giri di parole. Non aveva voglia di perdere il suo tempo e quel ragazzo lo innervosiva. Aveva sempre la risposta pronta e non capiva cosa Blaine poteva trovare in lui.

“Io? Questa cosa è stupida. Perché dovrebbe restare qui?” e dentro di sé si chiese: Perché non me ne ha parlato? Sono realmente la motivazione per cui resta? Mentre cercava di non far capire che quella semplice frase, aveva creato più danni di quelli che si potevano aspettare. “Bhe, questo è tutto. Se ci tieni realmente a lui lascialo libero di non perdere questa occasione. So quanto lui tenga a te e posso immaginare che la cosa sia reciproca, quindi lascialo partire per la California, perché non me la bevo la storia che si sia legato a New York” e con quello uscì dalla sala d’attesa e dallo stabile.

Nella testa di Kurt alleggiavano ogni tipo di domanda, alle quali non sapeva come dare risposta. Iniziò a chiedersi da quanto tempo Blaine era a conoscenza di quella proposta e perché non gliene aveva ancora parlato. Si chiese anche se quel ragazzo dal ghigno facile avesse ragione e se la motivazione a tenerlo lì e a rinunciare alla California, fosse proprio lui. Quando si trovò Blaine, diversi minuti dopo, a osservarlo appoggiato al muro più vicino, scacciò via ogni domanda o pensiero e provò a godersi quella loro serata. Magari avrebbe potuto accennare alla California o a nuove proposte di lavoro e vedere la reazione di Blaine a quelle provocazioni.
 


 
La serata stava trascorrendo in tranquillità. Blaine gli stava parlando dei suoi nuovi pazienti, mentre aspettavano le loro ordinazioni. Lo aveva portato in un ristorante molto elegante, dove ogni tavola era rivestita con una tovaglia rossa e con sopra due rose rosse in una vaso sobrio. “Allora, mh, hai avuto offerte interessanti in questi giorni?” iniziò a chiedere, mentre giocava con un pezzo di pane finito al lato del suo pianto, ora pieno di cibo e che non aveva ancora toccato. Si sentiva strano e desiderava trovare le risposte a tutte quelle domande che non volevano dargli pace.

“Offerte interessanti? Mh! Ora che mi ci fai pensare, ho avuto un offerta interessante oggi” la testa di Kurt scattò verso il moro, mentre il pezzo di pane veniva di nuovo dimenticato sul tavolo. Aspettò con impazienza che il ragazzo riprendesse a parlare e lui a respirare “Oggi una donna mi ha chiesto di sposarla. La cosa assurda è stato suo marito che mi ha supplicato di farlo. Una coppia con problemi, non trovo?”.

Kurt sforzò un sorriso divertito ma non era quello che si aspettava di sentirsi dire. Voleva che gli parlasse dell’offerta di Sebastian e che gli desse delle valide motivazioni per la quale non aveva intenzione di accettare. Quelle domani spingevano per essere porse, cosi chiese ancora: “Ho sentito che in California il tempo è bellissimo, quasi tutto l’anno. Hai mai pensato di andarci, tipo trasferirti lì e trovare un lavoro più soddisfacente di questo, non che questo non lo sia ovvio, era solo per chiedere”.

Il moro lo guardò con un sopracciglio sollevato non capendo a cosa puntasse il ragazzo, tutto sommato non ci dette molto peso e ripose: “Non lo so, voglio dire, mi piace New York e il mio lavoro, quindi non capisco perché dovrei cambiare questo”.
 


 
La serata era quasi al termine e Kurt non era riuscito nel suo intento. Aveva provato più volte a intavolare l’argomento, ma ogni volta Blaine non lo portava dove voleva e finiva per fingere di sorridere, sempre più stufo di quella situazione. Troppe domande e nessuna risposta. “Blaine?” lo chiamò Kurt, mentre il moro era intento ad aprire la porta di casa, per farli accomodare entrambi e continuare ancora la loro serata. Blaine alzò il capo e lo scrutò. Kurt era stato strano tutta la serata e questo Blaine lo aveva notato anche se non aveva detto niente. “Posso chiederti una cosa?” chiese infine.

“Certo. Tu puoi chiedermi tutto quello che vuoi e magari potresti anche dirmi perché sei stato strano tutta la sera. La tua domanda spiegherà anche questo? Perché voglio ascoltarla, ma che ne dici di entrare prima in casa? Cosi non importuniamo nessuno” dopo un cenno del capo di Kurt, Blaine apri la porta ed entrarono. Blaine fece strada a Kurt, portandolo nel salotto e facendolo accomodare sul divano, uno accanto all’altro a solo pochi centimetri. Kurt sembrava nervoso e il moro non riusciva proprio a capirne il perché, cosi spezzò il silenzio che si era creato e chiese: “Allora?”.

“Mi chiedevo solo quando mi avresti parlato della offerta che ti ha proposto il tuo amico Sebastian e perché lui è tanto sicuro che tu resterai qui. Perché io non lo comprendo” disse senza giri di parole. Per quella giornata ne aveva avuto abbastanza, era ora delle risposte.

“Come? No, un secondo e tu come lo sai?” gli occhi di Blaine si sbarrarono. Aveva ricevuto quella offerta solo poche ore prima e non capiva come Kurt ne potesse essere a conoscenza. E ancora di più non capiva come Sebastian avesse avuto quel presentimento, anche se era fondato, aspetta.. “Tu hai parlato con Sebastian? E stato lui a parlati della offerta? Cos’altro ti ha detto?”.

“Non credo sia questo il punto della questione, Blaine. Tu mi hai mentito e mi hai tenuto nascosto tutto questo ed è stato un completo estraneo a dirmelo. Un completo estraneo mi si è avvicinato e mi ha detto che avevi per le mani questa incredibile offerta di lavoro e che non avresti accettato. Voglio solo sapere perché non me ne hai parlato” Kurt iniziò ad alzare la voce, mentre si torturava le mani.

“Io-io non riesco a capire. Perché Sebastian avrebbe dovuto parlartene? Non riesco proprio a comprenderlo e poi, quando te lo avrebbe detto? Sicuro oggi, quando sei venuto in ospedale. Non era affari suoi questi e non capisco perché te ne abbia parlato lui” a Blaine iniziò a battere forte il cuore, mentre una strana paura stava iniziando a nascere dentro di lui.

“Quello che non capisce sono io, Blaine. Capisco che non siamo ancora una coppia e che non sei autorizzato a parlami della tua vita o dei tuoi affari, ma credevo che ci fosse fiducia tra noi. Credevo che fossimo amici e tra gli amici ci si confida. Perché non me ne hai parlato? Perché non vuoi accettare?” ogni domanda nella sua testa iniziò a sfuggire della sua bocca e faceva male.

“Non è come credi Kurt. Certo che siamo amici e onestamente spero anche qualcosa di più, non so cosa ti abbia detto Sebastian o perché lo abbia fatto, ma te ne avrei parlato. Onestamente forse no, perché era una proposta che non aveva bisogno di tempo. Conoscevo già la risposta e non cambierà” riposte in fretta Blaine, non riuscendo a concepire che quella era la loro prima litigata.

“Blaine continui a parlare e a creare scuse, mi dici che non dovrei credere a quello che mi ha detto Sebastian, ma continui a non rispondere alle mie domande. Vorrei solo sapere perché non me ne hai parlato. Sono cosi poco importante per te, forse si, non lo so più” il corpo di Kurt iniziò a tremare e iniziava a essere difficile trattenere le lacrime.

“Forse perché avevo paura di questa tua reazione” anche la voce di Blaine iniziò ad alzarsi di qualche nota, mentre cercava di non impazzire in tutta quella situazione che si era creata “Kurt, tu non puoi realmente pensare che tu non sia importante per me, solo perché non ti ho parlato di un offerta di lavoro, che tra l’altro, mi hanno proposto solo oggi”.

“No, Blaine, non capisci. Non si tratta dell’offerta di lavoro o della California cosi dannatamente lontana da qui. Si tratta di me che sono venuto a conoscenza di tutto questo da un estraneo invece che dal mio rag- da te, Blaine.” Kurt si morse le labbra, era troppo e doveva chiederlo o non avrebbe retto ancora molto “Okay, rispondi solo a questa domanda: Cosa ti trattiene qui, Blaine?”.

“Io…non posso rispondere a questa domanda, mi dispiace. E mi dispiace non avertene parlato di tutto questo o che sia stato proprio Sebastian a parlartene. Mi dispiace realmente tanto, Kurt. Potremmo solo dimenticare tutto questa situazione e tornare a ora?” chiese speranzoso e realmente dispiaciuto per tutto.

“Dispiace a me Blaine, di non averlo detto subito e non aver dato voce alle mie domande e mi dispiace ancora di più, perché non riesco a restarmene qui e far finta che niente sia successo. Questo è troppo per me, ho bisogno di riflettere uscire subito da questa casa” disse, mentre si rimetteva in piedi e una lacrima scappò al suo controllo.

“No, Kurt, no. Non puoi farmi questo, per favore. Non piangere e non andartene via. Resta e parliamone ancora. Accusami di tutto e dammi addosso. Sono stato un totale idiota, ma non andare via, per favore” anche il volto di Blaine si stava riempiendo di lacrime e quella paura si faceva sempre più prepotente.
“Questa situazione non sta migliorando. Ogni secondo che passa mi sembra di impazzire e ho realmente il bisogno di uscire da qui. Ma dannazione, non riesco a capire cosa ti trattiene qui, Blaine, e questo non sapere non aiuta” la pazienza di Kurt stava cedendo, come tutto il suo corpo che stava perdendo il controllo.

“PERCHE’ TI INTERESSA COSI TANTO. PERCHE’ E’ D’INVITALE IMPORTANZA CHE TU LO SAPPIA. SONO IO QUELLO CHE NON CAPISCE KURT E NON CE LA POSSO FARE A VEDERTI ANDARE VIA DI NUOVO” e non era sua intenzione alzare il tono della voce o sembrare arrabbiato, ma non voleva vederlo andare via.

“Io…SAI CHE TI DICO? DOVRESTI ACCETTARE QUELL’OFFERTA DI LAVORO E PARTIRE PER LA CALIFORNIA, ECCO COSA TI DICO BLAINE. PARTI E VAI VIA. ACCETTA IL LAVORO E FACCIAMO FINITA CON TUTTO QUESTO NON SIA SUCCESSO, COME VUOI TU. PERCHE’ INIZIO A SENTIRMI STUPIDO” e quella che doveva essere una tranquilla serata insieme si stava tramutando in troppe frasi urlate con rabbia e stanchezza e paura di perdere l’altro.

“PERCHE’?” chiese infine Blaine, esausto da quello scambio di battute. Era esausto di discutere di qualcosa che non aveva senso, perché lui non avrebbe accettato quel lavoro e la motivazione non era solo la paura. O forse era solo paura di perdere qualcosa di più grande, del suo attuale lavoro. Gli occhi di Kurt si riempirono di lacrime e trattenerle a quel punto era inutile. Si asciugò alcune lacrime con gesto rabbioso, prima di correre via e uscire da quell’edifico. Fuori pioveva cosi forse che si sorprese di non essersene accorto. Corse senza meta, mentre la pioggia si mischiava al sapore salato delle sue lacrime.

Corse per quelli che sembravano chilometri infiniti, prima di essere bloccato per un braccio e fermarsi. Aveva il fiato corto e anche la persona alle sue spalle. Non si voltò a fissare il ragazzo che lo teneva fermo per un braccio. Rimassero immobili a riprendere fiato. Le menti che vagavano, mentre la voglia di correre ancora via era sfumata via. La pioggia che li bagnava e una strada vuota a circondarli. Nessuno a fissarli e sono la pioggia a dividerli. Blaine non allento la sua presa intorno al braccio di Kurt e Kurt non riusciva a trovare la forza di voltarsi.

“Perché” disse Blaine, mentre il suo cuore tornava ad avere un battito normale. Non era una domanda e non suono come tale. Non lo stava chiedendo, per paura di vederlo scappare ancora, tutta via voleva sapere. Voleva sapere perché a cosi tante cose, che si sentiva confuso. Kurt non rispose subito, si prese il suo tempo, il suo spazio ma sapeva che era ora di parlare. Fece un lungo respiro, un respiro che racchiudeva una serie di parole che erano pronte a vedere la luce e a farlo sentire più libero o più pensate. Cercò un modo per scappare ma il tempo di scappare era finito. Era ora.

“Io ricordo” iniziò, non sapendo come avrebbe continuò e non volendo assistere alla reazione di Blaine, che sembrò smettere di respirare di nuovo “Io ricordo quella notte. Ricordo di averti cercato, di aver pensato a quello che avremmo potuto essere. Ricordo che mi sono detto che era ora che tu sapessi, anche se era stupido e troppo presto. Ma dovevi sapere che passare i miei istanti con te, mi rendevano le giornate migliori. Dovevi sapere quello che sentivo”.

“E ricordo” prosegui, mentre le lacrime tornarono a unirti al getto forte della pioggia “Ricordo che sei entrato nella mia stanza, quando ero in ospedale. Ero sveglio e ho sentito ogni tua parola e ne ho avuto paura. Ricordo la canzone e ogni parola sincera racchiusa e avrei dovuto aprire gli occhi ma non ce la facevo. Volevo tornare a dormire e svegliarmi al tuo fianco.

“E ricordo da cosi tanto che mi sento cosi stupido ora. Perché è stupido conoscere i propri sentimenti e non avere il coraggio e non riuscirgli ad ammettere. E mi sono sentito cosi piccolo, quando la consapevolezza che tu saresti restato qui per me, era troppa e io ho mentito per cosi tanto tempo. Mi dispiace cosi tanto Blaine. Io ricordo ma non ne trovavo il coraggio e io-“ ma anche per le scuse il tempo era finito.

Blaine fece voltare Kurt con gesto deciso. Spostò la mano dal polso di Kurt sulla sua nuca, mentre l’altra mano avvolse il suo bacino. Senza bisogno di chiedere, fece scontare le loro labbra e fu dolce e allo stesso tempo bisognoso. Tutto quello di cui avevano bisogno. Nessuna scusa, nessuna parola solo le loro labbra che iniziavo a conoscersi. Le braccia di Kurt cinsero, senza un comando preciso, il collo di Blaine mentre ogni dubbio o paura lasciava il suo corpo. La pioggia che inizia a scendere più lenta, accompagnando le loro labbra e i loro gesti. Quelle labbra che stava pronunciando tutte le parole non dette per insicurezza.

Quella paura di perdere, quelle domande ancora da porre, quei dubbi da soddisfare. Tutto si era fermato, perché nulla aveva più senso. C’erano solo loro e i loro cuori che battevano forti per farsi sentire, anche se non ne avevano più bisogno, perché non avevano più bisogno di parlare. Quando le loro labbra si allontanarono, la giusta distanza per riprendere fiato, c’era solo una cosa ancora da chiedere e fu Blaine a farlo, dicendo: “Dillo. Ho bisogno che tu lo dica ora. Perché lo ricordo anche io ma il ricordo è cosi lontano che inizio a credere che sia stato solo un sogno. Non è una menzogna se ora tu trovi il coraggio per dirlo. Quindi dillo Kurt, solo dillo”.

Ti amo” disse senza fiato e non solo per il bacio appena concluso. Era senza fiato perché desiderava dirlo da cosi tanto, che gli sembrava di essere tornato a respirare. E andava tutto bene, perché non aveva paura ad ammettere e quando le labbra di Blaine di allontanarono dalle sue, per un altro rapido bacio aggiunse: “Oh, ti amo cosi tanto Blaine e lo stupido sono io”.

“Sta zitto, Kurt, sta zitto” sorrise Blaine, troppo felice di quelle parole che aspettava da cosi tanto, per ascoltarne altre “Ti amo anch’io e forse ti ho amato dalla prima volta che mi sei finito addosso. Perché i tuoi occhi Kurt, i tuoi occhi hanno fatto battere il mio cuore e continuano a farlo” e le loro labbra tornarono a toccarsi, mentre le loro lingue fremevano dalla voglia di conoscersi. E mentre le loro bocce lentamente si socchiudevano per amplificare il bacio, la pioggia smise di scendere sui loro volti bagnati e il cielo si apriva rivelando le prima stelle della sera. E sotto quel cielo ne erano sicuro: quello era l’inizio di qualcosa di meraviglioso.
 







 

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Note:

Ed ecco il nuovo capitolo. E credo che questo capitolo sia la svolta decisiva per i Klaine e anche il loro vero inizio. Vorrei due piccole cose prima di lasciarvi.
Oggi è un anno dalla pubblicazione del primo capitolo e siamo molto fiere di questa storia. Ci è stata molto utile, ci ha legate di più e ci ha migliorate. Questa Fan Fiction è stata scritta in periodi molto particolari della nostra via e quando sembrava bloccata o ferma, eravamo di nuovo lì a scrivere un nuovo capitolo. La prova che niente di ferma e la forza di questa ff e di quanto ci abbia dato. Questa fan fiction siamo noi.
Ringraziamo ogni singola persona che abbia letto, recensito e apprezzato quella storia. Chi l’ha inserita tra le seguite, ricordate e preferite. Quando abbiamo avuto l’idea di scrivere questa storia, non avremmo mai pensato di ottenere tutto questo, quindi grazie dal più profondo dei nostri cuori.
Questa è stata la nostra prima fanfic ed è stato bellissima scriverla.
Ora arriviamo alla seconda notizia: questa storia di prenderò qualche giorno di pausa.
Come avete notato, molti capitolo sono stati postati con mesi di ritardi, un po’ perché siamo state occupate e un po’ - come accennato prima - abbiamo passato momenti molto critici. Assolutamente non abbiamo intenzione di lasciarla, ma vogliamo prenderci del tempo per rimettere in piedi le nostre vite. Manco due capitoli e l’epilogo e promettiamo fluff a non finire. Grazie per aver letto e grazie per tutto. Alla prossima.
 
-Klainester
 
  
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