Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Lily_91    24/12/2004    5 recensioni
Cos'è la voce del silenzio? E' quella voce che parla per noi quando non ne abbiamo la forza, è quella che emana le sentenze che non abbiamo il coraggio di dire, è quella che ci avvolge nei momenti di disperazione, o nei momenti di sogno. E' quella voce che accompagna sempre i ricordi di Severus Piton. Attenzione: pairing unconvetional Lily/Piton
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La voce del silenzio

Di tanto in tanto la rivedo ancora, sempre perfetta ed immutabile, come appariva ai miei occhi di ragazzo; compare così, all’improvviso, in quei momenti in cui sono sospeso tra la veglia ed il sonno, in cui, inconsciamente, mi lascio andare e mi abbandono al tepore della memoria, senza neanche cercare di fermare i violenti flussi di ricordi che mi invadono la mente.

E come un temporale primaverile arriva e non ha pietà per gli altri pensieri, ristora e allo stesso tempo devasta; intenso, vivido, brutale ed estremamente amaro, il suo ricordo mi avvolge talmente che mi sembra di essere tornato adolescente, di poter sentire nuovamente quel suo profumo, che era a metà tra la vaniglia e il caramello…

I suoi occhi verdi e così espressivi. Mi sembra di potermici rispecchiare ancora, oggetto estraneo a quel prato in primavera, e quasi mi pare di deturpare con la mia presenza quella sua quieta bellezza.

Le sue labbra rosse, sottili e vagamente umide. E’ strano, come a distanza di anni, io provi lo stesso lancinante desiderio di avere il privilegio di poter violarle, farle anche per pochi attimi mie e macchiare la loro innocenza con il mio riprovevole peccato, poi rifarlo e poter godere di questa mia colpa con tanta gioia solenne.

La sua pelle chiara, punteggiata leggermente di efelidi all’altezza del naso. Rivedo me stesso, adolescente in crisi che si limita pateticamente e segretamente a contemplarla. E nuovamente come un torrente in piena, impossibile da arginare, si risveglia dagli antri più polverosi della mia anima lo stesso, incredibilmente immutato, desiderio di poter sfiorarle una guancia. Per provare l’emozione di quella pelle contro la mia.

I suoi lunghi capelli rossi, lisci per natura, ma quasi sempre più in disordine del normale. Quasi mi pare di poterne sentire l’odore, di poterli sfiorare con le dita; quasi mi pare di scorgerla mentre se ne porta una ciocca dietro l’orecchio, in quel suo gesto così tipico, così semplice, ora più che mai stranamente significativo.

La rivedo, semplicemente, così come la ricordo.

 

Così come la vorrei sempre ricordare.

 

Bella, e dolce più che mai, come forse non era sempre stata; di nuovo posso scorgere l’articolata bellezza che la sua semplicità, la sua vaga aria da bambina, elegante e selvaggia allo stesso tempo, le conferivano.

Non si può scorgere altro che una confusa angoscia sui miei lineamenti tormentati, nulla di tutto ciò che il suo terribile ricordo mi procura, se non questo.

Con me, per sempre saranno i brividi freddi sulla schiena.

Le spaventose, leggere strizzatine dalle parti dello stomaco.

Gli sguardi bruscamente distolti da quello che inconsciamente fissavo, come a voler proteggermi dall’imponente e ammaliatrice avanzata della sua immagine.

Mi scalda e mi culla, poi improvvisamente mi strazia e mi lascia ferito e vulnerabile, amareggiato nella solitudine che provoca saperla perduta. Delusione di un bambino che dopo il temporale sperava in un arcobaleno.

Ma è quasi un paradosso, che il ricordo della persona più dolce che io abbia mai conosciuto debba essere così malvagio. Proprio quando sono prossimo al sonno, mi colpisce violento e doloroso il suo sorriso, delicato e stanco, pieno di grazia e color delle fragole, che prepotente mi trascina con sé e, ancora, mi fa sprofondare in ricordi polverosi…

…come quegli sguardi intensi che mi rivolgeva durante l’ora di pozioni e che io ho sempre maledettamente fatto finta di ignorare…

…come la sbalordita gioia di chi si alza al mattino dopo una notte tempestosa e vede brillare il sole, quella stessa gioia che scorsi in lei il giorno che per la prima volta ricambiai quei suoi tenerissimi sguardi, forse anche un po’ incerti…

…come la fitta allo stomaco che mi prendeva ogni qualvolta incrociavo i miei occhi color pece con le sue iridi di smeraldo…

…come la lancinante fitta che mi trapassava ogni volta che la insultavo, ogni volta che con i miei gesti malvagi la allontanavo sempre più da me…

…come il bruciante senso di vuoto che provocava in me l’improvvisa assenza dei suoi dolci sguardi, terribilmente simile alla mancanza di sole in un cielo acciaio di novembre, la consapevolezza di averla persa, che mi distruggeva totalmente, annientava, per il vero, quella mia fasulla certezza che sarebbe stata mia…

…come la ferocia del mio respiro a riempirmi le orecchie, scorgendola fusa ad un altro corpo, a bruciare, inesorabilmente, sul rovo del tramonto…

E nonostante sia passato così tanto tempo, ancora mi tormento con il suo ricordo, con i rimorsi che mi provoca pensare che sarebbe potuta appartenermi.

E nemmeno ho la certezza di saperla viva da qualche parte, lontana da me, ma viva: è stata la morte a separarmi da lei.

No, forse neanche quella; continuo a sentirmi legato a lei anche attraverso tutti questi anni.

Mi basta scorgere il colore dei prati di Hogwarts in marzo, un fiore che timido si affaccia verso il cielo, pronto ad affrontarlo. E’ banale, lo so, e anche patetico, me ne vergogno, ma non posso farci nulla, quando si parla di Lily Evans Severus Piton ha sempre  sedici anni.

E quando sono seduto alla mia scrivania, nell’aula di pozioni, a correggere temi, con la sola compagnia del ticchettio regolare di gocce d’acqua che stillano lentamente da una pietra, e un quieto silenzio mi avvolge, simile al silenzio che avvolge una spiaggia prima della burrasca, quando nessuno esce per timore dell’acquazzone, mi sembra di rivivere i momenti in cui la muta pace accorta che avvolgeva i nostri sguardi mi diceva più di mille parole e la voce del silenzio era più eloquente di un urlo, e subito, spontaneo e ancora una volta doloroso mi colpisce il suo nome.

Lily.

Li-ly. Due sillabe identiche, due volte la mia lingua batte contro il palato, a pronunciarlo silenziosamente nel buio.

Lily.

Fiore di melo appena sbocciato.

 

Semplice, dolce, tenero… terribilmente fragile.

 

Quasi infantile, ma allo stesso tempo capace di far soffrire un uomo. Un uomo che ha visto la morte, l’ ha toccata con mano, un uomo che è stato capace di tradire, un uomo che è riuscito sempre a convivere con i rimpianti.

Ma pur sempre un uomo che ha rinunciato all’amore.

In fondo, non sono che questo.

Lo so, quella grigia mattina di dicembre, ricambiai i suoi sorrisi, perché ero realmente innamorato, perché avevo la consapevolezza di essere in grado di amare, non perché bisognavo di puro calore umano.

 

Tu Lily lo sapevi.

Eri cosciente di essere la mia luce in un cielo che recava i colori dell’agonia, il vento nelle afose giornate di agosto, e il fuoco nel camino, di ritorno da una lezione di erbologia in pieno inverno.

E così, quando mi ritorni in mente, prima che Morfeo mi accolga tra le sue braccia ristoratrici, più bella che mai, mi ricordi anche quel giorno di più di vent’anni fa, in cui decisi che ti avrei dimenticata, che non valeva la pena rischiare tutto, l’amicizia dei compagni di una vita, la mia reputazione di mangiamorte, in tuo nome, in nome del tanto famigerato vero amore.

E mi torna anche alla mente la tetra consapevolezza che quello fu l’errore più grande della mia vita.

Ti persi per sempre.

E poi, ingenuo, credendo di dimenticarti, ti ho invece sempre portato con me; sei sempre stata con me… bellissima, ma terribile.

Vorrei tanto l’assoluzione dal tormento che mi provoca la tua immagine ridente e al contempo con una parvenza di fragilità estrema, riflessa nella mia mente…

So che vuoto mi lascerebbe non averti più con me, come ricordo, certo, forse anche un po’ montato, ma pur sempre a farmi compagnia, non rivederlo più violento e amaro risalire dagli antri più polverosi della mia anima e colpirmi come una freccia al cuore nei momenti in cui sono più vulnerabile.

Mi darebbe un agoniato sollievo estremo, ma il vuoto che certamente lascerebbe la tua mancanza, sarebbe quasi la prova che te ne sei andata veramente.

Che sono riuscito davvero a dimenticarti.

Quando sempre il mio cuore un po’ adolescente sperava che tu fossi davvero il mio tanto rinomato vero amore.

Ma tanto questa liberazione non avverrà mai. E’ forse la tua personale vendetta contro di me, condannarmi a dover convivere con il tuo terribile ricordo.

O forse è la prova che anche tu non mi hai mai dimenticato, che anche tu mi amavi e che il nostro amore supererà le barriere della morte…

Perché sai, Lily, in fondo, se quel maledetto mattino decisi che per il mio amore non c’era futuro, non fu perché pensavo di non essere ricambiato, né perché avevo il timore che tu non fossi giusta per me, ma fu perché avevo paura che tu lo fossi davvero il mio vero amore.

E ora, a rivederti adolescente immutata, innamorata, sui contorni slabbrati del mio cuore ferito, si abbatte, disastrosa, la prova che è vero, che il primo amore non si dimentica mai…

Rimarrai con me, lo so, nei tuoi gesti semplici, nella tua divisa da Grifondoro, nascosta da qualche parte, nel cuore, o tra le sabbie tempestose della memoria, pronta ad agire, a colpirmi violentemente, vivida nella tua immutabile bellezza, a ricordarmi che ci sei, che sempre ci sarai.

Ma questo tenerissimo pensiero se ne va, fuori luogo in un’anima votata alla disperazione.

 

Come rugiada in un giorno d’agosto.

 

E così, quando contemplo il suo ricordo, inesorabilmente smarrito tra le nebbie della memoria, rammento di quel dolore sordo che mi prendeva dallo stomaco fino alla gola, che corrispondeva così bene al mio concetto di sensi di colpa. Dolore che mi colpiva acuto, agendo clandestinamente in suo nome, consapevole di stare tradendo tutti i miei principi, i miei compagni.

 

Consapevole di non essere in grado di lottare per questo mio grande amore.

 

Ma ormai non ha più senso rodersi per decisone già prese, sguardi respinti, amore, per quanto platonico, gettato al vento.

E pensandola, seduto vicino ad una finestra, a contemplare il lago del castello, lastra gelata acciaio, che poco si differenzia dal cielo lugubre di dicembre, ancora una volta solo, ancora una volta senza alcun rumore a deturpare la quiete che sempre avvolge la mia figura, alta e mantata di nero, ricordo come non c’era bisogno di parole per comunicare tra noi, di come sempre era stata la voce del silenzio a parlare, a chiedermi se potevo, a domandarle se voleva; e anche quel giorno, quando decisi di cancellare dal mio cuore i suoi tratti ancora vagamente infantili, a mettere la parola fine fu il muto silenzio che ci avvolgeva, più eloquente di un urlo.

La rivedo come un angelo caduto in volo, pronto a strapparsi le ali per me, e nella mia mente cancello le sue lacrime, quella sottile striscia d’acqua salata che correva sfacciata su una guancia pallida, già levigata da altro dolore, i sottili lineamenti contratti nello sforzo di on far trasparire le emozioni, i commenti acidi, sibilati guardando lontano, pieni di quel risentimento, di quell’odio che così poco si adattava, fuori luogo, atti solo al deturpare, quella sua personalità tenera, candida, delicata e deliziosamente fine, riassunta meticolosamente, quanto magicamente nel suo, ormai da tempo doloroso, nome.

Lily.

Ma poi, alla fine, la tempesta si calma, le onde non si infrangono più biancheggianti sugli scogli neri, e lei si rifugia nuovamente tra le sabbie polverose della memoria.

 

Inconsciamente, mi ha insegnato che dopo la tempesta non c’è mai l’arcobaleno.

La distruzione, la desolazione, sono le sole cose che lascia.

E, ancora, è la voce del silenzio ad urlare il mio dolore, i miei occhi ad implorare la pace del sonno, la mia mano stretta a pugno ad invocare l’assoluzione dal suo ricordo, e il bruciante, infantile, desiderio che rimanga a farmi compagnia.

Nella luce abbagliante della verità che, cupamente, mi assale…

Lumos.

Spezzo le tenebre e lascio che i suoi ammalianti, delicati, occhi verdi scivolino via, defluiscano inesorabilmente assieme agli altri ricordi, come granelli di sabbia che dopo una tormenta si riadagiano su una duna, mentre perdo la lotta contro la parte tangibile delle emozioni e una sottile lacrima scende per un istante, coraggiosa, a carezzarmi la guancia.

 

Fine.

 

Note: So che il pairing non è dei più amati ma, a mio modesto parere, stanno semplicemente benissimo assieme… Insomma, un uomo adulto non può portare così tanto rancore verso un ragazzo solo perché il padre lo ‘prendeva in giro’...no?

Sarebbe bello ascoltare questa ff con le note di ‘Sing for absolution’ dei Muse sotto, non tanto perché la canzone in sè centri con la storia, ma perché rendono l’atmosfera davvero bene.:D

Ah, si dimenticavo...BUONE FESTE!

                                                        Lily_91

 

 

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Lily_91