Cuori
di Mamma
#1.
Can’t go on
«Mamma.»
No,
Katniss, non ora.
«Mamma,
rispondimi!»
No,
Katniss, vai via.
«Mamma,
di’ qualcosa!»
Cosa
posso dirti? C’è solo vuoto dentro
me. Solo vuoto, Katniss.
«Mamma,
smettila di essere così! Noi abbiamo bisogno di
te… Io ho bisogno di te, e
Prim. Prim ha bisogno di una madre.»
Prim.
Prim ha bisogno di me. Ma anche
tu, Katniss, hai bisogno di me. E io, io di chi ho bisogno?
«Mamma…
Apri gli occhi. Mamma…»
Sei
disperata, stella mia. Ma io non
posso aprire gli occhi. C’è solo vuoto. Capisci,
Katniss, solo vuoto.
Posso
ancora sentire l’eco del boato che
l’ha portato via. Nel vuoto, posso sentire rimbombare i
massi. Posso ancora
udire la sua voce.
Ancora
un po’, Katniss, ancora un po’. Poi potrò andare avanti.
**
#2.
Thinking I wouldn’t see you again
Leggo
il terrore nei
tuoi occhi azzurri, mentre, con lo sguardo perso verso il muro, ascolti
le urla
fuori dalla stanza.
Lo
so che hai paura. Ne
ho anche io, Peeta. Ne ho sempre avuta, per voi. Per te e per i tuoi
fratelli.
Ho vissuto ogni giorno della mia vita con la paura di perdervi, con la
consapevolezza di non potervi salvare.
E
non posso salvarti,
né tu puoi salvare te stesso.
Ti
guardo ancora,
mentre cerco di stampare nella mia memoria di madre ogni più
piccolo
particolare di te, anche se ti conosco palmo per palmo.
Sento
gli occhi
pizzicare, ma non piangerò. Sarebbe patetico e inutile,
perché sei perduto.
Serro
le palpebre tra
loro, sentendole bagnarsi di una sottile goccia d’acqua. Le
riapro e metto a
fuoco il tuo viso di ragazzo.
Penso
all’altro tributo.
Katniss Everdeen. Lei ha qualche possibilità invece. Lei sa
cacciare, lei sa
come cavarsela. Tu no.
Senza
pensarci, senza
capire quanto quello che esce dalla mia bocca ti fa male, mi ritrovo ad
esclamare convinta che forse quest’anno il nostro distretto
potrebbe avere un
vincitore.
Vedo
i tuoi occhi farsi
lucidi e il tuo sguardo spostarsi verso la terra. Sai,
perché lo sai, che non mi sto riferendo a te, ma,
prima che io
possa rimediare al mio errore, un pacificatore entra in questa stanza e
mi
trascina via con tuo padre.
E
adesso, solo adesso,
raggomitolata contro la spalle dell’uomo che amo, riesco a
dar sfogo alle mie
emozioni. Riesco a piangere.
Perché,
Peeta, io ti
amo, e sempre lo farò.
**
#3.
You won’t lose her
Sullo
schermo danzano
veloci le immagini. I tributi rimasti in vita si danno da fare per
passare la
notte, ma so che tu cerchi lei.
I
tuoi occhi scuri
piantati sul televisore sono fermi, e la tua mascella contratta fa
trasparire
tutta la tua preoccupazione.
Ti
rilassi solo quando
il viso sporco di terra di Katniss occupa tutta la telecamera. Sei
felice che
lei stia bene, e il sollievo che ti si dipinge in volto mi fa sorridere.
Sei
davvero bello,
piccolo mio… Beh, piccolo ormai non lo sei più.
Sei un uomo, nonostante le
fatiche, nonostante il tuo continuo rischiare la vita nella foresta per
noi,
sei riuscito a crescere.
Mentre
ancora ti
osservo, vedo l’espressione del tuo viso cambiare
velocemente. Stringi e denti
e soffochi un ringhio, mentre chiudi le mani a pugno.
Sposto
il mio sguardo
sullo schermo, e capisco.
Katniss
sta baciando l’altro tributo, Peeta Mellark. E sembra
così appassionato quel
bacio. Non fatico a capire quanto ti possa fare male.
Mi
avvicino a te e ti carezzo un braccio.
«Gale…» Sussurro.
Posi
la tua mano, grande rispetto alla mia, ma con la stessa consistenza
ruvida e
callosa, sul mio polso. «Non è niente
mamma.» Mi rassicuri con un sorriso.
Distogli
lo sguardo da quel bacio che ancora continua e mi guardi. Ti passo
un’altra
carezza sul viso e chiudi gli occhi al mio tocco, abbandonandoti
completamente
a me.
«Sono
sicura che c’è una spiegazione, amore
mio.» Ti dico ancora e tolgo la mano
dalla tua guancia, per poi sistemarti il colletto della maglia.
Ti
sottrai giocoso alle mie premure, ma torni subito dopo a guardarmi
mesto.
«Forse lei… Forse lo ama
davvero…» Mormori, con voce fievole.
Mi
rattrista vederti così abbattuto, e non posso credere che
Katniss ti abbia
dimenticato tanto in fretta. Tu la conosci bene, io la conosco bene.
Lei non lo
farebbe mai.
«No.
No, Gale. Lei è sempre la tua Catnip e… Tu non la
perderai. Non la perderai mai.»
Lo dico risoluta,
convinta, e lo sono.
«Vorrei
crederlo, mamma, vorrei davvero crederlo…»
**
#4.
Near the sea
C’è pace. Sotto
i portici arriva
una leggera e fresca brezza che mi accarezza la pelle.
C’è pace.
Mi
ricordo quando io e tuo padre sedevamo qui, e parlavano. In
realtà, ricordo che
lui parlava, che io ascoltavo la sua voce.
Che
mi addormentavo, a volte. Come se la sua voce fosse una ninna nanna.
Era dolce,
profonda. La sentivo sempre vibrare, quando mi appoggiavo al suo petto.
Mi
diceva sempre che il mare conserva i ricordi e li restituisce, quando
li
rivogliamo indietro. E con me l’ha fatto, il mare mi ha
sempre ridato quello
che volevo ricordare. Il mare è stato il mio aiuto. Il mare
mi aiutava quando
lui non c’era, e il mare mi aiuta anche adesso.
Credo
che tuo padre avrebbe voluto dirtelo di persona, ma non può.
«Finn,
vieni qui.» Esclamo ad alta voce, mentre ti guardo correre
per la spiaggia
illuminata dalla luce calda e dolce del tramonto. E’ quasi
ora di cena.
Giri
la testa verso di me; i tuoi capelli neri svolazzano e ti incorniciano
gli
occhi, che sono dello stesso colore del mare, dello stesso colore di
quelli di
tuo padre e dei miei. Ti chini a prendere qualcosa dalla sabbia e
subito dopo
ti affretti a venire da me, salendo velocemente le scale che portano
alla
terrazza.
«Mamma!
Guarda cosa ho trovato.» Ridi e sventoli ciò che
hai in mano.
Mi
alzo dalla sedia di vimini e mi accovaccio vicino a te. Mi mostri il
palmo
aperto. C’è una conchiglia, di un bel colore
rosato, di quelle in cui si sente
il rumore del mare.
Alzo
gli occhi sul tuo viso e ti sorrido. «E’
bellissima.» Dico baciandoti sulla
fronte.
«E’
per te.» Me la poggi sulla mano e ridi di nuovo.
Le
tue fossette* assomigliano tanto alle sue,
e mi ritrovo ad accarezzarti la guancia senza rendermene
conto. Ti do un
altro bacio sulla fronte. «Grazie, Finn.»
Mi
porto la conchiglia all’orecchio e chiudo gli occhi.
Quel
rumore così familiare mi riporta indietro. A quando eri
più piccolo, e mentre
tu giocavi sulla sabbia, io parlavo al mare. Gli raccontavo di come
stessi
crescendo, delle nuove parole che imparavi, di come fossi felice. E
parlavo,
parlavo, ridevo, e continuavo a raccontare, cercando in quella brezza
il tocco
delle sue mani, nel sole il calore
del suo abbraccio, nelle onde il
suono della sua voce.
Quando
apro le palpebre, ho gli occhi lucidi e un sorriso sulle labbra.
«Che
succede, mamma?» Mi chiedi.
Ti
guardo. «Sai cosa mi diceva sempre il tuo
papà?»
Scuoti
la testa e ti porti un dito alla bocca, dondolando sui talloni.
«Diceva
che il mare è il nostro migliore amico. Che puoi dirgli
quello che vuoi, anche
quello che vorresti dire ad un’altra persona,
perché lui sa sempre come portarle
le tue parole. Diceva che custodisce i nostri ricordi più
belli, che li tiene
con sé, e li protegge, fino a quando non li rivogliamo. E
aveva ragione.»
Annuisci.
So che hai capito bene, sei nostro figlio.
«E
quindi papà è sempre con noi, vero? Vicino al
mare?» Chiedi di nuovo, volgendo
gli occhi verso le onde per poi riportarli su di me.
«Sì, Finn,
sempre.»
**
#5.
When nothing can be worse, then everything will be better
Ti
tengo in braccio. Sei così piccolo e indifeso, quasi ho
paura di farti del
male, mentre ti stringo piano tra le mie braccia. Il mio piccolo Rye.
Accarezzo
con un dito la tua pelle rosea e delicata e tu cerchi di afferrarlo in
modo
maldestro con le manine paffute che ancora nemmeno riescono ad aprirsi
del
tutto. Ridi, felice, e io con te.
Sto
bene. Finalmente, sto bene.
Non
avrei mai pensato di poter sentirmi tanto felice. Non con un bambino in
braccio, non con mio figlio in braccio. Ho sempre temuto quel momento,
ho
sempre sperato di non dover mai avere dei figli. Ma adesso è
tutto cambiato.
Sì,
mio piccolo Rye. E’ cambiato.
Non
dovrò mai avere paura
di vederti
finire nell’arena. Non avrò mai paura di non
trovare cibo per sfamarti. Non
dovrò avere paura di darti un fratello, o una sorella.
I
tuoi occhietti chiari come quelli del tuo papà si
socchiudono, mentre la tua
bocca si apre, per lasciare andare uno sbadiglio; riesco a vedere,
sotto la
lingua rosa, le gengive ancora lisce e senza l’ombra di un
dente.
Ti
bacio sul naso, e sulla fronte, sentendoti muovere e le tue manine si
posano
sul mio seno, come quando ti allatto. Sorrido di nuovo e ti appoggio
sulla mia
spalla; inspiro il tuo profumo di neonato. Sa di latte e borotalco, di
pannolini più o meno puliti e di notti insonni. Sa di tutto
l’amore mio e del
tuo papà.
Alzo
lo sguardo davanti a me e scorgo gli occhi di Peeta, i tuoi occhi.
Sempre
sorridendo, sussurro che ti sto portando a dormire.
Lui
mi segue, fino a quando non ti sistemo nella culla, ben coperto per
proteggerti
dagli spifferi gelidi di questa stagione.
Un
braccio mi circonda la vita e delle labbra si poggiano sul mio zigomo.
«Prima dicevi
che niente sarebbe potuto andare peggio…» Mi
sussurra il tuo papà all’orecchio.
Lascio
andare la testa sulla sua spalla, continuando a guardarti. «E
invece, adesso
tutto andrà meglio.»
(*)
Non credo che
Finnick abbia fossette, ma mi piaceva come idea. Prendetelo per un
omaggio a
Sam Claflin :P
Note
della pazza autrice:
Buonsalve,
gente!
Sono
tornata di nuovo,
con una One-Shot. A dispetto di quello che avrete potuto pensare, non
è stata
scritta per la Festa della Mamma e pubblicata in ritardo. Ci lavoro da
mesi,
tra periodi in cui l’ispirazione andava alla Maldive (beata
lei) e periodi in
cui riscrivevo tutto da capo. Mi è passato per la mente di
pubblicarla in quel
giorno, ma mi sono detta che forse sarebbe sembrato banale, e che
comunque non
era nata per questo.
Inizialmente
volevo
dividerla in cinque piccoli capitoli, ma sarebbero stati troppo corti e
le
avevo già tutte pronte.
E’
un tributo alle
mamme di Hunger Games, quelle di cui sappiamo qualcosa, per lo meno.
Spero di
non essere andata sull’OOC, rimetto a voi il giudizio e mi
scuso in anticipo se
così dovesse essere.
La
prima è ambientata
dopo la morte del padre di Katniss, non so se sia chiaro, nel caso, mi
scuso
anche per questo.
La
seconda e la terza
sono ambientante rispettivamente prima e durante i Settantaquattresimi
Hunger
Games e parlano la madre di Peeta e quella di Gale; la quarta e la
quinta dopo
Mockingjay, parlano Annie e Katniss.
Ho
trovato la figura
materna molto poco presa in considerazione e se accennata, sempre in
modo
negativo. Tra l’altro la prima saga a cui mi sono
appassionata e che amo tutt’ora
è Harry Potter, dove “la madre”
è un po’ uno dei punti cardine della storia.
Non so, forse la Collins ha un rapporto conflittuale con le madri.
Ad
ogni modo, credo di
avervi tediato abbastanza, per questa volta :D
Ringrazio
tutti coloro
che hanno letto e sarei felicissima se lasciaste una recensione e mi
diceste
cosa ne pensate, sia in positivo che in negativo. Ribadisco sempre che
accetto solo critiche costruttive,
in caso
contrario, meglio che teniate per voi i vostri commenti cattivi e
inconcludenti.
Spero di non risultare antipatica per questo.
Alla
prossima, grazie
di nuovo anche solo per aver letto :)
Baci
LysL_97