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Autore: LysL    15/05/2014    11 recensioni
Ho deciso di scrivere questa storia come tributo alle mamme di Hunger Games. Sono cinque piccole storie, incentrate ognuna su una madre e un figlio/figlia.
#1. Can't go on [Mrs. Everdeen]
#2. Thinking I wouldn't see you again [Mrs. Mellark]
#3. You won't lose her [Hazelle Hawthorne]
#4. Near the sea [Annie]
#5. When nothing can be worse, then everything will be better [Katniss]
Possibile spoiler per chi non ha letto Mockingjay
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annie Cresta, Hazelle Hawthorne, Katniss Everdeen, Mrs. Everdeen, Mrs. Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Cuori di Mamma

 

#1. Can’t go on

«Mamma.»

No, Katniss, non ora.

«Mamma, rispondimi!»

No, Katniss, vai via.

«Mamma, di’ qualcosa!»

Cosa posso dirti? C’è solo vuoto dentro me. Solo vuoto, Katniss.

«Mamma, smettila di essere così! Noi abbiamo bisogno di te… Io ho bisogno di te, e Prim. Prim ha bisogno di una madre.»

Prim. Prim ha bisogno di me. Ma anche tu, Katniss, hai bisogno di me. E io, io di chi ho bisogno?

«Mamma… Apri gli occhi. Mamma…»

Sei disperata, stella mia. Ma io non posso aprire gli occhi. C’è solo vuoto. Capisci, Katniss, solo vuoto.

Posso ancora sentire l’eco del boato che l’ha portato via. Nel vuoto, posso sentire rimbombare i massi. Posso ancora udire la sua voce.

Ancora un po’, Katniss, ancora un po’. Poi potrò andare avanti.

 

**

 

 

#2. Thinking I wouldn’t see you again

Leggo il terrore nei tuoi occhi azzurri, mentre, con lo sguardo perso verso il muro, ascolti le urla fuori dalla stanza.

Lo so che hai paura. Ne ho anche io, Peeta. Ne ho sempre avuta, per voi. Per te e per i tuoi fratelli. Ho vissuto ogni giorno della mia vita con la paura di perdervi, con la consapevolezza di non potervi salvare.

E non posso salvarti, né tu puoi salvare te stesso.

Ti guardo ancora, mentre cerco di stampare nella mia memoria di madre ogni più piccolo particolare di te, anche se ti conosco palmo per palmo.

Sento gli occhi pizzicare, ma non piangerò. Sarebbe patetico e inutile, perché sei perduto.

Serro le palpebre tra loro, sentendole bagnarsi di una sottile goccia d’acqua. Le riapro e metto a fuoco il tuo viso di ragazzo.

Penso all’altro tributo. Katniss Everdeen. Lei ha qualche possibilità invece. Lei sa cacciare, lei sa come cavarsela. Tu no.

Senza pensarci, senza capire quanto quello che esce dalla mia bocca ti fa male, mi ritrovo ad esclamare convinta che forse quest’anno il nostro distretto potrebbe avere un vincitore.

Vedo i tuoi occhi farsi lucidi e il tuo sguardo spostarsi verso la terra. Sai, perché lo sai, che non mi sto riferendo a te, ma, prima che io possa rimediare al mio errore, un pacificatore entra in questa stanza e mi trascina via con tuo padre.

E adesso, solo adesso, raggomitolata contro la spalle dell’uomo che amo, riesco a dar sfogo alle mie emozioni. Riesco a piangere.

Perché, Peeta, io ti amo, e sempre lo farò.

 

**

 

 

#3. You won’t lose her

Sullo schermo danzano veloci le immagini. I tributi rimasti in vita si danno da fare per passare la notte, ma so che tu cerchi lei.

I tuoi occhi scuri piantati sul televisore sono fermi, e la tua mascella contratta fa trasparire tutta la tua preoccupazione.

Ti rilassi solo quando il viso sporco di terra di Katniss occupa tutta la telecamera. Sei felice che lei stia bene, e il sollievo che ti si dipinge in volto mi fa sorridere.

Sei davvero bello, piccolo mio… Beh, piccolo ormai non lo sei più. Sei un uomo, nonostante le fatiche, nonostante il tuo continuo rischiare la vita nella foresta per noi, sei riuscito a crescere.

Mentre ancora ti osservo, vedo l’espressione del tuo viso cambiare velocemente. Stringi e denti e soffochi un ringhio, mentre chiudi le mani a pugno.

Sposto il mio sguardo sullo schermo, e capisco.

Katniss sta baciando l’altro tributo, Peeta Mellark. E sembra così appassionato quel bacio. Non fatico a capire quanto ti possa fare male.

Mi avvicino a te e ti carezzo un braccio. «Gale…» Sussurro.

Posi la tua mano, grande rispetto alla mia, ma con la stessa consistenza ruvida e callosa, sul mio polso. «Non è niente mamma.» Mi rassicuri con un sorriso.

Distogli lo sguardo da quel bacio che ancora continua e mi guardi. Ti passo un’altra carezza sul viso e chiudi gli occhi al mio tocco, abbandonandoti completamente a me.

«Sono sicura che c’è una spiegazione, amore mio.» Ti dico ancora e tolgo la mano dalla tua guancia, per poi sistemarti il colletto della maglia.

Ti sottrai giocoso alle mie premure, ma torni subito dopo a guardarmi mesto. «Forse lei… Forse lo ama davvero…» Mormori, con voce fievole.

Mi rattrista vederti così abbattuto, e non posso credere che Katniss ti abbia dimenticato tanto in fretta. Tu la conosci bene, io la conosco bene. Lei non lo farebbe mai.

«No. No, Gale. Lei è sempre la tua Catnip e… Tu non la perderai. Non la perderai mai.» Lo dico risoluta, convinta, e lo sono.

«Vorrei crederlo, mamma, vorrei davvero crederlo…»

 

**

 

 

#4. Near the sea

C’è pace. Sotto i portici arriva una leggera e fresca brezza che mi accarezza la pelle. C’è pace.

Mi ricordo quando io e tuo padre sedevamo qui, e parlavano. In realtà, ricordo che lui parlava, che io ascoltavo la sua voce.

Che mi addormentavo, a volte. Come se la sua voce fosse una ninna nanna. Era dolce, profonda. La sentivo sempre vibrare, quando mi appoggiavo al suo petto.

Mi diceva sempre che il mare conserva i ricordi e li restituisce, quando li rivogliamo indietro. E con me l’ha fatto, il mare mi ha sempre ridato quello che volevo ricordare. Il mare è stato il mio aiuto. Il mare mi aiutava quando lui non c’era, e il mare mi aiuta anche adesso.

Credo che tuo padre avrebbe voluto dirtelo di persona, ma non può.

«Finn, vieni qui.» Esclamo ad alta voce, mentre ti guardo correre per la spiaggia illuminata dalla luce calda e dolce del tramonto. E’ quasi ora di cena.

Giri la testa verso di me; i tuoi capelli neri svolazzano e ti incorniciano gli occhi, che sono dello stesso colore del mare, dello stesso colore di quelli di tuo padre e dei miei. Ti chini a prendere qualcosa dalla sabbia e subito dopo ti affretti a venire da me, salendo velocemente le scale che portano alla terrazza.

«Mamma! Guarda cosa ho trovato.» Ridi e sventoli ciò che hai in mano.

Mi alzo dalla sedia di vimini e mi accovaccio vicino a te. Mi mostri il palmo aperto. C’è una conchiglia, di un bel colore rosato, di quelle in cui si sente il rumore del mare.

Alzo gli occhi sul tuo viso e ti sorrido. «E’ bellissima.» Dico baciandoti sulla fronte.

«E’ per te.» Me la poggi sulla mano e ridi di nuovo.

Le tue fossette* assomigliano tanto alle sue, e mi ritrovo ad accarezzarti la guancia senza rendermene conto. Ti do un altro bacio sulla fronte. «Grazie, Finn.»

Mi porto la conchiglia all’orecchio e chiudo gli occhi.

Quel rumore così familiare mi riporta indietro. A quando eri più piccolo, e mentre tu giocavi sulla sabbia, io parlavo al mare. Gli raccontavo di come stessi crescendo, delle nuove parole che imparavi, di come fossi felice. E parlavo, parlavo, ridevo, e continuavo a raccontare, cercando in quella brezza il tocco delle sue mani, nel sole il calore del suo abbraccio, nelle onde il suono della sua voce.

Quando apro le palpebre, ho gli occhi lucidi e un sorriso sulle labbra.

«Che succede, mamma?» Mi chiedi.

Ti guardo. «Sai cosa mi diceva sempre il tuo papà?»

Scuoti la testa e ti porti un dito alla bocca, dondolando sui talloni.

«Diceva che il mare è il nostro migliore amico. Che puoi dirgli quello che vuoi, anche quello che vorresti dire ad un’altra persona, perché lui sa sempre come portarle le tue parole. Diceva che custodisce i nostri ricordi più belli, che li tiene con sé, e li protegge, fino a quando non li rivogliamo. E aveva ragione.»

Annuisci. So che hai capito bene, sei nostro figlio.

«E quindi papà è sempre con noi, vero? Vicino al mare?» Chiedi di nuovo, volgendo gli occhi verso le onde per poi riportarli su di me.

«Sì, Finn, sempre.»

 

**

 

 

#5. When nothing can be worse, then everything will be better

Ti tengo in braccio. Sei così piccolo e indifeso, quasi ho paura di farti del male, mentre ti stringo piano tra le mie braccia. Il mio piccolo Rye.

Accarezzo con un dito la tua pelle rosea e delicata e tu cerchi di afferrarlo in modo maldestro con le manine paffute che ancora nemmeno riescono ad aprirsi del tutto. Ridi, felice, e io con te.

Sto bene. Finalmente, sto bene.

Non avrei mai pensato di poter sentirmi tanto felice. Non con un bambino in braccio, non con mio figlio in braccio. Ho sempre temuto quel momento, ho sempre sperato di non dover mai avere dei figli. Ma adesso è tutto cambiato.

Sì, mio piccolo Rye. E’ cambiato.

Non dovrò mai avere paura di vederti finire nell’arena. Non avrò mai paura di non trovare cibo per sfamarti. Non dovrò avere paura di darti un fratello, o una sorella.

I tuoi occhietti chiari come quelli del tuo papà si socchiudono, mentre la tua bocca si apre, per lasciare andare uno sbadiglio; riesco a vedere, sotto la lingua rosa, le gengive ancora lisce e senza l’ombra di un dente.

Ti bacio sul naso, e sulla fronte, sentendoti muovere e le tue manine si posano sul mio seno, come quando ti allatto. Sorrido di nuovo e ti appoggio sulla mia spalla; inspiro il tuo profumo di neonato. Sa di latte e borotalco, di pannolini più o meno puliti e di notti insonni. Sa di tutto l’amore mio e del tuo papà.

Alzo lo sguardo davanti a me e scorgo gli occhi di Peeta, i tuoi occhi. Sempre sorridendo, sussurro che ti sto portando a dormire.

Lui mi segue, fino a quando non ti sistemo nella culla, ben coperto per proteggerti dagli spifferi gelidi di questa stagione.

Un braccio mi circonda la vita e delle labbra si poggiano sul mio zigomo. «Prima dicevi che niente sarebbe potuto andare peggio…» Mi sussurra il tuo papà all’orecchio.

Lascio andare la testa sulla sua spalla, continuando a guardarti. «E invece, adesso tutto andrà meglio.»

 

 

 

 

 (*) Non credo che Finnick abbia fossette, ma mi piaceva come idea. Prendetelo per un omaggio a Sam Claflin :P

 

Note della pazza autrice:

Buonsalve, gente!

Sono tornata di nuovo, con una One-Shot. A dispetto di quello che avrete potuto pensare, non è stata scritta per la Festa della Mamma e pubblicata in ritardo. Ci lavoro da mesi, tra periodi in cui l’ispirazione andava alla Maldive (beata lei) e periodi in cui riscrivevo tutto da capo. Mi è passato per la mente di pubblicarla in quel giorno, ma mi sono detta che forse sarebbe sembrato banale, e che comunque non era nata per questo.

Inizialmente volevo dividerla in cinque piccoli capitoli, ma sarebbero stati troppo corti e le avevo già tutte pronte.

E’ un tributo alle mamme di Hunger Games, quelle di cui sappiamo qualcosa, per lo meno. Spero di non essere andata sull’OOC, rimetto a voi il giudizio e mi scuso in anticipo se così dovesse essere.

La prima è ambientata dopo la morte del padre di Katniss, non so se sia chiaro, nel caso, mi scuso anche per questo.

La seconda e la terza sono ambientante rispettivamente prima e durante i Settantaquattresimi Hunger Games e parlano la madre di Peeta e quella di Gale; la quarta e la quinta dopo Mockingjay, parlano Annie e Katniss.

Ho trovato la figura materna molto poco presa in considerazione e se accennata, sempre in modo negativo. Tra l’altro la prima saga a cui mi sono appassionata e che amo tutt’ora è Harry Potter, dove “la madre” è un po’ uno dei punti cardine della storia. Non so, forse la Collins ha un rapporto conflittuale con le madri.

Ad ogni modo, credo di avervi tediato abbastanza, per questa volta :D

Ringrazio tutti coloro che hanno letto e sarei felicissima se lasciaste una recensione e mi diceste cosa ne pensate, sia in positivo che in negativo. Ribadisco sempre che accetto solo critiche costruttive, in caso contrario, meglio che teniate per voi i vostri commenti cattivi e inconcludenti. Spero di non risultare antipatica per questo.

Alla prossima, grazie di nuovo anche solo per aver letto :)

Baci

LysL_97

 

 

  
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