Fanfic su artisti musicali > Green Day
Segui la storia  |       
Autore: GD_foREVer    16/05/2014    2 recensioni
Chiusi gli occhi, serrando le palpebre fino a sentir male.
Pregai di morire, con tutta me stessa.
Dio, ti imploro, uccidimi.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Hello Stranger

Due settimane.
Due settimane erano passate veloci dal giorno in cui ero ritornata a casa; si può dire che non mi fossi nemmeno accorta dello scorrere del tempo. Ero rimasta per tutto il tempo nel mio mondo formato da libri e musica; niente male, direi.
Ma nel mio mondo non avrei continuato a starci a lungo, dal momento che, la mattina stessa, sarebbe cominciata la scuola.
Nuovo inizio, in una nuova scuola, circondata da nuove facce. Si sarebbe prospettato un anno interessante.
Quella mattina mi svegliai presto, e, dal momento che non riuscivo più a riaddormentarmi, pensai di cominciare a prepararmi.
Scesi dal letto e mi stiracchiai un po’,  poi mi infilai le mie amate pantofole, sbadigliando sonoramente.
Era vero che la scuola mi piaceva pure, ma non avrei rimpianto le mattine in cui mi svegliavo per pranzo, che ora potevo tristemente salutare.
Sospirante mi avviai verso il bagno e mi buttai sotto la doccia, contando sull’effetto rinvigorente dell’acqua congelata. Una volta finito spalancai le porte di vetro, se così vogliamo chiamarle, e mi avvolsi in un lungo asciugamano color cenere, buttai la testa all’ingiù scuotendomi, somigliando probabilmente ad un cane; poi mi tirai su mezza rincoglionita e mi guardai allo specchio: si, potevo andare. I miei capelli lunghi, neri, mossi e con delle ciocche azzurro cielo erano sparati un po’ ovunque.
Mi voltai e, dal mobiletto che avevo dietro di me, estrassi il mio solito piercing che poi infilai nel naso, cominciando così a starnutire. Mi succedeva ogni volta.
Dopo essermi messa gli orecchini e altri gingilli vari uscì dal bagno, venendo investita dal freddo sbalzo di temperatura che si era creato tra il bagno e la camera da letto.
Prima di morire congelata mi avviai al mio armadio estraendo da  esso un paio di semplici blue jeans, un maglioncino color antracite e poi la biancheria intima; indossai il tutto velocemente. Per finire, mi diressi nuovamente in bagno e, con una matita nera, tracciai il contorno dei miei occhi, conferendomi così un aspetto ancor più cadaverico.
Ecco, adesso ero pronta.
Uscì dal bagno ed uscì anche dalla mia camera, mi infilai le mie usuali scarpe infangate e poi presi la tracolla nera che ero solita usare per andare a scuola.
Era tappezzata da spille e toppe varie collezionate durante gli anni; era un po’ il mio portafortuna.
Mi chiusi la porta alle spalle cercando di fare meno rumore possibile per non svegliare lo zio che era ancora immerso nel mondo dei sogni, e mi avviai per il corridoio.
Arrivai alle scale e con una lentezza estenuante  le scesi, poi, quando finalmente arrivai alla porta d’ingresso, afferrai il giubbino in pelle di mio fratello che era ancora appeso li. Lo indossai, venendo investita da  un profumo di tabacco e di qualcosa di pungente. Respirai a pieni polmoni il suo odore, che era rimasto intrappolato tra quella stoffa.
Sorrisi; in un certo senso lui era li con me.
Uscì di casa e cominciai a camminare con passo spedito verso la scuola, di cui avevo scoperto la posizione qualche settimana prima per colpa delle solite faccende burocratiche che lo zio aveva dovuto eseguire, quando, un ragazzo su uno skate sbucò da una viuzza e mi tagliò la strada, facendomi cadere a terra.
-Ma porca puttana…- imprecai, con la mia classica e spiccata femminilità.
Wow, quella mattina si sarebbe rivelata fantastica, basta guadare cos’ era accaduto
neppure due minuti dopo aver messo il naso fuori casa.

-Oddio, scusami!- il ragazzo corse da me, con lo skateboard sotto il braccio. –Non volevo, non ti ho proprio vista… ti sei fatta male?- domandò, aiutandomi  a rialzarmi.
Quella voce non mi era nuova.
-Eh, la prossima volta fai in modo di vedermi. Comunque stavo meglio prima.- ribattei acida, massaggiandomi la schiena.
Il ragazzo sghignazzò.
Biascicai un “grazie” e poi lo guardai in faccia: bingo.
Non mi era nuovo no, quel ragazzo!
Era il ragazzo con gli occhi di James, quel Mike che avevo trovato al mio risveglio settimane prima.
Quel Mike che avevo trattato di merda e a cui avevo risposto male anche oggi.
Beh, oggi un motivo per farlo ce lo avevo.
Lo osservai: come l’ultima volta aveva dei capelli castani e lisci che ricadevano sulle spalle, dei tratti marcati ed una bocca sottile.
E poi c’erano gli occhi: azzurri, profondi e con una nota di malinconia.
-Tutto… okay?- mi chiese lui, inarcando un sopracciglio.
-Ehm si… Mike. Giusto?- azzardai io.
-Come fai a sapere il mio nome?- domandò incuriosito, mollandomi il braccio sui cui aveva esercitato una leggera pressione per tirarmi su.
-Ragazza stesa in mezzo alla strada in uno stato confusionale che ha quasi mandato a fanculo te e tirato una sberla al tuo amico Billie ti dice nulla?- risposi, ridendo leggermente.
-Ecco dove ti avevo vista!- esclamò lui, incurvando gli angoli della bocca verso l’alto.
-Scusa…- biascicai io incerta. Insomma, mi sembrava carino scusarmi dato il modo con cui gli avevo parlato l’ultima volta, quando lui voleva solamente aiutarmi.
Infondo, che colpa ne aveva lui?
-E di cosa?- disse.
-Per come ho reagito l’ultima volta con te. Scusa. Il tuo amico invece se l’è meritato.- risposi con quella punta d’orgoglio che non era mai assente.
Speravo non mi domandasse nulla riguardo l’ultima volta, del perché mi trovassi li e del perché avessi avuto quella reazione con Billie.
-Non preoccuparti.- rispose calmo. –Piuttosto scusa tu il mio amico, è abbastanza impulsivo… allora, come ti chiami?- domandò, cambiando totalmente discorso.
-Heaven. Heaven Lisbon.- risposi timida.
-Piacere di conoscerti, Heaven. Io sono Michael Pritchard, ma tutti mi chiamano Mike.- si presentò. -Beh, presumo tu ti stia dirigendo a scuola, e sono anche sicuro che tu sia nuova; quindi spero non ti dispiaccia se farò il tragitto con te.- continuò.
-No, assolutamente.- risposi.
Prendemmo a camminare.
-Da quanto stai qui?- mi domandò, poco dopo.
-Oh, da due mesi e mezzo. Mi sono trasferita qui da Los Angeles.- risposi.
-La Città degli Angeli, eh? Io ci sarei rimasto, non me ne sarei mai andato via per stare in una topaia come Rodeo!- mi disse. –Ah… Paradise City… where the grass is green and the girls are pretty!- esclamò, citando l’omonima canzone dei Guns N’Roses.
-Nah, io direi “dove l’erba verde è stata surclassata da mostri di cemento e le ragazze carine battono le strade”.-  ridacchiai. –Comunque, neppure noi… io –mi corressi- non avrei voluto andarmene. Ma mi è toccato. Causale? Lavoro. Non il mio, naturalmente.- sospirai alzando le spalle, cercando di non dargli troppe informazioni sulla mia situazione familiare.
Gli avevo già raccontato troppo, per i miei canoni.
-Capito.- sentenziò.
Dopo di che passarono dei minuti di silenzio, ma non il classico imbarazzante silenzio.
Mi sentivo…  a mio agio?
Non c’era bisogno di aggiungere altro, e nessuno dei due sembrava essere in difficoltà. Nessuno dei due sembrava voler ricercare frasi che non avrebbe trovato senza uscirsene con qualcosa di stupido o senza senso.
Poco dopo iniziai a sentire degli schiamazzi, e, voltato un angolo, notai un edificio piuttosto tetro e pieno di ragazzini uniti in un turbinio di confusione.
Mi stava già venendo il mal di testa.
-Ebbene, Heaven, ti presento la nostra scuola. Non è fantastica?- domandò ironico.
-Una favola!- risposi ridacchiando.
-E dentro è ancora meglio!- disse, aprendo le braccia in un gesto teatrale. -Comunque, che lezione hai alla prima ora?- chiese, fermandosi poco prima del cancello e appoggiando un piede su un muretto colorato da mille graffiti.
Venni investita da un’ondata di fumo proveniente da un gruppetto di ragazzi che, guardando la stazza, dovevano frequentare l’ultimo anno.
Storsi il naso.
-Vediamo…- parlottai tra me e me, infilando una mano nella mia tracolla e rovistando al suo interno finché non afferrai un foglio di carta tutto spiegazzato. –Ho matematica. Per la mia immensa felicità.- risposi piagnucolando.
Odiavo matematica, non ci capivo una sega, e dio solo sa come negli anni precedenti fossi riuscita ad avere la sufficienza.
Iniziò a ridere.
-Non si ride della sfortuna degli altri!- gli dissi, mettendo su il broncio.
-Ma hai fatto una faccia fantastica! Ma non preoccuparti, se sei capitata con il professore che penso io, non avrai problemi.- mi rassicurò.
-E se mi tocca un altro?- domandai.
-Allora saresti nei guai. Ma tanto ho ragione io.- rispose, alzando le spalle. –Comunque, adesso è meglio che ci sbrighiamo, ti accompagno all’aula che tra poco suona.- disse sorridendo.
-Agli ordini.- risposi, sorridendo a mia volta.
Mi prese per un polso e mi trascinò letteralmente per tutto il cortile, facendo a zig zag tra gli studenti e, di tanto in tanto, lanciando a cenni a persone che per me, nemmeno a dirlo, erano sconosciuti.
Entrammo nella scuola e, dopo percorso un corridoio salimmo una rampa di scale e Mike mi guidò ad un’aula proprio davanti ad esse.
-Eccoci arrivati!- esclamò, fermandosi davanti alla classe numero 19 e mollandomi il polso. –A fine lezione ti passo a prendere e ti accompagno all’ora successiva, okay?- mi disse.
Capii che non avrebbe fatto matematica con me, e questo mi dispiacque un po’; almeno avrei avuto qualcuno di “familiare” li dentro.
-Oh, non ti preoccupare. Fa nulla, la troverò da sola.- mi affrettai a rispondere. –Ho un buon senso dell’orientamento.- balla. Grossissima balla.
Era già tanto che non mi perdessi in casa mia; ma d’altronde non mi andava che Mike mi facesse da balia per tutto il giorno.
-Sicura?- domandò.
Annuii.
-No, perché non mi perdonerei mai che scomparissi qui dentro e non ne uscissi più.- scherzò -Allora ci vediamo dopo alla mensa, va bene? Ti faccio conoscere un po’ di gente.-
-Okay, allora… a dopo.- risposi abbozzando un sorriso.
Il trillare fastidioso della campana risuonò nell’aria.
-A dopo.- rispose ricambiando al sorriso e girandosi per andarsene.-Aspetta…- lo fermai –Perché mi… mi stai aiutando, di nuovo?- domandai.
Forse avrei fatto meglio a starmene zitta.
-Come perché?- disse, inclinando il collo –Mi stai simpatica, ragazzina.- sorrise di nuovo, per poi voltarsi definitivamente e scomparire tra la folla.
Ah.
Gli stavo simpatica.
Sorrisi lievemente.
Magari quest’anno scolastico non sarebbe stato solitario come prospettavo.

__________Taratataaaaa I'm back_______________________________
Bene, sono di nuovo qui. Sono stata brava quest volta e non ho lasciato passare anni.
Comunque, spero che questo nuovo capitolo vi piaccia, fatemelo sapere con un recensione! Le critiche sono ben accette, come sapete C:
Vorrei ringraziare Katy Gray per aver accettato di leggere il capitolo in anteprima e darmi un suo commento, grazie <3
Inoltre vorrei dire un milione di "grazie" a Whatsername_xx che dopo tutto questo tempo in cui mi sono assentata c'è ancora!
Un grazie naturalmente anche a quelle persone che hanno la mia fic inserita tra le seguite/preferite/ricordate :)
Ditemi ciò che ne pensate, non morodo!
Ora vado a disperarmi perché a mia madre, oggi, è passato davanti Brian Johnson che si trovava qui per la corsa delle Mille Miglia, ed io ero a scuola a fare l'interrogazione d'inglese.
A 90 anni sarò ancora li a sbattere contro il muro.
A presto, spero!
Rage&Nutella,
Jaded.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Green Day / Vai alla pagina dell'autore: GD_foREVer