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Autore: Soul of Paper    16/05/2014    3 recensioni
Il mio finale della quinta serie. Cosa sarebbe successo se dopo aver ricevuto quella telefonata notturna a casa di Madame Mille Lire nella quinta puntata ed essersi seduti su quel divano, le cose fossero andate diversamente? Cosa sarebbe successo se Gaetano non avesse permesso a Camilla di "fuggire" di nuovo? Da lì in poi la storia si sviluppa prendendo anche spunto da eventi delle ultime due puntate, ma deviando in maniera sempre più netta, per arrivare al finale che tutte noi avremmo voluto vedere...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Camilla Baudino, Gaetano Berardi, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 31: “Black”



Disclaimer: questi personaggi non mi appartengono ma sono di proprietà dei rispettivi proprietari/detentori di copyright. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 


“Professoressa?!”
 
“Buongiorno Rosetta,” la saluta Camilla con un sorriso, rendendosi conto con un po’ di sorpresa che, in fondo-in fondo, quell’impicciona della portiera le era mancata.
 
“Sentivate la nostalgia di Roma? Siete tornate a trovare sua madre? Certo, che poi la signora Andreina ha passato più tempo da voi a Torino che qui a Roma negli ultimi mesi…” commenta a raffica, come al suo solito, osservando Camilla, Ilenia e Livietta con Potti al seguito come se stesse studiando ogni piccolo dettaglio, cambiamento o difetto.
 
“La risposta è sì a tutte e due le domande, anche se devo dire che Torino è una città… sorprendente.”
 
“E questa ragazza chi è? Non ricordo di averla mai vista prima…”
 
“Ilenia è un’amica e sarà per un po’ ospite di mia madre, insieme a noi. Vuole conoscere anche il suo codice fiscale, la sua professione, per quale motivo si trova qui o le informazioni che le ho dato sono sufficienti?” domanda di rimando, senza celare il sarcasmo: va bene la nostalgia, ma con una ficcanaso come Rosetta era essenziale porre dei paletti ben precisi e non farsi mai mettere i piedi in testa.
 
“Ma per la carità, professoressa, era solo per parlare… Mi sa che l’aria di Torino le ha peggiorato il carattere, se possibile: è ancora più intrattabile del solito!” ribatte la portiera, con un’aria stizzita ed indignata.
 
“Lei invece non è cambiata di una virgola, Rosetta: è bello avere sempre delle certezze nella vita, dei punti fermi ed immutabili.”
 
“A proposito di punti fermi ed immutabili: suo marito dov’è? Sta cercando parcheggio?” domanda con un sopracciglio alzato e malcelata curiosità, “o non è venuto con voi?”
 
“Veramente…”
 
“Scusate se vi ho fatto aspettare, ma mi ero quasi dimenticato quanto fosse difficile trovare un parcheggio a Roma,” proclama Gaetano con un sospiro, raggiungendole con due valigie ed un borsone in mano.
 
“Però non si doveva disturbare con i bagagli: potevamo fare da sole,” protesta Ilenia, cercando di farsi consegnare almeno il suo borsone, ma Gaetano non accenna a mollare la presa.
 
“Prima di tutto, ti ho già detto che mi devi dare del tu, se no mi fai sentire ancora più vecchio di quello che sono. E poi, per l’appunto, va bene che sono vecchio ma il peso di qualche bagaglio ancora lo riesco a reggere e ho perfino un certificato del medico che attesta che posso finalmente tornare a sollevare pesi,” risponde Gaetano con un sorriso gentile.
 
“D’accordo, d’accordo, se la mette – se la metti così… grazie!” replica Ilenia, ricambiando il sorriso.
 
“Credo di essermi persa qualcosa… però lei ha un’aria familiare…” interviene Rosetta, fissando Gaetano con grande concentrazione, “ah, sì! Lei è il poliziotto, il commissario, quello che una volta veniva sempre qui a trovare la professoressa con quel marmocchio al seguito. Ma saranno… più di cinque anni che non la vedevo da queste parti.”
 
“A lei non sfugge niente, eh, Rosetta?” sospira Camilla, mentre Gaetano osserva la portiera con aria sorpresa.
 
“Ma-“
 
“Senta, le risparmierò e mi risparmierò ipotesi, congetture, domande ed interrogatori. La situazione è molto semplice: sì, mi sono di nuovo separata da Renzo, come avrà probabilmente intuito, e questa volta in maniera definitiva. E sì, Gaetano è il mio nuovo compagno. Tutto chiaro?”
 
“Beh, sì, ma-“
 
“Benissimo, allora noi andremmo che ci aspettano per cena. Buonasera,” la saluta Camilla con un sorriso ma l’aria decisa, avviandosi verso la scala, seguita  a ruota dagli altri.
 
“Certo che questa come casca, casca sempre bene!” mormora Rosetta tra sé e sé osservando Gaetano salire i gradini con i bagagli, per poi scendere dopo poco in portineria, uscire dal palazzo e ritornare con un mazzo di gigli bianchi in una mano ed una confezione di vino nell’altra, salutandola di nuovo con un sorriso.
 
“Ah, c’è chi ha tutte le fortune!” sospira, continuando a spazzare il pavimento.
 
“Gaetano, ma non dovevi!” proclama Camilla, vedendo arrivare l’uomo con il mazzo di fiori appena comprato dal fioraio all’angolo. Altro che andare a recuperare la bottiglia “dimenticata” in macchina.
 
“Credimi: dovevo,” ribatte con un mezzo sorriso, già tremando al pensiero di Andreina.
 
“Va beh, pronti?” domanda Camilla, appoggiando il dito sul campanello. Tutti annuiscono e suona, quasi trattenendo il fiato.
 
“Camilla!” la saluta Andreina con un sorriso, aprendo la porta e dando poi un bacio alla figlia, per poi voltarsi verso la nipote ed abbracciarla, “Livietta: ma sei ancora cresciuta!”
 
“Ma no, nonna dai… e poi è poco che non ci vediamo,” protesta la ragazza, un po’ imbarazzata, ma lasciandosi abbracciare.
 
“Devo dire che vi trovo bene, comunque,” proclama Andreina, osservando figlia e nipote, “soprattutto tu Camilla: sembri ringiovanita e poi finalmente ti vedo con un vestito un po’ femminile e non nascosta sotto quei sacchi informi che metti di solito.”
 
“Mamma!” esclama, fulminandola con un’occhiata di avvertimento, “non so se ringraziarti per i complimenti, ma i sacchi informi tengono caldo per l’inverno, mentre adesso ci sono 30 gradi all’ombra, se va bene, e quindi si può andare in giro in gonna senza surgelarsi.”
 
“Eh, certo, peccato che le estati scorse qui a Roma non ti ho mai vista in una gonna, nemmeno per sbaglio,” commenta l’anziana con un sopracciglio alzato ed un mezzo sorriso per la serie – a me non la si fa!
 
“Cos’è, mi devo andare a cambiare?” domanda Camilla, esasperata, alzando gli occhi al cielo.
 
“Ma no, per la carità, che stai benissimo! E invece tu devi essere Ilenia, giusto?”
 
“Sì, esatto. Molto piacere di conoscerla signora e grazie mille per l’ospitalità: è stata gentilissima!”
 
Aspetta a ringraziarla quando tornerai a casa – pensa Camilla, già temendo per la povera ragazza.
 
“Ma figurati: è un piacere! E poi almeno avrò per una volta degli ospiti in questa casa, dato che è così raro che qualcuno mi venga a trovare,” commenta Andreina, mente Camilla alza di nuovo gli occhi al cielo, già esasperata dall’ennesima frecciatina, pensando che c’è un motivo se, nonostante voglia molto bene a sua madre, l’idea di averla sotto lo stesso tetto non le faccia fare propriamente i salti di gioia.
 
“Vicequestore, come va? Ho saputo che ha avuto un brutto infortunio, ma la vedo in forma,” domanda rivolgendosi infine all’uomo che è rimasto un attimo in disparte ad osservare la scena. Di solito vedere Andreina in azione l’aveva sempre divertito, ma ora è molto preoccupato del suo giudizio e, soprattutto, di non creare problemi a Camilla con la madre. Sa che avere la “benedizione” di Andreina è molto importante per lei e, di conseguenza, per entrambi.
 
“E infatti va molto bene, signora, anzi, benissimo: l’infortunio sembra essersi risolto senza conseguenze e… è un periodo molto fortunato, non potrei chiedere di meglio,” proclama sincero, scambiando uno sguardo ed un sorriso con Camilla, “però, la prego, mi chiami Gaetano e… questi sono per lei.”
 
“Gigli bianchi?” domanda Andreina, accettando il mazzo di fiori che Gaetano aveva tenuto nascosto dietro la schiena, “era da tanto che nessuno mi regalava dei fiori, a parte…”
 
Andreina lascia la frase in sospeso e Camilla non può fare a meno di chiedersi se stia pensando ad Edmondo.
 
“Ed in realtà è la prima volta in assoluto che ricevo dei gigli: sono davvero bellissimi, grazie. E anche lei mi chiami Andreina: del resto ormai è di famiglia… Sono anni che è di famiglia, in un certo senso,” commenta poi con un sopracciglio alzato ed un mezzo sorrisetto.
 
“Mamma!” sbuffa Camilla, lanciandole un’altra occhiata.
 
“Ma su, entrate, accomodatevi!”
 
E così entrano e, in salotto, trovano ad aspettarli Amedeo. Si fanno nuovamente i saluti e le presentazioni ma Camilla nota che, nonostante Amedeo sia molto gentile e cordiale come al solito, profondendosi in ringraziamenti verso Gaetano per la bottiglia di barolo d’annata portata in dono, sembra che ci sia un’aura di tristezza che aleggia su di lui.
 
Amedeo mostra a Livietta e ad Ilenia la stanza dove soggiorneranno, l’ex studio di Amedeo, trasformato in una camera piccola ma accogliente con l’immancabile divano-letto, mentre Andreina accompagna Camilla e Gaetano nella stanza degli ospiti, evidentemente tirata a lucido e rimessa a nuovo dall’ultima volta in cui Camilla era stata in questa casa, prima di partire per Torino.
 
“Eh, avevo sistemato le due stanze pensando a quando mi sareste finalmente venuti a trovare, tu, Livietta e magari anche Renzo. Ma alla fine… molto meglio così…” commenta Andreina con una risata, odorando i gigli, “anche perché Renzo al massimo mi avrebbe portato un mazzo di carciofi, e probabilmente nemmeno quelli.”
 
“Mamma, per favore,” sospira Camilla scuotendo la testa esasperata, mentre Gaetano è imbarazzato e non sa come reagire.
 
“Sei sicuro che vuoi affrontare tutto questo, sì?” gli domanda Camilla quando infine Andreina li lascia soli  per rinfrescarsi e risistemarsi dopo il viaggio, “siamo ancora in tempo a cercarci un albergo, anche perché non vorrei che mi mandassi a quel paese, giustamente, prima della fine di queste vacanze.”
 
“Camilla: prima di tutto non ti manderei mai a quel paese, dato che, qualsiasi cosa possa fare tua madre, non sarebbe affatto colpa tua. E poi certo che sono sicuro: tu e Livietta è giusto che passiate un po’ di tempo con Andreina e anche io voglio farmi conoscere da lei e farle capire che con te desidero costruire qualcosa di veramente importante, Camilla, che per me tu e Livietta e, di conseguenza, anche lei siete davvero la mia famiglia, battute a parte.”
 
Camilla si limita a sorridergli e ad abbracciarlo forte, godendosi gli ultimi momenti di pace prima della cena.
 
Ma ben presto arriva l’ora di mettersi a tavola: orecchiette alle cime di rapa, la specialità di Andreina.
 
“Ne volete ancora un po’?” domanda dopo che tutti, chi più o chi meno, hanno finito la prima porzione.
 
“Molto volentieri, signo- Andreina,” si corregge Gaetano, con un sorriso, porgendole il piatto, dopo aver notato che nessun altro si era fatto avanti, “sono davvero buonissime: complimenti!”
 
“Grazie: finalmente qualcuno che mangia con appetito e apprezza la mia cucina, senza annegarla in boccioni di bicarbonato,” commenta, ricambiando il sorriso e ignorando l’occhiata d’avvertimento di Camilla.
 
Per quanto i rapporti con Renzo siano sempre molto tesi, per usare un eufemismo – nonostante il weekend a Milano sia apparentemente filato liscio – Camilla non vuole che sua madre faccia certe battute in presenza di Livietta, dato che Renzo è pur sempre suo padre.
 
“Eh, è che adoro le orecchiette: sono stato per un periodo a Bari quando ero ancora ispettore e me ne sono appassionato. E devo dire che le sue non hanno nulla da invidiare a quelle che mangiavo lì.”
 
“È perché il mio povero marito… il padre di Camilla… sa era un generale dell’esercito e anche lui quando era capitano era stato assegnato per un periodo a Bari. Andava matto per le orecchiette e allora sono riuscita a farmi passare la ricetta da una signora del posto prima di trasferirci, giurando che l’avrei mantenuta segreta,” spiega Andreina con un sorriso, chiaramente lusingata, “però se le piace tanto posso insegnarla a Camilla, così può rifargliela qualche volta. Anche se in realtà spero di tornare presto anche io in visita a Torino e prepararvela di persona… sa, Camilla e Livietta mi mancano tanto!”
 
“Lo immagino,” annuisce Gaetano con un sorriso cordiale, mentre Camilla non può fare a meno di notare l’espressione tutt’altro che entusiasta di Amedeo alle parole di Andreina. Come non può fare a meno di notare che non ha praticamente aperto bocca in tutto il pranzo.
 
“A proposito di Torino, ma quindi adesso convivete o state mantenendo i due appartamenti?” domanda poi Andreina, con uno sguardo curioso.
 
“Mamma, ti ho già spiegato che Gaetano e Tommy sono stati ospiti da noi perché avevano la casa inagibile, ma poi quando tutto si è risolto sono tornati nel loro appartamento. Del resto stiamo insieme da poco e non vogliamo correre e poi-“
 
“E poi tanto una volta andiamo noi a cena da Gaetano, che in effetti per ora non ci ha ancora fatte finire al pronto soccorso, una volta viene lui da noi, e in quei rari momenti in cui ognuno è a casa sua passano il tempo a guardarsi dalla finestra sospirando come Romeo e Giulietta,” commenta Livietta con tono ironico ma affettuoso, mentre Ilenia trattiene una risata e i due piccioncini arrossiscono visibilmente.
 
“Livietta!” protesta Camilla, imbarazzata.
 
“Beh, mamma, ma è vero. Da quando Tommy è partito siete ancora peggiorati,” le fa notare con un sorriso, “ormai se entro le sette di sera non vedo arrivare Gaetano mi preoccupo che gli sia successo qualcosa.”
 
“Ah, l’amore… i primi tempi si vorrebbe passare insieme ogni minuto e si contano anche i secondi prima di potersi rivedere,” sospira Andreina, con un’espressione nostalgica, mentre Amedeo non solleva gli occhi dal piatto e appare ancora più malinconico, “ma quindi quando torna Tommy? È in America, giusto?”
 
“Sì, esatto, è in America con Eva, la mia ex moglie, e tornerà a fine agosto,” spiega Gaetano, da un lato felice di cambiare discorso, ma dall’altro immalinconito all’idea di quanto tempo dovrà ancora passare prima di poter riabbracciare il figlio. Parlargli al telefono o su skype non è affatto la stessa cosa e spesso quando si ritrova la sera da solo nel suo appartamento gli prende un nodo alla gola che non lo lascia quasi respirare.
 
“Già… la sua ex moglie. Dato che siamo in argomento, lei ed Eva adesso siete separati, se non ricordo male. Pensa di divorziare definitivamente o-“
 
“Mamma!” esclama Camilla, fulminandola con un’altra occhiata, intimandole di piantarla con questo interrogatorio.
 
“Sì, siamo separati e la sentenza di divorzio dovrebbe arrivare tra meno di un anno, se tutto va come deve e come spero,” spiega tranquillamente Gaetano, toccando la mano di Camilla sotto al tavolo per rassicurarla che va tutto bene.
 
“Bene, allora speriamo che tutto fili liscio. E invece tu e Renzo a che punto siete? Dato che l’altra volta gli hai concesso la separazione consensuale e non hai neppure chiesto l’addebito, nonostante lui avesse abbandonato il tetto coniugale per stare con quella-“
 
“Mamma!”
 
“Per stare con Carmen, voglio sperare che anche questa volta sia lo stesso. Avete già trovato un accordo e presentato il ricorso in tribunale per l’omologa?” domanda Andreina, ignorando gli avvertimenti della figlia, che le sta lanciando occhiate sempre più assassine, snocciolando termini tecnici come fosse un avvocato divorzista. Cosa che non passa inosservata a nessuno dei presenti.
 
“No, mamma, non abbiamo ancora trovato un accordo. Comunque dovremmo incontrarci con gli avvocati tra due settimane per discuterne. Se no, se ne riparlerà a settembre…”
 
“Ma devi tutelarti figlia mia! E intanto almeno ti passa qualcosa per il mantenimento di Livietta? Perché, se no, è chiaro che gli fa comodo rimandare, e più rimandate più poi ci vuole tempo sia per la separazione, sia per il divorzio!”
 
“Mamma,” sibila, sentendosi come un disco rotto, mentre Ilenia sembra sprofondare nella sedia dall’imbarazzo e Livietta e Gaetano si scambiano uno sguardo eloquente, “se non te ne fossi accorta, sono adulta, vaccinata ed ho già affrontato una separazione, come sai benissimo anche tu, quindi credo che questi dettagli ce li dobbiamo gestire io e Renzo. E, come avrai notato, né io né Livietta siamo in una situazione di indigenza.”
 
“Quindi in poche parole non ti passa ancora un bel niente, giusto? Tu sei sempre stata troppo buona con Renzo, Camilla, e lui lo sa e se ne approfitta. Se continui così te ne pentirai: ma non ti ha insegnato niente la vostra prima separazione, eh? Quando lui faceva la bella vita con quella mentre tu a malapena avevi i soldi per comprare il necessario per te e per Livietta, figuriamoci per le spese straordinarie! Cosa avresti fatto se non avessi avuto me ed Amedeo a darti una mano? Adesso forse la situazione è diversa perché siete separati da poco e perché hai Gaetano che contribuisce alle spese, ma non è giusto e-“
 
“Mamma, adesso basta!” esclama in un mezzo grido, sbattendo le posate sul piatto, per poi aggiungere, con tono più calmo ma deciso, “non potrò mai ringraziarti abbastanza per il tuo aiuto durante la mia prima separazione, è vero, ma questo non ti da il diritto di fare i conti in tasca a me e soprattutto a Gaetano o ad immischiarti in faccende che non ti riguardano, nemmeno se in buona fede. Anche perché ti garantisco che non ho nessuna intenzione di permettere ancora a qualcuno di mettermi i piedi in testa: quell’epoca è finita da un pezzo. E non verrò a chiederti nemmeno un centesimo, tranquilla. Però adesso o la pianti con questo interrogatorio o noi ce ne andiamo: i soldi per l’albergo per quattro persone ancora ce li abbiamo, grazie al cielo, e non ho alcuna intenzione di subire o di far subire ad altri un terzo grado simile per tutta la durata di questa vacanza!”
 
“Ma Camilla…” mormora Andreina con voce tremante, mentre gli occhi le si fanno lucidi.
 
“Camilla ha ragione, Andreina: non puoi sempre pretendere di gestire la vita degli altri e di decidere tu anche per loro!” sbotta Amedeo, facendo sentire la sua voce per la prima volta dall’inizio del pranzo, per poi aggiungere in un sussurro, udibile solo dalla moglie, “e prima di preoccuparti delle separazioni e dei divorzi altrui, forse dovresti preoccuparti del tuo, del nostro di matrimonio.”
 
Sotto gli sguardi sbigottiti dei presenti, l’uomo si scusa e si alza da tavola, avviandosi a passi rapidi verso il bagno e sbattendo la porta alle sue spalle. Andreina rimane per un attimo seduta, quasi intontita, ma poi si riprende e si alza anche lei, rifugiandosi in quella che Camilla sa essere la camera da letto.
 
Con un sospiro, dopo qualche secondo di esitazione, Camilla segue la madre, lasciando Gaetano, Livietta ed Ilenia a guardarsi sconcertati.
 
La settimana sta proprio iniziando nel migliore dei modi.
 
“Mamma,” sussurra Camilla, sentendosi già in colpa, osservando Andreina che piange seduta sul letto matrimoniale.
 
“Mamma,” ripete, sedendosi accanto all’anziana e cercando di passarle un braccio intorno alle spalle, gesto a cui però la madre si sottrae, “mamma, ascoltami, non volevo farti piangere e lo sai che ti voglio bene, però ho quasi cinquant’anni ormai e sono in grado di vivere la mia vita e fare le mie scelte. E se sbaglio ne pagherò le conseguenze. Tu mi sei mancata in queste settimane ed ero e sono felice di passare un po’ di tempo con te, ma non se mi devo sentire costantemente giudicata o sotto esame, o, peggio, se quelli messi sotto esame sono Gaetano, Livietta o la povera Ilenia, che secondo me si starà già pentendo amaramente di essere venuta con noi.”
 
“Camilla, scusami, ma… è che mi preoccupo per te, lo capisci?” domanda Andreina, accettando infine l’abbraccio della figlia e stringendola forte, “è che siamo lontane e non posso esserci per te come vorrei e…”
 
“Mamma, lo so, ma so anche che se alzassi la cornetta ti precipiteresti in mio aiuto sebbene siamo a centinaia di chilometri di distanza. E questo mi è di grande sostegno ed è l’unica cosa che puoi fare per me: starmi vicino e supportarmi moralmente,” cerca di spiegarle, accarezzandole la schiena per farla smettere di piangere, “e lo stesso voglio poter fare io per te, dato che ormai sono più che grande. Quindi non ti farò domande però… mi sembra di aver notato una forte tensione tra te ed Amedeo, mamma. Non l’avevo mai visto risponderti in quel modo.”
 
“Diciamo che le cose tra me ed Amedeo dopo Torino sono molto cambiate. Forse sono cambiata io, forse lui, ma non riusciamo a tornare alla vita che avevamo prima. E la cosa peggiore è che mi sembra che sia io che lui ce la stiamo mettendo tutta ma… è come se ci fosse un muro tra noi, qualcosa di stonato. Sono nervosa, siamo sempre nervosi e... probabilmente ne avete fatto le spese voi e mi dispiace.”
 
“Mamma, forse è meglio se ci troviamo davvero un’altra sistemazione: se le cose tra te e Amedeo sono così tese non vorremmo peggiorare la situazione,” sospira Camilla che, oltretutto, nutre ancora forti dubbi che stare tutti assiepati in casa di Andreina sia una soluzione fattibile e non dannosa per la loro incolumità fisica e mentale e, soprattutto, per il suo rapporto con Gaetano.
 
Nonostante fosse stato proprio lui ad insistere che non c’erano problemi e che, anzi, era la cosa migliore, Camilla sa benissimo che Gaetano, dopo anni passati nel ruolo de “l’altro”, avrebbe sopportato quasi qualunque cosa pur di farsi accettare “in famiglia”. E questo è profondamente ingiusto nei suoi confronti.
 
“No, Camilla, anzi, almeno quando c’è gente intorno… c’è una distrazione, capisci?” domanda Andreina, con aria malinconica, asciugando le ultime lacrime.
 
“Mamma, capisco benissimo, credimi, però il problema resta: con o senza distrazione. E, se posso darti un consiglio basato sulla mia esperienza è quello di capire se e quando fermarti in tempo, prima di arrivare ad odiarsi, a non sopportare nemmeno la presenza dell’altro e a… distruggere tutto quello che di buono c’è stato, anche se è stato tanto.”
 
“È quello che sta accadendo a te e a Renzo?” chiede Andreina, avendo un’improvvisa intuizione, “è per quello che non vi siete ancora accordati sulla separazione?”
 
“Mamma…”
 
“D’accordo, hai ragione… però non andate via, davvero non è necessario e ti prometto che non farò altre domande… mi tratterrò al massimo. E poi starete sempre via praticamente tutto il giorno e almeno una notte la passerete fuori, no? Vedrai che sarà come se non ci fossimo.”
 
“Mamma, il punto non è quello, non solo. Il punto è che cosa Amedeo pensa di questa sistemazione. Sei sicura che anche lui sia felice di avere questa distrazione? Pensaci…”
 
E, detto questo, si alza e torna in sala da pranzo, lasciando la madre immersa nei suoi pensieri.
 
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“Sei sicura di non voler venire con noi? Mia sorella Francesca è un po’ una mina vagante ma è molto simpatica e alla mano. E sarà un pranzo informale, niente di noioso.”
 
Sono appena usciti da casa di Andreina: alla fine sia lei che Amedeo avevano insistito perché rimanessero da loro, anche se Amedeo appariva sempre più malinconico, quasi rassegnato. Ma quando Camilla aveva provato a parlargli in privato e a chiedergli se davvero la loro presenza non creava problemi, l’uomo aveva negato ed insistito a tal punto che le era quasi sembrato di farsi pregare e aveva quindi deciso di aspettare e vedere come si sarebbero evolute le cose. Per ora, in effetti, la mattinata e la colazione erano state molto più tranquille della cena.
 
“No, grazie, davvero ma… già che sono a Roma ho delle commissioni da sbrigare e poi saremo presi con la rimpatriata e quindi preferisco sistemare tutto oggi.”
 
“D’accordo, allora ci vediamo stasera. Buona giornata e se hai bisogno…”
 
Ilenia si limita a sorridere ed annuire, allontanandosi da loro e avviandosi verso la fermata del tram. Sale e lo trova, ovviamente, già pieno. Rimane quindi in piedi, attaccata alla sbarra per non cadere, pressata in mezzo alla calca. Alla seconda fermata però, improvvisamente, viene strattonata all’indietro e poi spintonata talmente forte che quasi cade addosso ad un’anziana seduta lì vicino, riuscendo miracolosamente ad appoggiarsi con le mani sui sedili e a mantenere l’equilibrio. Si risolleva e si volta, ma il maleducato o la maleducata sono ormai persi nel fiume di gente che scende dal mezzo.
 
“Tutto bene?” domanda la signora, aggiungendo poi, “occhio alla borsa!”
 
“Sì, grazie signora e mi scusi,” risponde Ilenia, assicurandosi che, apparentemente, la borsa sia intatta e cellulare e portafogli siano ancora al sicuro nelle tasche interne della tracolla.
 
Scende alla sua fermata e si avvia verso l’ingresso. Una breve sosta all’ufficio informazioni, dove deve pronunciare quel nome, sebbene anche solo pensarlo le provochi una fitta al petto, e sa dove deve andare.
 
Dopo una lunga camminata arriva e lo trova, un loculo spoglio, senza fiori, senza foto, solo quel nome: Mauro Misoglio e due date che non potrà mai scordarsi. Del resto lei e sua madre erano fuggite da Roma ben prima del funerale e praticamente senza soldi. Aveva saputo poi da Sammy che funerale e tomba erano stati pagati con una colletta congiunta dei punkabbestia, dei compagni di scuola e dei professori ma in gran parte, ne è certa, proprio dalla prof. Baudino, da Camilla, come ultimamente le chiede di chiamarla, anche se le suona ancora così strano.
 
E anche lei è lì senza fiori in mano: del resto a cosa servirebbero, se non a seccare o a marcire fino a quando, magari, qualcuno avrebbe avuto il buon cuore di rimuoverli?
 
“Ciao fratellone,” pronuncia con voce tremante, “lo so che non ci sono stata al tuo funerale e che non sono mai venuta a trovarti, però… però volevo dirti che ti penso sempre, che ti porto con me in ogni cosa che faccio. E soprattutto che io non dimentico e non dimenticherò mai, Black.”
 
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“Fratellone!”
 
“Francesca!” esclama sorridendo quando il tornado biondo gli si butta in braccio.
 
“Come stai? Ti trovo bene, anche se un po’ invecchiato,” proclama la donna con una mezza risata affettuosa, facendogli l’occhiolino.
 
“Molto spiritosa, anche io ti trovo bene e devo dire che tu invece non sembri invecchiare mai! O cambiare mai!”
 
“Zio!” si sente chiamare e si volta, trovandosi davanti un ragazzo alto ma dal volto ancora fanciullesco, come è tipico per tanti adolescenti a quell’età.
 
“Nino?! Mamma mia, quanto sei cresciuto!” lo saluta con un abbraccio e un paio di pacche sulla spalla, “ormai sei alto come me.”
 
“Ciao Gaetano!”
 
“Jerry, ciao!” stringe la mano al cognato, che ancora fatica a pronunciare il suo nome, nonostante gli anni passati in Italia e che, nota Gaetano con una certa preoccupazione, appare sempre più anziano e fragile: la mano nella sua trema visibilmente e percorre i pochi passi per entrare nel ristorante con una certa fatica.
 
Se la grande differenza di età con Francesca ed il sembrare più il nonno di Nino che il padre balzavano già all’occhio quando l’aveva incontrato per la prima volta, ora il divario sembra ancora più evidente e si chiede come Francesca, così vitale e piena di energia, viva questa situazione. Come Nino viva questa situazione.
 
“Adoro questo ristorante, ma perché non sei voluto venire a pranzo da noi? Sappi che potrei prenderla come un’offesa personale verso la mia cucina, soprattutto visto che tu ai fornelli sei un cataclisma,” lo punzecchia Francesca, mentre percorrono la sala, circondati dal profumo dei piatti tipici romani.
 
“Perché se no avrei dovuto per forza rovinarti la sorpresa,” risponde Gaetano, conducendole al tavolo dove li attendono Camilla e Livietta.
 
“La sorpresa? Oddio… Camilla?!” esclama Francesca, riconoscendo la mora riccia che si sta alzando in piedi e trascinandola in un abbraccio, “è una vita che non ci vediamo: non hai idea di quanto sono felice di rivederti!”
 
“Anche io, Francesca: non sei cambiata di una virgola,” sorride sincera, ricambiando la stretta. Del resto aveva provato una simpatia istintiva per la mina vagante fin dal primo momento in cui si erano conosciute.
 
“Livietta?” domanda Nino, osservando con occhi spalancati la bellissima ragazza di fronte a lui.
 
“Ciao Nino,” conferma con un sorriso, mentre lui si avvicina e la saluta con un po’ di incertezza, quasi timidamente, con i canonici due baci sulle guance.
 
“Ma quindi cos’è successo? Come mai siete qui? Vi siete rincontrati qui a Roma in questi giorni? Ero rimasta che tu eri partita per… Barcellona, forse?” domanda Francesca, evidentemente curiosa quanto sorpresa.
 
Sa benissimo – anche se lei e suo fratello non ne avevano mai parlato apertamente, a parte qualche battuta – che Gaetano, almeno in passato, era stato innamorato perso della sua “amica” professoressa. E a giudicare da come la guarda, ci è ancora dentro con tutte le scarpe: non l’ha mai visto così non nessun’altra.
 
“Sì, ero a Barcellona, poi in realtà sono tornata a Roma qualche anno fa, ma tuo fratello si era già trasferito al nord. Ci siamo ritrovati per caso a Torino, praticamente abbiamo scoperto di abitare l’uno di fronte all’altra…”
 
“Quando si dice il destino, insomma!” commenta Francesca, aggiungendo poi, con uno sguardo eloquente, sperando, per il bene suo fratello, di aver avuto l’intuizione giusta, “e quindi come mai siete venuti a Roma insieme? Va bene che sarete buoni vicini di casa, ma…”
 
“Francesca, è inutile che usi quel tono sornione e fai quel sorrisetto. Il motivo per cui siamo venuti a Roma insieme è che… stiamo insieme,” proclama con un enorme sorriso che riflette la sua felicità nel poter pronunciare quelle due parole di fronte a sua sorella.
 
“Finalmente! Auguri!” quasi urla Francesca, attirandosi gli sguardi degli altri avventori, stringendo nuovamente sia il fratello che Camilla in un abbraccio, “che bello: non hai idea di quanto sono felice per voi! Lo sapevo, l’ho sempre saputo che eravate, che siete fatti l’uno per l’altra, anche se ci avete messo un decennio per capirlo. Ma del resto siete uguali pure per quanto riguarda la testardaggine.”
 
“Senti chi parla!” esclamano all’unisono, guardandosi e scoppiando a ridere.
 
“Ecco appunto: siete proprio fatti l’uno per l’altra. Davvero, sono troppo contenta, fratellone: è la più bella notizia che tu potessi darmi, e poi finalmente avrò una cognata simpatica! Anche se, visti i precedenti, non è che ti stia facendo questo gran complimento, Camilla, credimi,” proclama, ripensando a Roberta e ad Eva: fortunatamente aveva avuto poche occasioni per avere a che fare con entrambe, ma le erano bastate ed avanzate.
 
“Francesca…” sospira Gaetano, non trattenendo però un’altra mezza risata, soprattutto di fronte alle espressioni di Camilla e di Livietta.
 
Si siedono al tavolo e fanno le loro ordinazioni, prima di dedicarsi a recuperare il tempo perduto e ad aggiornarsi su tutti gli avvenimenti degli ultimi anni, in un clima di festa, di vera famiglia.
 
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“Prof!”
 
“Allegra: che bello vederti e grazie mille per l’invito!” esclama Camilla, lasciandosi trascinare dalla ragazza in un forte abbraccio, “poi questo posto è stupendo: complimenti!”
 
“Ma si figuri, prof., anzi, sono io che devo ringraziarla per essere venuta e per… per tutto. Sono davvero felice di rivederla, sa, le devo tantissimo: poche persone mi hanno aiutata quanto lei, hanno creduto in me e se sono qui oggi e ho tutto questo è anche merito suo.”
 
“Allegra…” sussurra Camilla, toccata, aggiungendo, quando si staccano, osservando la magnifica tenuta, “però direi che sopravvaluti il mio intervento: se non credi in te stessa, nessuno può farlo al posto tuo, come nessuno può reagire al posto tuo alle difficoltà della vita. E mi sembra che tu ci sia riuscita benissimo.”
 
“Eh, me la sono cavata, però in fondo partivo avvantaggiata: i soldi per avviare il resort non mi mancavano. Almeno l’ossessione di mio padre per il lavoro e per il successo a qualcosa è servita…”
 
“Sì, ma i soldi si fa in fretta a bruciarle, se non si sta attenti, e poi questo posto deve richiedere un gran impegno di gestione per essere così ben tenuto.”
 
“Un po’ sì, ma mi piace il verde, il contatto con la campagna, la pace, la tranquillità, organizzare gli eventi. E poi, quando c’è l’occasione per scatenarsi, come stasera, si può fare festa fino all’alba senza diventare matti con i permessi e i rapporti di vicinato,” commenta con un sorriso, indicando l’area dove i DJ stanno montando le loro attrezzature e le zone bar già allestite. Nel farlo nota finalmente l’uomo che attende paziente pochi passi dietro la professoressa.
 
“Oddio, commissario, mi scusi: ero talmente presa che non l’ho nemmeno salutata,” proclama, avvicinandosi all’uomo e stringendogli la mano.
 
“Ma figurati, anzi, grazie per avere esteso l’invito: in fondo sono una specie di imboscato,” commenta con una risata, “però chiamami Gaetano, ok? Niente titoli: stasera non sono in servizio.”
 
“Ok, Gaetano e altro che imboscato: lei era praticamente un’istituzione per noi… anzi, sono felice di ritrovarla in circostanze migliori, anche lei ha fatto tanto per me. E poi, se la prof. non si offende, le confesso che credo che molte delle mie compagne saranno ben contente di incontrarla di nuovo: dopo che era venuto a farci quella lezione quasi tutte le ragazze della classe si erano prese una cotta pazzesca per lei, soprattutto Debbie.”
 
“Ah, beh, grazie… ma ormai voi siete cresciute e io sono invecchiato. Credo che, sempre ammesso che si ricordino ancora di me, rimarranno molto deluse,” si schernisce, osservando di sottecchi Camilla, in apprensione, avendo avuto modo di constatare quanto sia gelosa, ma lei sembra imperturbabile.
 
“Allegra!” una voce li interrompe, prima che possa rispondere.

“Sammy, ciao!”
 
Le due ragazze si abbracciano e poi Sammy, notando Camilla, si illumina, esclama l’immancabile “prof!” e quasi le si getta al collo, stringendola forte.
 
“Mamma mia, fatti vedere: sei diventata ancora più bella!” proclama Camilla, quando riesce a staccarsi, aggiungendo poi, notando la fede e l’uomo che si avvicina alle sue spalle, “e mi hanno detto che ti sei sposata, congratulazioni!”
 
“Infatti, questo è mio marito, Pietro,” conferma, indicando l’uomo, alto, moro, sicuramente attraente ma che avrà, ad occhio e croce, almeno una decina d’anni più di lei. A parte il fisico sportivo, di cui Camilla non si stupisce, ricordando che è un ispettore di polizia, c’è qualcosa nel suo aspetto di stranamente familiare.
 
“Piacere,” proclama, stringendogli la mano, “io sono Camilla Baudino, ero l’insegnante di lettere di Sammy. Ma… lei… non so perché ma ho l’impressione di averla già vista.”
 
“Cavoli prof., certo che a lei non sfugge mai niente! Le sembra di averlo già visto perché l’ha già visto. Si ricorda quando mi aveva accompagnata quel giorno, insieme al suo amico del centro sociale, per… per la storia di Nicola e ci avevano fermate ad un posto di blocco?” le chiede Sammy con un sorriso, anticipando la reazione della professoressa.
 
“NO? Lei era… lei era l’agente che ci ha fermate e mi ha fatto rimanere per due ore ad aspettare il libretto della macchina. Ci voleva quasi arrestare!” esclama Camilla, incredula, mentre gli sposini scoppiano in una risata complice.
 
“In effetti è vero: posso solo dire a mia discolpa che probabilmente avevo intuito già allora che Sammy non potevo lasciarmela sfuggire, anche se avevo completamente sbagliato i metodi,” ribatte imbarazzato, passandosi una mano tra i capelli, “anzi, spero che possa perdonarmi per l’inconveniente ma, sa-“
 
“Stava solo facendo il suo lavoro, tranquillo, capisco benissimo. Certo, più che altro se avrete dei figli, dovrete decidere cosa raccontargli quando vi chiederanno come vi siete conosciuti.”
 
“In effetti uno scampato fermo non è proprio l’inizio più romantico per una storia d’amore, ma ci siamo rifatti dopo, spero,” ammette l’uomo con una risata.
 
“A parte che di inizi non proprio romantici ne sapete qualcosa, anche voi, no prof.? Anzi, commissario, mi scusi se non l’ho ancora salutata, ma mi fa davvero piacere rivederla e soprattutto vedervi insieme,” dichiara, stringendogli la mano, “anche perché mi considero un po’ la fautrice di questa storia d’amore: se vi siete conosciuti in fondo è merito mio, no? E almeno da quella brutta storia ne è uscito qualcosa di buono.”
 
“Effettivamente tra un fermo mancato e il riconoscimento di una vittima di omicidio, direi che la palma per primo incontro meno romantico vada proprio a noi due. E, anche se avrei preferito conoscere Camilla in circostanze diverse, devo dire che sono grato a te e al destino per averla messa sulla mia strada.”
 
“Mi hai tolto le parole di bocca. E in quanto a romanticismo… abbiamo recuperato e stiamo recuperando abbondantemente,” commenta Camilla, cingendogli la vita e sorridendogli in quel modo che solo gli innamorati conoscono.
 
“Ma quindi lei è un commissario?” domanda Pietro improvvisamente, mettendosi sull’attenti ancora prima di ricevere risposta.
 
“Comodo, comodo,” lo rassicura Gaetano, stupito da tanto rigore, essendo entrambi in borghese, porgendogli la mano, “sono il vicequestore Gaetano Berardi, dirigo la squadra omicidi a Torino, piacere di conoscerla. Però siccome non siamo in servizio e, anzi, sono qui in vacanza, niente formalità, davvero.”
 
“Lei è il vicequestore Berardi? Sono l’ispettore Pietro Mancini, è un vero onore conoscerla. Lavoro nella omicidi qui a Roma, quindi ho sentito parlare di lei,” spiega, mantenendo comunque un atteggiamento molto deferente.
 
“Nella mia ex squadra? Certo che il mondo è piccolo!” commenta Gaetano, sorpreso, mentre Camilla fa ben altro collegamento mentale.
 
“Buonasera!”
 
“Marchese!” esclama, proclamando ad alta voce il nome che le era appena passato per la testa.
 
“Buonasera prof., che bello rivederla,” risponde Marchese con il suo solito sorriso, avvicinandosi per salutarla ma bloccandosi bruscamente quando nota l’ispettore e Sammy.
 
“Ispettore,” saluta, mettendosi sull’attenti e rimanendoci fino a che l’uomo fa un cenno col capo.
 
Dopo aver ricevuto il “permesso” si volta nuovamente verso Camilla e la saluta con i canonici due baci e stretta di mano, oltre che con un’occhiata eloquente che sembra un – ne parliamo dopo – non verbale, prima di fare lo stesso con Allegra. Con Sammy scambia solo una stretta di mano rigida e distante.
 
La tensione tra Marchese e la coppia è palpabile e quasi si taglia con un coltello.
 
“Va beh, che ne dite se vi accompagno alle vostre camere?” propone Allegra, per stemperare l’atmosfera, “Gianni, tu sei al primo piano, stanza 5, con Berilli, come ai vecchi tempi. Le chiavi le ho già lasciate a lui, se lo vuoi raggiungere…”
 
“Certo, grazie mille!” annuisce Marchese, evidentemente ansioso di andarsene da lì, ma prima si mette nuovamente sull’attenti e pronuncia di nuovo un formalissimo, “ispettore”, attendendo l’assenso di Mancini prima di allontanarsi.
 
Camilla lancia un’occhiata a Gaetano, che pare stupito quanto lei da una simile rigidità, oltretutto considerata la situazione. Avere come tuo collega e superiore l’attuale marito della tua ex deve essere terribilmente imbarazzante.
 
“Voi siete al secondo piano. Dovrebbe essere la zona più tranquilla,” spiega Allegra con un sorriso, cominciando a fare loro strada, “tra l’altro prof., mi stavo quasi dimenticando di domandarglielo, ma dov’è Ilenia? Mi era sembrato di capire che foste venute qui insieme da Torino.”
 
“E infatti è così, però a quanto pare aveva delle commissioni da sbrigare e ci ha detto che sarebbe venuta qui in taxi un po’ più tardi, di cominciare pure ad avviarci. Credo sarà qui a momenti, in caso contrario le telefono…”
 
“Ok, benissimo, queste sono le vostre stanze: se avete bisogno di qualsiasi cosa, basta che chiamate la reception. Tra un’ora iniziamo col buffet, il bar e la musica. Ci vediamo dopo,” li saluta Allegra, allontanandosi.
 
Le due coppie si congedano rapidamente ed entrano nella camera a loro assegnata.
 
“Amore, cos’è la storia della vittima di omicidio e del riconoscimento? E cosa c’entravate tu e la professoressa?”
 
“Amore… è una storia lunga e complicata ed è successo tanto tempo fa…” cerca di divagare Sammy, intuendo che il marito non avrebbe propriamente fatto i salti di gioia nel venire a conoscenza della sua storia d’amore con un mezzo camorrista e del suo coinvolgimento nelle indagini sul suo omicidio.
 
“Ma abbiamo tutto il tempo, così me la puoi raccontare con calma,” ribatte Pietro, con l’aria di chi non si lascerà di certo distrarre da qualche tentativo di stallo.
 
Del resto è un poliziotto e tirare fuori la verità da testimoni reticenti è il suo pane quotidiano.
 
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“Ilenia, meno male: stavo per chiamarti, ero preoccupata!”
 
È nel corridoio del secondo piano, a pochi passi dalla sua stanza: stava scendendo proprio per avere notizie della ragazza, mentre Gaetano stava ancora cercando di telefonare ad Eva e quindi a Tommy.
 
“Eh, lo so prof. ma è che ci ho messo più del previsto a sbrigare tutto e poi… dovevo comprarmi un vestito per stasera. A Torino non avevo fatto in tempo,” spiega, mostrandole un paio di shopper oltre all’ampia tracolla con cui era uscita quella mattina.
 
“Tutto bene?” domanda Camilla, notando come la ragazza sembri esausta, spenta, per nulla dell’umore adatto ad una festa. Tanto che non si ricorda nemmeno di pregarla, per l’ennesima volta, di non chiamarla più prof. ma semplicemente Camilla.
 
“Sono un po’ stanca, sì…” ammette con un sospiro, stropicciandosi gli occhi.
 
“Ilenia… guarda che se c’è qualcosa che non va me ne puoi parlare liberamente: non serve che fingi con me, lo sai,” la rassicura, guardandola dritta negli occhi.
 
“Lo so prof. ma è che… Roma è una città meravigliosa e mi è rimasta nel cuore, ci ho lasciato una parte di me, però… mi riporta alla mente anche tanti ricordi dolorosi…”
 
“Capisco… se hai bisogno di qualcosa io ci sono, ok?” ribadisce, poggiandole una mano sulla spalla.
 
“Grazie prof. ma sono sicura che questa serata mi farà bene: voglio divertirmi e lasciarmi tutti i problemi e i pensieri alle spalle,” proclama Ilenia con un sorriso tirato ma con tono deciso, “ci vediamo dopo.”
 
E, mentre Camilla continua ad osservarla preoccupata, si ritira nella sua stanza.
 
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“A che pensa, prof.?”
 
La voce inaspettata alle sue spalle la fa sobbalzare: nonostante la musica forte e la confusione era concentrata su una cosa sola, o meglio, su una persona sola.
 
“Marchese!” esclama, mettendosi una mano sul petto, “mi stavi facendo venire un infarto.”
 
“Mi scusi prof., ma, a qualunque cosa stesse pensando, le ricordo che l’omicidio è punibile con l’ergastolo e che sarebbe mio dovere arrestarla in flagranza di reato,” commenta il ragazzo con un mezzo sorriso furbetto.
 
“Marchese, io ti ricordo che mi sono sorbita le centinaia di pagine del tuo romanzo d’esordio e che non puoi né indagare, né arrestare il colpevole di un omicidio, se ne sei la vittima,” ribatte lei con uno sguardo che vale più di mille parole, facendolo ridere.
 
“Touché, prof.! Posso però solo aggiungere, prima di passare a miglior vita, che se avessi un ultimo desiderio, sarebbe quello di avere metà del successo che ha lui con le donne? A chi tutto e a chi niente…” commenta con tono tra il divertito e il malinconico, seguendo la linea visiva della prof. e osservando Gaetano accerchiato dalle sue ex compagne di classe, le più carine ovviamente e che, se possibile, nei dieci anni trascorsi sono diventate ancora più belle.
 
“Se gliene prendessi metà e gliene lasciassi l’altra metà ne sarei ben felice,” ribatte lei scuotendo il capo e pensando che dovrà munirsi di un catetere per le prossime feste: di nuovo non appena si è allontanata per andare in bagno si è formato un codazzo da far invidia ad una rockstar.
 
Riconosce tra le altre Viola e, soprattutto, Debbie, in forma smagliante e con un miniabito che le sembra dipinto addosso e che le lascia scoperte sia le gambe, sia la scollatura. È proprio lei quella più vicina a Gaetano e continua a ridurre le distanze, fino a posargli una mano sull’avambraccio.
 
Il velo rosso che le copre la vista, insieme al gusto metallico in bocca, si attenuano però quando nota che l’uomo, con discrezione, sposta il braccio ed indietreggia leggermente, pur mantenendo il sorriso sulle labbra, mentre si guarda intorno ed, incrociando i suoi occhi, le lancia un’espressione della serie “non è colpa mia, abbi pietà di me”, a cui lei risponde con un sorriso intenerito e divertito, accompagnato però da un’occhiata di avvertimento.
 
“Da quello che vedo non credo abbia nulla di cui preoccuparsi prof.,” commenta Marchese con un altro sorriso ancora più malinconico, “come si dice? C’è chi ha il pane e non ha i denti e chi ha i denti e non ha il pane…”
 
“Non so perché ma ho l’impressione che nemmeno a te interessi tutta la panetteria, Marchese, ma una pagnotta che purtroppo è già… prenotata,” gli fa notare, dato che non le erano affatto sfuggiti gli sguardi lanciati verso la zona da ballo, dove Sammy e il marito sono impegnati in un lento.
 
“Marchese, non dirmi che sei ancora innamorato di Sammy: da quant’è che vi siete lasciati?” gli chiede, ricordando che quando l’aveva frequentato due anni prima, anche se non avevano mai parlato esplicitamente delle loro situazioni sentimentali, aveva avuto comunque la forte impressione che fosse single.
 
“Da quattro anni, prof., ma il problema non è Sammy, non solo, il problema è lui,” spiega, mentre il suo tono assume una nota dura che Camilla non gli aveva mai sentito pronunciare, considerato che Marchese è sempre stato mite e buono di natura.
 
“Lui? Ma da un punto di vista privato o professionale?”
 
“Entrambi… prof., sa come si sono conosciuti quei due, eh? Grazie a me! Ironico, non le pare?”
 
“Grazie a te?!” domanda, spiazzata.
 
“Sì, grazie a me. Quando ero ancora in addestramento lui era uno dei miei istruttori. Lo chiamavamo il mastino o il generale d’acciaio, perché… ha visto com’è fissato con la disciplina, no? Sarebbe dovuto entrare nell’esercito, più che in polizia,” spiega Marchese con un sospiro, “fatto sta che Sammy ogni tanto mi veniva a trovare e una volta mentre mi aspettava si sono incontrati. Lei l’ha riconosciuto e hanno iniziato a parlare. Quando sono arrivato mi sono trovato davanti il mastino che sorrideva, anzi, rideva proprio, mentre Sammy mi spiegava del posto di blocco e gli parlava come se si conoscessero da una vita. Nel giro di un paio di mesi le sue visite hanno cominciato a ridursi e alla fine mi ha mollato, senza una spiegazione.”
 
“E quando l’hai scoperta la spiegazione?”
 
“Quando si è trasferito da noi un anno fa ormai, o quasi, per sostituire Torre, che è venuto da voi a Torino. Tra l’altro quando lo vede me lo saluti tanto e gli dica che lo rimpiangiamo tutti nella squadra.”
 
“Certo, sono sicura che gli farà piacere…” conferma Camilla con un sorriso, aspettando il prosieguo della storia.
 
“Insomma, per farla breve, già ero disperato all’idea di dover di nuovo avere a che fare con il mastino… Prof., lei non ne ha un’idea, ma tra lui e De Matteis insieme… a volte veramente sembra di stare in caserma: almeno prima c’era Torre che un po’ riequilibrava le manie di De Matteis, ma così… si fomentano a vicenda!”
 
“Oddio, non vi invidio per niente…” commenta, rabbrividendo al sol pensiero di quel fissato di De Matteis, della sua spocchia e della sua supponenza.
 
Se pensa che poteva diventare suo cognato e lo confronta con Francesca… le è andata veramente di lusso.
 
“No, infatti, ma ho notato quasi subito che con me Mancini era ancora peggio che con gli altri. Se qualcosa andava storta la colpa era sempre mia. Tutti i compiti più rognosi toccavano sempre a me: appostamenti al gelo, turni doppi, festività… All’inizio pensavo fosse per l’anzianità e perché Grassetti è una donna ma poi è arrivato un nuovo agente maschio più giovane e la situazione non è migliorata. Ed un giorno esco dal commissariato e mi trovo davanti Sammy abbracciata a lui, mentre Grassetti mi rivela che è la moglie dell’ispettore e che si sono sposati da poco.”
 
“Ma quindi tu pensi che lui faccia così per via di te e di Sammy… Ma no dai… sei sicuro?”
 
“Sicurissimo, prof., lei non lo conosce…” proclama con tono ancora più aspro, fissandolo con sguardo torvo, “è davvero un mastino: ti si attacca alla gola e non ti molla più.”
 
“Ma con Sammy mi sembra molto dolce ed innamorato, lei mi pare felice,” commenta, anche se sa che gli farà male, ma teme che Marchese nei confronti dell’ispettore sia un po’ prevenuto, dato che gli ha portato via la ragazza.
 
“Sì, con lei si trasforma, è tutta un’altra persona e magari è veramente innamorato e la rende felice. Ma con noi è un vero nazista, prof., glielo garantisco: ci gode ad avere potere sugli altri in generale e su di me in particolare.”
 
Camilla volge di nuovo gli occhi verso la coppia, che balla e ride spensierata: lui prova a farle fare una piroetta, fissandola adorante e, quando evitano per un soffio di inciampare e schiantarsi a terra, se la appoggia al petto e ride con lei, che gli bacia una guancia.
 
Fatica a riconciliare il “nazista” con quest’uomo evidentemente innamorato, ma ha visto metamorfosi ben più strane.
 
Anche se, le ricorda una voce, la voce di suo padre, la vera natura di una persona spesso si vede proprio da come tratta i suoi sottoposti.
 
E, per quanto sperimentato finora sulla sua pelle in quasi mezzo secolo di vita, suo padre aveva perfettamente ragione.
 
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Maledetti sacchi di pulci – è l’imprecazione silenziosa che lo accompagna mentre la cagnara, nel vero senso della parola, l’abbaiare e il ringhiare dei cani, l’ululare disperato e pulsante, riempiono la notte solitamente tranquilla della campagna romana.
 
Non è uno stupido, anche se non ha mai potuto e voluto studiare e legge e scrive a fatica: da quanto aveva incrociato per la prima volta il nuovo vicino, poco più di un anno fa, aveva capito subito che era uno di quei tipi da cui è meglio stare alla larga, rimanere invisibili.
 
I cani erano arrivati a poco a poco: prima uno, poi due, poi tre, quasi a dirgli che, sì, era decisamente meglio farsi i fatti suoi.
 
Ma, dopo ore di rumore infernale, ora l’unica cosa che desidera è non impazzire, farli smettere. Chiamerebbe la polizia, non fosse che è l’unico essere umano nel raggio di miglia, l’unico abbastanza vicino da poter sentire i cani e che è sicuro che il vicino gliela farebbe pagare cara. La soluzione è una sola: andare di persona e sperare di non pentirsene.
 
Suona al rudimentale campanello, mentre i latrati e i ringhi aumentano di intensità, se possibile. Ma nessun suono di origine umana si interpone al concerto animale.
 
“C’è nessuno?” prova ad urlare, non ottenendo alcuna risposta, non da qualcuno su due zampe, almeno.
 
Nota allora che il cancello di rete è socchiuso. Sa che è una pessima idea, che se ne pentirà, ma il rumore incessante lo sta facendo diventare matto e farebbe qualsiasi cosa pur di farlo smettere.
 
Lo apre e, cautamente, si avvia lungo il viale, sempre chiamando per annunciare la sua presenza, dichiarando di essere il vicino e di non avere cattive intenzioni. Nulla.
 
Le file di gabbie si stagliano alla sua destra e alla sua sinistra. Nella completa oscurità nota diverse gabbie vuote e gli occhi lattei degli occupanti che brillano sotto la luce lunare, mentre si scagliano contro le reti e mostrano i denti lunghi, candidi ed affilati.
 
E poi gira l’angolo e sente il cuore fermarsi nel petto.

Lo vede: un cane nero come la notte, il liquido nero inchiostro, dai riflessi vermigli, che riluce a chiazze sul pelo e che cola a cascata dai canini. Si ritrova bambino, al cinema itinerante, a sbirciare tra le dita una pellicola in bianco e nero, il cuore in gola, mentre un enorme mastino cerca di sbranare un damerino inglese nella brughiera.
 
Il suo istinto sa che quella che ha di fronte a lui è la morte, ancora prima di notare un fantoccio, un insieme disarticolato di stoffa, brandelli di stoffa, sopra all’inchiostro nero e al bianco, il bianco dell’osso.
 
Sussulta e non sa se sia quel movimento o il mezzo grido che non può contenere, ma la morte si avventa verso di lui con un ringhio spettrale.
 
È un secondo: si volta e corre, corre, mentre muscoli che non immaginava più di possedere, rattrappiti sotto il peso dell’età che avanza, si riattivano. L’adrenalina nel suo corpo ha un unico obiettivo: sopravvivere. Si guarda intorno disperato, sa che non può correre più veloce della morte, non a lungo, e la vede: la porta aperta di una gabbia vuota. Ci si butta dentro e la richiude alle sue spalle, spingendo con forza contro il muso e contro i denti, sentendo finalmente il click ed allontanandosi appena in tempo, prima che i guaiti di dolore si trasformino in latrati ed in un tentativo disperato di divorare anche il metallo.
 
Non sa come ma è illeso, nemmeno un graffio, solo il cuore che pare scoppiargli nel petto e che lo porta a chiedersi che cosa si prova quando si ha un infarto. Estrae con mano tremante l’aggeggio infernale dalla tasca, ringraziando la sorella per avere tanto insistito per regalarglielo, anche se solo per ripulirsi la coscienza di averlo abbandonato lì, in mezzo al nulla, mentre lei viveva una vita diversa nella grande città in mezzo alla nebbia, dove tutti correvano sempre senza arrivare mai da nessuna parte.
 
Tre cifre, tre squilli, parole confuse, sconnesse, rimescolate dal panico.
 
E poi c’è solo il buio, il nero, l’inchiostro.
 
 
 
Nota dell’autrice: Ed eccoci qui alla conclusione di questo primo capitolo romano, che, come avete avuto modo di vedere ha parecchi cambi di tono e di atmosfera. Sono curiosa di sapere cosa ne pensate, cosa vi ha convinte di più e cosa di meno. Come sempre i vostri commenti, pareri e critiche mi aiutano tantissimo ad evitare di annoiarvi e a capire su cosa concentrarmi di più e cosa invece limare. Per ovvie ragioni di trama, dato lo spostamento geografico, questo è stato un capitolo più introduttivo, che ha gettato un po’ di basi e un po’ di semi. Nel prossimo entreremo nel vivo sia come giallo, sia come rapporti tra i personaggi, ci saranno ancora un paio di “ritorni” che porteranno un bel po’ di scompiglio. Non anticipo altro ma vi do quindi appuntamento tra una settimana, ringraziandovi davvero di cuore per avermi seguita fin qui!
   
 
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