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Autore: Sery_24    16/05/2014    5 recensioni
Katniss è una giovane donna, con un ottimo lavoro, ma pochi amici. Un passato difficile che stenta a superare. La sua vita sembra incentrata solo sulla carriera. Eppure tutto è destinato a cambiare. Modern AU.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La sua prima volta era stata affrettata, veloce. Era stato un esperimento. Una curiosità da appagare. Come un morso d’insetto che si deve grattar via, fino a quando non si raggiunge la carne rossa e sanguinolenta. Un dolce piacere che si sa essere sbagliato, ma non si può fare a meno di raggiungere.
La sua prima volta era stata con Gale. Non erano mai stati amanti. Non aveva mai avuto sentimenti per quel ragazzo che considerava come un fratello. Era solo il suo migliore amico. L’unica persona di sesso maschile di cui sapeva poteva fidarsi. Che sapeva non l’avrebbe abbandonata.
Non avrebbe mai potuto dimenticare il suo sguardo quando un pomeriggio di gennaio, troppo freddo per uscire di casa, troppo buio per restare da soli in casa, glielo aveva proposto.
“Cosa stai dicendo? Non posso credere che tu dica sul serio!”
“Meglio con te che con qualcuno cui probabilmente dopo qualche settimana non saluterò nemmeno più per strada.”
Gli occhi grigi di lui, così simili ai suoi, si velarono di tristezza. Un senso di vergogna l’attraversò completamente facendola arrossire e stringere le mani in due pugni stretti. Non parlarono per diversi minuti. Poi, senza preavviso, lui le si avvicinò e la baciò. Lì, sul letto della sua vecchia casa nel Montana, varcò quell’ultima frontiera dell’amore. Non fu romantico, né soddisfacente. Gale fu dolce.
“Credo che non potevo chiederti di più.” commentò lui dopo amaramente.
“Spero solo – continuò – che un giorno troverai qualcuno da amare come amo io oggi te. Qualcuno di cui tu possa fidarti. Qualcuno da cui non scapperai.”
Lei non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo viso, una maschera di tristezza e rassegnazione.
“Spero anche io che tu un giorno, Gale, possa trovare una donna che possa amarti come meriti.”
E con un ultimo sorriso amaro sul viso, si alzò e tornò a casa. Non parlarono più di quel pomeriggio. Non parlarono dei sentimenti provati e non corrisposti. Tornarono gli amici di prima. 
 
Fin da quando era ragazza, Katniss non aveva mai avuto una relazione stabile. Aveva frequentato altri ragazzi. Aveva vissuto storie d’amore che poteva definire passionali. Con persone conosciute da poco. Di sfuggita. In qualche locale. Bramava il contatto fisico, le attenzioni che portava una notte trascorsa assieme. Tendeva ad uscire con sconosciuti, con persone con cui non aveva contatti, affinità. Mai amici, conoscenti o colleghi. Era più semplice così, alla fine, tagliare ogni ponte, ogni tipo di rapporto e tornare ognuno alla propria vita. Non amava i legami. Unirsi ad un uomo comportava limitazioni, assuefazioni, debolezze. Ci si abituava a non essere più soli. A potersi appoggiare a qualcun altro. E quando ci si era convinti che non si sarebbe più continuato a vivere come delle isole, arrivava la delusione. Si crollava. Come era crollata sua madre. Il giorno del suo dodicesimo compleanno, Katniss giurò a se stessa che non si sarebbe più fidata di nessun uomo. Mai più a nessuno avrebbe permesso di avvicinarsi a lei al punto da ferirla. Non sarebbe stata più abbandonata. Sarebbe stata lei ad abbandonare.
 “Katniss! Katniss, fermati!”
Peeta stava chiamando il suo nome, ma la ragazza non riusciva a fermarsi e voltarsi. Stava velocemente rientrando all’interno del locale. Voleva evitare di rimanere sola con lui. Voleva evitare assolutamente di doversi spiegare o giustificarsi. Era stata un’idiota.
Una mancanza di giudizio. Ecco cosa era stato quel bacio. Non poteva permettersi una storia con Peeta. Era troppo gentile. E le persone buone erano le peggiori. Erano le più logoranti da abbandonare. Si maledisse di nuovo mentalmente. Per una volta che aveva creato attorno a sé un gruppo di amici, aveva subito badato a rovinare tutto. A sconvolgere i nuovi equilibri.
“Ehi Katniss, tutto ok?” le chiese Prim una volta che si fu riseduta al tavolo. La maggiore semplicemente annuì prendendo un sorso dal cocktail della sorella. Quando anche Peeta fu tornato al tavolo sentì il suo sguardo contro di lei. Non osava incrociarlo. Non osava guardarlo. Non osava rivolgergli la parola. Per tutta la sera s’impegno ad evitare accuratamente qualsiasi forma di contatto.
Era una codarda.
Amaramente dovette affrontare la realtà: lei che si era sempre creduta una persona forte, coraggiosa, indifferente, indipendente, in realtà era solo una codarda che non riusciva nemmeno a parlare di un bacio.
Iniziò ad ipotizzare qualche frase con la quale avrebbe potuto aprire il discorso. “Sai Peeta, l’alcool non è il mio migliore amico.” No. Battuta di pessimo gusto. “Sai, forse fisicamente mi sento attratta da te, ma rimaniamo amici.” Peggio della prima. “Sai, Peeta, un bacio, in fondo, è solo un bacio.” Forse, non la frase migliore per assumersi le proprie responsabilità.
“Ragazzi, domani sera che ne dite di venire a cena da noi? – Annie interruppe i suoi pensieri – Finalmente abbiamo trasformato quell’appartamento in una vera casa. E non vedo l’ora di mostrarvela!”
“Si, dai ragazzi. Che ne dite?” si unì alla proposta Finnick.
Ben presto tutti annuirono. Katniss stessa acconsentì distrattamente, ma i suoi piani erano diversi. “Mi dispiace solo di non poter essere dei vostri domani.” si lamentò debolmente Prim.
Era vero. Prim avrebbe dovuto prendere l’aereo e tornare al campus il mattino dopo. I giorni assieme erano volati. Alla maggiore le si strinse il cuore. La sua casa sarebbe tornata silenziosa. Non avrebbe trovato nessuno ad aspettarla al ritorno dal lavoro.
“Dai, non essere triste. – le disse la bionda intercettando il suo sguardo – Ho sentito Rory e dice che tra qualche giorno Gale ha promesso di venire a trovarti. Non riuscirai a liberarti di noi così velocemente!” ridacchiò.
A quel pensiero sorrise. C’erano tante cose del passato che avrebbe voluto dimenticare, ma non loro. Non la sua famiglia. E gli Hawthorne ne facevano tutti parte.
“E così hai parlato con Rory, eh? Quanto spesso vi sentite?”
Rory era il fratello minore di Gale. Era coetaneo di Prim e fin da bambini avevano frequentato la stessa scuola e gli stessi corsi. Erano anche usciti assieme per diverso tempo durante l’ultimo anno, poi il college li aveva separati. Prim aveva studiato prima biologia al Carroll College, per poi essere ammessa agli studi di medicina a Yale. Rory, invece, dopo aver vinto una borsa di studio sportiva, stava per conseguire la laurea in architettura alla Washington University.
“Non spesso, anche perché sta studiando tantissimo per gli esami finali. Inoltre è stagista presso un’importante impresa edile, quindi ha davvero poco tempo libero.”
“Gale deve essere fiero di lui.”
L’altra annuì con un sorriso.
“Ma chi è questo Gale?” s’intromise Finnick.
“Un mio carissimo amico. Ci conosciamo da quando avevo tredici anni circa.”
“In realtà non è solo un carissimo amico. E’ anche un ex fidanzato di Katniss. Sono andati al ballo dell’ultimo anno assieme.” aggiunse con un sorriso furbo la più piccola delle Everdeen.
“Ancora con questa storia! – sbuffò la mora – Siamo andati assieme perché io non avevo nessun accompagnatore. Mi ha fatto un favore da amico.”
“Un favore bello grande visto che era già arruolato nell’esercito e ha dovuto farsi un viaggio lunghissimo solo per passare una serata con te.”
“Probabilmente l’avrà fatto per Madge, infatti, ad ora sono fidanzati da anni.”
“Se tu gli avessi dato una possibilità magari le cose sarebbe andate diversamente.”
“Tipico di Katniss. – s’inserì nel discorso Johanna. – Appena inizia a frequentare un ragazzo e le cose diventano serie, subito scappa. E il povero malcapitato finisce col cercarla per giorni fino a che non si arrende e lascia perdere. Tu finirai zitella mia cara! E per tua scelta.”
Alle sue parole puntò lo sguardo al cielo e prese un altro sorso del suo drink. Si era completamente allucidita dopo la boccata d’aria di prima, ma il suo stomaco iniziava a protestare contro il nuovo alcool in arrivo. Si decise a mettere il bicchiere sul tavolo. Domani, altrimenti, avrebbe dovuto lottare contro la nausea, e già sapeva che era un battaglia che non sapeva vincere.
“Bisogna giocarsela bene con te, allora.” commentò a bassa voce Peeta.
Erano le prime parole che le rivolgeva. Le disse in un tono così basso che dubitò che qualcun altro le avesse potute sentire.
“Cedimi, non ne vale la pena.”
 
 
 
La mattina dopo Prim era partita di buon ora. Doveva trovarsi in aeroporto per le 10, così quando Katniss aprì gli occhi trovò ad attenderla solo un bigliettino scritto velocemente.
 
Kat sono dovuta partire presto, ho preferito quindi non svegliarti. Non essere arrabbiata, avevi bisogno di riposare dopo la serata di ieri. Mi sono divertita tantissimo. Ricorda che ti voglio bene. Non bere troppo e comportati bene. Fa tutto quello che farei anch’io e non far nulla di quello che la tua testa ti suggerisce.
Ti mando una mail quando arrivo a Yale.
Non lavorare troppo!
Un bacio,
Prim
 
L’altra sorrise alla scrittura tonda e ampia della sorella e si diresse verso la cucina. Questa giornata, purtroppo, sarebbe stata dedicata completamente alle pulizie domestiche e alla tv. Si ritornava alla vecchia routine.
A metà giornata, con indosso una tuta e una maglia oversized, decise di guardare un po’ di tv. Smise di fare zapping non appena si sintonizzò sulla Fox, il suo canale preferito. Si preparò un sandwich e iniziò a pranzare guardando un episodio dei Simpsons. La puntata fu interrotta dalla suoneria del suo cellulare. Senza staccare gli occhi dal televisore si alzò per andarlo a recuperare sul bancone della cucina.
“Pronto?” rispose mandando giù l’ultimo boccone del panino.
“Che voce soave abbiamo quest’oggi.”
“Argh! Chiudi il becco Finnick! Stavo mangiando!”
L’altro ridacchio. “Non ti ingozzare troppo che Annie sta praticamente impazzendo. Sta cucinando ininterrottamente da questa mattina. Questa cena è stata davvero una pessima idea.”
Fu il turno dell’altra di ridere. “Così impari ad essere così socievole.”
“Non hai tutti i torti. – ragionò mestamente. – Ad ogni modo, ti ho chiamata per darti l’indirizzo per stasera. Anche se preferirei che ti mettessi d’accordo con gli altri. Non mi piace molto l’idea di lasciarti percorrere le strade newyorkesi da sola di notte.”
“Grazie, ma so badare a me stessa.”
“Ma infatti non ho paura per te. Temo per quei poveri malcapitati che incroceranno il tuo percorso. Non vorrei mai essere nei loro panni.” rispose facendo finta di rabbrividire.
L’altra sbuffò rotando gli occhi al cielo.
“Ti ho sentita.”
“Non era mia intenzione nascondermi. Comunque Finnick, credo che stasera non ci sarò per la cena. Purtroppo ho un gran mal di testa, probabilmente a causa di ieri sera e davvero preferirei rimanere a casa.” incrociò le dita sperando che il collega non indagasse oltre.
Passarono diversi minuti prima che l’altro elaborasse le sue parole.
“Mi dispiace, piccola. Dieci minuti e sto da te, vediamo che possiamo fare per farti star meglio.”
“No davvero Finnick, non ce n’è bisogno.” Ma le sue parole non ebbero mai risposta, l’altro aveva già attaccato e si stava, probabilmente, già dirigendo verso casa sua.
 
 
“A me non sembra che tu stia così male.” commentò l’altro una volta che si fu seduto sul suo divano. Aveva gettato la giacca su una sedia e allungato le gambe sul tavolino da caffè che aveva di fronte. La ragazza con un sospiro si accovacciò con le gambe incrociate accanto all’uomo.
“Ti va di parlare di cos’è che non va?” le chiese dopo un po’ dolcemente.
“Non davvero.” Fu la sua unica risposta.
L’altro allora non fece altro che prendere in mano il telecomando e cambiare canale. Si bloccò su un documentario sulla pesca. Stettero in silenzio per un po’.
“Come mai sei venuto?” Non riuscì a trattenersi dal domandare.
“Siamo amici. Credo che tu abbia bisogno di un po’ di compagnia al momento. – rispose senza distogliere lo sguardo dallo schermo. – Inoltre, Annie mi stava facendo impazzire.”
L’altra sorrise all’ultima sua affermazione.
“Sai, so che ieri è successo qualcosa. Dopo che sei scesa dal palco e sei uscita fuori, sei tornata turbata. Ho bisogno di parlare con Peeta? Ha fatto qualcosa? Siamo amici, parla con me.”
La ragazza poggiò la testa sullo schienale del divano.
“No. Lui non ha fatto niente. Sono stata io.”
L’altro scoppiò a ridere. Una risata cristallina e allegra. “Ti giuro che non avevo alcun dubbio al riguardo.”
“Allora perché hai chiesto?” s’infervorò subito.
 “Perché siamo amici. Gli amici prima si difendono e poi si aiutano.”
“Che significa?”
“Significa che se anche tu avessi fatto qualcosa di sbagliato, davanti agli altri ti difenderò sempre. La ramanzina arriverà solo dopo, in privato.”
Ci furono altri minuti di silenzio.
“L’ho baciato.” sputò fuori mormorando.
L’altro rimase impassibile, come se se lo aspettasse già.
“Te ne stai pentendo?”
“Sì.”
“Caspita. Deve baciare davvero male.” ridacchiò lui.
L’altra sbuffò. “Non è per questo. E’ che davvero non voglio alcuna storia seria. Mi piace la mia vita così com’è. Non voglio complicazioni, storie d’amore, litigi e quant’altro.”
“Caspita tigre, rallenta!” continuò ridendo lui. “Già siamo a quel punto? A me pare che tu gli abbia solo dato un bacino, non gli hai fatto una dichiarazione d’amore.”
“E’ che Peeta mi sembra un così bravo ragazzo. Non credo che lui voglia solo una storia leggera. Senza impegni.”
“Non saprei, ma evitarlo sicuramente non risolverà i tuoi problemi. Un consiglio che posso darti è quello di parlargli stasera. Digli cosa cerchi in una relazione. Se lui non può darti ciò che cerchi, almeno ci hai provato. Amici come prima.”
“E’ facile a dirsi.”
“E’ facile anche a farsi. Non sai quante volte ho fatto questo discorso a tante ragazze.”
“Anche ad Annie?” le chiese improvvisamente curiosa.
“No. Ad Annie, no. Eravamo amici. Non la vedevo come una possibile donna.” rispose sorridendo al ricordo.
“Poi cosa è cambiato?”
“Sono cambiato io.”
“Ma io non voglio cambiare.”
“E chi te lo sta chiedendo? Non è qualcosa che ci si impone. Succede e basta.”
“Quindi dovrei parlare con Peeta?”
L’altro annuì energicamente: “Esatto. Non sappiamo per certo nemmeno se abbia un qualche interesse per te, o sbaglio?”
Improvvisamente, la ragazza arrossì all’istante: “E’ vero. Ho dato per scontato di piacergli.”
L’altro rise di nuovo divertito. “Personalmente, credo che tu gli piaccia. Ad ogni modo dovete parlarne assieme. Ora, che ne dici di prepararti e venire a casa con me? Stare da sola non ti fa bene. Sembri un gattino spaventato, bagnato e soprattutto sporco. Ti sei lavata stamattina?”
L’altra lo fulminò con lo sguardo: “Non avevo intenzione né di uscire né di ricevere ospiti.”
“Non so davvero che faresti senza di me…”
 
 
Durante la cena a casa Odair, Katniss continuava a pensare alle parole di Finnick. Doveva parlarne con Peeta. Doveva chiarire la loro situazione una volta per tutte. Apparentemente le cose tra i due sembravano normali. La ragazza, però, più volte aveva sorpreso i suoi occhi azzurri fissi su di lei. Ogni volta cercava di incontrare il suo sguardo, ma l’altro lo distoglieva immediatamente.
“Novità per la mostra Peeta?” la domanda di Rye riuscì a conquistare la sua attenzione. Era improvvisamente interessata a quel discorso.
“No, ancora niente. Sto aspettando ancora una loro telefonata. Te l’ho detto, potrebbe anche concludersi con un nulla di fatto. Non voglio illudermi.”
“Di che si tratta?” chiese una curiosa Annie.
“Pare che i suoi quadri siano piaciuti ad un critico d’arte. E forse vorrebbe averne alcuni per una mostra che sta organizzando prossimamente, giusto?” rispose Johanna.
Peeta annuì imbarazzato: “Pare che sia una mostra per presentare nuovi talenti. Questo tizio per caso si trovava all’esposizione scolastica e sembra gli siano piaciuti i miei quadri.”
“Ma è fantastico!” esclamò allegramente Finnick.
“Sì, ma non voglio illudermi. Non ho mai puntato così in alto. Mi piace l’arte, mi piace dipingere e, fortunatamente, sono riuscito a trasformarla nel mio lavoro, insegnando. Il resto è qualcosa che non ho mai cercato. Non che non mi faccia piacere, ma ho sempre avuto aspirazioni più modeste.”
“Solitamente le cose migliori della nostra vita sono quelle che accadono per caso. Sono quelle che non sapevamo nemmeno di volere.” commentò Finnick.
“Non sono d’accordo. – lo interruppe Johanna. – Le cose migliori sono quelle che abbiamo cercato, per le quali abbiamo lottato e combattuto fino alla fine. Non c’è soddisfazione nelle belle cose che improvvisamente abbiamo accanto. Mentre non potremmo essere più felici di noi stessi quando sappiamo di aver guadagnato ciò che ci circonda.”
“Punti di vista. Solitamente io lotto per le cose necessarie. Ma non sempre sono le cose strettamente necessarie a rendermi il più felice possibile.” ribatté l’altro.
“Ma puoi vivere anche senza essere il più felice possibile. Puoi vivere anche senza tutto il superfluo. Ma non puoi vivere senza ciò che è necessario.” s’intromise Katniss.
“Il problema in realtà è un altro. – attirò l’attenzione la dolce voce di Annie. – E’ che quando assapori la felicità di un qualcosa che non credevi nemmeno di volere, tutto il centro del tuo mondo si sposta. Non è più necessario vivere, è necessario essere felici.”
“Stronzate. Io sono felice solo se sono viva. Da morta come potrei esserlo?” sottolineò l’ovvio Johanna. E Katniss non poteva più essere d’accordo con l’amica.
“Non so voi, ma io morirei contento sapendo di aver vissuto la mia vita felicemente.” prese la parola Peeta.
 Johanna sbuffò: “Ma saresti morto comunque.”
“Un giorno tutti dovremo morire, quindi perché preoccuparci a tutti i costi di evitare l’inevitabile, invece di goderci il viaggio?”
“Non so voi, ma davvero questo discorso sta diventando il più deprimente possibile. E ho portato davvero un dolce buonissimo. Che ne dite di affogare questi discorsi filosofici nel cioccolato?” cercò di dare un taglio a tutto Rye.
“Per me va benissimo!” lo appoggiò subito Finnick dirigendosi verso la cucina. 
 
 
Una volta finito il dessert, Katniss si sentiva davvero piena. Decise di alzarsi dal divano nel soggiorno, dove tutti stavano ancora chiacchierando, per prendere una boccata d’aria sul piccolo balcone dell’appartamento. Era una rarità a New York. Finnick era stato davvero fortunato.
Si bloccò a fissare il cielo. Le luci della città rendevano impossibile osservare le stelle. Odiava questa città per questo. Lei cresciuta nei boschi, nella natura, amava il cielo notturno. In quella città, invece, nemmeno la notte riusciva ad essere buia.
Il rumore della porta scorrevole del balcone che si apriva e si richiudeva la distolse dai suoi pensieri. Peeta lentamente si avvicinò e si posizionò accanto a lei, con le braccia appoggiate alla ringhiera. Il suo sguardo fisso verso l’orizzonte.
Nervosamente l’altra tornò a guardare il cielo. Nessuno dei due osava proferire parola. Sapeva, però, che era compito suo rompere il ghiaccio. Guardando in alto, blaterò la prima cosa che le passò per la mente: “Ma voi newyorkesi riuscite a studiare astronomia? Voglio dire, non si riesce a vedere nemmeno Sirio. Deve essere complicato.”
L’altro a quel punto puntò lo sguardo anche lui sul cielo. “Non hai tutti i torti. Ma basta allontanarsi dalla città, anche di solo un po’, per poter ammirare tutte le stelle che vuoi. Ad ogni modo, nonostante questo inconveniente, non rimpiango di essere cresciuto qui.”
“Sei nato qui?”
“Si, assolutamente. Sono uno dei pochi abitanti di New York, che di fatto è di New York. A te non piace vivere qui?”
“No. Cioè, qui ho il mio lavoro. Ho la mia casa. Sono anni ormai che sono qui eppure, ogni volta che torno a casa mia, nel Montana, mi mancano i boschi, la natura, la quiete. Questa città è davvero troppo affollata.”
L’altro ridacchio. “Non ami molto le persone, vero?”
“Non particolarmente.”
Restarono in silenzio ancora per qualche minuto.
“Senti Katniss, per ieri…”
“Lo so, Peeta, mi dispiace.” lo interruppe subito ieri.
L’altro sospirò: “Ti dispiace?”
“Sì. Cioè, non avrei dovuto farlo. Siamo amici e davvero, ho agito senza pensare. Potrei dare la colpa all’alcool, ma davvero non ero così ubriaca. Solo non ho ragionato. Ho agito d’impulso e mi dispiace.”
“A me non dispiace che tu abbia agito d’impulso, solo vorrei capire adesso cosa succede. Cambia qualcosa tra noi?”
L’altra continuò a fissare il suo sguardo sul cielo, grigio e rossastro.
“Davvero, mi dispiace. Io non sono alla ricerca di una storia seria, credo di non volere alcun tipo di legame.”
“Quindi non usciresti con me?”
Decise a quel punto di voltarsi verso il ragazzo. Vide il suo sguardo speranzoso, odiava doverlo deludere. “Uscirei con te. Ma non voglio una relazione. Non voglio alcun tipo di storia seria.”
L’altro corrugò la fronte: “Cosa vuoi di preciso?”
Sospirò affranta: “Non lo so nemmeno io. Mi piaci, ma non voglio illuderti promettendoti un qualche tipo di storia romantica. Non ne sono capace e non la voglio.”
“Forse, però, stiamo correndo troppo. Non puoi sapere già da adesso cosa ci sarà nel nostro futuro. Per adesso io so che tu sei una ragazza attraente, che mi piaci molto e che vorrei trascorrere del tempo con te.”
“Senza impegno?”
L’altro ridacchio: “Non posso assicurarti che io non mi impegnerò a cercare di far funzionare le cose. Io sono così, uno che s’impegna. Ma ciò non significa che tu sia costretta a fare lo stesso.”
“Ma non capisco perché dovresti farlo. Ci sono tante persone che potresti trovare. Ragazze che davvero meriterebbero tutti i tuoi sforzi.”
“Diciamo che voglio applicare la filosofia di Johanna. Impegnarmi in qualcosa e vedere se questa cosa riesce a rendermi davvero felice.”
Poiché Katniss non riusciva a rispondere, Peeta fu costretto a continuare il suo discorso. Le prese le mani nelle sue e la guardò negli occhi: “Non devi giurarmi, né promettermi nulla. Esci con me, frequentiamoci, senza impegno. Senza legami sentimentali di alcun tipo. Vediamo che succede. Io farò solo ciò che tu vorrai.”
“Farai solo ciò che io vorrò? E che ne sarà di ciò che tu vorrai?”
L’altro ridacchio, il suo sguardo speranzoso: “Per adesso, sono certo di volere ciò che vuoi anche tu. Non pensare. Viviamo giorno per giorno. Cosa vuoi tu, adesso?”
E senza rifletterci su, liberò le mani dalla stretta di lui, strinse la maglia scura che indossava e lo tirò verso sé. Quello che all’inizio era un timido incontro di labbra presto si trasformò in un bacio appassionato. Non c’erano legami, non c’erano sentimenti. Ma c’era passione. I loro corpi si attraevano come le cariche opposte di uno stesso atomo. Le mani di lei lentamente si staccarono dalla maglia per scivolare dietro la sua nuca. Passò le dita tra i suoi capelli meravigliandosi della morbidezza delle sue lievi onde. Le mani di Peeta allo stesso modo si divisero. Una, appoggiata alla schiena di lei, la spingeva contro di lui, l’altra la cingeva attorno alle spalle.
“Ehi, voi due. Che diavolo state facendo?” li interruppe un divertito Rye.
I due si staccarono improvvisamente ancora rossi in viso. Dietro al ragazzo potevano vedere gli altri tre amici con espressioni incredule e maliziose.
“Bé, pensavo fosse palese.” commentò ironicamente Peeta.
Katniss ridacchiò alla sua battuta.
“Stupida, inutile che ridi. Non credi che ci debba qualche spiegazione?” la prese in giro Johanna.
La ragazza, ancora stordita dal bacio e sorpresa dall’interruzione, riuscì solo a fissare il ragazzo accanto a lei alla ricerca di ispirazione. In che modo avrebbe dovuto spiegare loro quel bacio?
“Stiamo uscendo assieme.” rispose allora per lei il ragazzo.
Ed effettivamente era vero. Avevano deciso di frequentarsi. Senza impegno. La sua definizione forse era quella più calzante al momento.
“E da quando?” chiese maliziosamente Finnick.
“Mh, da adesso.”
“Adesso basta. Credo che niente di tutto questo sia affar nostro. Chi vuole un caffè?” la dolce Annie, per fortuna, riuscì a spostare l’attenzione da loro. Mentre stavano per riaccomodarsi tutti in salone, Johanna la prese però in disparte.
“Ehi, idiota, così tu e il pittore?”
“Già.”
“Abbiamo buon gusto, non c’è che dire.” continuò ammiccando in direzione dei due fratelli che stavano chiacchierando con Annie. “Raggiungiamo gli atri, su.”
 
 
Verso mezzanotte gli amici decisero di lasciare casa Odair. Mentre Katniss abbracciava Finnick per salutarlo, lui la strinse più forte a sé per sussurrarle: “Alla fine è andata bene, hai visto?”
L’altra gli rispose annuendo impercettibilmente, per poi uscire in strada assieme agli altri.
I quattro amici si salutarono e si divisero, ognuno in direzione della propria abitazione. Katniss era in compagnia di Peeta. Quasi aveva dimenticato che abitavano vicino. Dopo qualche minuto di camminata silenziosa, il biondo ruppe l’equilibrio stringendole la mano. Era una strana sensazione, la sua mano era grande e calda rispetto alla sua. Intrecciare le dita, le riuscì spontaneo quasi quanto il respirare.
“Non so se questa è una cosa che ti fa piacere. Ma ho voluto provarci lo stesso.” si giustificò lui.
L’altra gli sorrise: “Hai fatto bene a provarci.”
Rimasero in silenzio, un silenzio confortante, non carico di tensione. Una quiete che trasmetteva sicurezza, serenità, non tempesta.
“Qual è il tuo colore preferito?” le chiese lui improvvisamente.
“Il verde. Perché questa domanda?”
L’altro sollevò leggermente le spalle: “Volevo solo sapere qualcosa in più su di te. Mi sembra strano che io sappia ad esempio tu come baci, senza però conoscere le cose più semplici.”
“Non è questo il punto di frequentarsi senza impegno?”
“Non per me. Senza impegno non significa che io non debba conoscere la vera Katniss. Significa solo che non dobbiamo fare piani per il futuro. Né a breve né a lungo termine. Ma durante il presente, voglio conoscerti. E vorrei che tu conoscessi me.”
La ragazza ci pensò per un momento. Era chiaro il loro rapporto. Non riusciva a trovare alcuna obiezione valida al ragionamento di Peeta.
“Invece, qual è il tuo colore preferito?”
L’altro le sorrise compiaciuto: “L’arancione. Come quello del tramonto. Perché se è vero che a New York la notte non è mai buia e le stelle non sono mai visibili, è pur vero che su qualsiasi tetto, su qualsiasi grattacielo tu ti trova, potrai assistere, ogni volta, al tramonto più bello di tutta la tua vita.”
“Ogni tramonto qui è il più bello della tua vita?”
“Sai, non deve esserci necessariamente una classifica. Ognuno di loro è bello per qualche elemento, per qualche particolare. Quindi, sì, ognuno di loro indistintamente è il più bello che tu possa vedere durante un’intera vita.”
“A me sembrano tutti uguali.” commentò lei pensierosa.
“Non tutti hanno l’occhio dell’artista.” finse di pavoneggiarsi lui.
 
Dopo una ventina di minuti raggiunsero il palazzo in cui viveva Katniss. Quando lui iniziò ad aprire la bocca per parlare, lei subito lo zittì con un bacio. Appassionato quanto quello che si erano scambiati qualche ora prima. Le loro mani continuavano ad accarezzare l’altro. Le loro labbra erano unite ed i loro corpi schiacciati uno contro l’altro.
Dopo qualche minuti entrambi dovettero staccarsi, affannati, per riprendere fiato.
“Credo di aver trovato un modo per zittirti finalmente.”
“Non sai quanto mi faccia piacere che tu mi chiuda il becco.”
“Peeta, abbiamo una relazione senza impegni?”
“Senza impegni.”
“Senza sentimenti?”
“Senza sentimenti.”
“Vuoi restare con me stanotte?”
“Questa proposta mi sa d’impegno.” ridacchio lui, per poi stringerla nuovamente a sé riprendendola a baciarla.
E sempre baciandosi riuscirono ad entrare nell’appartamento della ragazza e a trovare finalmente il letto. Senza pensare, senza riflettere, senza ragionare, aprirono la strada alla loro passione. In modo lento, straziante, assaporando ogni minimo istante. Spinti solo dalla loro attrazione, decidendo di soccombere ad essa, solo nei modi e nei tempi da loro stabiliti. Perché erano giovani, avevano tutto il tempo di cui avevano bisogno. Avevano una vita avanti e potevano viverla come volevano.
 

Salve a tutti. Ci ho messo molto più tempo del solito ad aggiornare questa volta, ma purtroppo ho tantissimi impegni, quindi non è semplice ritagliare un angolo di tempo da dedicarmi alla scrittura. Spero, però, che il capitolo riesca a compensare l’attesa. Let me know!
Una recensione fa sempre piacere (molto, molto, ma molto piacere!), ma grazie anche a tutti quelli che semplicemente leggono.
Un bacio,
Serena
   
 
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