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Autore: Clary F    16/05/2014    9 recensioni
Clary è nata e cresciuta come una Cacciatrice di Idris e lei e suo fratello Jonathan, alla vigilia dei nuovi Accordi, sono costretti a vivere nell'appariscente tenuta dei Lightwood, dove si sta tenendo la più ridicola delle competizioni mai organizzate nella storia dei Nephilim, coordinata da Magnus Bane, maestro del bon ton. Cacciatrici e Nascoste affronteranno varie prove per accaparrarsi il cuore del giovane Jace Wayland. Tra incubi e bagni notturni, la ragazze inizieranno a scomparire misteriosamente ... Chi sarà il colpevole?
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Magnus Bane, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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CHAPTER 6
THE MYSTERY DEEPENS


«Jace?» Mormorò Clary a bassa voce, avvolta nelle tenebre della stanza. Forse Alec si era sbagliato e Jace stava già dormendo, senza bisogno del suo aiuto. Sentì dei rumori provenire da quello che suppose fosse il letto.
«Wayland?»
Sbatté le palpebre un paio di volte, in modo che i suoi occhi si abituassero al buio. Ma l'impazienza ebbe la meglio e Clary raggiunse con la mano la pietra che teneva in tasca: stregaluce. La tese in avanti, illuminando la stanza. Effettivamente Jace era a letto. Ma non era solo. Le ci volle un momento prima di capire cosa stesse accadendo. Il sangue defluì dal suo volto, dopodiché le guance le andarono a fuoco. Sapeva di essere rossa come un pomodoro.
«Oh mio
Le due figure si separarono in fretta. Vide il bel volto attonito di Rebecca Heroncross e quello altrettanto scioccato di Jace. Pregò che, nell'oscurità, Jace non l'avesse riconosciuta e scappò via nel corridoio buio. Dopo un attimo sentì le loro voci nel corridoio, quella rabbiosa di lui e quella supplichevole di Rebecca.
«Clary, aspetta.» Le disse Jace, mentre si infilava la camicia, camminando al suo fianco. Nell'oscurità, non sapeva nemmeno dove stesse andando.
Ad uccidere Alec. Questo era certo.
«Scusa, avrei dovuto bussare.» Disse Clary continuando a camminare, il volto in fiamme. Jace le afferrò un braccio e la costrinse a fermarsi.
«Dove stai andando?»
«Lontano da te.» Sbottò lei, senza capire perché si sentisse così arrabbiata. Lui aveva tutto il diritto di portarsi a letto chi voleva. Si liberò dalla presa di Jace e incrociò le braccia al petto. Si sentì estremamente vulnerabile con indosso solo il pigiama e i capelli legati in una coda arruffata.
«Che cosa volevi?» Disse lui con calma, il respiro ancora corto e irregolare. Clary chiuse gli occhi cercando di non pensare a cosa stesse facendo neanche un minuto fa. Aprì gli occhi e gli lanciò un'occhiata di fuoco.
«A quanto pare non riesci a dormire.» Disse secca, «ma direi che hai trovato un'ottima alternativa.»
«Te lo ha detto Alec.» La sua voce era bassa, addolorata e lei annuì, sorpresa dalla sua reazione. Sembrava quasi spaventato, diffidente e improvvisamente volle saperne il perché con tutte le sue forze.
«È preoccupato per te.»
Jace sorrise e Clary ebbe l'impressione che stesse per dire qualcosa che l'avrebbe fatta infuriare. «Devi esserlo anche tu, per venire nella mia stanza nel bel mezzo della notte.»
«Non sapevo avessi compagnia,» rispose lei con la voce carica di sarcasmo. «Devo prendere un appuntamento la prossima volta?»
Jace inclinò la testa di lato, studiandola. «Perché sei arrabbiata? È a causa di quello che ho detto?»
«Devi essere più specifico, Jace, dici un sacco di cose che mi fanno arrabbiare.»
Il suo viso si addolcì improvvisamente. «O sei gelosa.»
Clary indietreggiò di un passo. «Nei tuoi sogni, Wayland.»
Lui sorrise trionfante. «Lo sei. Tu sei davvero gelosa. Non riesco a crederci.»
«Credi quello che vuoi,» disse Clary, freddamente, anche se non le piacque il modo in cui le sue stesse parole risuonarono nella sua testa. Rimasero lì in piedi, lui si stava di nuovo prendendo gioco di lei. Si morse il labbro. Non era affatto gelosa!
Jace stava ancora sorridendo, così lei ringhiò un: «togliti di mezzo.»
Si precipitò lungo il corridoio, passandogli davanti, ma lui le afferrò il braccio, questa volta tirandola verso di sé, fino a che con la schiena non fu premuta contro il muro. Clary ebbe un momento di panico quando lui le si avvicinò e realizzò che non le era mai stata così vicina prima d'ora: e la cosa non le dispiaceva affatto. Poteva vedere ogni linea del suo volto, ogni ciglia, ogni minuscolo granello di colore nei suoi occhi. E sentire il suo profumo di sapone e sole. I capelli gli pendevano sulla fronte e lei moriva dalla voglia di toccarli. Le sembrava che lui fosse più reale, più umano, così vicino e così esposto. La sua bocca si seccò.
«Clary …» Jace fece un passo in avanti, più vicino, più vicino, fino a quando il suo corpo non toccò il suo. Clary si ritrovò ad essere fin troppo consapevole del suo petto premuto contro il suo, dei suoi fianchi allineati a quelli di lei e la gamba di lui incastrata tra le sue ginocchia, bloccandola al muro. Sentì i brividi correrle lungo la schiena, lui era così vicino ed era così doloroso. Strinse i pugni, mortificata dal fatto che il suo corpo la stesse tradendo del tutto. Sperò che Jace non se ne accorgesse.
«Dovresti tornare in camera,» riuscì a dire finalmente, ma parlare non si era mai rivelata un'impresa così ardua. «Non è bello lasciare una ragazza in attesa.»
«Posso sempre chiederle di andarsene,» disse semplicemente.
«Sarebbe scortese.» Clary si ritrovò a dire con un filo di voce.
«Sarebbe?»
Lei annuì, cercando di ritrovare l'uso corretto della voce. «Ora levati di mezzo, Jace. Voglio andare a dormire e poi, non c'è niente di peggio di un uomo che lascia le cose a metà.» Nel momento in cui le parole le uscirono dalla bocca, se ne pentì. Jace la guardò in modo strano; Clary vide la sorpresa, la confusione, la contemplazione e, infine, qualcosa che pensava potesse essere desiderio. Non aveva mai parlato così prima d'ora e rimase inorridita dall'averlo fatto proprio adesso, soprattutto adesso. Fece un respiro profondo, alzando entrambe le mani e posandole ai lati del cuore di Jace, sentendo la fermezza dei suoi muscoli del petto attraverso la camicia. Poteva sentire il battito del suo cuore sotto le dita, in modo ritmico, vivo e caldo. Deglutì.
Le mani di Jace si strinsero sulla sua vita, sentì il calore delle sue dita attraverso i vestiti, lasciandole il segno. «Non voglio lei,» Jace mormorò. Non c'era frustrazione nella sua voce e i suoi occhi solitamente annoiati ora erano attenti. «Non lo sai?»
«Che cosa?» Clary lo spinse leggermente e fece un passo indietro. Il suo corpo urlava in segno di protesta, urlò con indignazione e lei lo ignorò. Prendendo un profondo respiro corse via lungo il corridoio prima che lui potesse parlare di nuovo. Sapeva che era una cosa infantile da fare, ma doveva allontanarsi da lui. Sentiva i suoi occhi addosso, si morse il labbro. La voglia di tornare indietro era così potente.
Il mattino dopo due ragazze furono assenti durante la prima colazione. La vampira Maureen era scomparsa, lasciando nella sua camera tutte le sue cose e Marlene Ashwood fu ritrovata alcuni minuti più tardi, svenuta sul pavimento della sua stanza. 
 
 
Nella cantina c'era odore di morte e putrefazione. Era buio, ma Jace riusciva a scorgere ogni figura nella stanza. Non riconosceva quella cantina, anche se ricordava vagamente quella di casa Lightwood, o di qualsiasi altra tenuta di campagna di Idris. Demoni contorti e mugolanti erano legati con catene di elettro, all'interno delle celle. Corpi di Nascosti, alcuni già morti e in vari stadi di decomposizione, altri in stato agonizzante. Lupi mannari, la cui pelle riluceva sanguinante, strinata e bruciata dalla polvere d'argento. Vampiri immersi in enormi vasche di acqua santa, sciolti come plastica nell'acido. E poi le fate, i cui corpi bellissimi sembravano puntaspilli, a causa degli aghi di ferro che spuntavano dalla loro carne martoriata. Accanto ad ogni cella c'erano dei quaderni fitti di appunti. Jace riconobbe la grafia, era quella di Valentine. La cantina era il suo folle laboratorio, in cui Nascosti e demoni erano i pazienti. E quell'odore, di sangue e morte penetrò nelle narici di Jace. E i lamenti delle creature, penetrarono nelle sue orecchie stordendolo, provocandogli conati di vomito … fino a che, con la sensazione di cadere nel vuoto, non si svegliò boccheggiando.
«Un altro incubo?»
La testa di Jace scattò verso la porta, mentre con un slancio si alzava in piedi. «Cristo, Alec! Vuoi farmi morire di paura?» Sbottò in direzione del suo parabatai, in piedi al centro della sua stanza da chissà quanto tempo. Quando l'adrenalina del momento defluì dal suo corpo, Jace si lasciò cadere di nuovo a letto, coprendosi gli occhi dalla luce del mattino con l'avambraccio destro.
«Ehm, scusa.» Fece Alec, leggermente imbarazzato. «Ero venuto a vedere se eri sveglio … e ti ho visto mentre ti dimenavi nel sonno.»
«Che c'è?» Grugnì Jace, con poca grazia.
«Jace …» Alec si bloccò. Il tono della sua voce non piacque affatto a Jace, che subito si mise in allerta.
«Alec, che succede?»
«Sono scomparse due ragazze. Maureen è scomparsa e Marlene incosciente.» Disse Alec, scrutandolo con i suoi grandi occhi blu. «Alcuni membri del Conclave stanno arrivando per occuparsi di Marlene. Faresti meglio a vestirti.»
Il cuore di Jace iniziò a battere forte. Altre due ragazze, scomparse, ferite, proprio come Ridley. Si sentì male.
«Arrivo.» Strinse i denti, mascherando ad Alec il suo shock e dirigendosi verso il bagno.
 
 
«Sei qui. Finalmente, è un'ora che ti cerco.»
La ragazza fece qualche passo nell'erba verde, calpestandola con i suoi stivali neri.
«Oh, ciao, Helen. Come stai?» Rispose la voce affabile di Aline.
La ragazza era sdraiata sul prato di fronte alla riva del lago. Indossava il suo costume striminzito e le rune nere spiccavano ancora di più sulla sua pelle pallida. Non si preoccupò di alzarsi, o di sedersi. Rimase sdraiata a prendere il sole, voltando solo il viso, nascosto da un enorme paio di occhiali da sole, verso Helen Blackthorn, che la osservava da in piedi, a pochi passi da lei.
«Non bene.» Rispose Helen, spostando con due dita un ammasso di boccoli dorati che le era scivolato sul viso a causa del vento. «Aline, cosa stai facendo? Devi tornare alla tenuta. Sai che Marlene è ferita e la vampira … Maureen, è scomparsa. Dobbiamo fare a tutti qualche domanda.» Continuò, con voce pacata e dolce.
«Puoi farmela qui, qualche domanda.»
«È un'indagine ufficiale del Conclave, Aline. Non posso interrogarti mentre ti fai una nuotata in costume.»
«Beh, non ne ho voglia. Magari dopo pranzo.»
Helen inspirò bruscamente.
«Non ti interessa, vero? Che Marlene sia ferita?» Sibilò senza riuscire più a trattenersi. «Dio, sei così egoista
Aline si mise a sedere con studiata lentezza. Dopodiché si alzò gli occhiali da sole sulla fronte, rivelando i suoi scuri occhi a mandorla, puntandoli dritti in quelli verde acqua di Helen. «Come, prego?»
«Ho detto che sei egoista.» Ripeté Helen, con voce piatta.
Non riusciva a credere che quella fosse la stessa persona che, non appena pochi giorni prima, l'aveva baciata sulle labbra d'improvviso, al riparo di alcuni alberi frondosi, durante la festa nella Piazza dell'Angelo. Quel momento era stato indimenticabile per Helen. Nutriva sentimenti per Aline da ormai più di un anno e non avrebbe mai creduto di poter essere ricambiata, almeno non fino a quel bacio rubato. Ma adesso … adesso Aline era tornata fredda, odiosa e ancora più distaccata di prima. Forse si era pentita della sua azione, pensò Helen mestamente.
«Sai che non puoi rifiutarti. Il Console si arrabbierà.»
Aline scoppiò a ridere. «La mamma arrabbiata, sto tremando di paura.» Disse sarcastica.
«Anche se il Console è tua madre, non è una buona motivazione per non collaborare. Non vuoi capire che sta succedendo?» Disse Helen, tutto d'un fiato. Non poteva concepire il comportamento di Aline.
«No, voglio solo vincere i soldi.» Rispose lei, con una scrollata di spalle, tornando a sdraiarsi a pancia in su.
«La competizione verrà annullata, Aline, svegliati.» Per poco Helen non urlò dalla frustrazione.
«E allora voglio solo prendere il sole in pace. Ora lasciami stare.» Ribatté freddamente.
Helen chiuse le palpebre per un istante. Sentiva le lacrime pungerle gli occhi, ma non avrebbe pianto. Fece un respiro profondo e voltò le spalle alla ragazza di cui era innamorata.
 
 
«Che succede?» Chiese Jonathan, raggiungendo Clary nell'ingresso.
Lei lo fissò per un attimo con un sopracciglio alzato. «Dove sei stato fin'ora?»
«A letto. Che succede?» Ripeté impassibile, serrando le labbra in una linea sottile. L'ingresso della tenuta dei Lightwood era in tumulto. Le ragazze erano raggruppate e il loro chiacchiericcio ansioso rimbombava attraverso i soffitti alti. La voce gelida e furiosa di Maryse, proveniente dal salone, si udiva forte e chiara fino a lì. «Allora, Kadir, vuoi dirmi che anche queste due ragazze sono misteriosamente scomparse o svenute a causa di una tempesta ormonale?»
Clary pensò di non volersi affatto trovare nei panni del Cacciatore di nome Kadir.
«Maureen è scomparsa. Marlene è incosciente. La stanno portando alla Guardia per curarla.»
Jonathan aggrottò la fronte, ma non disse nulla.
«Ehi, Lily, giusto?» Chiese Clary, alla vampira dai capelli blu elettrico che si trovava a pochi passi da loro. Lei annuì con aria diffidente. «Hai idea di dove possa essere andata Maureen? Insomma, è ancora giorno. Ci sono pochi posti in cui poter andare senza -» ridursi ad un mucchio di cenere, concluse Clary nella sua mente.
«No.» Rispose Lily, caustica.
«Qualcuno l'ha vista andare via?» Chiese ad alta voce, parlando a tutte le ragazze. O almeno a quelle che erano ancora lì. Rebecca si voltò verso di loro, gli occhi dorati scrutarono per un attimo Jonathan con disprezzo.
«No. Io sono rimasta in camera mia per tutta la notte.» Rispose con una scrollata di spalle.
Clary pensò a quanto fosse falsa quella bugia, visto che la sera prima aveva speso gran parte del suo tempo in camera di Jace. Si trattene dal ribattere acidamente, non voleva dover spiegare a suo fratello come facesse a sapere che Rebecca stava mentendo.
«Io voglio tornare a casa. Chiederò a mio padre di venirmi a prendere oggi stesso.» Disse Leah Silvermark in tono lamentoso, con gli occhi rossi e il viso teso. Poi si guardò attorno, sospettosa, come se il colpevole di quelle sparizioni potesse proprio essere dietro di lei. «Dov'è Aline?»
«Helen è andata a cercarla.» Rispose una voce alle sua spalle. Era Mark Blackthorn, con la sua divisa da Cacciatore che gli metteva in risalto gli occhi bicolore e i riccioli biondi. «Ciao, Clary.» Le sorrise, gentile. Clary ricambiò il sorriso, prima che Jonathan lo fulminasse con gli occhi. Lei alzò gli occhi al cielo, esasperata. Mark sembrò non farci caso, perché continuò a parlare come se nulla fosse. «Dobbiamo fare un po’ di domande ad ognuno di voi. Chi vuole iniziare? Ah, ecco Helen …» disse indicando la sorella, che era appena entrata dalla porta principale, con i capelli biondi scompigliati e sul volto un'espressione terribile. Mark si accigliò e la raggiunse.
«Perché la mezza-fata ti sorride con aria lasciva?» Sibilò Jonathan all'orecchio di Clary, riferendosi a Mark.
«Jonathan!» Sibilò in risposta Clary, guardandolo attonita. «Ci sono un mucchio di problemi di cui parlare e tu mi chiedi perché la mezza-fata,» disse facendogli il verso, «mi sorride?»
In quel momento la porta del salone si spalancò. Ne uscì l'intera famiglia Lightwood, scortata da Kadir. C'era Robert, Maryse, Isabelle, Alec e Jace. Sembrava che non dormisse da settimane. Ombre violacee cerchiavano i suoi bellissimo occhi, era pallido come un lenzuolo e si torturava le unghie delle mani. Sembrava molto preoccupato. Era davvero in ansia per le ragazze? Oppure c'era qualcosa di più, sotto la sua disperazione?
   
 
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