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Autore: Keiko    16/05/2014    2 recensioni
"Esistono periodi bui della storia dell’uomo. In un ciclo eterno, il Bene e il Male si scontrano per avere il dominio sul Mondo. Quando la Terra viene minacciata da forze malvagie, uomini dallo spirito puro combattono per la nostra difesa. Vengono chiamati Santi, e sacrificano la propria vita per noi uomini. Per assicurarci un futuro che loro, forse, non vedranno mai.”
“E tu come li hai conosciuti nonno?"
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Pegasus Seiya
Note: AU, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'La rabbia delle stelle'
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Il fuoco crepita con forza, innalzando volute di fumo che avvolgono la sala deserta. È un odore acre e pungente quello che si sprigiona dalle fiamme della divinazione, e il Decumano ne respira a pieni polmoni le sostanze. Socchiude le palpebre tra loro mentre un senso di vertigine rischia di farlo cadere a terra. Vacilla e si aggrappa al braciere rovente senza rendersi conto della pelle che vi rimane incollata. In trance, cerca le stanze del Sommo Sacerdote, rivede il tempio di molti anni prima, quello che ha lasciato per prendere posto a Tokyo come Decumano.
“Allora dimmi, quando torneranno?”
L’uomo si inginocchia senza rendersi conto che – fisicamente – si trova dall'altro capo del mondo, perché con la mente è molto più lontano, persa tra le nebbie di un limbo in cui tutto è possibile e il corpo esegue un comando istintivo, dettato da anni di servigi e reverenze.
“I Silver Saint hanno recuperato l'intero cloth a eccezione dell'elmo.”
“Mi sembra un buon risultato, ma non è ancora il massimo.”
“Devo ordinare loro di impossessarsi del pezzo mancante?”
Dall'altra parte c'è un istante di silenzio, poi ode in maniera distinta il frusciare delle vesti vicinissime a sé e quasi ne avverte la seta sfiorargli il capo.
“No, richiamali al Tempio come stabilito. La loro missione a Tokyo è conclusa.”
“Potremmo ordinare ai Silver Saint di sistemare la questione senza macchiare il sagrato del tempio, Sommo Sacerdote.”
“Ho bisogno di loro per un'altra missione.”
“Come desiderate.”
La visione scompare, e il Sommo Sacerdote si perde tra i fumi che si diradano mentre il Decumano si accascia al suolo, ansante. Poi grida, i palmi alzati verso il soffitto del tempio in cui ha trovato rifugio dopo aver deciso di servire Athena restando lontano dalla sua città natale. Grida, sino a quando non sono le lacrime di dolore a premere con forza sul viso.
Così salate da bruciare come le mani scorticate che lo guardano silenti, la carne viva che pizzica a contatto con l'aria.
Guariranno, si dice.
Ma il dolore, ora, è insopportabile.

 

“Dobbiamo fermarli” sta dicendo Jabu con enfasi. Milady è nelle sue stanze e con lei, a Villa Kido, si trovano solo i Bronze Saint. Seiya – dal giorno precedente – ha aperto bocca solo se interpellato, e Shun lo guarda di sottecchi, colpevole. Sa cosa prova Seiya e, soprattutto, sa cosa significa vivere una vita in apnea, con la differenza che Seiya non riuscirà a tornare in superficie tanto facilmente. Gli smacchi come questo, per uno con il carattere sanguigno come il suo, sono difficili da digerire, se non impossibili. Vorrebbe confortarlo ma al contempo ne teme le reazioni: d’altra parte la verità è uscita dalla bocca di Ikki e, in un certo senso, Shun si sente responsabile.
“Come pensi di fare?” domanda Hyōga  infastidito.
“Cerchiamoli e facciamoci restituire il Gold Cloth.”
“Non sappiamo dove si nascondano” conferma Shun in favore del Cigno, mentre questi sorride con sarcasmo all'ingenuità del compagno.
“Dunque dovremmo gettare la spugna?” insiste Jabu. L'unicorno scalpita perché ha voglia di combattere. Non gliene hanno dato il tempo. Mentre difendeva Milady insieme a Nachi, Geki e Ichi, gli altri si sono fatti soffiare il Gold Cloth da sotto il naso. Nessuno parla di Shiryu. Nessuno ha il coraggio di dire che è quello che ha sacrificato più di tutti per difendere le sacre vestigia. Seiya, e di questo Shun ne è certo, si sta addossando anche quella colpa, come se non bastassero il furto del cloth e la vita di milady in pericolo. E qualche altro problema a cui non vuole dare peso, perché sa che non può dare ai capricci del cuore la priorità. E lo sa bene, lui, quanto sia facile cedere il passo ai sentimenti e farsi quasi ammazzare per una debolezza dell’anima.  
“E tu adesso dove vai?”
“Da Shiryu” risponde Seiya dando loro le spalle, staccandosi dalla parete con cui ha tentato – sino a quel momento – di fondersi.
“Con comodo, galoppino. Mentre noi cerchiamo una soluzione tu fai pure la crocerossina al capezzale del Dragone.”
Jabu non riesce a fermarlo mentre gli si getta addosso gettandolo a terra.
“Non ti intromettere” gli ringhia contro il Saint di Pegasus mentre gli sferra un pugno che lo colpisce alla mandibola. L'unicorno sorride divertito mentre sente l'odore acre del sangue riempirgli la bocca.
“Quando torno sarete ancora qui a decidere il da farsi. Milady ha deciso che partiremo per Atene e lo faremo.”
“Senza indugio, immagino” lo apostrofa con sarcasmo Jabu.
“Che vuoi dire?”
“Che Mia ci ha quasi ammazzati insieme alla tua maestra, o sbaglio?”
Seiya non risponde. Sono state così veloci, nel piombargli contro per recuperare gli ultimi pezzi dell'armatura e portare via dal combattimento gli altri Silver Saint, che non ha voluto credere ai propri occhi. Non ha avuto nemmeno il tempo di metabolizzare il problema: accanto a lui Shiryu si era privato della vista per sconfiggere Perseo di Medusa, il cui scudo aveva già pietrificato Shun. Mia si è portata via Perseo e Marin gli ha coperto la fuga. Compatti, come un gruppo di veri guerrieri e fratelli. Non come loro, in preda agli screzi e prigionieri del passato.
“Al suo posto chiunque avrebbe fatto lo stesso.”
“Non se fosse dalla parte di Athena, Seiya.”
Il tono di Hyōga  è duro e non ammette il beneficio del dubbio. È convinto che Mia sia fedele al Tempio nonostante conosca la verità e nulla sembra fargli cambiare idea, nemmeno la fede cieca che Saori Kido ripone in lei. D'altra parte, come dargli torto?
Seiya sospira e allenta la presa sul compagno mentre si volta a guardare il saint del nord.
“E tu che ne sai?”
“Ci sta tradendo.”
“Se Athena ha fiducia in lei, io farò altrettanto.”
La verità, però, è un'altra: non sa nemmeno lui a cosa credere. Se alla testa o al cuore.

 

“Buongiorno Seiya.”
Shiryu è seduto sul letto, le mani in grembo e una benda a coprirgli gli occhi. Il Saint di Pegasus esita, e il Dragone gli fa cenno di avvicinarsi. Shunrei scivola via dal suo fianco, lasciandoli soli, discreta come un fiore di loto che si fa sospingere dalle correnti del proprio stagno.
“Come hai fatto a...”
“Torno a Goro Ho.”
“Non puoi farlo. Abbiamo una guerra da combattere!”
“Una guerra che non posso combattere in queste condizioni, te ne rendi conto vero?”
Shiryu si volta verso di lui: non può vedere la sua espressione, ma è certo abbia dipinta in volto quella smorfia di irritazione che lo fa sembrare ancora un bambino.
“Milady?” gli domanda cercando di spostare l’attenzione su qualcos’altro che non siano le sue condizioni fisiche e le sue decisioni.
“Sta bene anche se è scossa. Almeno non sono riusciti a rapirla.”
“Se non ci fossi stato tu l'avrebbero portata via, Seiya. Il tuo braccio come sta?”
“Rotto, ma non è nulla di serio. Hanno approfittato del caos per rubare gli ultimi pezzi del cloth di Sagitter mentre quel viscido tentava di rapire milady.”
“Questo dimostra che è qualcosa di più di Saori Kido, no? Mi sembrano prove più che sufficienti. Il Santuario non si prenderebbe mai un disturbo simile per qualcosa che non sia davvero importante. Hai avuto notizie di Mia?”
Seiya resta in silenzio, poi mormora un no sommesso.
“Milady continua a dire che è dalla nostra parte.”
“E tu ora dubiti di lei?”
Calca la mano su quel “tu” perché Shiryu sa – da che ne ha memoria – quanto valga Mia per Seiya.
“Dubito di tutto. Si è lasciata alle spalle me e te per portarsi via Perseo. Ha recuperato i pezzi del Cloth riuscendo a intercettare i Black Saints prima di noi. Come faccio a non dubitare di lei, Shiryu?”
“Non hai pensato che sia un modo per aiutarci?”
“Rubando il Gold Cloth e proteggendo chi ti ha ridotto in questo stato?”
“Evitando lo scontro diretto tra noi e i Black Saint.”
“Non abbiamo evitato i Silver Saint” obietta lui cocciuta. A volte a Shiryu sembra di avere a che a fare con un vecchio sordo, uno di quelli che in Cina se ne stanno tutto il giorno accanto alla cascata sino a perdere l'udito e continuare ad avvertirne il rombo delle acque anche lontano da esse.
“Non può fare tutto, Seiya. Lei è un Saint del Tempio di Atene.”
“Quando ritorni?” gli domanda cambiando discorso, virando su un altro argomento.
“In  tempo per raggiungervi in Grecia.”
“Abbiamo bisogno di te, per cui non farci aspettare.”
Shiryu sorride e immagina che anche Seiya stia facendo lo stesso. Da quando gli ha salvato la vita è in debito con lui. È cambiato tutto in modo repentino dopo essersi si sono trovati costretti a combattere l'uno accanto al'altro. È come se il Gold Cloth e il suo prestigio avessero annebbiato le loro menti inducendoli a combattere la Guerra Galattica sino all'ultima goccia di sangue e cosmo. Sospira, quando sente la porta della camera richiudersi e la presenza di Seiya sparire. Ikki e la sua rivelazione li hanno obbligati a guardarsi in faccia e rendersi conto che niente – ora – può separarli di nuovo.
E per un fratello, sei sempre disposto a dare la vita. 

 

*

 

Camus esce dall'orfanotrofio di Kurchaloi con una fotografia in tasca e il sorriso materno di una donna sul cuore.
“Dopo sei mesi circa che si trovava da noi, hanno iniziato ad arrivare donazioni consistenti. Non sapevamo chi fosse, ma sapevamo che quei soldi ci servivano per mandare avanti la struttura e dare ai ragazzi un po' di serenità. Dopo pochi mesi ci venne chiesto di mandarla a Tokyo. Non sapevamo se farlo o meno. Ci era stato promesso un extra davvero consistente, per me e per Katiuscia. Accettammo. L'uomo che ci aveva mandato tutti quei soldi non avrebbe mai potuto farle del male. È stato come un palliativo, illuderci che sarebbe stata una storia a lieto fine. La imbarcammo per il Giappone una settimana dopo, quando ricevemmo sui nostri conti personali soldi sufficienti per cambiare vita per sempre. Katiuscia l'ha fatto, io sono rimasta.”
“Perché?” le ha domandato guardandola negli occhi di un azzurro pallido e spento.
“Sulla strada ci ho vissuto, so cosa significa dover sopravvivere taccheggiando i turisti e vendendosi. Lo fanno tutti, ragazzini e ragazzine. Poi, quando cresci, ti tiene compagnia l'eroina. Oppure sniffi colla per placare i morsi della fame. Ho deciso che avrei continuato a salvare il salvabile. In alcuni di loro c'è del buono.”
“Lei com'era?”
“Buona. Detestava i prepotenti. I più grandi tiranneggiano sempre i più piccoli. Lei se ne stava spesso in disparte, e quando la tormentavano cercava sempre di difendersi.”
“E tu com'eri?”
“Spaventata. Quando sono tornata qui non capivo chi ero e cosa stessi facendo. Avevo il braccio tumefatto e tempestato di buchi. Sarei morta se non mi avessero ugualmente ripresa qui dentro e messa a sgobbare e seguire i bambini. A volte era impossibile farlo davvero, ma con il tempo sono arrivata a prendermi cura di loro come fossero miei figli. La cosa più terribile è dimenticare chi si è.”
“E se non lo sai?”
“Tutti lo sappiamo. E chi non lo sa, viaggia finché non trova sé stesso.”
“Tu sei dovuta tornare al punto di partenza per capirlo?”
“No, l'avevo capito da tempo. Ma era più facile lasciarsi vivere che insegnare agli altri come farlo.”
Camus l'ha guardata e gli è sembrata solenne, con il corpo sfibrato dagli anni, levigato dalla vita dura di chi non ha pane da mettere sotto i denti. Doveva essere bella, dieci anni prima.
“Se dovesse rivederla, la benedica da parte mia.”

 

*

“Quando torniamo al tempio?”
“Più presto di quanto tu possa immaginare. E quando saremo ad Atene ti lamenterai di continuo perché ti manca il Jamir.”
Kiki si teletrasporta da un capo all’altro della casa con le braccia colme di oggetti.
“Torneremo prima di quanto tu possa pensare.”
“Perché devi combattere? A me Shiryu sembrava una persona a posto.”
“Combattiamo per ciò in cui crediamo, a prescindere dalla bandiera.”
“Tu gli hai riparato il cloth anche se sapevi che sarebbe stato un tuo nemico: perché?”
“Ha pagato il giusto prezzo come tutti. E non si nega mai un servizio a chi è disposto a pagare. Ora sbrigati o non finirai di sistemare tutto quello che hai messo in disordine.”
Kiki sorride raggiante e scompare alla sua vista. Mu esce nel sole di una giornata siderale, pallida e avvolta nel bozzolo di nebbia e freddo che ha già colpito il Jamir.
Ripensa a Shiryu.
Sono pochi i Saint d’onore disposti a sacrificare così tanto per un solo uomo, eppure lui l’ha fatto senza esitazione. È strano come due persone così simili come il Dragone e il Capricorno si siano appena sfiorati nel cuore del Jamir.
Il senso di colpa non è sufficiente a muovere una vita, Shura. Questo lo imparerai a tue spese, se riuscirai a conoscere Shiryu di Dragon. Questi Bronze Saint, forse, hanno una lezione anche per noi.
Quanto sangue sarà versato, Sommo Sacerdote?
Lancia la domanda a un cielo muto e greve di nubi, ma non riceve risposta.
Mentre in lontananza, il rombo di un tuono fa presagire l’arrivo di un violento temporale.

 

*

 

Seduta sulla scalinata posteriore della Quinta Casa, tra le mani un infuso di karkadé e timo, Mia osserva il cielo stellato sovrastare il Tempio di Atene. Si è fermata a guardare dall'alto, prima di fare ritorno a casa, l'intera scalinata sacra. Le luci delle Dodici case sono accese, fatta eccezione per quella di Libra e Sagitter, mausolei eretti a memoria dei loro precedenti custoditi. È una vista da mozzare il fiato, bella e terrificante al contempo. Mia sa che i Gold Saint sono pronti per muovere guerra e lei, ragazzina, non è ancora sufficientemente forte da potersi opporre, per poter dire “no” e scegliere per chi combattere.
“Cosa ti preoccupa?”
La voce di Aiolia, alle sue spalle, la fa sussultare. Stringe la tazza con più forza, ma un po' della tisana le si riversa addosso e si maledice per essere sempre così distratta in sua presenza.
“Da quando sei tornata non hai parlato molto. Non è da te.”
Il ragazzo si siede accanto a lei alzando lo sguardo sul cielo, le mani dietro la schiena a fargli da supporto mentre si lascia sfuggire un sospiro.
“Pene d'amore?”
Mia storna lo sguardo su di lui, sgranando gli occhi e arrossendo vistosamente.
“No! Sei pazzo?”
“Seiya è stato dichiarato nemico del Tempio. Abbiamo il compito di ucciderlo se dovessimo rivederlo. Immagino non sia facile.”
“Non è un problema, quello” mente lei dandosi una scrollata di spalle, sperando che quel tono di disinteresse basti e avanzi per interrompere le domande del Leone.
“E allora qual è, il problema?”
Non mollerà facilmente la presa. Curioso come un gatto, assillante come solo una madre potrebbe essere e dannatamente certo di arrivare al proprio obiettivo, Mia ha la certezza che Aiolia la metterà all'angolo. Si morde il labbro inferiore, cercando le parole adatte da cui iniziare a raccontare. Esita, mentre il silenzio li avvolge come una coperta di velluto.
Può fidarsi di lui?
Alza lo sguardo nel suo, occhi dello stesso verde che sa di boschi e pace. Aiolia l'ha cresciuta. Aiolia è il suo maestro. Aiolia, negli ultimi dieci anni, è stato tutto il suo mondo adulto.
“Ho trovato Athena” gli confessa a bruciapelo, senza troppi giri di parole perché non piacciono a nessuno dei due.
Lui si volta a guardarla nella penombra notturna rischiarata da una luna immensa, vicinissima alla terra.
“Cosa significa?”
“Devi giurare su Aiolos che non ne farai parola con nessuno.”
“Non posso Mia. Se hai trovato Athena è nostro compito proteggerla e condurla al Tempio, al sicuro.”
“Se fosse così semplice non ti avrei chiesto di giurare, no? Allora?” gli domanda scocciata, che Aiolia è ottuso e un po' ingenuo, come tutti gli uomini quando si tratta di capire i sott'intensi di una donna.
“Giuro su Aiolos che non dirò a nessuno ciò che stai per dirmi.”
Non è del tutto certa della forza di quel giuramento. Nonostante gli abbia chiesto di farlo su suo fratello, se dovesse essere una verità immensa – e la è – Aiolia potrebbe pensare di fregarsene e fare il diavolo a quattro.
Aria di tempesta sul Santuario per le prossime trentasei ore, pensa lei abbozzando un sorriso.
“Ci hanno mentito. Aiolos ha protetto Athena da morte certa. Qualcuno  al Santuario voleva la sua morte. È stato un magnate giapponese a incrociare la loro strada e decidere di prendersi cura di lei. Si trattava di Mitsumasa Kido.”
Le è così vicino da riuscire a sovrastarla senza difficoltà. Potrebbe uccidermi con un colpo solo, riflette, e Mia ha paura. Per la prima volta ha paura del suo maestro, quando la guarda con occhi duri e sguardo spietato.
“Stai mentendo, non è così?”
“No, è la verità.”
“Tu saresti...”
Mia sorride e scuote il capo.
“Non io, ma Saori. Mia sorella.”
“È impossibile.”
“Ha manifestato il suo cosmo Aiolia, e non ho dubbi. È Athena.”
“Dunque questa guerra sarebbe tutta una messa in scena per ucciderla?”
Mia si dà una scrollata alle spalle. Non sa se sia il Sommo Sacerdote ad aver orchestrato ogni cosa, di certo l'accanimento che l'ha spinto a dichiararle guerra le pare una prova più che sufficiente per accusarlo di essere il mandante di un doppio omicidio. Dovrebbe indagare e scoprire quale sia il suo piano, ma le sembra difficile formulare qualsiasi idea su come muoversi, specie se non può contare su nessuno se non sé stessa.
“Non lo so ma solo Athena poteva avere il cloth di Aiolos. Se ci pensi, il Sommo Sacerdote ha potuto costruire la sua verità e spacciarla per unica per tutti questi anni. Nessuno ha mai potuto affermare qualcosa di diverso, e di punto in bianco ritorna al mondo il cloth di Sagitter e una ragazzina che dovrebbe avere l'età di Athena e…”
Aiolia le scompiglia i capelli in un gesto affettuoso, mentre Mia gli porge la propria tazza di karkadé, abbassando lo sguardo sulla punta dei propri piedi nudi.
“Cosa pensi di fare?” gli domanda lei incerta.
“Andrò a parlare con il Sommo Sacerdote. Mi deve delle spiegazioni.”
“Tu hai giurato di non dire nulla!”
“Infatti andrò a chiedere delucidazioni” obietta lui senza scomporsi.
“Non credo sia una buona idea, Aiolia. Anzi, credo proprio che sia pessima.”
Un puntolino bianco, che si fa via via più vicino, la mette sull'attenti. Aiolia sorride, come se aspettasse quel qualcuno. L'armatura d'oro scintilla sotto la luce della luna e il mantello candido è un lembo di nubi nella notte.
“Cosa ci fai qui Milo?”
“Non sapevo nascondessi ragazzine nella tua abitazione, Aiolia.”
Mia arrossisce, si alza in piedi e con un inchino si dilegua all'interno dell'abitazione lasciandoli soli.

 

“Eri in udienza?” gli domanda Aiolia squadrandolo.
“Ti ho disturbato?” lo rimbecca il Saint di Scorpio con una punta di malizia nella voce.
“I Silver Saint sono tornati dalla missione” taglia corto il Leone sperando che l'interrogatorio di Milo non prosegua per ore. Non ha intenzione di perdere tempo né di dare spiegazioni a un tizio che ricama storie d'amore su ogni donna che incontra per poi scegliere una compagna per tutta la vita. A uno di quelli che, comunque, vedono il marcio pure in un mazzo di margherite appena colte.
“Lo so. Il Sommo Sacerdote mi ha convocato per ricordarmi di non lasciare il tempio e che siamo sotto legge marziale. Qualcuno ha fatto la spia sulla nostra bevuta dell'altra sera. Hai qualche idea di chi possa essere stato?”
“Hanno davvero così paura di qualche Bronze Saint?”
“A quel che ho capito i Silver Saint partiranno di nuovo. Sono stati convocati nuovamente al cospetto del Sommo Sacerdote. Con loro ci sarà anche Shura.”
Aiolia solleva lo sguardo su Milo, e i due sembrano pensare la medesima cosa.
“Credi andranno a finire quello che lui ha iniziato?”
“Ridotto in quelle condizioni non può fare molto, potrebbe essere un'ipotesi plausibile.”
“Mia non mi ha detto dell'udienza.”
“Gliel'hai chiesto?”
“Che razza di domanda è?”
“Be', forse non ritiene di doverti raccontare tutto, paparino.”
“Hai voglia di combattere per caso?”
Milo sorride, sfilandogli di mano la tazza e portandosela alle labbra.
“Buono questo karkadé. La prossima volta puoi offrirmene un po'?”
“Sei venuto solo per dirmi questo, Milo?”
“Più o meno. Non credevo di disturbarti, per cui ti lascio godere le ultime ore con la tua allieva prima che parta di nuovo. A presto micio.”
Aiolia si alza in piedi con velocità, cercando di colpirlo, ma Milo schiva il colpo e sorride.
“Detesto quando mi chiami micio.”
“Lo so.”

Da quando sono tornati da Tokyo un tarlo continua a tormentare Marin di Eagle senza darle tregua. Perché tanto accanimento nei confronti dei Bronze Saint e di Saori Kido? Certo, hanno tradito il tempio, ma davvero vale la pena schierare i Silver Saint e richiamare ad Atene i Gold Saint? Certo, si sono impossessati del Cloth di Sagitter ma nessuno si è chiesto come? Non appena rientrati si sono diretti al cospetto del Sommo Sacerdote posando ai suoi piedi il Gold Cloth di Sagitter. Un Cloth che è scomparso nel nulla nel momento in cui la massima autorità del tempio ha cercato di posarvi sopra le proprie mani. Ha sentito Mia irrigidirsi accanto a lei, trattenere le domande e il fiato. Shaina ha imprecato, avanzando un paio di passi come se avesse il potere di fermare il volere di un Cloth. È convinta che ci sia qualcosa che non va al Tempio, come se la mano del Sommo Sacerdote non fosse mossa dall’amore verso Athena.
Le è sembrato di percepire la stessa preoccupazione in Mia, per questo le ha dato appuntamento per la mattina successiva in un bar del centro, in modo che possano passare inosservate prima della missione che è stata loro affidata.
Prima, però, deve sapere.
L’Altura delle Stelle è rivolta verso est, un promontorio che si staglia contro il cielo nudo di Atene. A strapiombo, sul lato destro, il pendio precipita sul mare. Sul lato sinistro, si affaccia sul Tempio. Il resto è una tavola piatta stretta che offre il panorama di un cielo strappato alla luna, senza contaminazioni artificiali. È l’osservatorio del tempio, e l’accesso è proibito a chiunque fatta eccezione per il Sommo Sacerdote. Marin non sa cosa può accaderle, ma ha deciso di giocarsi il tutto e per tutto. Se quell’uomo nasconde un segreto può essere custodito solo in un luogo interdetto a chiunque, come quello. Un segreto, per essere tale, deve essere condiviso. O resta solo l’illusione di un singolo. Per come si stanno mettendo le cose, Marin è certa che qualcuno sappia molto più di quanto non voglia dare a vedere, ma non può perdersi a fare congetture: chiunque sarebbe papabile. D’altra parte, tutti hanno un passato che non vogliono raccontare, tutti nel disperato tentativo di tenere nascosta la vita al di fuori del Tempio – più lontana significa anche più sicura – e ciò che sono stati prima di essere Saint. Marin inspira, odore di salsedine e stantio, e fissa il buio che le si para dinnanzi. Il monte Fuji non era così cupo e tetro, quando sono entrate nel suo ventre per recuperare il Cloth. L’altura sembra invece un labirinto di morte, gelido, scavato nella terra e nel tufo. Odora di vecchio e di decomposizione e l’aria gelida che si annida tra i cunicoli la fa rabbrividire, investendola in pieno viso.
“Coraggio Marin, da quando sei una fifona?”
Da quando il mio nemico è sconosciuto, si risponde, ma mette a tacere la razionalità e cerca – da qualche parte – l’incoscienza. Non è mai stata come Seiya, o come Mia. È sempre stata cervellotica e cerebrale, una a cui per scaldare il cuore dovevi dimostrare con i fatti di esserne degno. Inspira di nuovo, cercando di calmare il battito accelerato e il pompare violento del sangue. Avanza nell’ombra, il rumore dei suoi passi che deflagra in mille eco. Si arresta, cercando di capire dove finisca il suono dei suoi passi e quello di qualcos’altro.
Perché non è sola, di questo ne è certa.
Si guarda attorno, circondata da tenebre fitte e dense. Deglutisce e avanza di nuovo, alla cieca, nella speranza di arrivare a vedere la luce fioca della luna. All’improvviso sente un soffio tra i capelli, le scivola sulle spalle e lungo la schiena, come se qualcuno l’avesse sfiorata. Si volta di scatto, sulla difensiva, ma è sola.
Non è possibile, Marin. Svegliati!
Accelera il passo svoltando su una curva a sinistra. Non ci sono diramazioni per ora, per cui potrà tornare indietro in fretta se le cose dovessero mettersi male. Scivola su una pozza d’acqua rischiando di cadere. La salva uno sperone che esce dalla roccia umida, a cui si aggrappa con forza.
Una torcia?
È spenta, ma poco più avanti, oltre la curva, Marin vede una luce fioca illuminare il cunicolo in cui si trova. Avanza guardinga, la torcia in una mano e il pugno alzato nell’altra.
Sarò più veloce di qualsiasi altra cosa si trovi qui.
Avverte un frinire incessante, un rombo possente farsi sempre più vicino, sino ad avventarsi su di lei facendola ruzzolare a terra. Marin grida d’istinto, mentre un branco di pipistrelli le si avventa addosso con furia, spaventato dalla sua presenza. Ha gli avambracci graffiati e il fiato corto ora.
L’effetto sorpresa è andato al diavolo, almeno per quel che le compete, per cui non le resta che procedere sperando di essere davvero l’unica cosa vivente, oltre ai pipistrelli, che si trova lì dentro. La stanza che si dipana dinnanzi a lei è una camera ardente. Tutt’attorno bracieri dalla luce fioca illuminano la cripta  al cui centro risiede una teca in vetro.
Non vuole vedere davvero.
Non ne ha il coraggio, perché la conoscenza ha un prezzo spesso troppo alto da pagare.
Eppure avanza e si sporge per vedere il volto di colui che è stato sepolto all’Altura. Lo osserva, il volto sereno, la tunica ancora sporca di sangue dov’è stato pugnalato, e Marin non vuole credere ai suoi occhi.
Anzi, sono loro a non voler credere a lei e al ricordo vago di quell’uomo che passeggiava per il Tempio quando lei ancora non aveva iniziato gli addestramenti. Di quello che era stato prima maestro di uno, poi di tutti, alla guida del Santuario.
Vorrebbe rendergli onore, ma tutto ciò che riesce a fare è piangere come una bambina, la stessa che anni prima il Sommo Shion aveva raccolto dalla strada e portato al Tempio.
Chi ha preso il suo posto?

 

Avrebbe voluto uccidere l’estranea. Un colpo secco, preciso, e l’avrebbe strappata per sempre alla vita. I pipistrelli non l’hanno terrorizzata come sperava, così l’ha lasciata fare.
Non poteva farsi notare.
Non poteva farsi scoprire.
Raggomitolata nell’ombra, nascosta nel buio, l’ha spiata aprirsi al dolore.
Stupidi, così sciocchi e sentimentali, gli umani.
Ciò che rimane della sua umanità, invece, è un corpo ormai deformato dal buio e dall’umidità, che l’hanno resa simile a un mostro piuttosto che a una donna.
Sogghigna e arretra di alcuni passi quando la luce della camera dove si trova il cadavere le ferisce la vista. Solo la notte le consente di uscire senza preoccupazioni e permetterle di vagare per l’Altura, il suo regno.
È così che ha incontrato il Sommo Sacerdote, mentre cercava di nascondersi di nuovo nel suo anfratto, al sicuro tra le pieghe della roccia e del muschio.
Annusa l’aria, infastidita.
Quella donna profuma di buono, di vita.
E lei odia la vita.
Fila incessantemente cristallo fuso da diversi giorni ormai. Da quando il sostituto si è portato via la daga ha preso a tessere in modo compulsivo per forgiare la freccia che colpirà Athena legandole l’una all’altra, permettendole di prendere il suo posto per sempre.
E di regnare al Suo fianco, così come Lui le ha promesso.

 

“Non hai l’espressione di un Saint fiero di ciò che ha fatto, Shaina.”
Lei fa una smorfia che dovrebbe essere un sorriso, mentre la brezza le solletica la pelle del viso. È lui quello bravo, tra i due, a farsi beffe degli altri. Lei sa solo fare la voce grossa, e ultimamente non le viene nemmeno troppo bene.
“Abbiamo recuperato solo il Gold Cloth.”
“Sei infastidita per non aver eliminato quell’insetto dal muso giallo?”
Non risponde, stornando lo sguardo sul mare. È una delle ultime serate d’estate, uno scampolo di caldo e poi via, verso l’autunno già inoltrato. Lo sperone di roccia su cui si sono trovati è lo stesso su cui anni prima si sono lasciati con un arrivederci, dopo che l’ha trascinata al tempio dall’Italia per farle affrontare l’ultima parte degli allenamenti.
“Verrà il suo momento. Il Gold Cloth era prioritario” si limita a rispondergli. Death Mask si siede accanto a lei, mentre osserva i granchi uscire dalla sabbia e, lentamente, farsi portare via dalle onde. Ne afferra uno tra le dita, le chele che annaspano a mezz’aria, e lo osserva.
“Non dobbiamo essere così, in balia degli eventi o degli altri. Dobbiamo dominare il nostro destino.”
“Siamo Saint, come puoi credere di avere voce in capitolo di scelte?”
Shaina sbotta, e lui la guarda con quegli occhi azzurri e pieni.
Pieni di vita, pieni di arroganza, pieni di vittoria. La parola perdita, nel suo vocabolario, non è mai esistita.
“Puoi farlo. Puoi sempre scegliere da che parte stare in una guerra.”
“No che non puoi, se vesti il Cloth di Athena.”
“Credi non siano mai esistiti cloth passati da un dio all’altro? Saint che hanno tradito, donando sé stessi e il proprio cloth a una nuova divinità. È accaduto. Sono vestigia maledette per alcuni, per altri invece il segno che qualcosa può cambiare, a volte.”
“Non ne ho mai sentito parlare.”
“Non si parla di certe cose al Tempio.”
“Tu se potessi scegliere, da che parte staresti?”
“Io? Da quella del vincitore.”
Shaina lo guarda e si sofferma a fissare il granchio che ancora cerca, disperato, di liberarsi e mettersi in marcia verso il mare. All’improvviso, Death Mask lo schiaccia con forza contro lo scoglio, spaccandone il carapace e addentando quel poco di polpa che riesce a strappargli fuori.
“Sei disgustoso.”
“È così che finisci, quando non scegli: schiacciato e divorato dagli altri. Ti stai rammollendo, Shaina. A combattere con gli altri Saint finisci con l’appoggiarti a loro e credere in loro. Essere un Saint solitario ti permette di andare avanti e non avere punti deboli.”
“Come Shura? Si è quasi fatto ammazzare, combattendo da solo.”
“Ha aperto la strada per voi Silver Saint. Avrete piena libertà contro i Guerrieri d’Ambra senza avere altri problemi. Problemi enormi, credimi.”
Shaina solleva un sopraciglio, scettica. Quante cose sanno i Gold Saint che loro ignorano?
Ancora una volta si sente pedina nelle mani del fato e degli altri, e stringe i pugni in grembo sino a sentire il sangue uscirle dal palmo, là dove le unghie lunghe hanno tagliato la pelle sottile.
“Ti sei incazzata?”
“Ti detesto quando ti comporti così.”
“Andiamo, era solo un granchio. L’Ofiuco che si commuove per un insetto del mare?”
“Fottiti” gli ringhia contro con durezza, mentre si allontana lasciandolo solo su quello scoglio che è di entrambi, un punto di partenza e arrivo costante tra amici fidati, quasi fratelli nell’essere dei disperati, in fondo.
“In arena eri sola, Shaina. Eppure ce l’hai fatta” le grida.
Ma lei preferisce fingere di non udirlo.
Perché a volte sapere di non essere soli, di avere qualcuno accanto che si limita a curarti le ferite senza cospargerle di sale, può essere un palliativo sufficiente per rendere una vita già scritta meno dolorosa.

 

*

 

Shun precipita a terra con un tonfo sordo. Fatica a rialzarsi e si massaggia il petto dove è stato colpito con forza. Il suo avversario non ha esitato, mettendolo al tappeto senza dargli il tempo di reagire o richiamare a sé l’armatura. L’ha attaccato dall’ombra, approfittando di un attimo di distrazione e tranquillità, uno degli ultimi scorci di normalità che il Saint di Andromeda ha voluto concedersi prima della partenza. È stata un’illusione, se ne rende conto, ma dei Silver Saint non vi è traccia in tutto il Giappone. Li stanno attendendo ad Atene, e Mia su questo punto è stata chiara con milady: finché non fronteggeranno il Tempio saranno sempre considerati dei traditori. Cerca di rialzarsi in piedi ma qualcosa lo trattiene, impedendogli di muoversi e tirandolo verso la siepe che separa il giardino interno della Fondazione dalla zona più esterna e meno protetta.
“Fatti vedere se sei un Saint degno di questo di nome! O sei così codardo da non volerti mostrare al tuo avversario?”
Shun si sente un idiota, a parlare al nulla.
Qualcuno è entrato senza problemi alla Fondazione. Se ce ne fosse più di uno? Milady è al sicuro a Villa Kido, e solo lui, Hyōga e Ichi hanno fatto ritorno al dormitorio, mentre gli altri sono rimasti di guardia alla magione. Si sono divisi per non essere colti alla sprovvista dai nemici, e ora Shun si domanda se non sia stata l’ennesima strategia fallimentare.
Si vede che non siamo nati per la guerra. Che la guerra, non l’abbiamo mai fatta.
“Osi dare della codarda a me?”
Riconoscerebbe quella voce tra mille. Shun sgrana gli occhi nel buio, cercando di mettere a fuoco la figura che gli sta di fronte. La frusta lo coglie di nuovo impreparato, allacciandosi attorno al suo collo soffocandolo. Senza pietà, si stringe a lui come un serpente impedendogli di respirare e a nulla servono i gemiti e le suppliche a mezza voce.
Femminuccia.
Jun gli si avvicina, implacabile.
I capelli biondi scintillano sotto la luna, e a Shun torna in mente una notte di ferragosto. Ci sono loro due, soli, immersi nel mare, e Jun che si confonde con la scia di luce del satellite sulle increspature delle onde. All’Isola di Andromeda c’era spazio anche per quello, per un guizzo di vita rubato al dovere. Una fiamma che valeva la pena di essere conservata e nascosta, per timore che venisse gettata lontano e spenta per sempre.
“June… mi stai…”
Ammazzando, lo so benissimo. Perché pensi sia venuta qui? Lo sanno tutti cosa state facendo. Ti vogliono morto, Shun.”
Glielo dice avvicinandosi a lui, stringendo con più forza la frusta nella mano e attirandolo a sé come fosse un cucciolo ammaestrato.
“Athena… è… viva.”
June esita, allentando un poco la presa, e finalmente Shun riesce a respirare. Un istante, e l’apnea potrebbe tornare, ma il Saint di Chamaleon attende che lui prosegua. Lo vede da come china di lato il viso, anche se non può vederla in volto.
“Cosa significa?”
“Qualcuno… vuole la testa di Athena.”
“E tu… pensi sia vero?”
Shun annuisce e June si inginocchia ai suoi piedi senza perderlo di vista. Attende, come quando da bambini aspettava che smettesse di piangere dopo averlo colpito troppo forte. È sempre stata la migliore tra loro, di certo quella che meritava di andarsene dall’Isola e avere un destino migliore.
“Non voglio che tu parta per Atene. Vi uccideranno. È una trappola, Shun, persino un moccioso lo capirebbe!”
“Vedi qualche altra soluzione?”
“Se devono ucciderti… voglio essere io a farlo.”
Shun sgrana gli occhi e sorride. L’abbraccia, attirandola a sé, stringendola sino a farle mancare il respiro.
“Tornerò. Torneremo tutti. La Giustizia non può morire.”
“Ne sei certo?”
“Si.”
Shun non mente mai.
Shun dal cuore puro e l’animo sensibile, non potrebbe mai giurare il falso. Per questo June gli crede, lasciandosi scivolare in un abbraccio che non le ha concesso nemmeno quando è partito dall’Isola, preso dalla foga di rivedere Ikki.
“Non andare.”
“Tornerò” le ripete lui con maggior convinzione.
“E se non dovessi tornare?”
“Sono certo che mi verrai a cercare e mi riporterai indietro.”

 

A Miho gli addii non piacciono, e mentre guarda Seiya capisce che in quel momento potrebbe perderlo per sempre. Ha il volto tirato, è stranamente serio e taciturno. Le battute che fa sono spente, mancano di quell’arroganza che lo contraddistingue sempre e che, in fondo, l’ha fatta innamorare di lui. Camminano per il parco dell’orfanotrofio, nel silenzio di una sera che pare essersi presa congedo dal traffico e dalla vita stessa che rende Tokyo simile a un formicaio.
“Cosa ti preoccupa?” gli domanda schietta, senza giri di parole. Seiya lascia cadere le braccia da dietro la nuca lungo i fianchi, poi si passa l’indice sotto il naso sorridendo, in quel suo tipico gesto di quando è in difficoltà.
“È… una cosa complicata.”
“Complicata quanto?”
“Tanto. Non so se saremo in grado di fare il nostro dovere.”
“Probabilmente sei nato per fare il Saint, Seiya. Non è dato a tutti ottenere un dono come il vostro.”
“Chiamalo dono…” brontola lui a mezza voce e lei ride del suo essere buffo quando si intestardisce.
“So che tornerai.”
Lui si arresta e la guarda sorpreso. Lei gli sorride di nuovo. Ha deciso di essere una di quelle donne che non piangono per un addio né per un arrivederci, una di quelle che avranno sempre un sorriso per quando fai ritorno a casa. È quello che vuoi trovare quando la vita è una guerra e tu non puoi cambiarla, no?
Un sorriso amico, un abbraccio, una casa calda e accogliente.
Miho ha scelto di essere tutte queste cose e non le interessa più se Mia c’è sempre stata, al fianco di Seiya. Perché Mia è incosciente, è sanguigna, è lo specchio in cui Seiya può vedere molto di sé stesso. Mia è quel qualcosa che ha inseguito per troppo tempo, ma quando cresci cambi e hai bisogno di qualcosa che non sia la mano di un fratello o una sorella. Hai bisogno di un corpo che si stringa al tuo nella notte per ricordarti che non sei solo.
Mia sarà sempre Mia, ma lei è Miho.
E sarà una Miho diversa da quella che è sempre stata.
Una Miho che coglierà sempre Seiya impreparato.
Si solleva in punta di piedi e gli appoggia un bacio sulla guancia.
“Dovrò dirti una cosa.”
“Puoi dirmela ora.”
Lei scuote il capo.
“No. Dovrai tornare per saperlo.”
“Sei sempre la solita arpia.”
“E tu il solito gatto curioso. Rientriamo? Così ti offro un tè prima di farti rientrare a Villa Kido. Devo accompagnarti per caso?”
“Guarda che sono io l’uomo tra i due.”
“Sarà” e lascia in sospeso la frase, mentre corre avanti in cerca della luce calda dell’orfanotrofio. Vorrebbe piangere, è questa la verità. Perché la Miho che desidera mostrare a Seiya è sbocciata in una notte e non è pronta alla vita. Vorrebbe che se ne andasse il prima possibile per potersi rifugiare a piangere tra le braccia di Erii e al contempo vorrebbe restasse con lei tutta la notte.
Ingoia le lacrime e alza lo sguardo a una luna pallida e lattea, che le ricorda la sua migliore amica.
Mia non le ha detto addio invece, perché Mia ha scelto di vivere.
A modo proprio, Mia ha deciso che un giorno – quando sarà lei a deciderlo – farà ritorno.

 

Jabu e Ichi si tormentano l’un l’altro, punzecchiandosi.
“Credi che Atene sia una bella città?”
“Che razza di domande sono, Ichi? Non andiamo in vacanza” gli risponde l’Unicorno, cercando di scorgere lungo il viale del parco milady. Ha chiesto di fare una passeggiata in solitudine, assicurandoli che le guardie della Fondazione sarebbero state sufficienti. Un tragitto breve, nella speranza di rivedere tornare Seiya. Jabu, a quel pensiero, stringe i pugni.
“Credi davvero che Mia sia dalla parte del tempio?”
“Ci è cresciuta al tempio”, lo corregge Jabu, come se quella fosse già una risposta sufficiente anche per tutte le domande a venire.
“Cosa significa? Anche Seiya ma non mi sembra voglia ammazzarci. E nemmeno lei mi è sembrato che volesse farlo.”
“Devo ricordarti cos’è accaduto tra Perseo e Shiryu?”
“Ancora con questa storia? Ha portato via il Saint di Medusa, maledetto idiota. Se non fosse stato per quello, chissà se Shiryu sarebbe ancora vivo.”
Geki si fa avanti interrompendoli con la solita aria da duro, addentando una mela, mentre i due lo fissano torvi.
“Non dovresti essere di guardia di sotto?”
“È arrivato Seiya. Scorterà lui milady dentro la villa.”
“Non è ancora in forma” sussurra Jabu, e la sua voce è un soffio che sa di veleno e gelosia.
“Ehi, cavallino, calmati. Non è tempo per fare le colombe innamorate, e Seiya è più che sufficiente. I Silver Saint si sono ritirati come aveva promesso Mia. È una tregua di pochi giorni, ma ci ha permesso di organizzarci per partire.”
“Non mi fido di lei” si limita ad aggiungere Jabu con decisione.
“Fa’ come ti pare, ha poca importanza. Domani saremo ad Atene e là capiremo chi è il nostro nemico.”
“Pensi che i Gold Saint ci aiuteranno?” domanda Ichi.
“So che molti di loro non risiedono al tempio. Dubito che li troveremo là.”
Geki si dà una scrollata di spalle e si siede insieme ai compagni. È tempo di riposare, eppure nessuno di loro riuscirà davvero a chiudere occhio.

*
L’orizzonte è immobile sotto il suo sguardo.
Il vecchio maestro osserva, guarda, vede.
I ricordi sono l’unica cosa che gli resta per proteggere Athena. La presenza di Shiryu è solo una parentesi invisibile, ma l’ha riconosciuta. L’hanno ritrovata.
Sorride, il vecchio maestro, mentre gli sembra di scorgere qualcosa far vibrare l’aria.
Sbatte le palpebre tra loro, ma tutto è fermo e immutato.

*

Si è decisa ad affrontarlo. Non riusciva a trovare il coraggio e le sembrava fuori luogo pensare a lui dopo tutto quel tempo, anziché preoccuparsi di ciò che ha visto. Ma è anche grazie a quello che ha deciso di andare da lui e parlargli. Perché forse il tempo per una seconda possibilità non sarà concesso a nessuno di loro.
L’ha atteso per all’infinito davanti alla Decima Casa. Quando l’ha vista si è irrigidito, socchiudendo gli occhi dal taglio allungato, neri come la notte che incombe.
“Che ci fai qui?”
“Volevo assicurarmi stessi bene. Le cure di Shaka stanno portando effetti?”
“A quanto pare si. Potrei essere in condizione di guidare la vostra missione sino in fondo ma…”
“… ma il Sommo Sacerdote ti vuole qui. Ha sempre bisogno di te, non è così? Quasi che si fidasse di te soltanto in tutto il tempio.”
“Sono uno dei pochi che non se n’è mai andato in cerca di un’altra vita.”
“Ma l’hai desiderata come tutti.”
Shura abbassa il viso, i pugni stretti lungo i fianchi. Marin è bella, è una di quelle donne di cui ti innamori perché non si lasceranno mai domare. E sa quando fare male, con quel suo essere diretta senza perdersi in giri di parole e silenzi che vorrebbero dire tutt’altro.
“Che differenza fa? Siamo cresciuti mi pare.”
“Scappare non cambia il passato, né lo cancella Shura.”
“Vattene.”
“Non so da cosa tu stia fuggendo ma continui imperterrito ad allontanarti da tutto ciò che hai amato e costruito. Perché?”
Glielo chiede guardandolo negli occhi, e qualcosa – dentro – si inceppa.
Ha lo stesso sguardo di quando gli ha sussurrato “ti amo”, lasciando da parte tutto l’orgoglio e concedendogli il cuore, perché lui – di certo – non avrebbe mosso un muscolo in quella direzione. Non è nato per amare, probabilmente. Eppure lei l’ha fatto senza domandargli di essere ricambiata, gli ha concesso di entrare e ferirla.
Cento colpi prima di lasciarla senza una spiegazione, senza un addio.
Ma non aveva scelta.
“Aiolia mi ha detto che stai bene.”
“Stiamo parlando di te. Tu come stai, Shura?”
“Lo puoi vedere da te” le indica la gamba in via di guarigione e lei sorride, di quel sorriso amaro che lascia poi il posto alle lacrime.
Non voglio vederti piangere, vattene via di qui.
Detesto vederti piangere, non l’ho mai sopportato.
Invece, contro ogni aspettative, Marin resta semplicemente ferma sul proprio posto, continuando a guardarlo.
“Puoi scappare in capo al mondo, ma ciò che ti tormenta ti seguirà sempre.”
“Continui a immischiarti in cose che non ti riguardano.”
“Ci si preoccupa sempre per chi si ama Shura. Ma questo tu l’hai dimenticato in qualche combattimento clandestino, vero?”
Shura inspira. Vorrebbe colpirla, ma non riesce a muovere un muscolo. Irrazionale, come solo l’amore può essere, ecco cos’è per lui Marin in questo momento: una scheggia impazzita che non va nella direzione giusta, controcorrente o magari prendendo una traiettoria anonima rispetto alle sue compagne.
Sei cambiata.
Lui, invece, è rimasto sempre lo stesso e nulla potrà renderlo un uomo migliore.
“Sei migliore di quello che vuoi farci credere. Non basta essere un saint fedele al tempio per essere perfetti, Shura. A volte serve cuore, un po’ di coraggio, la voglia di mettere in discussione tutto. Tu l’hai mai fatto?”
Shura la guarda e gli sembra di avere davanti una donna che non conosce, il riflesso della ragazzina di cui si è invaghito tanti anni prima.
“Non ho mai messo in dubbio il tempio.”
“Be’, forse dovresti.”

Aiolia di Leo ha l’aria di chi vuole risposte.
E subito.
Il Sommo Sacerdote sorride, mentre stringe tra le dita il marmo gelido  del proprio scranno. Fa cenno a Shaka di Virgo di allontanarsi e i due Saint si incrociano e si squadrano per alcuni istanti, guardinghi, come se fossero pronti ad azzannarsi.
“Non combattere battaglie senza senso, Aiolia.”
“Impara ad alzare la testa, Shaka.”
I due si fronteggiano per alcuni istanti e Shaka è pronto a rispondere ai colpi di Aiolia. Non lo attaccherà per primo.
“Non osare mancare di rispetto a chi da anni è la nostra guida” lo ammonisce il Saint di Virgo.
“Tu non vedi al di là di te stesso, chiuso nelle tue preghiere.”
“Io vedo. E so che stai sbagliando tutto. Sei accecato dall’odio e dal cercare un capro espiatorio, Aiolia. Ma non è il Sommo Sacerdote.”
“Lasciaci soli, Shaka. Questo non è il luogo per dimostrare la vostra devozione ad Athena.”
A me.
Il Leone attende di essere solo con lui mentre lancia un’ultima occhiata a Shaka, poi gli rivolge una domanda secca, decisa.
“Avete ucciso voi mio fratello?”
“Vai avanti, Aiolia di Leo. Di cos’altro vorresti accusare il Sommo Sacerdote?”
“Del tentato omicidio di Athena. Se avessi trovato Athena, viva, e mi avesse raccontato la verità?”
“Athena non è ancora giunta tra noi, Aiolia. E la tua impudenza è degna del nome che porti, dopo tutto sei sangue di Aiolos. Non mi stupisce il tuo comportamento.”
“Voi state mentendo. So tutto.”
Ci distruggerà.
È solo uno sciocco utopista come suo fratello.
Cosa vorresti fare? Ucciderlo?
Si alza dal proprio seggio e lentamente avanza verso di lui. Aiolia non retrocede, rimanendo fermo sulla propria posizione.
Il Leone non ha mai avuto paura di nulla. Nemmeno di te.
“Vuoi davvero accusarmi di essere l’assassino di tuo fratello?”
“Lo siete?”
“Si.”
Poi lo colpisce alla fronte, senza che Aiolia riesca a vederlo muoversi. È velocissimo, e gli è bastato soltanto un colpo a segno per fargli dimenticare ogni cosa. Per renderlo un cucciolo fedele, il migliore che si possa desiderare. Non avrà la perfezione di un prodotto del rimorso come Shura o di quello della sete di potere come Death Mask, ma sarà il frutto della sudditanza.
Di un essere sottomesso con la forza.
Il primo esperimento di guerriero perfetto.
“Ora va’ e non fare parola a nessuno di ciò che ci siamo detti. Tu sei Aiolia di Leo, devoto al Sommo Sacerdote e al Tempio di Atene. Ciò che il Sommo Sacerdote comanda, è legge.”
“Si, mio signore.”
Bravo cucciolo.
Saprò sempre come costringerti a non mordere la mia mano.

 

*

 

Le ha dato appuntamento a Syntagma, a chilometri di distanza dal Santuario. Se n’è uscita di casa come se dovesse affrontare un’intera giornata di allenamenti poi, una volta giunta nella zona più turistica di Atene, è entrata nei bagni pubblici per riemergere poco dopo con i vecchi vestiti e la maschera abbandonati nello zaino. Le ragazze normali in genere lo fanno per andare in discoteca contro il volere dei genitori, lei per non farsi notare dalle guardie del tempio. La legge marziale è entrata in vigore non appena hanno rimesso piede su suolo greco, quando la Torre dell’Orologio ha pigramente suonato la mezzanotte. Aiolia non era in casa e, a ben vedere, è dalla sera precedente che non ha sue notizie.
Starà bene? si domanda aggrottando la fronte. Non hanno avuto modo di parlarsi dopo che Milo di Scorpio ha fatto loro visita, e Mia teme che il suo maestro possa aver commesso qualche sciocchezza. Sarebbe capacissimo di affrontare direttamente il Sommo Sacerdote, senza farsi troppi problemi. Quelli, poi, se li crea da sé.
Marin le ha dato appuntamento in un locale così caotico che è impossibile persino farsi spazio nello stretto corridoio che separa l’ingresso dall’ampia zona dei tavoli. Uno di quei posti che lei detesta con tutta sé stessa. La intravede, intenta a scandagliare i volti di chiunque metta piede nel locale, vigile. 
Sei l’Aquila e non ti smentisci mai.
“Hai avuto fantasia questa volta” e le sorride mentre Marin le fa cenno di sedersi, seria.
“Cos’hai scoperto?” le domanda preoccupata, notando l’espressione cupa dell’amica che le fa cenno di non volerne parlare lì e si chiede che senso abbia avuto incontrarsi e mettere in scena tutto quel casino lontano dal Tempio se poi ha intenzione di fare la mummia.
“Dobbiamo aiutare Seiya quando metteranno piede in Grecia.”
“O decideranno di prendersi la sua testa?” domanda lei asciutta. Marin annuisce con il capo, facendo cenno al cameriere di avvicinarsi.
“Un caffè macchiato e…”
“Uno con panna, grazie.” Lo liquidano in fretta per avere altro tempo per parlare prima del suo ritorno.
“Ha tradito, secondo quanto dichiarato dal Sommo Sacerdote. Sono stata all’Altura delle Stelle, questa notte -” Mia sgrana gli occhi ma Marin le fa cenno di non interromperla, di lasciarla finire. “C’è qualcosa di strano. Un’energia forte, un cosmo oscuro che si agita. Sembra appena nato, quasi. Hai visto Aiolia?”
L’altra scuote il capo, abbassando lo sguardo quasi fosse colpevole della sua scomparsa e in parte si ritiene responsabile.
“Fa’ attenzione credo che… gli sia successo qualcosa.”
E tu come lo sai?
“Era… strano.”
Mia deglutisce e vorrebbe almeno una bacinella d’acqua con cui rinfrescarsi, altro che caffè. Qualcosa che le dia una bella svegliata e le faccia funzionare a dovere i neuroni, perché di ciò che le sta dicendo Marin non sta capendo quasi nulla, se non che Seiya è una priorità non contemplata, considerando la loro imminente missione.
“Dobbiamo proteggerlo. Seiya intendo.”
“Athena” le fa Mia correggendola, ed è Marin ora a non capire di cosa stia parlando.
Watashi no imōto wa Atenadesu” le confida, questa volta in giapponese perché nessuno – eccetto lei – possa capire. Marin sgrana gli occhi, portandosi una mano alla bocca per mascherare lo stupore. 
“Cos’è accaduto ad Aiolia?” prosegue poi Mia con noncuranza, cercando di non darle a vedere quanto quell’informazione le stia a cuore.
“L’ho incrociato sulla scalinata del tempio, non si è nemmeno degnato di fermarsi, era come se… se non vedesse nulla attorno.”
“Ci penserò quando tornerò a casa. Cosa facciamo ora?”
“Dobbiamo tornare all’Altura delle Stelle.”
“Ci stai prendendo gusto per caso? Quel posto è proibito per chiunque non sia il Sommo Sacerdote Marin!”
“E allora? Si dà il caso io sia ancora viva, no? Dobbiamo scoprire cosa si nasconde là dentro.”
“Dobbiamo partire per la missione. Stanotte” le ricorda Mia cocciuta.
“Ce ne andremo.”
“Come?”
“Seguiremo gli altri Silver Saint sino a un certo punto, poi torneremo indietro. Loro porteranno avanti la missione e noi cercheremo le risposte.”
“Loro ci seguiranno e ci ammazzeranno” la corregge Mia “E non potremo aiutare Seiya dall’Ade”, sottolinea con ovvietà.
“Non li potremmo aiutare nemmeno se fossimo in missione per conto del Tempio. Saremo ad Atene quanto meno, e sarà più facile fare ritorno al tempio se ce ne sarà la necessità.”
“Quindi sei decisa a farci dare la caccia da uno stuolo di Silver Saint che non vedono l’ora di farsi belli davanti al Sommo Sacerdote?”
“La missione avrà la priorità.”
“Ne sei così certa?”
“Lui vuole qualcosa.”
“Cosa pensi stia cercando esattamente?” le domanda Mia giocando distrattamente con un cucchiaio ricolmo di panna.
“Oltre a voler uccidere Athena? L’immortalità.”
Mia alza lo sguardo su di lei e capisce: è tempo di combattere.
Dalla parte giusta però.

*

 

“Volevo sapere come ti sentivi prima della partenza.”
Seiya la fissa sorpreso, colpito da quell’attenzione particolare che gli ha riservato.
“Non ho mai preso un aereo senza Mia.”
“Sarà un volo di poche ore con l’aereo privato della Fondazione.”
“Cosa pensi di trovare in Grecia, milady?”
Saori si stupisce della domanda, ma sorride incoraggiante.
“I Gold Saint. Coloro che sono destinati a proteggere la Terra e Athena.”
“Non illuderti. Ci vogliono morti. Su questo Mia non ha mai arretrato di un passo.”
“Mi ha messa in guardia. Ma sono tranquilla perché ci siete voi al mio fianco.”
Seiya distoglie lo sguardo, arrossendo. Non si aspettava di essere così importante per Athena. A lui Saori Kido non è mai piaciuta e si è trovato costretto a servirla in qualsiasi modo. Ora mentre si apprestano a partire, si rende conto di quanto abbiano fatto per lei nelle ultime settimane, proteggendola in qualsiasi momento, rischiando la vita e tentando di recuperare il Gold Cloth di Sagitter a qualsiasi costo.
“Mi dispiace per il Gold Cloth. Avremmo potuto fare di più.”
“Il Gold Cloth appartiene al futuro Saint di Sagitter. Farà ritorno dal suo possessore non appena lo riconoscerà. Questo è quello che diceva il nonno nonostante abbia voluto a ogni costo la Guerra Galattica. Seiya?”
“Si milady?”
“Grazie per tutto quello che stai facendo per me.”
Vorrebbe dirle che non lo sta facendo per lei ma mentirebbe, per cui rimane in silenzio, affondando le mani nelle tasche dei jeans cercando di scavare il più a fondo possibile, sperando di esserne inghiottito.

 



Note dell'autrice.
Vi chiedo umilmente perdono per il ritardo nell'aggiornamento, ma la vita mi sta uccidendo XD Spero di tornare regolare quanto prima, ma d'ora in poi la strada è tutta in discesa: finalmente siamo alle Dodici Case!
Grazie come sempre a tutti per il supporto e la pazienza che dimostrate ogni volta (^^)
   
 
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