Wondering if we still belong
Will we ever say the words we're feeling
Reach down underneath and tear down all the walls
Will we ever have our happy ending?
Or will we forever only be pretending?
Will we always, always, always be pretending
- Lea Michele & Cory Monteith, Pretending
Kazuha si sentiva schiacciare dalle pareti di quella casa
così grande, mentre si incolpava per essere stata tanto stupida. Lei ed Heiji?
Impossibile. Eppure ci aveva creduto quando lui l’aveva baciata, aveva continuato a
crederci quando le aveva chiesto di ballare e quando si erano addormentati sul
divano di villa Kudo, abbracciati. Ma poi tutto era andato storto. Non erano
destinati a stare insieme.
Forse aveva sbagliato a pensare che avessero qualcosa di
speciale. Erano due persone normali, due adolescenti che si comportavano da
adolescenti, niente di più, niente di meno.
Ti sbagli. Di
nuovo quelle parole. Che intendeva dire? Se
mi sbagliassi tu non ti comporteresti così, non te ne saresti andato.
Sapeva come andavano certe cose, nonostante la lista delle
sue storie d’amore fosse piuttosto corta. Heiji non poteva essere innamorato di
lei, avrebbe reagito in tutt’altro modo. Kazuha non si aspettava una
dichiarazione, ma andandosene in quel modo aveva confermato le sue ipotesi.
Heiji era sempre stato restio a confidarsi con gli altri, soprattutto
riguardo l'argomento “amore”. Non l’aveva mai sentito
parlare di una sua ipotetica cotta, mai. Tutto ciò che sapeva di
lui era che da
piccolo si era innamorato di una bambina di Kyoto, ma dopo aver
scoperto il suo
nome, non ne aveva più fatto parola.
La ragazza si alzò da terra per dirigersi in salotto. Accese
lo stereo e lasciò che la voce di Dean Martin riempisse la stanza come la sera
prima, mentre lacrime amare le percorrevano le guance.
Intanto, Heiji camminava con le mani in tasca e la visiera
del cappellino abbassata sugli occhi. Stupida,
sei una stupida, Kazuha.
Non ce l’aveva fatta, nel sentirle dire quelle cose aveva
preferito andarsene, come poteva anche solo pensare che le facesse pena? Dopo
tutti quegli anni al suo fianco? Non avrebbe potuto sbagliare di più. Era fuori
strada, assolutamente.
Calciò un sassolino, mentre i suoi respiri formavano piccole
nuvole di fumo. Ci aveva messo anni per capire che ciò che
provava per l’amica
non era solo affetto fraterno. No, era qualcosa di molto, molto
più grande.
Qualcosa che non aveva provato per nessun’altra. Ogni volta che
le stava
accanto, sentiva come se il cuore stesse per scoppiargli nel petto. Di
recente aveva
anche sperimentato le tanto conclamate “farfalle nello
stomaco”, che però a lui avevano ricordato più un
branco di elefanti. Sei
una stupida Kazuha continuava a ripetere mentalmente, quasi fosse una
cantilena.
Gli ritornò in mente il momento in cui l’aveva baciata. Non
erano passate nemmeno ventiquattro ore, eppure sentiva la necessità di rifarlo,
voleva rivedere il suo sguardo imbarazzato, sentire il suo profumo e il suo
contatto sulla pelle.
Sentiva le tempie pulsare. Si maledisse per non averla
baciata anche poco prima, quando le aveva detto quelle cose. Sarebbe stato
molto più semplice. E lei avrebbe capito.
***
“Perché
l’incarico è stato affidato al nuovo membro?”
sbottò
Vermouth appena fu sola con Gin. Non le capitava spesso di perdere le
staffe,
era un’attrice e nascondere i suoi sentimenti le risultava
piuttosto facile. Fingere era il suo mestiere, d’altronde. Aveva
sviluppato un
grande autocontrollo nel corso degli anni e questa sua capacità
le era tornata
utile molte volte.
“Sai bene che certe decisioni non vengono prese da me, ma da
quella persona” ribatté il biondo, atono.
“Risparmiami la predica, certo che lo so! Ma per una cosa
del genere non sarebbe stato meglio scegliere qualcuno con un po’ più di
esperienza?”
“Non so che dirti, ma ne ho sentito parlare bene. Sarà una
specie di iniziazione” continuò con un ghigno.
La donna si fece alcuni passi nella stanza incrociando le
braccia al petto, nella situazione c’era qualcosa che non andava, normalmente
il Capo non affidava compiti del genere ai pivellini. Respirò profondamente,
imponendosi di mantenere un certo contegno, avrebbe seguito Alchermes da lontano
per evitare che Cool Guy ed Angel si facessero male per davvero. E avrebbe
tenuto d’occhio anche Sherry, d’altra parte aveva fatto una promessa* e, per
quanto odiasse quella ragazzina, per il momento aveva altro a cui pensare.
Si voltò di nuovo verso l’uomo, che si era appena acceso una
sigaretta.
“Mi auguro che tutto vada come previsto, allora” disse,
melliflua, per poi aprire la porta ed uscire dalla stanza.
***
“Moccioso! Dove ti sei cacciato?” sbraitò Kogoro dalla
cucina “Dobbiamo andare da Ran!”
“Arrivo, arrivo” si lamentò l’altro, mentre infilava il
braccio destro nella manica della giacca blu. Il detective borbottò qualcosa
che il bambino non capì. Probabilmente lo stava insultando. Tutto nella norma.
Appena sentirono il suono del campanello, si precipitarono fuori
dalla porta. Sul ciglio della strada li aspettava la macchina di Eri Kisaki,
che li avrebbe portati all’ospedale.
Una volta arrivati, un’infermiera riferì loro che in camera
di Ran c’era già qualcuno e che avrebbero dovuto aspettare.
“Non sarà ancora quello pseudo detective?” sbuffò Kogoro. Non ci giurerei, zietto.
“Chi può dirlo, non si è più fatto vedere dopo..” Eri non
potè concludere la frase perché la porta si aprì, rivelando la presenza di un
ragazzo sulla ventina. Di nuovo tu?
“Oh, buongiorno signor Mouri” esclamò Kohei inclinando la
testa, sorpreso, per poi rivolgere l’attenzione all’avvocato, che lo guardò
benevola.
“Ciao Conan-kun!” disse poi, sorridendo, mentre l’altro si
limitò a fargli un cenno di saluto con il capo. C’era qualcosa che non quadrava
in tutta quella situazione, perché Ran non gli aveva mai parlato di lui? Perché
passava tutto quel tempo con lei?
“Pensavo che questo pomeriggio avessi da fare” disse Eri.
“Sì, per questo sono venuto un po’ prima, volevo salutare
Ran prima di partire”
“Mi fa piacere che tu le stia vicino, sei un caro ragazzo”
“Si figuri è un piacere per me” diede un’occhiata veloce
all’orologio e si dileguò, scusandosi.
Appena se ne fu andato, il trio entrò in camera della
ragazza. Conan potè notare che aveva un aspetto migliore di quella mattina,
sembrava meno stanca. Salutò i nuovi arrivati calorosamente per poi rispondere
a tutte le domande dei genitori: “Hai mangiato?” “Come ti senti?” “I dottori ti
trattano bene?” e cose del genere.
Dopo un po’ li raggiunsero anche Sonoko e Kazuha.
Quest’ultima di certo non aveva un bell’aspetto, si notavano dei segni scuri
sotto gli occhi, nonostante avesse cercato di coprirli con uno spesso strato di
trucco. Conan si chiese cosa fosse successo, probabilmente Hattori aveva di
nuovo combinato qualcosa. Se quell’ipotesi fosse stata corretta, si sarebbe
spiegato il perché della sua assenza.
“Kazuha-neechan, dov’è Heiji-niichan?” nel sentire il suo
nome, la ragazza si rabbuiò.
“Non lo vedo da stamattina” disse in un soffio, senza
nemmeno guardarlo.
“Ah” mugugnò l’altro.
Si scusò con i presenti e uscì dalla stanza, lì non poteva
usare il cellulare. Il telefono di Heiji suonava a vuoto, poi qualcuno sembrò
rispondere.
“Segreteria telefonica di Hattori Heiji, detective privato.
Al momento non posso rispondere. Lasciate un messaggio e vi richiamerò il prima
possibile” Beep.
Sbuffando, tornò in camera. Insomma, dove diavolo si era
cacciato?
Verso metà pomeriggio il dottore della sera prima si
presentò nella stanza, dicendo che avrebbero dimesso Ran l’indomani mattina.
Conan tirò un sospiro di sollievo, aveva temuto il peggio ma finalmente tutto
si stava sistemando. Detto ciò, l’uomo invitò tutti ad andarsene, la ragazza
aveva bisogno di riposare. Il gruppo si allontanò dal lettino, ma il bambino,
prima di riuscire a varcare l’uscio, fu costretto a bloccarsi.
“Conan-kun?”
“Sì, Ran-neechan?”
“Puoi fermarti qui un minuto?” lui rivolse lo sguardo al
medico, che annuì.
“Allora ti aspettiamo fuori” disse Kogoro, diffidente,
mentre si avviava verso la sala d’attesa.
Il bambino si avvicinò di nuovo al lettino della ragazza e
si sedette sullo sgabello.
“C’è qualcosa che non va?” chiese.
“No, al contrario” gli sorrise “Vorrei solo chiederti un
favore”
“Di cosa si tratta?” era titubante, aveva un brutto
presentimento.
“Dovresti metterti in contatto con Shinichi”
“Che?!” strabuzzò gli occhi. Non le era bastato il discorso
che le aveva fatto quella mattina?
“Ho bisogno di parlargli”
“Ma..”
“Lo faresti per me? È importante..”
“Io n-non so..” balbettò. Pensava di essere stato chiaro con l'espressione
‘Devi dimenticarmi’, ma forse Ran aveva la testa più dura di quanto ricordasse “D’accordo,
va bene. Cosa devo dirgli?”
“Ti ringrazio. Chiedigli venire qui, oggi a mezzanotte.”
“E come pensi possa fare?” esclamò con più enfasi di quanto
volesse “Intendevo dire che..”
“Ho capito cosa intendevi, ma sono abbastanza sicura che
troverà il modo per entrare anche se è fuori dall’orario delle visite” continuò
lei con un sorriso a trentadue denti. Come poteva essere così felice?
Suo malgrado, Conan annuì. Non sapeva che fare, chiedere ad
Haibara era impensabile, soprattutto dopo quel discorso del giorno prima. Non
voleva che gli si riducessero di nuovo i globuli rossi e per questo non gli
avrebbe permesso di prendere nuovamente l’antidoto. Mai, neanche sotto tortura.
Era sul punto di rinunciare, quando, verso l’ora di cena,
gli venne un’idea, ma avrebbe dovuto essere prudente. Niente più passi falsi.
Era talmente perso nei suoi pensieri che ci mise un po’ per
capire che il suo cellulare stava squillando. Dopo aver letto il nome del
mittente, si spostò in camera sua per rispondere.
“Alla buon’ora! Si può sapere dove eri finito?” chiese
all’interlocutore, seccato.
“Ho fatto un casino” sentì dire dall’altro “Mi serve il tuo
aiuto”
Conan rimase spiazzato dal tono di Heiji, grave e cupo. Si
tolse gli occhiali e li appoggiò sul comò, la ‘Faccenda Ran’ avrebbe dovuto
aspettare.
“Ti ascolto”
***
Ran guardò l’orologio, segnava le 23.47 e di Shinichi
neanche l’ombra. Al contrario dell’ultima volta, era piuttosto sicura che non
si sarebbe presentato, soprattutto dopo quel discorsetto che le aveva fatto.
Come poteva minimamente pensare che lei sarebbe riuscita a dimenticarlo? È difficile
rimuovere dalla mente il ricordo della persona che ami. Riprese a leggere il
libro che sua madre le aveva portato quella mattina, Un giorno.
Dopo una decina di minuti alzò lo sguardo dalla pagina, per
rivolgerlo alla luna alta nel cielo scuro. Le scappò un sorriso.
“Sai, se tu fossi un ladro saresti già in prigione da un
pezzo” disse, ridendo.
“Pensavo di non aver fatto nessun rumore” balbettò lui in
tono sorpreso.
“Non sei esattamente un esempio di leggiadria” scherzò lei,
voltandosi. L’amico era perfettamente nascosto dalla tendina blu che divideva
la stanza in due. Nonostante non potesse vederlo, lo immaginò sorridere.
“Pensi di rimanere là dietro per tutta la sera?” chiese dopo
un attimo.
“L’idea era quella”
“Huh?”
“Non riuscirei a guardarti negli occhi dopo quello che ho
fatto, quindi preferisco starti lontano”
“Non mi hai guardata negli occhi neanche mentre lo facevi,
se vogliamo dirla tutta”
“Touché”
“Non so a che gioco stai giocando ma potresti almeno venire
più vicino? Non vorrei urlare ogni parola. Se ci sente qualcuno siamo fregati”
“Non sono stato io a proporre di vederci di notte in un
ospedale” lei sbuffò.
“A proposito, come hai fatto ad entrare?”
“Segreto professionale”
“Certo” disse Ran, ridendo.
Una figura attraversò la stanza e si andò a sedere proprio
accanto alla tendina, che oscillò al contatto con il suo braccio.
“Sai, tutto questo avrebbe un senso se tu avessi la faccia
martoriata o qualcosa del genere che non mi vuoi mostrare ma..” borbottò,
posando il libro sul comodino bianco.
“In effetti è così, mi hanno preso a pugni” disse,
sarcastico.
“Che?!”
“Ran, sto scherzando”
L’altra tirò un sospiro di sollievo.
“Di che volevi parlarmi?” Si sentiva estremamente nervoso.
“Eri serio l’altro giorno? Vuoi veramente lasciarti alle
spalle tutto ciò che abbiamo passato insieme?” disse d’un fiato. L’amico, nelle
due ore precedenti, si era preparato per ogni tipo di domanda, ma,
inspiegabilmente, le parole gli si fermarono in gola.
“Ecco.. io..” biascicò. Dì
qualcosa, forza. Dove hai lasciato il coraggio? “Vedi, Ran, è che sono
davvero alle prese con un caso importante e, dato che ormai sono coinvolto, non
voglio mettere in pericolo nessun altro..”
“Ma se tu me ne parlassi potrei aiutarti..” stava lottando
contro la voglia di girarsi e guardarlo negli occhi.
“Non è così semplice”
“Sei tu che complichi le cose”
“Credimi, non è così. Se te ne parlassi, saresti troppo
esposta. Non ti devi preoccupare per me, io sto bene” Ran sospirò. Non è cambiato di una virgola.
Rimasero entrambi in silenzio per diversi secondi, un
silenzio carico di parole che nessuno dei due riusciva a pronunciare. Sarebbero
stati capaci di dirsi addio?
“Per quanto tempo vuoi portare avanti questa farsa?” chiese
Ran. Il cuore di Shinichi perse un battito, che avesse capito tutto?
“Che intendi dire?” cercò di tenere la voce ferma, con
scarsi risultati.
“Vuoi passare tutta la sera accucciato dietro una tenda?” tirò
un sospiro di sollievo.
“Non mi dispiacerebbe”
“A me invece non dispiacerebbe guardarti negli occhi mentre
ti parlo”
Dannazione.
Shinichi respirò profondamente, maledicendosi per essere
tanto stupido. Quando si parlava di affrontare i criminali non si tirava mai
indietro, ma gli bastava avere Ran accanto e di colpo perdeva tutto il
coraggio, si sentiva esageratamente debole. Come quando Clark Kent si trovava
vicino alla kryptonite. Ecco, l’amica d’infanzia era la sua kryptonite.
Tanto vale. Appoggiò
una mano a terra e fece leva per alzarsi. Le cose non sarebbero dovute andare
in quel modo, ma ormai aveva fatto talmente tante stupidaggini che una in più probabilmente
non avrebbe guastato. Si maledisse nuovamente mentre sfiorava con la mano quell’orribile
tendina blu.
Ran, dal canto suo, per tutto il tempo si era chiesta cosa
lo avesse spinto a non volersi far vedere da lei, non credeva molto alla scusa
che le aveva rifilato. Paura di guardarla negli occhi? Impossibile. Shinichi
non era mai stato un codardo e pensare che avesse paura di lei le faceva venire
da ridere, doveva esserci qualcos’altro. In ogni caso, lo avrebbe scoperto di
lì a poco.
Tenne lo sguardo fisso davanti a sé, mentre l’ombra della
tendina si muoveva sulla parete azzurrina. Vide con la coda dell’occhio una
figura che lentamente scivolava verso di lei, per poi sedersi sullo sgabello
accanto al letto.
“Allora?” esordì Shinichi, agitandole una mano davanti al
viso “Ora che son qui non mi guardi?”
Ran rimase in silenzio, stringendo i pugni.
“Hey.. stai bene?” chiese. L’altra annuì e finalmente si
voltò.
“Sei un deficiente, mi hai fatto prendere un colpo” disse
ridendo appena lo vide in faccia. L’altro, dapprima stranito dalla sua reazione,
la imitò.
“Sai, un po’ di tempo fa mi sono prefissato delle regole e
per colpa tua ne ho infrante più della metà in soli due giorni” disse poi con
una smorfia.
“Ah sì? E quali ti sono rimaste?” lo guardò di sottecchi.
“Di certo non le vengo a dire a te, mi porti sulla cattiva
strada!”
“Sicuramente” lo canzonò, per poi ricominciare a ridere di
nuovo.
Dopo un attimo, prese a guardare fuori dalla finestra. Il cielo
era nuvoloso, ma luna era comunque visibile.
“Signor Detective, secondo lei nevicherà?” chiese, abbassando
gli occhi sull’amico, che la stava guardando a sua volta, come imbambolato.
“C-che c’è?” balbettò lei. Lui parve risvegliarsi.
“Oh, ecco io.. scusa” Ran trattenne a fatica una risata. Avrebbe
voluto immortalare il momento con una fotografia, tanto era buffa la sua
faccia.
“Puoi sederti qui, se vuoi” disse la ragazza, quasi come un
automa, indicando uno spazio vuoto sul letto. Le bastarono un paio di secondi
per pentirsi di ciò che aveva detto.
Vide l’amico arrossire e spalancare appena gli occhi, probabilmente
non si aspettava una richiesta del genere. Esitò, prima di aprire la bocca per
ritirare le parole appena pronunciate, ma, prima che potesse farlo, Shinichi si
alzò dallo sgabello per avvicinarsi al lettino. Si accovacciò goffamente nel
piccolo spazio, toccando la spalla della ragazza con la propria.
“Contenta?” disse, guardandola. Lei annuì, avvampando.
Come le era saltato in mente di chiedergli una cosa del
genere? Quella vicinanza la metteva a disagio, sentiva caldo in tutto il corpo
e il cuore le batteva talmente forte che aveva paura che lui riuscisse a sentirlo. In quel
momento si sarebbe sotterrata dalla vergogna.
“Ran..?” si sentì chiamare.
“Huh?”
“Io.. volevo dirti che mi dispiace” disse velocemente,
tenendo gli occhi blu fissi su quelli indaco della ragazza. Gli erano sempre
piaciuti, ricordavano il colore della lavanda.
Ran aveva le labbra socchiuse, incapace di parlare. Non ti devi scusare, avrebbe voluto
dirgli, non ce n’è bisogno. Fece
appena in tempo ad accorgersi di essersi avvicinata con il viso a Shinichi,
prima di sentire il tocco delle labbra dell’amico sulle sue. Socchiuse le
palpebre e inclinò appena la testa, chiedendosi se tutto ciò stesse realmente
succedendo.
Avrebbe voluto che quel momento potesse durare in eterno, non
le sarebbe dispiaciuto viverlo e riviverlo all’infinito, ma così come era
iniziato, finì quando lui si staccò, tornando a guardarla. Le labbra di
entrambi si incresparono in un sorriso, mentre le guance della giovane si tingevano di rosa.
“Penso di aver
infranto anche l’ultima regola” disse lui, facendo ridere Ran.
“Grazie” la sentì sussurrare “per essere venuto”
Lui si strinse nelle spalle. “Volevo solo vedere com’è l’ospedale
di notte”
L’amica gli tirò un buffetto sulla guancia. “Baka”
Il mio baka preferito.
Shinichi sollevò di colpo il braccio facendo sobbalzare la
ragazza. Guardò l’orologio e imprecò mentalmente, era in ritardo. Si alzò in fretta dal
letto, ignorando le domande dell’amica. Amica che probabilmente, dopo quella
sera, non avrebbe più potuto chiamare in quel modo.
***
Heiji svoltò l’angolo e si trovò davanti a villa Kudo, si
fermò un attimo, maledicendosi per la reazione che aveva avuto quella mattina.
Non sarebbe dovuto scappare, aveva solo complicato le cose.
Infilò la mani nelle tasche del giubbetto di jeans e respirò
profondamente, camminando fino al cancello in ferro battuto, che era
stranamente aperto. Percorse il vialetto e fece per suonare il campanello, ma
la porta era socchiusa, quindi entrò. Probabilmente Kazuha si era dimenticata
di chiuderla una volta arrivata dall’ospedale.
Il corridoio era buio, sembrava non ci fosse nemmeno una
luce accesa in tutta la casa. Che la ragazza se ne fosse andata? No, forse si
era appisolata sul divano. Entrò in salotto senza accendere la luce, se la sua
ipotesi era corretta l’avrebbe svegliata. Vide una figura seduta sulla poltrona
al centro della stanza, non riusciva a distinguerne il profilo, appoggiò le
dita sull’interruttore.
“Cerchi qualcuno, Osaka?”
----------------
Precisazioni:
*Ne "Misteri in una notte di luna piena", Vermouth promette (più
o meno) a Shinichi che l'Organizzazione avrebbe smesso di dare la
caccia a Sherry.
Scusate, scusate, scusate, scusate.
Sono in un
ritardo assurdo, il fatto è che sono sommersa da verifiche e
interrogazioni, dato che i nostri prof non sono capaci di organizzarsi
e hanno bisogno di voti proprio le ultime due settimane. Ringrazio il
cielo che questo sia l'ultimo anno, poi sono libera (beh ci sarebbe
l'università ma whatever)
Detto questo,
cosa ne pensate? Kazuha è in stato catatonico e finisce per
ascoltarsi una compilation di canzoni piuttosto datate, mentre di Heiji
non sappiamo niente finchè non chiama Conan-kun. Perchè
ha bisogno del suo aiuto? Non è abbastanza grande per risolvere
i suoi problemi? Probabilmente sì, ma nella mia testa non
è così (scusa Hattori, non volermene).
Occhi a cuore
per gli altri due! *voce drammatica* sembrava dura, ma ce l'abbiamo
fatta!
(Ci tengo a precisare che la storia è ambientata prima
dell'avventura a Londra, dove Shinichi rivela i suoi sentimenti a Ran
-vedi volume 72 file 752 - quindi in sostanza lei non sapeva di
piacergli) E per la seconda volte è tornato se stesso? Come
avrà fatto? Ai posteri l'ardua sentenza, direbbe Manzoni. Nella citazione c'è un indizio.
Poi abbiamo una scena con Vermouth, cosa ne pensate? Io devo dire che
come personaggio mi piace, nonostante sia piuttosto ambigua, Gin mi
piace un po' meno ma questa è un'altra storia. Si è
parlato di Alchermes in via indiretta, prossimamente entreremo nel vivo
della storia e scopriremo qualcosa di più su questo nuovo membro.
Siccome ho pochissimo tempo, faccio un ringraziamento generale a tutti
i recensori e coloro che stanno seguendo o hanno messo tra i preferiti
la storia, spero vogliate continuare a leggerla!
A presto (spero),
Gaia
Ps.
Grazie ad una recensione ho scoperto di aver fatto un casino nello
scorso capitolo, tra errori di punteggiatura, ripetizioni di parole
ecc, quindi gli ho dato una sistemata e mi piacerebbe che lo
rileggeste, mi vergogno da morire per quanto era scritto male ahaha
(Questo l'ho ricontrollato una ventina di volte, ma se notaste errori di qualsiasi genere non esitate a farmelo notare!)
Ps2. RECENSITEEEEEE ahahahaha