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Autore: GottaBeLou    16/05/2014    7 recensioni
"Mentre Kogoro sbraitava, il piccolo Conan non emetteva un suono, sembrava quasi non respirasse. Sentiva un enorme peso sul cuore guardando il viso della ragazza. I paramedici avevano chiesto più volte al bambino di rimanere sul posto ma lui non aveva ceduto. Era solo colpa sua se Ran si trovava in quella situazione, colpa sua e di nessun altro, la sua vita era appesa a un filo e se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato."
Genere: Angst, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Kazuha Toyama, Nuovo personaggio, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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cap 6
But I hold on, I stay strong
Wondering if we still belong
Will we ever say the words we're feeling
Reach down underneath and tear down all the walls
Will we ever have our happy ending?
Or will we forever only be pretending?
Will we always, always, always be pretending

- Lea Michele & Cory Monteith, Pretending

Kazuha si sentiva schiacciare dalle pareti di quella casa così grande, mentre si incolpava per essere stata tanto stupida. Lei ed Heiji? Impossibile. Eppure ci aveva creduto quando lui l’aveva baciata, aveva continuato a crederci quando le aveva chiesto di ballare e quando si erano addormentati sul divano di villa Kudo, abbracciati. Ma poi tutto era andato storto. Non erano destinati a stare insieme.
Forse aveva sbagliato a pensare che avessero qualcosa di speciale. Erano due persone normali, due adolescenti che si comportavano da adolescenti, niente di più, niente di meno.
Ti sbagli. Di nuovo quelle parole. Che intendeva dire? Se mi sbagliassi tu non ti comporteresti così, non te ne saresti andato.
Sapeva come andavano certe cose, nonostante la lista delle sue storie d’amore fosse piuttosto corta. Heiji non poteva essere innamorato di lei, avrebbe reagito in tutt’altro modo. Kazuha non si aspettava una dichiarazione, ma andandosene in quel modo aveva confermato le sue ipotesi.
Heiji era sempre stato restio a confidarsi con gli altri, soprattutto riguardo l'argomento “amore”. Non l’aveva mai sentito parlare di una sua ipotetica cotta, mai. Tutto ciò che sapeva di lui era che da piccolo si era innamorato di una bambina di Kyoto, ma dopo aver scoperto il suo nome, non ne aveva più fatto parola.
La ragazza si alzò da terra per dirigersi in salotto. Accese lo stereo e lasciò che la voce di Dean Martin riempisse la stanza come la sera prima, mentre lacrime amare le percorrevano le guance.
Intanto, Heiji camminava con le mani in tasca e la visiera del cappellino abbassata sugli occhi. Stupida, sei una stupida, Kazuha.
Non ce l’aveva fatta, nel sentirle dire quelle cose aveva preferito andarsene, come poteva anche solo pensare che le facesse pena? Dopo tutti quegli anni al suo fianco? Non avrebbe potuto sbagliare di più. Era fuori strada, assolutamente.
Calciò un sassolino, mentre i suoi respiri formavano piccole nuvole di fumo. Ci aveva messo anni per capire che ciò che provava per l’amica non era solo affetto fraterno. No, era qualcosa di molto, molto più grande. Qualcosa che non aveva provato per nessun’altra. Ogni volta che le stava accanto, sentiva come se il cuore stesse per scoppiargli nel petto. Di recente aveva anche sperimentato le tanto conclamate “farfalle nello stomaco”, che però a lui avevano ricordato più un branco di elefanti. Sei una stupida Kazuha continuava a ripetere mentalmente, quasi fosse una cantilena.
Gli ritornò in mente il momento in cui l’aveva baciata. Non erano passate nemmeno ventiquattro ore, eppure sentiva la necessità di rifarlo, voleva rivedere il suo sguardo imbarazzato, sentire il suo profumo e il suo contatto sulla pelle.
Sentiva le tempie pulsare. Si maledisse per non averla baciata anche poco prima, quando le aveva detto quelle cose. Sarebbe stato molto più semplice. E lei avrebbe capito.

***

“Perché l’incarico è stato affidato al nuovo membro?” sbottò Vermouth appena fu sola con Gin. Non le capitava spesso di perdere le staffe, era un’attrice e nascondere i suoi sentimenti le risultava piuttosto facile. Fingere era il suo mestiere, d’altronde. Aveva sviluppato un grande autocontrollo nel corso degli anni e questa sua capacità le era tornata utile molte volte.
“Sai bene che certe decisioni non vengono prese da me, ma da quella persona” ribatté il biondo, atono.
“Risparmiami la predica, certo che lo so! Ma per una cosa del genere non sarebbe stato meglio scegliere qualcuno con un po’ più di esperienza?”
“Non so che dirti, ma ne ho sentito parlare bene. Sarà una specie di iniziazione” continuò con un ghigno.
La donna si fece alcuni passi nella stanza incrociando le braccia al petto, nella situazione c’era qualcosa che non andava, normalmente il Capo non affidava compiti del genere ai pivellini. Respirò profondamente, imponendosi di mantenere un certo contegno, avrebbe seguito Alchermes da lontano per evitare che Cool Guy ed Angel si facessero male per davvero. E avrebbe tenuto d’occhio anche Sherry, d’altra parte aveva fatto una promessa* e, per quanto odiasse quella ragazzina, per il momento aveva altro a cui pensare. 
Si voltò di nuovo verso l’uomo, che si era appena acceso una sigaretta.
“Mi auguro che tutto vada come previsto, allora” disse, melliflua, per poi aprire la porta ed uscire dalla stanza.

***

“Moccioso! Dove ti sei cacciato?” sbraitò Kogoro dalla cucina “Dobbiamo andare da Ran!”
“Arrivo, arrivo” si lamentò l’altro, mentre infilava il braccio destro nella manica della giacca blu. Il detective borbottò qualcosa che il bambino non capì. Probabilmente lo stava insultando. Tutto nella norma.
Appena sentirono il suono del campanello, si precipitarono fuori dalla porta. Sul ciglio della strada li aspettava la macchina di Eri Kisaki, che li avrebbe portati all’ospedale.
Una volta arrivati, un’infermiera riferì loro che in camera di Ran c’era già qualcuno e che avrebbero dovuto aspettare.
“Non sarà ancora quello pseudo detective?” sbuffò Kogoro. Non ci giurerei, zietto.
“Chi può dirlo, non si è più fatto vedere dopo..” Eri non potè concludere la frase perché la porta si aprì, rivelando la presenza di un ragazzo sulla ventina. Di nuovo tu?
“Oh, buongiorno signor Mouri” esclamò Kohei inclinando la testa, sorpreso, per poi rivolgere l’attenzione all’avvocato, che lo guardò benevola.
“Ciao Conan-kun!” disse poi, sorridendo, mentre l’altro si limitò a fargli un cenno di saluto con il capo. C’era qualcosa che non quadrava in tutta quella situazione, perché Ran non gli aveva mai parlato di lui? Perché passava tutto quel tempo con lei?
“Pensavo che questo pomeriggio avessi da fare” disse Eri.
“Sì, per questo sono venuto un po’ prima, volevo salutare Ran prima di partire”
“Mi fa piacere che tu le stia vicino, sei un caro ragazzo”
“Si figuri è un piacere per me” diede un’occhiata veloce all’orologio e si dileguò, scusandosi.
Appena se ne fu andato, il trio entrò in camera della ragazza. Conan potè notare che aveva un aspetto migliore di quella mattina, sembrava meno stanca. Salutò i nuovi arrivati calorosamente per poi rispondere a tutte le domande dei genitori: “Hai mangiato?” “Come ti senti?” “I dottori ti trattano bene?” e cose del genere.
Dopo un po’ li raggiunsero anche Sonoko e Kazuha. Quest’ultima di certo non aveva un bell’aspetto, si notavano dei segni scuri sotto gli occhi, nonostante avesse cercato di coprirli con uno spesso strato di trucco. Conan si chiese cosa fosse successo, probabilmente Hattori aveva di nuovo combinato qualcosa. Se quell’ipotesi fosse stata corretta, si sarebbe spiegato il perché della sua assenza.
“Kazuha-neechan, dov’è Heiji-niichan?” nel sentire il suo nome, la ragazza si rabbuiò.
“Non lo vedo da stamattina” disse in un soffio, senza nemmeno guardarlo.
“Ah” mugugnò l’altro.
Si scusò con i presenti e uscì dalla stanza, lì non poteva usare il cellulare. Il telefono di Heiji suonava a vuoto, poi qualcuno sembrò rispondere.
“Segreteria telefonica di Hattori Heiji, detective privato. Al momento non posso rispondere. Lasciate un messaggio e vi richiamerò il prima possibile” Beep.
Sbuffando, tornò in camera. Insomma, dove diavolo si era cacciato?
Verso metà pomeriggio il dottore della sera prima si presentò nella stanza, dicendo che avrebbero dimesso Ran l’indomani mattina. Conan tirò un sospiro di sollievo, aveva temuto il peggio ma finalmente tutto si stava sistemando. Detto ciò, l’uomo invitò tutti ad andarsene, la ragazza aveva bisogno di riposare. Il gruppo si allontanò dal lettino, ma il bambino, prima di riuscire a varcare l’uscio, fu costretto a bloccarsi.
“Conan-kun?”
“Sì, Ran-neechan?”
“Puoi fermarti qui un minuto?” lui rivolse lo sguardo al medico, che annuì.
“Allora ti aspettiamo fuori” disse Kogoro, diffidente, mentre si avviava verso la sala d’attesa.
Il bambino si avvicinò di nuovo al lettino della ragazza e si sedette sullo sgabello.
“C’è qualcosa che non va?” chiese.
“No, al contrario” gli sorrise “Vorrei solo chiederti un favore”
“Di cosa si tratta?” era titubante, aveva un brutto presentimento.
“Dovresti metterti in contatto con Shinichi”
“Che?!” strabuzzò gli occhi. Non le era bastato il discorso che le aveva fatto quella mattina?
“Ho bisogno di parlargli”
“Ma..”
“Lo faresti per me? È importante..”
“Io n-non so..” balbettò. Pensava di essere stato chiaro con l'espressione ‘Devi dimenticarmi’, ma forse Ran aveva la testa più dura di quanto ricordasse “D’accordo, va bene. Cosa devo dirgli?”
“Ti ringrazio. Chiedigli venire qui, oggi a mezzanotte.”
“E come pensi possa fare?” esclamò con più enfasi di quanto volesse “Intendevo dire che..”
“Ho capito cosa intendevi, ma sono abbastanza sicura che troverà il modo per entrare anche se è fuori dall’orario delle visite” continuò lei con un sorriso a trentadue denti. Come poteva essere così felice?
Suo malgrado, Conan annuì. Non sapeva che fare, chiedere ad Haibara era impensabile, soprattutto dopo quel discorso del giorno prima. Non voleva che gli si riducessero di nuovo i globuli rossi e per questo non gli avrebbe permesso di prendere nuovamente l’antidoto. Mai, neanche sotto tortura.
Era sul punto di rinunciare, quando, verso l’ora di cena, gli venne un’idea, ma avrebbe dovuto essere prudente. Niente più passi falsi.
Era talmente perso nei suoi pensieri che ci mise un po’ per capire che il suo cellulare stava squillando. Dopo aver letto il nome del mittente, si spostò in camera sua per rispondere.
“Alla buon’ora! Si può sapere dove eri finito?” chiese all’interlocutore, seccato.
“Ho fatto un casino” sentì dire dall’altro “Mi serve il tuo aiuto”
Conan rimase spiazzato dal tono di Heiji, grave e cupo. Si tolse gli occhiali e li appoggiò sul comò, la ‘Faccenda Ran’ avrebbe dovuto aspettare.
“Ti ascolto”

***

Ran guardò l’orologio, segnava le 23.47 e di Shinichi neanche l’ombra. Al contrario dell’ultima volta, era piuttosto sicura che non si sarebbe presentato, soprattutto dopo quel discorsetto che le aveva fatto. Come poteva minimamente pensare che lei sarebbe riuscita a dimenticarlo? È difficile rimuovere dalla mente il ricordo della persona che ami. Riprese a leggere il libro che sua madre le aveva portato quella mattina, Un giorno.
Dopo una decina di minuti alzò lo sguardo dalla pagina, per rivolgerlo alla luna alta nel cielo scuro. Le scappò un sorriso.
“Sai, se tu fossi un ladro saresti già in prigione da un pezzo” disse, ridendo.
“Pensavo di non aver fatto nessun rumore” balbettò lui in tono sorpreso.
“Non sei esattamente un esempio di leggiadria” scherzò lei, voltandosi. L’amico era perfettamente nascosto dalla tendina blu che divideva la stanza in due. Nonostante non potesse vederlo, lo immaginò sorridere.
“Pensi di rimanere là dietro per tutta la sera?” chiese dopo un attimo.
“L’idea era quella”
“Huh?”
“Non riuscirei a guardarti negli occhi dopo quello che ho fatto, quindi preferisco starti lontano”
“Non mi hai guardata negli occhi neanche mentre lo facevi, se vogliamo dirla tutta”
“Touché”
“Non so a che gioco stai giocando ma potresti almeno venire più vicino? Non vorrei urlare ogni parola. Se ci sente qualcuno siamo fregati”
“Non sono stato io a proporre di vederci di notte in un ospedale” lei sbuffò.
“A proposito, come hai fatto ad entrare?”
“Segreto professionale”
“Certo” disse Ran, ridendo.
Una figura attraversò la stanza e si andò a sedere proprio accanto alla tendina, che oscillò al contatto con il suo braccio.
“Sai, tutto questo avrebbe un senso se tu avessi la faccia martoriata o qualcosa del genere che non mi vuoi mostrare ma..” borbottò, posando il libro sul comodino bianco.
“In effetti è così, mi hanno preso a pugni” disse, sarcastico.
“Che?!”
“Ran, sto scherzando”
L’altra tirò un sospiro di sollievo.
“Di che volevi parlarmi?” Si sentiva estremamente nervoso.
“Eri serio l’altro giorno? Vuoi veramente lasciarti alle spalle tutto ciò che abbiamo passato insieme?” disse d’un fiato. L’amico, nelle due ore precedenti, si era preparato per ogni tipo di domanda, ma, inspiegabilmente, le parole gli si fermarono in gola.
“Ecco.. io..” biascicò. Dì qualcosa, forza. Dove hai lasciato il coraggio? “Vedi, Ran, è che sono davvero alle prese con un caso importante e, dato che ormai sono coinvolto, non voglio mettere in pericolo nessun altro..”
“Ma se tu me ne parlassi potrei aiutarti..” stava lottando contro la voglia di girarsi e guardarlo negli occhi.
“Non è così semplice”
“Sei tu che complichi le cose”
“Credimi, non è così. Se te ne parlassi, saresti troppo esposta. Non ti devi preoccupare per me, io sto bene” Ran sospirò. Non è cambiato di una virgola.
Rimasero entrambi in silenzio per diversi secondi, un silenzio carico di parole che nessuno dei due riusciva a pronunciare. Sarebbero stati capaci di dirsi addio?
“Per quanto tempo vuoi portare avanti questa farsa?” chiese Ran. Il cuore di Shinichi perse un battito, che avesse capito tutto?
“Che intendi dire?” cercò di tenere la voce ferma, con scarsi risultati.
“Vuoi passare tutta la sera accucciato dietro una tenda?” tirò un sospiro di sollievo.
“Non mi dispiacerebbe”
“A me invece non dispiacerebbe guardarti negli occhi mentre ti parlo”
Dannazione.
Shinichi respirò profondamente, maledicendosi per essere tanto stupido. Quando si parlava di affrontare i criminali non si tirava mai indietro, ma gli bastava avere Ran accanto e di colpo perdeva tutto il coraggio, si sentiva esageratamente debole. Come quando Clark Kent si trovava vicino alla kryptonite. Ecco, l’amica d’infanzia era la sua kryptonite.
Tanto vale. Appoggiò una mano a terra e fece leva per alzarsi. Le cose non sarebbero dovute andare in quel modo, ma ormai aveva fatto talmente tante stupidaggini che una in più probabilmente non avrebbe guastato. Si maledisse nuovamente mentre sfiorava con la mano quell’orribile tendina blu.
Ran, dal canto suo, per tutto il tempo si era chiesta cosa lo avesse spinto a non volersi far vedere da lei, non credeva molto alla scusa che le aveva rifilato. Paura di guardarla negli occhi? Impossibile. Shinichi non era mai stato un codardo e pensare che avesse paura di lei le faceva venire da ridere, doveva esserci qualcos’altro. In ogni caso, lo avrebbe scoperto di lì a poco.
Tenne lo sguardo fisso davanti a sé, mentre l’ombra della tendina si muoveva sulla parete azzurrina. Vide con la coda dell’occhio una figura che lentamente scivolava verso di lei, per poi sedersi sullo sgabello accanto al letto.
“Allora?” esordì Shinichi, agitandole una mano davanti al viso “Ora che son qui non mi guardi?”
Ran rimase in silenzio, stringendo i pugni.
“Hey.. stai bene?” chiese. L’altra annuì e finalmente si voltò.
“Sei un deficiente, mi hai fatto prendere un colpo” disse ridendo appena lo vide in faccia. L’altro, dapprima stranito dalla sua reazione, la imitò.
“Sai, un po’ di tempo fa mi sono prefissato delle regole e per colpa tua ne ho infrante più della metà in soli due giorni” disse poi con una smorfia.
“Ah sì? E quali ti sono rimaste?” lo guardò di sottecchi.
“Di certo non le vengo a dire a te, mi porti sulla cattiva strada!”
“Sicuramente” lo canzonò, per poi ricominciare a ridere di nuovo.
Dopo un attimo, prese a guardare fuori dalla finestra. Il cielo era nuvoloso, ma luna era comunque visibile.
“Signor Detective, secondo lei nevicherà?” chiese, abbassando gli occhi sull’amico, che la stava guardando a sua volta, come imbambolato.
“C-che c’è?” balbettò lei. Lui parve risvegliarsi.
“Oh, ecco io.. scusa” Ran trattenne a fatica una risata. Avrebbe voluto immortalare il momento con una fotografia, tanto era buffa la sua faccia.
“Puoi sederti qui, se vuoi” disse la ragazza, quasi come un automa, indicando uno spazio vuoto sul letto. Le bastarono un paio di secondi per pentirsi di ciò che aveva detto.
Vide l’amico arrossire e spalancare appena gli occhi, probabilmente non si aspettava una richiesta del genere. Esitò, prima di aprire la bocca per ritirare le parole appena pronunciate, ma, prima che potesse farlo, Shinichi si alzò dallo sgabello per avvicinarsi al lettino. Si accovacciò goffamente nel piccolo spazio, toccando la spalla della ragazza con la propria.
“Contenta?” disse, guardandola. Lei annuì, avvampando.
Come le era saltato in mente di chiedergli una cosa del genere? Quella vicinanza la metteva a disagio, sentiva caldo in tutto il corpo e il cuore le batteva talmente forte che aveva paura che lui riuscisse a sentirlo. In quel momento si sarebbe sotterrata dalla vergogna.
“Ran..?” si sentì chiamare.
“Huh?”
“Io.. volevo dirti che mi dispiace” disse velocemente, tenendo gli occhi blu fissi su quelli indaco della ragazza. Gli erano sempre piaciuti, ricordavano il colore della lavanda.
Ran aveva le labbra socchiuse, incapace di parlare. Non ti devi scusare, avrebbe voluto dirgli, non ce n’è bisogno. Fece appena in tempo ad accorgersi di essersi avvicinata con il viso a Shinichi, prima di sentire il tocco delle labbra dell’amico sulle sue. Socchiuse le palpebre e inclinò appena la testa, chiedendosi se tutto ciò stesse realmente succedendo.
Avrebbe voluto che quel momento potesse durare in eterno, non le sarebbe dispiaciuto viverlo e riviverlo all’infinito, ma così come era iniziato, finì quando lui si staccò, tornando a guardarla. Le labbra di entrambi si incresparono in un sorriso, mentre le guance della giovane si tingevano di rosa.
“Penso di aver infranto anche l’ultima regola” disse lui, facendo ridere Ran.
“Grazie” la sentì sussurrare “per essere venuto”
Lui si strinse nelle spalle. “Volevo solo vedere com’è l’ospedale di notte”
L’amica gli tirò un buffetto sulla guancia. “Baka”
Il mio baka preferito.
Shinichi sollevò di colpo il braccio facendo sobbalzare la ragazza. Guardò l’orologio e imprecò mentalmente, era in ritardo. Si alzò in fretta dal letto, ignorando le domande dell’amica. Amica che probabilmente, dopo quella sera, non avrebbe più potuto chiamare in quel modo.

***

Heiji svoltò l’angolo e si trovò davanti a villa Kudo, si fermò un attimo, maledicendosi per la reazione che aveva avuto quella mattina. Non sarebbe dovuto scappare, aveva solo complicato le cose.
Infilò la mani nelle tasche del giubbetto di jeans e respirò profondamente, camminando fino al cancello in ferro battuto, che era stranamente aperto. Percorse il vialetto e fece per suonare il campanello, ma la porta era socchiusa, quindi entrò. Probabilmente Kazuha si era dimenticata di chiuderla una volta arrivata dall’ospedale.
Il corridoio era buio, sembrava non ci fosse nemmeno una luce accesa in tutta la casa. Che la ragazza se ne fosse andata? No, forse si era appisolata sul divano. Entrò in salotto senza accendere la luce, se la sua ipotesi era corretta l’avrebbe svegliata. Vide una figura seduta sulla poltrona al centro della stanza, non riusciva a distinguerne il profilo, appoggiò le dita sull’interruttore.
“Cerchi qualcuno, Osaka?”

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Precisazioni:
*Ne "Misteri in una notte di luna piena", Vermouth promette (più o meno) a Shinichi che l'Organizzazione avrebbe smesso di dare la caccia a Sherry.

Scusate, scusate, scusate, scusate.

Sono in un ritardo assurdo, il fatto è che sono sommersa da verifiche e interrogazioni, dato che i nostri prof non sono capaci di organizzarsi e hanno bisogno di voti proprio le ultime due settimane. Ringrazio il cielo che questo sia l'ultimo anno, poi sono libera (beh ci sarebbe l'università ma whatever) 
Detto questo, cosa ne pensate? Kazuha è in stato catatonico e finisce per ascoltarsi una compilation di canzoni piuttosto datate, mentre di Heiji non sappiamo niente finchè non chiama Conan-kun. Perchè ha bisogno del suo aiuto? Non è abbastanza grande per risolvere i suoi problemi? Probabilmente sì, ma nella mia testa non è così (scusa Hattori, non volermene). 
Occhi a cuore per gli altri due! *voce drammatica* sembrava dura, ma ce l'abbiamo fatta! (Ci tengo a precisare che la storia è ambientata prima dell'avventura a Londra, dove Shinichi rivela i suoi sentimenti a Ran -vedi volume 72 file 752 - quindi in sostanza lei non sapeva di piacergli) E per la seconda volte è tornato se stesso? Come avrà fatto? Ai posteri l'ardua sentenza, direbbe Manzoni. Nella citazione c'è un indizio.
Poi abbiamo una scena con Vermouth, cosa ne pensate? Io devo dire che come personaggio mi piace, nonostante sia piuttosto ambigua, Gin mi piace un po' meno ma questa è un'altra storia. Si è parlato di Alchermes in via indiretta, prossimamente entreremo nel vivo della storia e scopriremo qualcosa di più su questo nuovo membro.
Siccome ho pochissimo tempo, faccio un ringraziamento generale a tutti i recensori e coloro che stanno seguendo o hanno messo tra i preferiti la storia, spero vogliate continuare a leggerla!
A presto (spero),

Gaia

Ps. Grazie ad una recensione ho scoperto di aver fatto un casino nello scorso capitolo, tra errori di punteggiatura, ripetizioni di parole ecc, quindi gli ho dato una sistemata e mi piacerebbe che lo rileggeste, mi vergogno da morire per quanto era scritto male ahaha
(Questo l'ho ricontrollato una ventina di volte, ma se notaste errori di qualsiasi genere non esitate a farmelo notare!)

Ps2. RECENSITEEEEEE ahahahaha

  
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