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Autore: OIVALF96    17/05/2014    1 recensioni
La vita di Sam 'lo spacciatore',un ragazzo americano che triste,stufo della sua vita monotona e dei suoi amici decide di partire per un'avventura a New York. Occorrenti: sigarette,cartine,filtri,accendino,si parte!
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aprii gli occhi. Vidi il bianco. Completamente. Non riuscivo bene a muovermi,ero sdraiato. Il letto in cui mi trovavo era bianco,come lo scuro della piccola finestra accanto a me. Tutto in quella stanza era completamente bianco. Penasi di essere morto. Pensai di trovarmi in paradiso. Ma ripensando alla mia vita,forse non lo meritavo. Si spalanco la porta,entro' un'infermiera,una bella infermiera. Era bionda,dai lunghi capelli legati a treccia con due grandi occhi che puntavano sul verde scuro. Mi chiese come mi sentivo. Non avevo energie. Riuscivo a malapena a parlare. «Che cosa mi e' successo?» Non ricordavo nulla. L'infermiera mi disse che ero stato investito da una macchina. Alcuni passanti hanno chiamato immediatamente l'ambulanza. Mi torno quel flash nella mente,quella luce accecante. Come facevo ad essere ancora in vita? Era un miracolo. Entro un dottore,aveva un tesserino sul camice bianco,con scritto Dott. Alex Stewar. Mi disse che ero stato fortunato,perche' subito dopo l'impatto sono stato lanciato in aria e sono atterrato sul materasso di un barbone. Che gran culo! Mi disse anche che non avevo riportato ferite gravi,apparte un gran bel livido sul fianco destro e 2 costole incrinate,piu' una lussazione alla spalla sinistra su la quale sono atterrato,anche se il materasso era molto morbido. Io ero forte,sapevo resistere,in pochi giorni sarei tornato come nuovo. Prima di uscire,il dottore mi disse che mio padre era stato avvertito dell'incidente. Avevano letto i miei dati dalla mia tessera sanitaria e lo avevano chiamato. Ergo,sicuramente mio padre lo aveva detto a Mike e Danny. Ma poi guardai il calendario. Avevo dormito per ben 2 giorni di fila. L'incidente,piu' tutte quelle canne di super-hasish ed erba,era plausibile che avessi dormito cosi tanto. Ero in pena per la mia ragazza,lei non sapeva del mio incidente, quindi avra pensato che mene ero andato,o chissa cosa. Dovevo assolutamente chiamarla. Ma non avevo il cellulare a portata di mano,non avevo niente,soltanto un camice bianco. Entro nuovamente l'infermiera bionda,stavolta con un uomo. Riconobbi subito la dovisa da infame. Era un fottutissimo sbirro. Dopo avermi soccorso,ovviamente,i medici mi avevano trovato addosso tutta quella roba che mi ero portato. Ero nei casini. Lo sbirro mi disse che una volta che mi fossi ripreso,sarei andato in centrale per firmare dei fogli obbligatori,per poi aspettare di affrontare un processo per detenzione di stupefacenti. Tuttavia non ero preoccupato,non avevo neanche molto con me,mi ero fumato gia parecchia roba. Passarono alcune ore,ero sdraiato,con gli occhi chiusi,ma dentro di me la mia mente viaggiava per trovare una soluzione. Dovevo scappare dall'ospedale. Per prima cosa,presi tutte le mie energie e mi alzai,staccandomi accuratamente le flebo. Accanto al mio letto ci stava un vassoio,con un bicchiere d'acqua e del riso bianco. Classico cibo da ospedale. Ma di certo non potevo andarmene dalla porta principale e per giunta con il camice da paziente. Aprii la finestra e la scavalcai. Mi trovavo altissimo,si sa che gli americani hanno la mania per gli edifici alti. Fortunatamente mela cavavo piu' che bene ad arrampicarmi e cosi riuscii a mettermi sul cornicione e scendere davanti alla finestra sotto. Stavo per colpire il vetro quando mi accorsi che la finestra era aperta. Menomale,le mie mani stavano per scivolare. Le energie mi stavano abbandonando. Nella stanza non ci stava nessuno,ma era piena di borse sui letti,segno che ci stava qualcuno e che i suoi parenti lo erano venuti a trovare. Probabilmente erano usciti a fumarsi una sigaretta,sinceramente non mi interessava. Presi una maglietta dal letto,era completamente rossa. Finalmente,ero stufo di tutto quel bianco. Ci stavano anche dei jeans,peccato che mi stavano parecchi stretti. Probabilmente nella stanza c'era un paziente piccolo o molto seccho. Di misura mi stavano benissimo i calzoni. Mi guardai allo specchio del bagno. Non dovevo dare nell'occhio,sarei dovuto sembrare un visitatore. Presi un paio di calzini neri. Non vedevo scarpe. Uscii dalla stanza e accostai l'orecchio nella stanza accanto. Non sentii rumori. Entari e presi un paio di scarpe. Erano Converse,45,la mia taglia! Entrai nel bagno,mi bagnai il volto e mi pettinai. Vidi una lametta,avrei voluto farmi la barba,ma gli occupanti della stanza sarebbero potuti rientrare da un momento all'altro. Uscii dalla stanza e mi diressi verso l'ascensore. Mi trovavo al dodicesimo piano,chiamai l'ascensore e andai al piano terra. Ma non potevo lasciare l'ospedale senza il mio cellulare. Suono un'allarme,si erano accorti della mia sparizione. Dovevo lasciare immediatamente l'edificio. Appena uscito,vidi un'autobus fermarsi ed aprire le porte. Non esitai e ci montai sopra. Faceva capolinea Un'isolato prima del ponte di brooklyn. Mi sedetti e ragionai. Forse avevo sbagliato a fuggire. Sapevano dove abitavo,sapevano tutto. Non sarei potuto fuggire per sempre. Ma non riuscivo a resistere in quella stanza bianca,in quel letto bianco. Io il bianco l'ho sempre odiato.
   
 
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