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Autore: Fragolina84    17/05/2014    2 recensioni
Sequel di "I belong to you"
"Non posso smettere di essere Iron Man perché il mio compito è proteggervi"
Il palladio gli sta avvelenando il sangue e l'America è di nuovo sotto attacco terroristico. Iron Man dovrà cercare la Chiave del Domani per salvare se stesso e le persone che ama.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tony Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dal titolo l'avrete già capito: l'attesa dell'erede è terminata!
Che è una bambina lo sappiamo già, ma non siete curiosi di sapere come si chiamerà
e come reagirà papà Tony quando la prenderà in braccio?
Buona lettura!


Victoria sospirò e aggrottò la fronte, circondando il pancione con una mano.
«Va tutto bene, signora?» chiese la voce incorporea di Jarvis.
«Sì, Jay. È tutto a posto».
In realtà avvertiva dei dolori al basso ventre da qualche giorno. Mancavano ormai appena quindici giorni al termine fissato per il parto e, appena ne aveva parlato con Tony, avevano chiamato la ginecologa che aveva chiesto di vederla subito.
Dopo averla visitata, la dottoressa l’aveva tranquillizzata, spiegandole che non c’era nulla di grave.
«Vostra figlia ha solo un po’ di fretta ed è probabile che affretterà la nascita» aveva spiegato.
«Di certo non assomiglia a suo padre» aveva commentato Tony, facendola sorridere.
Victoria riportò di nuovo l’attenzione al suo lavoro. Aveva appena ricevuto le bozze della copertina del suo libro e le stava valutando. Ma non riusciva a concentrarsi. Quel giorno la pancia le pesava più del solito e le mancava terribilmente Tony.
L’uomo aveva ricevuto una chiamata improvvisa da Rhodey che aveva chiesto il suo aiuto. Nonostante la commissione servizi armati avesse espresso tutti i suoi dubbi su Ironman, Rhodey continuava ad agire per conto proprio, cercando di tanto in tanto l’aiuto di Tony, soprattutto quando era di fronte a situazioni veramente scottanti.
«Sai che ti dico, Jarvis?» esclamò all’improvviso. «Esco a fare due passi, non riesco a concentrarmi ora».
«D’accordo, signora. Avviso Gary».
Victoria si alzò e si stava stiracchiando quando percepì qualcosa strapparsi dentro di sé. Non ci fu dolore, ma Victoria avvertì un liquido caldo colarle lungo le gambe. Guardò in basso e, osservando quella piccola pozzanghera di liquido incolore, capì che le si erano rotte le acque.
«Jarvis?»
«Signora?»
«Penso che dovremo rimandare la passeggiata. Chiama Tony, credo che ci siamo» spiegò la donna.
Jarvis chiamò subito Tony. Quando rispose, la sua voce era attutita e distorta dalla distanza.
«Tony, dove sei?» chiese la donna.
«Che succede?» replicò lui, aggirando la domanda. Non poteva certo dirle che era a duemila chilometri da lei, alla periferia di Guadalajara, in Messico.
«Mi si sono rotte le acque. Devi rientrare, Tony».
Il cuore gli si strinse dolorosamente nel petto. Era infine successo ciò che temeva: sua figlia aveva deciso di venire al mondo mentre lui era lontano. Sapeva che per il primo figlio potevano servire ore di travaglio, ma lui era da tutt’altra parte e se non fosse tornato in tempo non se lo sarebbe mai perdonato.
«Tony, mi hai sentita?» proruppe la donna. «Tua figlia sta per nascere».
Mio Dio, pensò, mia figlia sta per nascere. L’emozione gli gonfiò il cuore e per un momento si perse nei propri pensieri, immaginando che di lì a poche ore avrebbe stretto fra le braccia sua figlia. Forse Dio esisteva davvero e aveva ascoltato la sua preghiera: contrariamente a quanto si era aspettato, le tossine nel suo sangue avevano rallentato la loro corsa e i segni sul petto, sebbene ancora presenti, non erano aumentati con lo stesso ritmo dimostrato all’inizio.
Senza pensarci, totalmente dimentico di dove si trovava, si alzò in piedi e i guerriglieri appostati fra i cespugli aprirono il fuoco, tempestandolo di colpi.
«Tony, sono spari quelli che sento?» chiese Victoria allarmata.
«No, assolutamente» replicò, abbassandosi di nuovo. «Ascoltami, tesoro. Io arrivo il più presto possibile. Tu chiama Pepper e fatti accompagnare in ospedale. Vi raggiungo là».
«Non mi hai detto dove sei, Tony» ripeté la donna. «Mi raggiungerai in tempo o mi lascerai a partorire da sola?». Sapeva che non era leale da parte sua comportarsi in quel modo: Tony aveva doveri e responsabilità nei confronti dell’umanità, ma si sentiva sola e spaventata e voleva averlo accanto in quel momento così importante.
«Ci sarò, tesoro. Non preoccuparti. Non mi perderei la nascita di mia figlia per nulla al mondo» promise in tono risoluto, anche se non era per nulla sicuro di poterla mantenere.
Nonostante la linea disturbata e crepitante di scariche, Victoria sentì nella sua voce l’incrollabile fiducia di Tony nelle proprie capacità, una delle qualità che glielo facevano amare. Sapeva che, a qualsiasi costo, lui sarebbe stato in sala parto con lei e si rincuorò.
«D’accordo. Ma fa presto, ti prego».
«Tranquilla. Arriverò prima delle doglie. Ti amo».
«Ti amo anche io, Tony» rispose la donna, ma la linea era già caduta.
«Jarvis, per favore, chiama Pepper».
Per un caso fortuito, quel giorno Pepper non era andata in ufficio e prese il controllo della situazione con l’abituale fermezza.
Ordinò a Jarvis di avvisare Brian e Gary e di far preparare la macchina. Raggiungere l’ospedale Good Samaritan di Los Angeles richiedeva solitamente una cinquantina di minuti. Ma la Rolls non doveva certo preoccuparsi di limiti di velocità e semafori rossi.
Poi gli chiese di chiamare anche la ginecologa di Victoria e di informarla che stavano raggiungendo l’ospedale.
Mentre stavano salendo in auto, Victoria fu colta dalla prima contrazione. Si concentrò sulla respirazione, così come le avevano insegnato al corso pre-parto che aveva frequentato con Tony. Quel corso aveva suscitato la curiosità dei tabloid tanto che i paparazzi si erano perfino appostati e avevano rubato scatti di loro due che entravano insieme nella clinica privata dove si teneva la serie di lezioni. Quando le foto erano apparse sui giornali, Tony aveva semplicemente commentato: «Sinceramente non capisco come questa cosa possa far notizia. Sto facendo un corso pre-parto con mia moglie per prepararci alla nascita, non è una scappatella con l’amante».
«Tutto bene, Vic?» chiese Pepper che l’aveva sostenuta.
«Sì, sto bene».
Si accomodò sul lussuoso sedile di pelle mentre Pepper controllava l’orologio per tenere d’occhio l’intervallo di tempo fra le contrazioni. La seconda arrivò quindici minuti più tardi, la terza dopo altri dieci minuti e fu piuttosto dolorosa.
«Pepper?»
«Sì, Victoria?»
«Tony ha un’assicurazione sulla vita, vero?»
«Sì, certo. Perché?» chiese l’altra perplessa.
«Niente, volevo solo essere sicura che nostra figlia avrà un futuro tranquillo quando lo ucciderò, dato che cominciò ad avere l’impressione che dovrò sbrigarmela da sola».
Pepper ridacchiò.
Trascorsero meno di dieci minuti e Victoria si tese di nuovo, cercando di respirare lentamente.
«Si fanno più ravvicinate e più dolorose» commentò quando il dolore cessò.
Fortunatamente davanti a loro apparve la facciata color sabbia dell’ospedale.
La dottoressa Smith la stava aspettando al pronto soccorso e Victoria fu subito ricoverata nel reparto di ostetricia, in una suite che non avrebbe sfigurato in nessun albergo. La Smith la visitò immediatamente.
«Mia cara, qui siamo già a buon punto. Penso che farai più in fretta del previsto».
Victoria fece una smorfia.
«Che c’è?» chiese la ginecologa.
«Tony sta rientrando da… beh, sta rientrando e spero che ce la faccia ad arrivare».
«Chiamalo e digli che si dia una mossa. Questa signorina ha fretta di conoscerlo».
La donna si congedò assicurando che sarebbe tornata di lì a poco e lasciò entrare Pepper che si avvicinò al letto.
«Arriverà, vero?» domandò speranzosa Victoria e l’amica sorrise.
«Metterà sottosopra il mondo intero pur di arrivare per la nascita di sua figlia, credimi. Ha lottato molto di più per molto meno». Le accarezzò la mano posata sul materasso. «Sta tranquilla, ok?»
Ma un’ora più tardi Tony non era ancora arrivato. La dottoressa Smith prese la decisione che aveva rimandato il più a lungo possibile e decise di portare Victoria in sala parto. Adducendo come scusa quella di una telefonata di lavoro, Pepper uscì dalla stanza e chiamò Tony.
Quando l’uomo rispose, Pepper sentì il sibilo provocato dal vento sull’armatura di Ironman, segno che era in volo.
«Ma si può sapere dov’è? Sua moglie sta andando in sala parto» inveì. «Quella donna ha bisogno di lei, se la lascia da sola in questo momento non so se potremo perdonarglielo».
«Tranquilla, Pep. Vedo la Library Tower, sono qui».
«Si sbrighi» sbottò e tolse la comunicazione.
Tony sorvolò la città e atterrò sul tetto della struttura, sul simbolo H dell’eliambulanza, creando un certo scompiglio.
«Apri, Jarvis» ordinò, e l’armatura si aprì, lasciandolo uscire.
Chiamò freneticamente l’ascensore, lasciando l’armatura aperta in un angolo del tetto. Si infilò dentro la cabina e premette il pulsante dell’ottavo piano.
Il volo a velocità supersonica dal Messico aveva letteralmente risucchiato le sue energie. Indossava l’aderente tuta di volo e quindi non poteva verificare, ma sentiva che, a dispetto del rallentamento di quelle ultime settimane, il problema con il palladio era drasticamente peggiorato. Vacillò e si appoggiò alla parete dell’elevatore deserto. Avrebbe dovuto trovare un modo per dirlo a Victoria. Non poteva nasconderglielo per sempre.
Le porte dell’ascensore si aprirono e lui si precipitò fuori, ricacciando in fondo alla mente quei pensieri oscuri. C’era un’altra missione da portare a termine ora.
«La signora Johnson, per favore» disse alla donna con il seno più prosperoso che gli fosse mai capitato di vedere.
La donna alzò su di lui lo sguardo e sussultò, riconoscendolo.
«Un momento, signor Stark. Controllo immediatamente» strillò, con voce acuta e penetrante.
«Tony!» esclamò qualcuno dietro di lui e lui ne riconobbe la voce.
«Lasci perdere» disse alla donna e si voltò verso Pepper. «Lei dov’è?» domandò frettolosamente.
«L’hanno appena portata in sala parto» disse lei, indicandogli la direzione. «Manca poco ormai».
Tony non aspettò che finisse ma si lanciò nella direzione che gli aveva indicato. Quando arrivò sulle porte della sala, l’infermiere non voleva lasciarlo passare. In effetti, Tony era vestito con una tuta tipo quelle da sub e aveva gli occhi iniettati di sangue per la stanchezza.
«La prego» supplicò infine. «Sono Tony Stark e mia moglie Victoria sta partorendo».
Tony vide la dottoressa Smith attraverso l’oblò sulla porta e si sbracciò. La donna si affacciò sulla soglia.
«Grazie a Dio è arrivato, Tony!» esclamò. «Venga, Victoria la sta aspettando».
Si lavò le mani, indossò un camice e una cuffietta e seguì la dottoressa.
Victoria era semidistesa sul lettino, coperta per metà di teli verdi. Aveva gli occhi chiusi sicché non lo vide entrare ma quando Tony si avvicinò vide le lacrime scenderle sulle guance.
«Amore, sono arrivato. Sono qui» sussurrò, prendendole la mano.
Victoria spalancò gli occhi al suono della sua voce.
«Quando riuscirò ad alzarmi di qui, ti strangolerò» mormorò.
«D’accordo. Ora mettiamo al mondo questa creatura, che dici?» replicò Tony in tutta serenità.
L’infermiera che stava controllando uno dei monitor dall’altra parte del letto non poté trattenere un sorriso.
«Victoria, adesso devi ascoltarmi bene, ok?» disse la Smith. «Quando ti dico di spingere, devi aiutare la bambina, ok? Tony ti assisterà».
Victoria annuì.
«Coraggio, Victoria. Spingi ora».
La donna si tese, stringendo i denti, mentre Tony le circondava le spalle con un braccio e la sosteneva, respirando con lei e incitandola.
«Ok, ora riposati» ordinò la ginecologa.
Victoria si appoggiò all’indietro.
«Sei stata bravissima» la vezzeggiò Tony baciandole la tempia e scostandole i capelli sudati dalla fronte.
«Dov’eri?» chiese lei con un filo di voce ma Tony si strinse nelle spalle.
«Adesso sono qui, ed è questo che conta. Ne parleremo quando sarai abbastanza in forze per sgridarmi come si deve».
«Dai, Victoria. Un’altra spinta» chiese la dottoressa e Victoria si sollevò di nuovo e spinse, mentre Tony le teneva la mano.
«Ora ferma, Victoria. Non spingere».
A Tony sembrava di essere lì dentro da una vita ma era trascorso solo qualche minuto.
«Victoria, ora non devi spingere. La bambina ha il cordone attorno al collo e devi aspettare che la liberiamo».
Victoria annuì e alzò lo sguardo verso Tony.
«Ho paura, Tony».
«Andrà tutto bene. Siamo nelle mani dei migliori medici e vedrai che la situazione si risolverà» mormorò, ma vedeva i dottori affaccendarsi intorno a loro e ai suoi occhi di quasi padre ansioso sembrava che le cose stessero precipitando. Ma si sbagliava.
«Ok, Victoria. È a posto. L’ultima spinta, tesoro».
«Dai, Vicky» la invitò Tony. «L’ultimo sforzo».
Victoria spinse e Tony si meravigliò ancora una volta della forza e del coraggio di quelle creature che sulla carta erano il cosiddetto “gentil sesso” ma che erano più toste e dure della maggior parte degli uomini.
La donna si accasciò fra le sue braccia, singhiozzando.
«Ah, eccola qui la signorina» esultò la dottoressa.
Tony cercò di sbirciare ma un muro di camici verdi glielo impedì, così si rivolse a Victoria.
«Ce l’abbiamo fatta, tesoro. È finita ora. Sei stata grandiosa».
La donna sorrise e gli prese il viso fra le mani, attirandolo a sé. Lo baciò sulle labbra.
«Ma non volevi strangolarmi?»
«Sì, ma quello era prima» singhiozzò di nuovo lei. Poi però la confusione si dipinse sul suo viso.
«Tony? Non senti?» chiese, voltandosi allarmata verso i medici.
«Cosa, tesoro? Io non…» e poi capì. Stava dicendo che lui non sentiva nulla ed era effettivamente così: in quel momento la bambina avrebbe dovuto piangere a squarciagola eppure non si sentiva nulla.
«Dottoressa?» chiese Tony, in allarme. «Va tutto bene?»
Un potente vagito risuonò all’improvviso, trafiggendo orecchie e cuore di entrambi.
«Oh sì, Tony. È tutto perfettamente a posto» rispose lei, girandosi con un fagotto fra le braccia.
Si avvicinò a Tony e tese le braccia. «Tony, le presento ufficialmente la signorina Stark».
Con estrema naturalezza prese fra le braccia sua figlia. Da quell’involto di teli blu spuntava solo il suo viso, ma Tony vide che era perfetta. Era quanto di più bello avesse mai visto e se ne innamorò ancora prima di quando era successo con Victoria. Nell’attimo esatto in cui le sue braccia si chiusero attorno alla bambina e ne sentì il peso contro il petto, era già pazzo di lei.
«Dio del cielo, Johnson» disse, girandosi verso di lei. «È spettacolare».
Victoria stava sorridendo con espressione sorniona.
«Che c’è?» chiese.
«Niente» rispose lei «solo che è la prima volta da che ti conosco che non protesti quando ti porgono qualcosa» spiegò, riferendosi a quando la Smith gli aveva messo fra le braccia la bambina.
«Non è qualcosa. È nostra figlia» replicò lui, abbassandosi e appoggiandola sul petto della madre.
Victoria sorrise felice, stringendo a sé la bambina.
«Ciao, amore» chiocciò Victoria, accarezzando il viso della piccola.
L’infermiera si avvicinò a loro che erano palesemente dimentichi del mondo intero.
«Signori Stark, avete già deciso il nome?» chiese con dolcezza.
«Elizabeth» rispose Tony. «Elizabeth Stark».
«Elizabeth Maria Stark» aggiunse Victoria aggiungendo, con una decisione improvvisa, il nome della madre di Tony.
L’uomo si voltò e Victoria vide i suoi occhi lucidi. «Grazie» mormorò semplicemente.
«Bene» esclamò la dottoressa Smith. «Tony, lei può tornare nella stanza di Victoria e aspettarla lì. Arriveremo con entrambe le sue ragazze non appena le avremo sistemate».
Tony annuì e si abbassò per baciare Victoria.
«Ci vediamo tra poco» mormorò e uscì.
Ciò che aveva vissuto gli sembrava incredibile e uscì dalla sala parto con la sensazione di fluttuare a mezz’aria. Sentiva ancora fra le braccia il dolce peso della bambina, come una parte di se stesso che avesse iniziato a formicolare per assenza di circolazione di sangue.
Raggiunse Pepper in sala d’attesa.
«Allora?» chiese impaziente, tormentando l’orlo della giacca. Tony notò solo in quel momento che non indossava il solito impeccabile tailleur ma una tuta sportiva e le scarpe da ginnastica.
«È nata Elizabeth Maria Stark. Lei e la madre stanno benissimo» disse con voce spezzata.
«Oh, Tony. Sono così felice per entrambi» esclamò Pepper e lo abbracciò. «Le ho fatto portare dei vestiti, così potrà cambiarsi» aggiunse, efficiente come sempre.
Lo accompagnò alla stanza di Victoria e Tony si chiuse in bagno per cambiarsi. Sfilò la tuta nera e trasalì quando si guardò allo specchio: attorno al piccolo cerchio di luce che lo teneva in vita i segni violacei si erano moltiplicati e ampliati.
Infilò in fretta la maglietta, felice che fosse a girocollo e nascondesse del tutto quei segni. Indossò i jeans e uscì.
Trascorsero un paio d’ore prima che Victoria fosse portata nella sua stanza insieme alla bambina. La donna era soffusa di un alone di serenità che agli occhi di Tony la faceva risplendere di una bellezza quasi ultraterrena.
Elizabeth era stata lavata e avvolta in una coperta rosa. Era ancora più bella di prima, con la pelle che si era schiarita e ora era come quella di sua madre e le manine minuscole strette a pugno. Tony tenne scostata la copertina perché Pepper la potesse vedere bene.
«Non è bellissima?» continuava a chiederle e Pepper si rese conto che non l’aveva mai visto in quel modo.
«Sì, Tony. E lei è un uomo fortunato».
Pepper rimase ancora un poco con loro, poi tornò alla villa. Tony disse che si sarebbe fermato fino a sera e che sarebbe rincasato con l’armatura. Sedette sul letto accanto a Victoria e la circondò con un braccio.
«Stai bene?» chiese e la donna annuì, stringendosi ancora un po’ a lui.
«Adesso mi dici dov’eri quando ti ho chiamato?» mormorò, e Tony le accarezzò i capelli. Capì che non aveva senso mentirle.
«Ero in Messico. Un pasticcio con alcuni ostaggi che Rhodey mi ha chiesto di aiutare a sistemare».
«Ed erano spari quelli che ho sentito al telefono?»
«Sì. Ma non devi preoccuparti. Quando sono dentro l’armatura ci sono ben poche cose che potrebbero ferirmi».
Tralasciò il fatto che proprio l’utilizzo continuativo dell’armatura stava accelerando le sue condizioni.
«Ma adesso abbiamo una figlia a cui pensare» rispose lei, accennando con il capo alla culla della bambina.
«Hai ragione. Adesso c’è anche Elizabeth» convenne Tony, abbracciandola più stretta.
  
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