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Autore: melianar    17/05/2014    10 recensioni
Dopo il disastroso tentativo della scorsa settimana, torno a pubblicare il primo capitolo di questa raccolta. Mi scuso immensamente con chi avesse provato a leggerla, purtroppo ho avuto qualche problema con l'HTL. E' solo la seconda storia che pubblico e sono piuttosto imbranata. Scusatemi!
Quella che vi propongo è una raccolta di one-shots dedicate alle figure femminili dell'universo tolkieniano, in particolare quelle donne di cui poco ci viene detto ma che, a mio avviso, hanno molto da raccontare. Ogni capitolo sarà incentrato su una donna diversa, quindi su vicende e epoche differenti. Prenderò in esame personaggi poco noti delle opere di Tolkien, spero possano risultare affascinanti per voi quanto lo sono per me. Buona lettura!
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nevica.
Grandi, candidi fiocchi si posano lievi sul terreno gelato.
Lenti, leggeri, Inesorabili.
Li osservo, concentrandomi sulla loro quieta, pigra danza.
Lo faccio per non vedere. Per non sentire l’odore di sangue, di morte, di paura.
Come se bastasse. Come se potesse servire a qualcosa.
Sono l’unica ancora in piedi, in questa sala. L’unica il cui cuore batta ancora.
Fa un suono strano, il mio cuore… Sinistro.
Forse hai ragione tu, Turin. Forse è vero che basta un niente a spaventarmi.
Perfino il mio cuore, che risuona solitario in questa sala piena di morti.
Edain.
Esterling.
Sono tutti uguali, gli uomini.
Quando l’ira li coglie perdono il senno, diventano bestie. Bestie.
Anche tu fosti una bestia stanotte, Turin.
Una belva feroce e bramosa di sangue.
Mio povero, piccolo Turin.
Ripenso ai tuoi occhi, e il mio cuore si riempie di pena.
Cosa direbbe tua madre, se sapesse della tua furia? Della tua ira violenta?
Cosa diresti, Morwen, se sapessi che questa notte tuo figlio, il tuo Turin, il nostro Turin, il valente Signore del Dor-Lomin mi ha condannata a morte per un atto d’impulsiva collera?
Sì, perché presto verranno. Verranno a prendermi.
Già ne sento le grida, attutite dalla neve. Voci aspre. Rozze. Volgari.
Non resterà impunita, la moglie di Brodda.
Pagherà, per aver complottato con il popolo degli schiavi.
Schiavi. E’ così che li chiamano, ora. Che ci chiamano, dovrei dire.
Il mio popolo, ne faccio parte anch’io.
“Tu no, Aerin. Tu sei una donna fortunata, tu sei mia moglie”.
Questo diceva Brodda, l’uomo che ha saccheggiato la mia casa e mi ha costretta a un matrimonio odioso.
L’uomo che ora giace riverso contro il muro, il collo spezzato, in volto un’espressione stupefatta e ottusa.
“Sei una donna fortunata, Aerin”.
Lo ripeteva continuamente, con una sorta di tenerezza nelle notti interminabili in cui gemevo e fremevo, il corpo vibrante di falso piacere.
Sanno fingere le donne, Brodda. Lo sapevi?
E’ proprio grazie a te che ho imparato la sottile arte della dissimulazione e dell’inganno.
Ho imparato a sorridere quieta, quando ti esibivi tronfio dinanzi ai tuoi degni compagni mostrando la tua nuova casa e la tua nuova sposa.
Che bella la tua casa, Brodda.
Che bella la tua donna con i capelli biondi e la pelle di neve.  
Avrei voluto gridare, allora.
Avrei voluto strappar loro gli occhi.
Intrusi. Assassini.
Ma stavo zitta e mostravo dolcezza, sottomissione, ingenuità.
Ho imparato a fingere dispiacere, pentimento anche, ogni qual volta mi scoprivi a rivolgere la parola a Morwen e alla bella Nienor.
Ho imparato a nascondere il dolore delle percosse, delle botte che mi infliggevi fino a farmi sanguinare.
Non sono mai stata sincera, Brodda.
Non con te.
E forse in questi anni sono stata una codarda.
Una fragile, piccola donna, proprio come dicevi tu.
Ma avevo forse altre armi per difendermi, armi che non fossero la pazienza e la sopportazione?
Ora però sono stanca, troppo stanca.
Odio questa stanza che sa di morte, questo mondo spietato in cui ho vissuto per troppo tempo. Arrivano. Li sento, li sento avvicinarsi sempre più.
Gridano vendetta. Gridano giustizia. Giustizia? Esiste giustizia, per il popolo di Uldor?
Sono vicini, sempre più vicini. Vogliono la donna di Brodda. Vogliono Aerin.
Suona aspro, il mio nome, tra le labbra degli Esterling.
Airrin. Dicono Airrin.
Anche tu mi chiamavi così, Brodda. Ricordi? Nemmeno ti eri dato la pena di imparare il mio nome. Vogliono me, sì, ma non mi avranno. Non ora. Non più.   
Anche una donna ha le sue armi, a volte. Armi potenti.
La mia è una candela. Sarà sufficiente, in una sala di legno.
L’odore del sangue si unirà a quello del fumo, e ai miei rimpianti.
Tanti, troppi rimpianti. Ma tutto questo non avrà più importanza, quando diverrò cenere nel vento.   Quando anch’io, finalmente, conoscerò cosa vuol dire libertà.


 
 
 
 
Note
Perdonatemi per questo capitolo, forse il più cupo e crudo di questa raccolta, almeno finora. Purtroppo le vicende narrate richiedevano toni “drammatici” e poi… Beh, ho messo il rating arancione anche in previsione di questo.
Vi chiedo scusa anche per aver trattato, come nello scorso capitolo, una vicenda relativa ai “Figli di Hurin”, temo di essere un po’ in fissa ultimamente.
Aerin è una donna del Dor-Lomin, nonché parente di Hurin. Dopo la Nirnaeth Arnoediad (Battaglia delle Innumerevoli Lacrime) le terre del Dor-Lomin vengono occupate dagli Esterling, uomini rozzi e bellicosi asserviti a Morgoth. Tra loro vi è un certo Brodda il quale costringe Aerin a sposarlo. Tolkien ci dice che era spesso violento con lei e non mancava di percuoterla, anche perché Aerin prestava grande aiuto a Morwen e Nienor. Brodda verrà poi ucciso per mano di Turin e Aerin, per non cadere vittima degli Esterling, darà fuoco alla propria casa bruciando con essa.
Personalmente ho sempre amato questa donna, che trovo piena di forza, coraggio e dignità. Era da tanto che volevo scrivere un capitolo su di lei, finalmente ce l’ho fatta! Davvero, mi auguro di averle reso un po’ di giustizia, l’ho scritto di getto tra un dialogo di Platone e una lezione di Heidegger, non ho idea di cosa ne sia venuto fuori. Fatemi sapere cosa ne pensate, le vostre parole (sia positive che negative, beninteso) sono per me davvero preziose!
Qualche ultima precisazione: il “popolo di Uldor” è sempre il popolo degli Esterling, mentre la questione del nome storpiato di Aerin è tutta una mia invenzione basata sul fatto, sempre riportato da Tolkien, che la lingua degli Esterling era aspra e che detestavano la “lingua degli schiavi”, cioè di quelli della casa di Hador a cui apparteneva Aerin.
Bene, anche stavolta sono riuscita a imbastire un lunghissimo sproloquio. Grazie infinite a tutti coloro che leggono e soprattutto a chi recensisce, a presto!
 
Melianar   
  
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