Anime & Manga > My HiME - My Otome
Segui la storia  |       
Autore: emyliane    17/05/2014    2 recensioni
Non potevano domandarsi che una cosa soltanto... chi era lei? E lei non si domandava che una cosa... sarebbe riuscita a salvarle?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Natsuki Kuga, Shizuru Fujino
Note: Traduzione | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NDA: Okay, dovrei stare studiando. Lo so, darei la colpa a qualsiasi cosa pur di non farlo. E' solo che, potendo scegliere, preferisco scrivere... e stranamente scrivo molto più facilmente quando dovrei essere impegnata a fare altro.
Il capitolo quindi è forse un po' più corto, ma spero almeno che sia abbastanza chiaro (e magari senza troppi errori di ortografia).


Capitolo 7

Itsumi ebbe difficoltà a restare tranquillamente seduta sulla poltrona offertale dal professor Taka. Quest'ultimo, in piedi e con indosso una camicia bianca, scriveva numerosi dati incomprensibili su una grande lavagna bianca che una settimana prima non c'era.

"Professore, potrebbe per cortesia interrompere e venire a sedersi per rispondere alle nostre domande."

Il professore fece finta di non avere sentito e continuò a scrivere. La camicia sgualcita, i capelli unti e in disordine, i suoi movimenti a scatti erano indice del fatto che il suo comportamento e le sue profonde riflessioni duravano da giorni.

"Professore," lo chiamò Nobu a sua volta. "Per favore."

Decisa ad attirare la sua attenzione, Itsumi lo afferrò per le braccia e malgrado le proteste lo trascinò fino alla sua scrivania dove lo fece sedere con la forza.

"Perdio, si calmi! Che succede?"

"Lei non capisce," si lamentò lui.

"E infatti vorremmo proprio capire. Ha letto il dossier."

"Sì, certamente. E' incredibile, esemplare. La più grande scoperta del secolo."

Somigliava in quel momento più ad un pazzo che a un uomo di scienza. Blaterava con gesti grandiosi di incredibili rivelazioni.

"Da quanto tempo non dorme?" Chiese Nobu in tono preoccupato.

"Che importanza ha?! Questo dossier," esclamò chinandosi verso di loro, con la mano appoggiata sul suddetto documento, "è la più grande scoperta del secolo."

"Questo ce l'ha già detto," puntualizzò la donna. "Ci spieghi dunque in che senso questo dossier è una rivelazione."

Davanti all'espressione seria di Itsumi Suzushiro, il professore parve rendersi conto del proprio comportamento da scienziato pazzo. Allora si raddrizzò, lisciandosi disperatamente camicia e cravatta, si passò una mano tra i capelli per cercare di rimetterli un po' in ordine e infine premette la tastiera dell'interfono per chiedere a una segretaria di portare del caffé per lui e per i suoi ospiti.

"Scusatemi," disse, togliendosi gli occhiali per prendersi il naso tra le dita. "E' solo che era da tanto che non leggevo un lavoro così brillante e innovatore. Cosa volete sapere?"

"Sono un sergente della Polizia Criminale, professore. Le scienze non sono la mia materia preferita. Sappiamo solamente che sono stati svolti degli esperimenti illegali, vorremmo capire a che scopo."

Il professore sprofondò nella sua immensa e costosa poltrona di pelle.

"L'obiettivo delle ricerche è chiaramente di migliorare l'essere umano."

"Migliorare?" Ripeté Nobu. "Che intende per migliorare l'essere umano? Si direbbe che stia parlando di un computer o di una macchina."

"E' proprio così," precisò lui. "L'idea è di sviluppare le capacità fisiche. No, vi chiedo scusa. Di migliorare, di superare le capacità fisiche proprie del genere umano."

"Come è possibile una cosa del genere?"

"L'idea sarebbe di integrare nell'organismo ciò che loro chiamano delle nanomacchine. Una tecnologia microscopica tale da penetrare nei muscoli per rinforzarli, per renderli più veloci e più forti, e anche per rinnovare più rapidamente le cellule. In più si muoverebbero all'interno della circolazione sanguigna, trasportando l'ossigeno a suddetti muscoli più rapidamente di quanto possiamo immaginare. E la cosa migliore è che riparerebbero, riparerebbero e aiuterebbero a rinnovare qualsiasi tipo di tessuto. Non entrerò nei dettagli spiegandovi in che modo queste nanomacchine possano fare una cosa simile, non capireste granché, e anche a me servirebbe ancora del tempo per capire come funziona il tutto."

Il professore interruppe la sua spiegazione all'arrivo di una giovane e pimpante segretaria. Sicuramente una studentessa che lavorava part-time. Per qualche istante, non ci fu altro che silenzio e il rumore del caffé caldo versato nelle vivaci tazze di porcellana. Non appena la segretaria fu uscita, Itsumi che aveva avuto il tempo di riflettere su quello che il professore aveva appena detto, si chinò a sua volta verso la scrivania.

"Insomma, una specie di superuomo."

"In un certo senso, sì."

"Tipo Superman?" Domandò lei, ricordando la passione di suo padre per i supereroi.

"Non proprio. I soggetti di questi esperimenti restano degli uomini. Continueranno a ferirsi esattamente come noi. Ma quello che potrebbe costringere noi a letto per settimane, loro non li fermerebbe che per qualche giorno, forse addirittura qualche ora, chissà. Sarebbero soprattutto più rapidi, più forti e più resistenti. Si tratta forse di un progetto governativo per creare dei super soldati?"

"Se così fosse professore non saremmo qui a indagare, e non abbiamo forse detto che gli esperimenti sono stati condotti in modo illegale?"

"In effetti, mi voglia scusare Kikugawa-san, la stanchezza..."

Come sua abitudine, Itsumi bevve il caffè in un unico sorso incurante del calore della bevanda.

"Quindi stiamo cercando dei superuomini," concluse.

"Mi vuole dire che sono già stati condotti degli esperimenti su degli esseri umani?" Chiese il professore interessato.

"In effetti, è quello che sospettiamo."

Il professore tamburellò le dita sulla sua scrivania.

"Non ci credo. Intendiamoci, le informazioni di questo documento non sono false, o in ogni caso si tratterebbe di una frode troppo ben costruita. Ma se le ricerche non sono che a questo punto," continuò a indicare il dossier, "non sono abbastanza avanzate per condurre degli esperimenti su degli esseri viventi, men che meno su degli esseri umani."

"E se si trattasse di una grossa organizzazione con degli enormi mezzi?" Chiese Nobu prendendo appunti.

"Degli enormi mezzi e degli ottimi agganci. La maggior parte dei materiali e dei prodotti necessari alle nanomacchine e agli individui che le ricevono non sono liberamente in vendita. Si tratta di materiali molto costosi, se non in alcuni casi estremamente rari e quindi quasi impossibili da reperire."

"E se avessero tutte queste cose?" Insistette Itsumi.

"Scienziati senza alcun senso dell'etica o della morale potrebbero in effetti condurre degli esperimenti su degli esseri umani. Ma anche così, i soggetti degli esperimenti non potrebbero essere chiunque."

"Cioè?"

"Individui con una condizione fisica eccellente. Persone che sono già quasi dei superuomini al livello delle loro capacità fisiche. E' necessario almeno questo per sopportare e sopravvivere alle nanomacchine. Ve lo ripeto, all'attuale stato delle ricerche, è molto più probabile che i soggetti muoiano."

L'uomo inspirò l'aroma del caffè e ne bevve un sorso.

"Se però un soggetto sopravvivesse, non dovremmo aspettarci che continui a vivere ancora a lungo."

"Che intende dire?"

"Le nanomacchine restano comunque delle macchine, quindi con un programma. Per quanto possano essere intelligenti, è molto probabile che finiscano per uccidere il loro ospite."

"In che modo?" Chiese Itsumi, stanca di domandare senza sosta dei chiarimenti.

"Le nanomacchine potrebbero veramente sapere quali cellule riparare e moltiplicare?" Chiese lui prima di rispondere alla domanda. "No, non allo stato attuale delle cose. Alla fine apparirebbero dei tumori, uccidendo il soggetto. Dopo qualche tempo, qualche mese oppure forse qualche anno, questa persona sarebbe l'essere più forte del mondo, quasi immortale se non venisse ucciso sul colpo in seguito ad un incidente o ad un attacco, ma lentamente il suo corpo morirebbe dall'interno."

Il professore si raddrizzò e continuò sorridendo.

"E se vogliamo credere a tutto ciò che è scritto qui, è addirittura possibile che le nanomacchine attivino una certa parte del cervello finora inutilizzata. Entriamo quindi in un territorio sconosciuto, e quali possibilità ci potrebbero essere offerte!"

Sia Itsumi che Nobu notarono l'espressione eccitata del professore. Le imprevedibili possibilità aperte dalle nanomacchine a livello cerebrale sembravano essere l'innovazione del secolo che l'appassionava. Come se migliorare le capacità degli esseri umani e rigenerare in qualche ora qualunque tessuto non fosse per niente interessante ai suoi occhi. O più precisamente, queste capacità apparivano ridicole davanti alle possibilità offerte dall'attivare le zone inutilizzate del cervello.

"Se dovessimo rintracciare uno di questi soggetti, come dovremmo fare?" Chiese Itsumi, restando concentrata sul suo obiettivo.

"Buona domanda. Chiedete negli ospedali se hanno dei pazienti affetti da tumori e che presentano tuttavia una forza e una resistenza improbabili o addirittura impossibili per la malattia che hanno. O ancora, se hanno avuto persone le cui ferite sono guarite in poche ore. Ma soprattutto, se riuscite a mettere le mani su una simile persona, permettetemi di studiarla."

Nobu prese nota di questi suggerimenti, ignorando volutamente l'ultimo commento poi lui e Itsumi si scambiarono un'occhiata. Per il momento sembravano avere tutte le informazioni necessarie.

"Grazie, per adesso è tutto. Mi mandi le sue conclusioni via mail. Le lascio il dossier, ci faccia sapere se scopre qualcos'altro che potrebbe interessarci. Queste informazioni però non devono uscire da qui, il documento fa parte di un'indagine criminale."

Il professor Taka sembrò sollevato di poter tenere il dossier. Sorrise e annuì al sergente e all'investigatore, prima di accompagnarli alla porta. Quando fu il momento dei saluti, gli venne in mente un dato importante.

"A proposito, sergente. Alcuni dei prodotti utilizzati per la fabbricazione delle nanomacchine e per farle accettare dagli esseri umani sarebbero rigettate dagli uomini."

"In che senso?" Disse Itsumi, spazientita.

"L'Otome - il vostro superuomo - è una donna."


"Gli Yakuza sono furiosi."

"Continui a ripeterlo," sospirò Viola, facendo segno ad un cameriere di portarle un altro thè.

"Gli sbirri brulicano dappertutto e le bande sono sul piede di guerra."

"Continui a ripeterlo," insistette lei impassibile anche se, tra sé e sé, era seccata di essere stata contattata dal giovane criminale per così poco.

"Con il caos che hai provocato nei giri di traffico illegale," continuò lui facendo girare i cubetti di ghiaccio nel suo bicchiere di whisky, "le droghe più comuni sono diventate quasi impossibili da reperire."

"Possono essere veramente così irritati per avere perso il mercato che rappresenta una semplice isola come Fuuka?"

"Merda, Viola! Ma lo sai quali dossier hai rifilato agli sbirri?"

"In realtà no. Ho solo preso quelli che mi sembravano più interessanti."

"Beh, i tuoi dossier incolpano dozzine se non centinaia di tizi in tutto il Giappone. Hai paralizzato da sola una buona parte del loro commercio di droghe, prostituzione, armi e potrei andare avanti ancora."

"Poco importa, l'hai detto tu stesso che è difficile ottenere le droghe più comuni, per i 'prodotti' più rari sarà addirittura impossibile."

L'uomo bevve un lungo sorso di whisky.

"Non te l'ho mai chiesto, ma da dove hai preso tutti quei dossier?"

La domanda fece sorridere Viola.

"Conosci i Ryu?"

"Solo di nome," rispose lui. "Non avevo mai sentito parlare di loro prima di dover fare la guardia del corpo durante una riunione tra loro e gli Yakuza due mesi fa. Questi ultimi erano parecchio irritati nei loro confronti. Ho supposto quindi che i Ryu fossero una specie di gang straniera che avesse degli accordi con gli Yakuza e che tu avessi fatto il doppio gioco con loro. Non so nemmeno quale sia il loro simbolo di clan, i miei capi parlavano dicendo che tu facevi parte della loro famiglia. Allora, sei veramente una di loro?"

Viola lanciò un'occhiata al suo orologio.

"Tu porti un irezumi - un tatuaggio - non è così? E' un rituale, una tradizione, applicata regolarmente quando fai il tuo ingresso nella mafia, mi sbaglio?"

"Esatto," rispose lui con arroganza, appoggiandosi allo schienale del suo divanetto sfondato. E' proprio per questo che si viene visti male nel nostro bel paese se si hanno dei tatuaggi. E' una dimostrazione della nostra fedeltà alla famiglia, si fa alla maniera tradizionale con degli aghi che iniettano l'inchiostro sotto la pelle, è indelebile e fa un male del diavolo farselo fare, ma è il simbolo del nostro orgoglio!"

Viola studiò l'arroganza del giovane che giocherellava con i suoi anelli.

"La vostra fedeltà, eh?" Commentò ironicamente, prendendo la tazza di thè offertale dal cameriere. "Tutte queste tradizioni vengoo da un'epoca passata, se vuoi il mio parere. Dopo tutto, hai già infranto la settima regola del vostro codice di condotta: 'Non parlerai a nessuno del nostro clan', e... direi altre otto regole."

"Conosci il Ninkyodo?"

"Un po'," rispose lei scrollando le spalle. "Anche i Ryu seguono questo codice di condotta, anche se non si considerano veramente membri della Yakuza. Seguono però la tradizione dei tatuaggi. Il tuo clan utilizza una tigre e un cerchio nero nel braccio per ogni crimine commesso, non è così?"

Inconsciamente, l'uomo si strofinò il braccio decorato con quattro linee nere parallele.

"Sì."

"I Ryu non utilizzano nessun simbolo particolare ma i loro membri devono portare un tatuaggio unicamente rosso e nero. Lo disegna un un tatuatore con uno stile molto personale, per questo il simbolo che indica la loro appartenenza è chiaramente riconoscibile."

"Tu hai un tatuaggio simile," comprese lui, avvicinandosi a Viola affinché i tavoli vicini non sentissero la loro conversazione.

"Sì, in un certo senso conosco bene i Ryu. Trafficano in un commercio molto particolare, quello delle informazioni. Hanno spie e informatori in tutti gli ambiti e a tutti i livelli: polizia, criminalità, Yakuza, mafia straniera, governi, e via dicendo. I loro uomini sono dei professionisti e compilano dei dossier completi su tutte le attività di tutti i gruppi, vendendole poi al miglior offerente."

"E i mafiosi accettano l'esistenza di un gruppo simile?" Domandò lui incuriosito.

"Certo," rispose lei. "Non hanno scelta. Se se la prendono con loro, i Ryu possono fornire informazioni ai loro rivali, oppure alle autorità. E' difficile prendersela con qualcuno che sa tutto di voi quando voi non sapete nulla di loro."

"Quindi... tu hai rubato i dossier ai Ryu e li hai usati lasciandoli sul cadavere del Boss?"

"Semplice come bere un bicchier d'acqua quando sai dove trovare uno dei loro centri di immagazzinamento dati. Guarda cosa qualche semplice notizia può provocare!"

Viola non specificò che in mezzo all'insieme dei dossier, uno proveniva da lei. Sapeva di essere ancora molto lontana dall'individuare i colpevoli o spedirli dietro le sbarre, ma sperava che il documento incuriosisse abbastanza le forze dell'ordine perché indagassero al posto suo e arrivassero infine a trovarli e a fermarli nel caso in cui lei non ci fosse riuscita.

"Ora capisco meglio la collera dei Ryu e quella degli Yakuza."

"In effetti," sospirò Viola.

Ci fu un breve istante di silenzio, poi un lampo di interesse illuminò gli occhi del giovane criminale.

"Anche tu hai spportato il dolore di fare un tatuaggio alla maniera tradizionale?"

"Oh credimi, ho sopportato di molto peggio," rispose lei, lasciando una banconota sul tavolo.

Si alzò e iniziò ad infilarsi la giacca e la sciarpa.

"Ti rendi conto che riusciranno presto a riorganizzarsi, e che se ti trovano subirai cose peggiori di quanto tu possa immaginare," commentò lui senza muoversi dal suo posto.

"Credimi, è impossibile che mi facciano cose peggiori di quanto possa immaginare. Gli Yakuza non sono certo le persone più pericolose a darmi la caccia. Esistono gruppi ben più potenti e segreti dei Ryu. Sono sempre quelli che non conosci ad essere i più temibili."

"Pensavo che i Ryu sapessero tutto," rispose lui alzando un sopracciglio.

"Sarebbe tutto molto più facile se così fosse. Ci vediamo, devo andare."

Senza aspettare una risposta, Viola uscì dalla bettola dove si erano incontrati per attraversare rapidamente la strada e raggiungere una fermata dell'autobus.

Aveva un appuntamento tra un'ora dall'altra parte di Fuuka per cenare insieme a Shizuru. L'occasione perfetta per ristabilire finalmente un corretto rapporto con la ragazza e spiegarle chi era veramente. Da quasi una settimana desiderava confessarle tutto ma voleva incontrarla di persona, e Shizuru aveva rifiutato tutti gli appuntamenti con la legittima scusa degli esami del secondo trimestre. Viola aveva accettato di buon grado il rinvio. E adesso che la conversazione stava per avere luogo, sentiva di stare perdendo il suo coraggio. Il discorso che si era preparata era come svanito.

Salì velocemente sull'autobus e non seppe se essere grata del calore che faceva al suo interno oppure rimpiangerlo: l'ambiente era umido e l'odore di sudore che lo permeava era ripugnante. Il viaggio in autobus richiedette una buona mezz'ora, che in aggiunta al quarto d'ora di attesa per l'arrivo del mezzo le lasciò 10-15 minuti per arrivare in tempo al ristorante.

Ebbe un sorriso divertito notando che il luogo in cui Shizuru l'aveva invitata era lo stesso piccolo ristorante di quartiere dove lei stessa aveva portato Chie e Aoi a cena il giorno del suo arrivo. Entrando, fu avvolta dal piacevole calore della sala, accompagnato stavolta da un odore gradevole: quello del cibo e l'altro più festoso degli alberi di Natale posti all'interno.

"Buonasera, signorina. Ha una prenotazione?"

In effetti quella sera c'era molta gente. Ma forse era dovuto al fatto che la maggior parte dei ragazzi avevano finito i loro esami ed erano al momento in vacanza.

"Sì, a nome Fujino."

"Certo. Fujino-san è già arrivata. Se vuole seguirmi."

Viola non pensava fossero necessarie tante cerimonie, il ristorante non era così grande da non permetterle di individuare Shizuru a colpo d'occhio. Era tranquillamente seduta ad un tavolo in fondo alla sala, non lontano dal camino e da uno degli alberi allegramenti decorati. Il tavolo era abbastanza isolato, adatto quindi ad una conversazione privata. Perfetto per confessarle la verità.

Viola inspirò profondamente e ringraziò la giovane cameriera.

"Grazie, l'ho vista."

La cameriera la lasciò quindi raggiungere da sola il tavolo. Viola sorrise a Shizuru, per nulla sorpresa dal kimono color malva pallido che indossava. Shizuru si alzò in piedi al suo arrivo e dopo essersi salutate con un bacio, si sedettero entrambe.

"Come stai dall'ultima volta?" Iniziò subito a chiedere Viola.

"Ara, ara, bene. Soprattutto sono contenta che tutti questi esami siano finiti."

"Oh sì, i tuoi esami. Sono andati bene?"

"Penso di sì."

Viola sorrise tra sé e sé, sapendo perfettamente che quel 'penso di sì' equivaleva ad un successo strepitoso.

"Quindi sei in vacanza adesso?"

"Ara, solamente quando sarò riuscita a completare tutti i documenti che sono sulla mia scrivania."

"Il tuo lavoro di Kaichou," comprese Viola.

"In realtà, con tutta la documentazione relativa ai lavori intrapresi per la ricostruzione degli edifici scolastici ho un po' l'impressione di fare il lavoro della direttrice."

Viola annuì, prima di riportare lo sguardo sul menu. Cercava il modo giusto per confessare la verità a Shizuru. O forse era meglio aspettare la fine della cena per non rovinare tutto.

"Sono felice che tu sia potuta venire stasera," riprese Shizuru chiudendo il menu.

"Sai bene che mi fa sempre piacere passare del tempo in tua compagnia."

"Non ne dubito," rise Shizuru. "Ma questa sera è speciale."

"Speciale?" Ripeté Viola, alzando lo sguardo per osservare la ragazza.

Provò un sincero moto di curiosità. Shizuru sorrise nuovamente.

"Sì, due giorni fa era il mio compleanno."

Nonostante fosse sempre padrona di sé, stavolta Viola si lasciò sfuggire una sincera espressione di sorpresa, con la bocca leggermente aperta e cercando disperatamente cosa dire mentre il suo cervello continuava a ripetere ciclicamente "oh, merda!".

"Oh, non ti preoccupare," sorrise Shizuru. "Non potevi saperlo. Non te l'avevo detto e non è una cosa che vada a gridare al mondo intero, anche se quest'anno per via del giornalino di Chie due mesi fa la maggior parte di Fuuka Gakuen ne era al corrente. Ho ricevuto una quantità folle di regali e non so proprio cosa farne. Ma..."

Con dolcezza, Shizuru appoggiò la mano su quella di Viola prima di intrecciare le dita con le sue.

"Ma ciò che volevo veramente, era passare del tempo con una persona che am- con te," si trattenne, pensando che fosse troppo presto per dirle che l'amava.

Dal canto suo, Viola trattenne a stento una smorfia. Aveva dimenticato il suo compleanno. Com'era possibile? D'accordo era stata impegnata, molto presa dai problemi con gli Yakuza e tutto il resto, ma al punto da dimenticare una simile data! E Shizuru che l'amava! Si era trattenuta ma Viola non era abbastanza ingenua o stupida per non capire quello che aveva voluto dire.

Appoggiò il menu sul tavolo senza avere ancora scelto cosa mangiare.

Poteva davvero dirle la verità quel giorno? Mentre festeggiavano il suo diciannovesimo compleanno? Era abbastanza crudele da farle una cosa simile?

Ma non sarebbe forse più crudele lasciare che continui a farsi illusioni sulla nostra relazione? E Shizuru l'amava! Continuava a ripetersi senza sosta. Viola stessa non sapeva come la ragazza avrebbe reagito alla verità sulla sua identità. Non riusciva ad immaginarsi la sua reazione malgrado gli sforzi. Di certo perché non si poteva prevedere una cosa simile se non vivendo quel genere di situazione.

"Viola? C'è qualcosa che non va?"

Viola spostò lo sguardo sulla persona di fronte a lei e notò la sua inquietudine.

"No, no, va tutto bene," la rassicurò. "Sono solo terribilmente dispiaciuta di non avere un regalo da offrirti."

"Ara," sorrise Shizuru, sollevata. "Basterà invitarmi a cena domani o semplicemente accompagnarmi al cinema visto che sembri conoscere bene i miei gusti."

"Perché no!" Esclamò Viola in tono malizioso. "Ci penserò."

In fondo, il più bel regalo che potesse farle era quello di continuare a lasciarla sognare. Le prove, la solitudine, le rivelazioni potevano aspettare ancora un po'.


Shizuru aveva rifiutato il suo invito. Shizuru non si era mai rifiutata di vederla! Mai! Eppure, improvvisamente, la ragazza da cui aveva cercato così disperatamente di allontanarsi non voleva più vederla.

Natsuki, furente, picchiò aggressivamente sui tasti del suo joystick, cercando di sfogare tutta la sua frustrazione sul boss del suo videogioco. La rabbia evidendentemente non l'aiutò molto perché l'immonda creatura che aveva faticato così tanto a raggiungere colpì in pieno il suo personaggio. Lo schermo mostrò il ben noto messaggio di "game over", che non fece altro che farla adirare ancora di più. Di conseguenza, il joystick volò dall'altra parte della stanza e colpì violentemente qualcosa, a giudicare dal rumore di vetro in frantumi.

Alla fine incrociò le braccia sul petto e tentò di calmarsi.

In realtà Shizuru non le aveva detto di non volerla più vedere, semplicemente di non potere accettare il suo invito quella sera. Era sembrata sinceramente sorpresa che Natsuki aspettasse la fine degli esami per proporle di uscire insieme da sole una sera per festeggiare il suo compleanno.

Natsuki capiva la sua sorpresa. Da settimane non si incontravano da sole, senza Mai o Chie o qualcun altro dei suoi amici. Settimane nelle quali Natsuki non aveva fatto nessun tentativo per vederla - proprio come Shizuru stessa d'altro canto. E da quando la ragazza la conosceva - quasi quattro anni - di rado le aveva fatto gli auguri per il suo compleanno - una volta addirittura le aveva regalato un braccialetto dopo quasi un mese di ritardo, quando finalmente se n'era ricordata.

Per questo capiva perfettamente la sua sorpresa, ma non il suo rifiuto.

Era Viola. Di certo era colpa sua. Le cose stavano cambiando e a Natsuki non andava giù.

La ragazza infine si alzò per andare a verificare i danni che aveva provocato. Il joystick sembrava intatto ma probabilmente non avrebbe più funzionato come prima. Il quadro che aveva rovesciato invece era da buttare. La ragazza si inginocchiò per raccogliere i frammenti più grossi e sibilò quando un pezzo di vetro le tagliò un dito. Qualche goccia di sangue cadde sulla foto scoperta.

Shizuru le aveva regalato il quadro e la fotografia per uno dei suoi compleanni - che Shizuru dal canto suo non aveva mai dimenticato. Natsuki l'aveva tenuto anche se aveva detto alla ragazza di averlo buttato via. Nella foto, Natsuki teneva il broncio, con le guance rosse sicuramente per essere stata presa in giro dalla sua amica e, malgrado le gocce di sangue che in quel momento nascondevano il viso di Shizuru, Natsuki sapeva che la ragazza stava sorridendo in modo naturale di fianco a lei.

L'immagine sembrò sfocarsi, e sentì nuove gocce cadere sulla carta plastificata della fotografia. Ma questa volta non era sangue. Lacrime scorrevano silenziosamente lungo le sue guance, per finire il loro percorso sui visi immortalati dalla macchina fotografica. Natsuki piangeva.

Perché stava perdendo Shizuru.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > My HiME - My Otome / Vai alla pagina dell'autore: emyliane