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Autore: LouisLiamNiallHarryZayn    18/05/2014    2 recensioni
Un ragazzo bellissimo uscì dalla carrozza. Indossava una camicia bianca e dei pantaloni da passeggio color azzurro che si intonavano letteralmente alla perfezione con il celeste cielo dei suoi bellissimi occhi.
Era più che bello, era sublime. Ma come potevo pensare alla bellezza di un uomo?
Si voltò come se sapesse che i miei occhi erano inchiodati sulla sua bellezza. Anche a trenta passi di distanza riuscivo comunque a sentire il suo odore di cioccolata.
[9ml+ parole] [Larry] [Anno: 1970] [storia divisa in tre capitoli]
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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FORBIDDEN LOVE


Il giorno in cui la mia vita cambiò radicalmente cominciò come uno dei soliti barbosi giorni della mia ripetitiva vita.

Era una focosa giornata di giugno del 1870 e l'afa era così opprimente che era diventato quasi impossibile respirare.

Avevo deciso di trascorrere la mia mattinata a passeggiare solitario vicino al laghetto che costeggiava la fitta foresta di pini.

Era così che passavo ogni estate della mia vita. Ero un diciassettenne irrequieto e non ero ne pronto per iscrivermi all'università della Virginia e non avrei neanche tentato la vita militare come aveva ben deciso invece mio cugino Albert lo scorso inverno.

Ogni giornata speravo che passeggiare e restare ad ammirare il sole splendere sul laghetto mi avrebbe aiutato a capire cosa farne e chi diventare nella mia vita.

Ero come se fossi bloccato in uno strano limbo. Non ero ancora un uomo e non ero più un ragazzo.

Molti miei compagni dell'infanzia avevano già trovato moglie, generato un'abbondante prole oppure erano già partiti in guerra col generale Cora.

Era da un paio di settimane che mio padre continuava a ripetermi di sposarmi con Lady Duckworth, figlia del grande generale Sir Daniel Duckworth, noto soldato che lotta per la propria patria dalla veneranda età di tredici anni.

Non che Lady Susan Duckworth non fosse di mio gradimento ma non era mai solare e allegra, né civettuola e capricciosa e tanto meno maliziosa e intelligente. Era solo un'ombra di sfondo che dalla mia infanzia era disposta a seguirmi nelle mie avventure, ma mai a guidarle.

Certo, aveva sempre avuto un viso gradevole con un'espressione sveglia, indossava sempre abiti color cremisi e non si poteva di certo definire priva di bellezza, ma non ero attratto né fisicamente, né mentalmente e tanto meno finanziariamente da lei.

Sapevo benissimo che, se entro la fine della stagione estiva non avessi trovato moglie o fidanzata, mio padre avrebbe provveduto a cercarmene lui stesso una, come stabilito dal patto che concludemmo alla fine dello scorso anno.

Non ci pensavo troppo, perché ero sicuro avrebbe nettamente influenzato i miei pensieri rendendoli ancora più confusi, malinconici e tristi di quello che già non fossero.

No, nemmeno il sole che punzecchiava sulla mia pelle color del latte e il rumore dell'acqua del laghetto che si muoveva grazie ai pesciolini riusciva a rilassarmi e farmi capire cosa avessi potuto farne della mia vita.

Notando il sole che risplendeva proprio sulla mia nuca pensai di tornare nella villa per l'ora di pranzo.

Quando raggiunsi finalmente l'entrata della mia villa notai in lontananza una carrozza.

Un cocchiere dai capelli neri corvino apri lo sportello lasciando che i suoi passeggeri scendessero.

L'osservai incuriosito. Non ricevevamo molto spesso visite almeno non quando mio padre era intento a organizzare un ballo.

Un ragazzo bellissimo uscì dalla carrozza. Indossava una camicia bianca e dei pantaloni da passeggio color azzurro che si intonavano letteralmente alla perfezione con il celeste cielo dei suoi bellissimi occhi.

Era più che bello, era sublime. Ma come potevo pensare alla bellezza di un uomo?

Si voltò come se sapesse che i miei occhi erano inchiodati sulla sua bellezza. Anche a trenta passi di distanza riuscivo comunque a sentire il suo odore di cioccolata.

Si voltò di nuovo, e una donna, che doveva essere la sua cameriera, uscì dalla carrozza con un cesto di paglia poggiato nell'incavo tra il braccio e l'avambraccio.

-Potrei esservi di aiuto?- chiesi avvicinandomi alle due figure che mi scrutavano attentamente.

-Certo- disse il ragazzo -portate le nostre valige nella dependance e mostrateci la sala in cui si terrà il pranzo- disse picchiettando il dito contro i due grandi bauli di pelle posti dietro la carrozza.

-Non sono.. cioè- balbettai nervosamente -sono il figlio del proprietario, Edward Styles, con precisione- conclusi ridacchiando all'espressione sconvolta del ragazzo con gli zigomi leggermente arrossati.

-Oh, Cristo- acclamò -mi scusi per il malinteso, io sono Louis Tomlinson, ospite di suo padre con la mia cameriera Rose per un po'- concluse porgendomi la mano che strinsi con forza.

Subito si congedò e lo guardai camminare verso la dependance, seguito dalla cameriera, e in quel momento compresi che la mia vita non sarebbe stata più la stessa.

 

**

 

-Si, padre- dissi entrando nel suo studio dopo che Albert mi aveva annunciato che voleva avere una conversazione con me.

-Lady Susan ha appena festeggiato il suo diciassettesimo compleanno e cerca marito-.

-Lady Susan?- ripetei -Dovevamo riparlarne alla fine di quest'estate- risposi.

-Sì, Susan-. Mio padre mi rivolse uno dei suoi rari sorrisi. Sapevo già cosa voleva dirmi.

-Ho già parlato con suo padre, sembra l'unione perfetta- mormorò lasciando uno dei suoi numerosissimi libri e alzandosi dalla poltrona.

-Susan Styles, perfetto- rispose al mio sguardo cupo.

Susan Styles. Il solo pronunciare il suo nome con il mio cognome mi faceva rizzare i peli sulle braccia.

La figura imponente di mio padre, vestito con l'abito da passeggio nonostante il caldo, si avvicinò a me e mi porse una scatoletta rossa. L'aprì e notai subito il diamante azzurro tempestato di diamanti tutt'intorno. L'anello di mia madre.

-Credo che Agosto sia un mese prefetto per un matrimonio- rispose facendomi cenno di uscire dal suo studio mentre le lacrime di rabbia cominciarono a pizzicarmi gli occhi e bagnarmi le guance.

**

 

Non riuscivo un secondo a smettere di pensare a lui. Non volevo nemmeno pronunciare il suo nome. Non osavo.

Mio padre aveva annunciato un grande, sfarzoso e immenso ballo nella nostra tenuta per l'annuncio di una fantastica notizia, il mio fidanzamento con Lady Susan.

A mio padre non interessava il mio parere, non gli importava se non ero innamorato di lei.

Lui amava soltanto la sua tenuta, i suoi beni, e voleva soltanto che con l'unione delle due famiglie Villa Duckworth fosse entrata a far parte delle innumerevoli terre di famiglia.

Ecco perché adesso ero seduto su una delle innumerevole sedie del salotto Duckworth con Lady Susan, sua madre Lady Jane e la loro domestica che non la smetteva di poggiare sul tavolo innumerevoli dolcetti fatti in casa.

-Non credete che oggi la mia figliola Susan sia più bella del solito?- mi chiese Lady Jane, come per indicarmi di farle un complimento.

-Oh, certo- mentii sorridendo flebilmente.

Susan indossava un scialbo vestito azzurro che ricopriva gran parte del suo scheletrico e minuto corpicino per nulla grazioso e sensuale.

L'unica cosa davvero bella in lei era il colore del suo vestito che mi ricordava il color azzurro cielo degli occhi di Louis Tomlinson e mi sarei fatto bastare quello per farle un complimento.

-Abbiamo pensato al rosso- aprì finalmente bocca la piccola Susan con ancora le guance arrossate per i complimenti.

-Per il vestito del ballo?- chiesi.

-Ma certo!- rispose Lady Jane lanciandomi un'occhiata stizzita.

-Tutto andrà bene, vi sta tutto d'incanto- risposi mentendo e ricevendo un sorriso d'approvazione da parte di Lady Jane.

Lady Susan arrossì più di quanto già non lo fosse e continuò a guardare il pavimento sperando nella scomparsa dell'arrossimento.

Passarono altri cinque minuti e guardando l'orologio giallognolo a cucù mi resi conto che erano solo passati trentadue minuti, che a me sembravano anni.

-Io andrei- dissi -ci vedremo dopodomani al ballo, Susan- dissi con tono confidenziale che la madre sembrò accettare con un sorriso.

E finalmente congedai le signore della Noia e non fui mai così felice di dover ritornare nella mia villa.

 

**

 

Erano passati due giorni dall'arrivo in città di Louis e da quella giornata non ho più avuto la possibilità di rivederlo.

Quella mattina percorsi, come smisi di fare i giorni precedenti, la mia solita passeggiata verso il lago.

-Buongiorno Harry- sentì una voce cristallina e divertita chiamarmi.

Mi volta ed ecco che vidi la sua immagine sorridente, notai subito i suoi occhi azzurri messi in risalto dalla luce del sole che riuscirono a farmi notare la perfezione del suo volto e la bellezza del suo sorriso.

Ero un ragazzo strano, pensavo ad un ragazzo nel modo in cui avrei dovuto pensare ad una ragazza, nel modo in cui avrei dovuto pensare alla mia futura moglie.

Anche quel giorno l'afa non voleva proprio saperne di andare via e così il caldo poteva essere anche una scusa perfetta alle mie guance arrossate.

-Buongiorno, Louis- dissi facendogli segno di costeggiarmi nella mia passeggiata verso il laghetto.

-Come mai tutto solo?- chiese con la stessa confidenza che si poteva avere con un amico di vecchia data, un fratello, un padre, una fidanzata.

Arrossi se non ancor più quando per puro caso le sue mani sfiorarono il mio fianco sinistro rendendo il mio respiro molto pesante, il mio cuore più veloce e il mio cervello più pesante.

-Pensavo- rispondo senza aggiungere altro, non avrei voluto annoiarlo con la storia della mia vita.

La mia mente era un oscuro abisso di pensieri negativi.

-Avete mai corso contro una persona?- chiese senza rispondere alla mia affermazione precedente, cosa di cui gli fui immensamente grato.

Sorrisi, come se fosse solo una semplice corsa fra i ragazzini che volevano divertirsi.

Non volevo che Louis riuscisse a sentire il battito del mio cuore accelerare così tanto da farmi male in petto solo per qualche sorriso.

Cominciò a correre, veloce come un fulmine verso il laghetto. Dovetti prima riuscire ad accettare il fatto di aver mantenuto più di qualche minuto di conversazione con Louis Tomlinson.

Cominciai a correre. Le mie braccia e le mie gambe scattarono convulse e mi lanciai in una corsa forsennata lungo il passaggio diretto al lago. Quando andavo a scuola ero il ragazzo più veloce della classe, il primo ad abbandonare l'aula al suono della campanella.

Poi udii lo scoppio di una risata in lontananza e notai Louis, vicino al lago che sicuramente rideva di me e della mia lentezza.

Ricominciai a correre più veloce di prima e in meno di un battito di ciglia mi ritrovai vicino al castano che ancora affannato e piegato in due per la corsa forsennata ricominciò a ridere.

-Siete più lento di una lumaca- mi dice divertito sedendosi poi sulla distesa verde che costeggia il laghetto.

Sorridendo mi sedei accanto a lui ammirando la bellezza di quel posto fatato, lontano da tutti i problemi e dal mondo intero.

-Come mai siete qui?- chiesi incuriosito.

-La mia famiglia è morta in un incendio e vostro padre e stato l'unico ad offrirmi un alloggio- conclude sorridendo tristemente.

Mi sentii terribilmente in colpa per aver tolto la felicità dal suo volto e dal suo animo per colpa della mia stupida curiosità.

-Mi spiace- gli dico abbassando lo sguardo come un bambino che viene sgridato dopo una terribile marachella.

-Non è colpa vostra- mi dice poggiando una mano sulla mia spalla -comunque, per quale notizia vostro padre terrà un ballo?- chiese poi togliendo la mano dalla mia spalla.

Sentivo ancora una strana sensazione allo stomaco e il piccolo spazio di pelle in cui era poggiata fino a pochi secondi fa la mano già ne sentiva la mancanza.

-L'annuncio del mio fidanzamento- dissi guardando l'orizzonte cercando di non pensare all'idea di non poter mai possedere Louis tutto per me e per l'idea di un matrimonio forzato di cui non ero per nulla felice.

-E non siete felice?- chiese guardandomi con viso confuso.

-Beh, non se questa unione ha solo funzione finanziarie- dissi sentendo un leggero pizzicore agli occhi, sintomo del mio probabile pianto.

Sono sempre stato un ragazzo forte, le lacrime non fanno per me, soprattutto davanti a Louis che sicuramente poteva pensare a me come a una femminuccia tutta lacrime.

-Ah- disse -non vi sposate- concluse speranzoso di avermi dato una scappatoia da quello che volevo evitare come una delle peggiori malattie esistenti.

-Fosse facile- dissi voltando lo sguardo e perdendomi in quei due pozzi azzurri di cielo che aveva al posto degli occhi.

-Adesso devo andare, la mia cameriera mi sta aspettando- disse alzandosi e lasciandomi lì solo nella speranza che fosse uno scherzo e che restasse con me lì per sempre.

Perché sì, in quel momento insieme a lui ero inspiegabilmente pieno di vita, dissolto da tutti i problemi e insolitamente felice.

 

**

 

Il giorno successivo fu per me un ricordo confuso e indistinto.

Correvo dal negozio della signora Bennet per le prove dell'abito al soffocante salotto della casa Duckworth per far visita a Lady Susan che mi raccontò del risultato finale del suo abito.

Cercai di dimenticare il sorriso di Louis. Cercai di innamorarmi di Lady Susan, o almeno di provare un po' di affetto nei suoi confronti. Sapevo che dietro la sua mitezza e i suoi capelli castani slavati c'era una ragazza dolce che si sarebbe dimostrata una fantastica moglie e madre.

Infatti, Lady Susan era insolitamente di buon umore. A un certo punto mi chiese se al matrimonio preferissi le rose rosse o i girasoli, guardandomi con adoranti occhi castani, avevo provato quasi tenerezza per lei. Forse quel sentimento sarebbe stato sufficiente, anche se per una moglie il sentimento da provare dovrebbe essere amore e non tenerezza.

Il giorno del mio fidanzamento il tempo non era ancora cambiato.

Le carrozze si imbottigliavano sulla strada lastricata, diretti alla nostra modesta villa, pronti per festeggiare il mio fidanzamento.

-Harry Styles- udii gridare mentre scendevo dalla carrozza, per il mio trionfale ingresso, subito dietro mio padre.

Appena misi piede a terra misi a fuoco le centinaia di lanterne che conducevano al portone di legno di ingresso. Sentii un valzer da sala da ballo.

Sospirai ed entrai nella sala della villa. Le pareti della villa erano ricoperte da edera e petunie e dalle bandiere degli stati Confederati. Mio padre non aveva badato a spese ed era inevitabilmente evidente.

Sospirai di nuovo e presi un bicchiere di whisky dal tavolo.

Non avevo fatto più di tre passi che sentì una pacca sulla spalla, appena mi volta trovai la faccia pienotta del Sir Duckworth.

-Ragazzo mio- esclamò Sir Duckworth offrendomi un altro bicchiere di whisky.

-Sir Duckworth, la ringrazio per avermi concesso la mano di sua figlia- mentii bevendo rapidamente il contenuto del mio bicchiere.

-Harry sei pronto?- mi chiede sorridendo leggermente brillo.

Annuisco notando da lontano la figura di Louis in un abito da sera che gli calza a pennello che bevendo un bicchiere di vino mi scrutava attentamente.

-Mi scusi- dico allontanandomi finalmente dal signor Duckworth e avvicinandomi a Louis.

-Buonasera- ammicca Louis sorridendo senza darmi l'impressione di essere davvero felice.

-Harry, andiamo, è ora- mi avvisa mio padre, sorridendo felice.

 

**

 

Mi ero fidanzato, ero fidanzato con una donna che non sarei mai riuscito ad amare realmente.

Scappai dalla festa e mi infiltrai nello studio di mio padre, leggere Shakespeare mi aiutava sempre.

-Come mai non siete alla festa?- quella voce mi fece trasalire, e il libro mi scivolò dal grembo e cadde con un suono sordo.

Louis era in piedi davanti alla porta dello studio chiusa.

-Perché voi non siete alla festa?- ridomandai.

-Dovrei paragonarvi a un giorno d'estate?- citò Louis, prendendo il libro dal pavimento e porgendomelo in mano.

-Dovrei paragonarvi a un giorno d'estate? Siete degno di questo paragone, Styles?- mi chiese sedendosi sul divanetto in pelle accanto a me.

Dovetti ricorrere a tutta la mia forza di volontà per non baciargli quelle bellissime labbra carnose e piene.

I suoi occhi scorrevano su tutta l'enorme libreria di mio padre e fui pure geloso perché avrei tanto voluto che quei occhi così belli fossero su di me.

-Povero, dolce, caparbio Edward, non avete ancora imparato che le regole sono fatte per essere infrante?- disse lasciandomi confuso e poggiando le sue morbide e candide labbra sulle mie.

Sentivo il suo odore di cioccolata invadermi le narici e avrei pagato anche una delle più pesanti tasse solo per restare così con lui per sempre.

Accarezzava le mie guance con le sue calde mani e sembrava non volesse lasciarmi andare.

-Non sposate Lady Susan, restate con me- continuava staccandosi a momenti alterni e sorridendo appena.

Avevo gli zigomi arrossati e il cuore impazzito.

Non avrei sposato Lady Susan, a costo della morte.

  
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