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Autore: Hanji Phi    18/05/2014    4 recensioni
Clarissa Fairchild porta con sé il peso degli errori, delle vite spezzate, delle opportunità perdute. Una nuova opportunità è sinonimo di rinunce e difficoltà, ma può fare la differenza tra la vita e la morte, la speranza e la distruzione del mondo e delle persone che ama.
{Dal quarto capitolo:
Jace era lì.
Clary poteva vedere i suoi occhi, del colore dell’ambra al sole, confusi e attratti dai suoi quasi come se sapessero chi aveva davanti, a differenza della sua mente. Se gli occhi erano lo specchio dell’anima, non aveva dubbi che ciò che aveva visto in quelli di Jace, ma che lui si era premurato di nascondere nella sua espressione da eterno padrone della situazione, avrebbe dovuto terrorizzarla, farle provare rabbia forse, verso chi non era sicura.
La fitta che la percorse, invece, fu di speranza. Un sentimento infinitamente più pericoloso.

INTERROTTA
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Jonathan, Magnus Bane, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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The way of this revenge

The way of this revenge


Jace

-E’ una tragedia, Maryse. Anche l’Istituto di Los Angeles è caduto, il terzo in un mese. Dobbiamo fare in fretta e fermare il figlio di Valentine prima che la nostra razza venga annientata!- stava dicendo Jia Penhallow. O meglio, il suo ologramma, nel bel mezzo della biblioteca di fronte alla scrivania. La vera Jia era ad Idris.
-Quei poveri bambini…- mormorò, le mani intrecciate sotto il mento e gli occhi colmi di rabbia. La millenaria guerra fra Shadowhunters e demoni li aveva portati a perdere fin troppe vite, ed era già dura quando toccava agli adulti, amici di una vita, perire sotto le forze nemiche. Il pensiero di perdere i più giovani dei loro risultava più mostruoso quando chi poneva fine alle loro esistenze era anch’esso un Cacciatore.
-Los Angeles… i Blackthron, vero? Abitano quell’Istituto- disse Alec, accanto alla madre. Aveva la mascella tesa e lanciava strane occhiate dall’altro lato della sala, dove, poco lontano, si trovavano Jace e Isabelle, nei pressi del divano –uno poggiato alla spalliera a braccia conserte, l’altra seduta sul bracciolo, le dita affondate sul tessuto.
-Esatto- confermò il Console, spostando lo sguardo su di lui. -E con loro anche la figlia di John Carstairs, Emma. Lui e la moglie sono morti dopo un sopraluogo in un area che indicava alte presenze demoniache. Altri hanno fatto la stessa fine per dare a lei e ai Blackthron il tempo di uscire dall’Istituto e attraversare un Portale di emergenza che li facesse arrivare ad Idris. Sono tutti qui, ma…-
Si bloccò, e il suo sospiro stanco fece comprendere ad Alec quanto davvero critica fosse la situazione, lontano da New York. Dovevano essere distrutti, pensò, per ciò che era capitato loro.
L’attenzione di Jia tornò su Maryse. -Come procedono le ricerche?-
-Non sappiamo dove si trovi Sebastian. Ma i Nascosti continuano a morire, e abbiamo ragione di credere che stia radunando un esercito di Cacciatori convertiti, di Inoscuriti, come l’ultima volta. Sono loro i responsabili di queste morti, e se i Nascosti pensassero che siamo noi ad ordinarle, potrebbero attaccarci- spiegò, riassumendo ciò che i figli le avevano raccontato.
-Siamo fin troppo vulnerabili. L’ultima cosa che ci serve in questo momento è una rivolta interna agli Accordi. Parlerò io ai rappresentati dei quattro popoli alla prossima riunione.-
Jia tacque per qualche secondo, poi raddrizzò la schiena e fece un cenno. -Se questo è tutto, ti saluto.-
Anche Maryse annuì. -Ci aggiorneremo in caso di novità.-
L’immagine di Jia tremolò fino a scomparire.
-Possiamo respirare, ora?- chiese ironicamente Isabelle, dondolando i piedi. Alec le lanciò l’ennesima occhiataccia.
-Nessuno ti ha detto di non respirare –solo di fare silenzio- precisò.
-E’ lo stesso- gli fece notare Jace, abbandonando la posizione in cui era rimasto per tutta la durata della conferenza, per avvicinarsi al suo parabatai.
Si udì uno sbuffo, poi Isabelle si lasciò andare e cadde all’indietro sul divano, le braccia sopra la testa.
Le sopracciglia di Jace scattarono verso l’alto. -Carina.-
-Oh, sta zitto!- disse lei, afferrando un cuscino e lanciandoglielo. Jace lo evitò con sfacciata naturalezza.
-Ragazzi- li richiamò Maryse, scuotendo la testa, accennando però un sorriso. Dopo che le avevano portato notizie su Sebastian, Jace aveva chiesto di poter assistere mentre convocava Jia. Non aveva trovato nulla di male nel permettere loro di presenziare, a patto che stessero tanto in silenzio da passare inosservati. Se anche il Console li avesse notati, non se n’era lamentata.
-Chi si sta occupando sul serio di quei bambini? Dubito che lo faccia Jia, con tutto ciò a cui deve pensare- disse Jace, gettandosi di peso sulla sedia di fronte alla scrivania e scostando distrattamente penne, fogli e vari oggetti sparsi lì sopra, in attesa di una risposta.
-Suppongo che i membri del Conclave facciano quello che possono. In ogni caso non c’è un modo per strappare loro il dolore e lo shock di quello che hanno subito- rispose, con tono basso.
Di fronte agli occhi di Jace apparve un vaso con delle ceneri, qualche parola sussurrata all’orecchio, un Ave atque Vale piatto e indistinto durante un funerale messo in scena per dovere. Aveva guardato da lontano le ceneri di Valentine disperdersi, ma tutto ciò cui riusciva a pensare era la sofferenza che non avrebbe voluto provare verso la perdita dell’unico genitore che avesse mai conosciuto.
-Se sono forti, lo supereranno.-
-Non si tratta solo di essere forti- replicò Maryse, porgendogli il foglio di carta che Jace stava cercando. Era una missiva del Conclave con la lista dei Nascosti morti nell’ultimo mese, e sul retro il numero di Istituti presi d’assalto dai demoni nello stesso arco di tempo.
-Si sta facendo sfacciato e pericoloso, e quelli che colpisce sono tutti Istituti che ospitano bambini. Se vuole ricreare un esercito come dite, comincerà da loro.-
-Ma sono solo dei bambini!- saltò su Isabelle, disgustata, avvolgendosi le braccia attorno al busto mentre si rimetteva seduta. -Sebastian è un mostro. Giuro che se l’avessi di nuovo sotto mano…-
-Calma, Izzy- disse Alec, pur appoggiando pienamente i suoi pensieri. Guardò Jace, gli occhi che scorrevano velocemente l’inchiostro su carta, e si chiese se stesse pensando a quella ragazza -a Clary- e ai suoi avvertimenti su Sebastian. Non si fidava totalmente di lei. Sembrava abbastanza evidente che fosse in lotta con il loro stesso nemico, ma c’era qualcosa che gli intimava di stare allerta. La Regina aveva fatto allusioni ad un suo segreto. E con tutto quello che stavano rischiando, non potevano basare le loro conoscenze e sicurezze su una sconosciuta, per quanto fosse anch’essa una Cacciatrice. A quanto pareva, esserlo non era una più garanzia di buone intenzioni.
-Se Sebastian non avesse voluto creare problemi, avrebbe giocato con i soldatini, o a scacchi- disse Jace, abbandonando il foglio sul tavolo e inclinandosi indietro, verso lo schienale della sedia. -Invece gioca con i bambini.-
-Non credo sia qualcosa su cui puoi fare sarcasmo, Jace- commentò Alec, cercando di decifrare il suo stato d’animo in quelle parole. Non c’era niente sul viso del suo parabatai, e la cosa lo preoccupava anche di più.
-Sebastian è decisamente qualcosa su cui posso fare sarcasmo.-
-Ciò che importa, ora come ora, è trovarlo- disse Isabelle, guardandoli dalla sua posizione sul divano. -Potrai gettargli addosso tutto il tuo sarcasmo prima di ucciderlo.-
-La mia vena ironica è così affilata che lo ucciderebbe prima della mia spada- replicò, con un sorriso che era mezzo sghembo e mezzo ghignante. La sorella alzò gli occhio al cielo, ma prima che potesse dire qualcosa, Maryse la intercettò.
-Fareste meglio ad andare in palestra per il resto della mattinata e sfogarvi. Tu, invece, non devi recarti alla Città di Ossa, Jace?- annunciò, un invito sottile per i tre a uscire dalla biblioteca e lasciarla sola.
Come se li avesse chiamati, in quel momento dalla porta si sentì un timido bussare e, quando si aprì, un viso dai capelli neri e scompigliati e un paio di occhi azzurri dietro lenti rotonde fece capolino. Max entrò nella sala metà camminando e metà correndo, con un bel sorriso indirizzato a Jace.
-E’ arrivato Fratello Zaccaria, dice che oggi non rimarrete qui-  annunciò, rabbrividendo leggermente mentre si guardava dietro le spalle, da dove la figura del Fratello Silente si avvicinava con passi dalla cadenza muta e sinistra. Jace capiva perché a Max veniva naturale tremare in loro presenza –non esattamente paura, ma l’inquietudine dell’aria fredda intorno a quelli che, una volta, erano anch’essi Cacciatori, che si posava sulla pelle.
Fece un cenno a Fratello Zaccaria.
-Non mi era stato detto di dovermi allontanare dall’Istituto- fece notare alla donna che considerava come una madre, guardando prima lei e poi l’uomo incappucciato in attesa a qualche metro da loro.
-Deve essermi passato di mente. A quanto pare oggi è necessaria la tua presenza alla Citta di Ossa- disse semplicemente lei, alzandosi rispettosamente per salutare Fratello Zaccaria.
Jace rimase muto per un attimo, incerto se protestare e chiedere altre delucidazioni o atendere il momento giusto e farlo dopo.
Molto lentamente, si alzò.
-Allora io vado, Maryse. Grazie- disse poi al fratello più piccolo, passandogli accanto e scompigliandogli quella matassa scura che aveva in testa.
-Ehi!- protestò Max, scostando malamente la mano di Jace mentre lui rideva.
La donna lo salutò solo allora, quando ormai si trovava fuori dalla stanza, e dal modo in cui guardava il loro ospite temporaneo capì che dovevano aver avuto una discussione privata. Evidentemente lei era stata già informata di quel cambio di scenario improvviso.
-Perché oggi devo venire alla Città di Ossa?- domandò, una volta che la porta si fu chiusa dietro di loro ed entrambi si avviarono nel corridoio.
Crediamo di aver scoperto qualcosa in merito al fuoco angelico che ti scorre nelle vene, Jace. Serve l’intervento degli altri Fratelli.
Jace lo scrutò attentamente, allerta. Si chiese se quelle parole avessero accezione negativa o positiva, e in entrambi i casi, cos’avrebbe significato per lui. Era destinato a vivere con quella bomba perennemente pronta a scoppiare dentro di sé per sempre?
-Di che si tratta? Mi inietterete un po’ d’acqua santa nelle vene per spegnerlo?-
Fratello Zaccaria non rispose, ma lo sbuffo di una risata giunse alle sue orecchie. I Silenti non ridono, anzi, dubitava fortemente avessero senso dell’umorismo. E se anche l’avevano, o lo comprendevano, lo ignoravano platealmente. In questo, in effetti, somigliavano più ad una cerchia di snob.
Ma Jace aveva davvero sentito una risata. E per una volta non ebbe nulla con cui replicare.
 
Non c’era nulla di attraente nella Città di Ossa. Di solito preferiva tenersene alla larga, dato che ad Alec e Isabelle proprio non piaceva. Erano rari i motivi per cui uno Shadowhunters avrebbe dovuto trovarsi lì, ma Jace cominciava a pensare di possederne più di qualsiasi altro contro la sua volontà. Ovunque attorno a lui, si ergevano muri di pietre vecchie di secoli e il sussurro dei loro morti, forse più ingannevole che vero, vibrava nell’aria. Poteva sentirlo scorrergli lungo la schiena come un alito gelido, mentre scendeva lentamente gli scalini e si avviava verso la sala delle Stelle Parlanti, dove gli altri Fratelli Silenti li attendevano.
Fratello Zaccaria entrò per primo, guidandolo verso il centro della stanza circolare. Il resto di loro era disposto in un cerchio, rasenti al muro. Tre tenevano uno scettro fra le mani, e si trovavano immediatamente di fronte a Jace. Lanciandosi qualche rapida occhiata intorno, aggrottò le sopracciglia.
-Perché questa convocazione speciale? Non dovrei semplicemente studiare con te?- disse, confuso, rivolgendosi a Fratello Zaccaria.
A rispondergli, invece, fu Fratello Enoch, uno dei Silenti che teneva lo scettro.
Crediamo ci sia un modo per liberarti di una buona parte del fuoco angelico imprigionato dentro il tuo corpo, Jonathan Herondale.
Jace era stanco di doverli sempre correggere quando usavano quel nome, perciò aveva smesso di farlo –e di essere gentile con loro quando succedeva. Ora però il sarcasmo non gli sarebbe servito a molto.
-Buona parte? Significa che non c’è modo di eliminarlo totalmente?-
La tua natura di Nephilim e il fatto che i cambiamenti operati da Valentine Morgenstern abbiano aumentato la quantità di sangue angelico che c’è in te, attraggono il fuoco. Non sarà possibile eliminarlo tutto, solo tenerlo a bada più facilmente.
Probabilmente aveva senso. Non c’era vero dolore quando, durante i combattimenti, il fuoco angelico si faceva largo in lui con la forza di mille maree, premendo per uscire con intensità tale da impedire a Jace di pensare a dei validi motivi per cui non dovesse lasciarglielo fare; in quei momenti l’adrenalina attutiva gran parte di esso. Era più che altro una forza bruciante che, come un corpo estraneo, si muoveva e scalpitava in corrispondenza con le sue emozioni. Faceva male quando Jace voleva controllarla senza riuscirci, al di fuori della fatica fisica. Sebbene con un certo numero di sforzi, però, riusciva a controllarlo quando passava più di qualche minuto senza una spada in mano.
Ma qualsiasi cosa lo aiutasse in quel compito, permettendogli un maggiore controllo su un’arma che spesso si rivelava utile, andava bene. Gli venne in mente Clary, quanto contenersi era stato difficile con lei fra le sue braccia, e scacciò via velocemente il pensiero.
-Suppongo sia meglio di niente. Cosa devo fare?-
Accanto a lui, Fratello Zaccaria si mosse di qualche passo, chinandosi fino a sedersi sul pavimento e sdraiarsi davanti a lui. Il cappello scivolò un po’ dal suo viso, rivelando le rune con cui Fratelli si marchiavano le guance. Ma non c’era traccia, sugli occhi e sulle labbra, dei marchi che avrebbero dovuto sigillarle. Li teneva semplicemente chiusi. In effetti, Zaccaria gli era sempre apparso come il meno inquietante della  banda. Il più umano.
Abbiamo già constatato che il fuoco angelico potenzia le armi che usi gli stava dicendo Fratello Enoch, senza accennare d’avvicinarsi a lui. E vogliamo che ne usi una su Fratello Zaccaria.
-Perché dovrei fare di Zaccaria la mia cavia? Perché mai vorreste che ferissi uno di voi?- disse sorpreso, spostando lo sguardo sulla figura immobile e inespressiva distesa accanto a lui. Colpire qualcuno che non poteva difendersi, specie se non era suo nemico, non rientrava fra gli usi e costumi di Jace.
Sono stato io a chiedere loro di farlo, gli rivelò.
Jace scosse la testa. -Non lo farò, a meno che non mi diate una spiegazione valida.-
Le questioni dei Fratelli non sono una materia che puoi comprendere, Jonathan Herondale. Tuttavia non biasimiamo la tua reticenza. Finalmente, Fratello Enoch si scostò dal muro e venne verso di lui. Ti basti sapere che Fratello Zaccaria non è come noi, e che ciò che liberebbe te potrebbe aiutare lui. Userai la Spada dell’Anima, Mellartach.
Quella dichiarazione, se possibile, lo stupì ancora di più. Mellartach era stata recuperata dopo la battaglia contro Sebastian, in Irlanda, accanto a lui. La spada l’aveva trafitto senza che gli fosse data la possibilità di conoscere l’identità di chi la impugnasse in quel momento, ma sia lei che la Coppa erano tornate di proprietà del Conclave, date per disperse dopo il rituale di invocazione fatto da Valentine. Jace sospettava che l’artefice di quel dono fosse lo stesso che l’aveva quasi ucciso e liberato da Sebastian.
Ma continuava a non capire quell’ordine, soprattutto dato l’intervento della Spada nella questione. Esitò solo qualche secondo, prima di annuire.
-Lo farò. Funziona come per le altre volte –canalizzare il fuoco nelle braccia e nell’arma?-
Si. E come è successo a te, dovrai puntare dritto al cuore.
S’irrigidì. -Rischio di ucciderlo, così.-
E’ un rischio che hai corso anche tu, Jace, ma sei vivo. La voce nella sua mente, più gentile rispetto a quella precedente, apparteneva a Zaccaria.
Bene, si disse. Se i Fratelli ci tenevano davvero tanto a mutilarsi più di quanto non lo fossero già, erano affari loro. Jace impugnò la spada, che un altro Fratello aveva silenziosamente portato ad Enoch mentre lui rifletteva, e si concentrò sulla sensazione che l’impugnatura gli dava fra le mani. Tastò la pesantezza della arma e il modo in cui i muscoli si flettevano e contraevano in risposta, la fitta di ebrezza che gli dava tenerla in mano ed essere sul punto di usarla. Restio a compiere quel gesto, si convinse del fatto che se qualcosa fosse andato storto, allora i Fratelli avrebbero curato Zaccaria istantaneamente. Ignorò il pensiero che proveniva dalla sua esperienza –esistevano ferite cui nemmeno rune e magia potevano porre rimedio.
Lui però era sopravvissuto, e portava ancora la cicatrice a dimostrarlo.
Fu con quel pensiero, mentre il fuoco angelico crepitava nelle vene delle braccia, ustionandogli la pelle, e accendeva la lama della Spada dell’Anima, che Jace caricò la presa e calò Mellartach nel cuore di Zaccaria.

Flying thoughts of a mutable mind
SONO TORNATAAAA! E siccome sono tornata vi posto un nuovo capitolo u.u Ah, qesto è uno di quelli che preferisco. Okay, rispett ad altri è piuttosto calmo, ma si intravede la bufera dello sfondo e direi che, si, ci siamo gente. Ci stiamo avvicinando alla metà della storia, credo. sinceramente le idee vanno e vengono mentre scrivo, ed è ancora presto per dire quanti capitoli ci sono. Ma non ho ancora finito. Non ancora. Muahahah.
Come vedete, ho mantenuto la mia promessa e qui spunta Fratello Zaccaria. E' da quando ho finito La Principessa, l'anno scorso, che progetto questo momento! Heronstairs... sappiate che sono nel mio cuore! E voglio assolutamente sapere cosa vi aspettate da qui in poi!
Ancora una volta, vi ringrazio per il vostro sostegno. Spero davvero che tutti quelli che stanno seguendo la storia la stiano apprezzando -e che magaaaari (*w*) me lo facciano sapere. Ringrazio comunque e come sempre i lettori silenziosi, quelli che hanno inserito la storia fra le seguite/preferite/da ricordare, e un grosso abbraccio a chi commenta.
Grazie, alla prossima volta!
Baci,
im_silverleaf
   
 
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