Capitolo II: Lui
La
moto sfreccia veloce.
Scivola
veloce sull’asfalto nero.
Le
auto al nostro fianco sono piccole e lente.
Si
muovono a rilento.
Sono
attimi.
Fotogrammi
di una notte.
Vorrei
sentire il calore del tuo corpo.
Vorrei
sentire il tuo respiro sul mio collo.
Vorrei
avvertire il peso leggero del tuo capo sulla mia schiena.
Ma
non è possibile.
Il
casco ci separa.
O
forse non è il casco.
Un
muro si è frapposto tra noi.
Un
muro di paure ed incomprensioni.
Sono
attimi.
Muovi le dita poggiate sul carburatore.
I
crampi ti danno fastidio.
Il
tuo orgoglio ti impedisce di chiedermi di rallentare.
Abbiamo
litigato.
Ancora.
E
sempre per lo stesso motivo: la mia moto.
Tutto
per colpa della moto che sto guidando.
Ti
osservo dallo specchietto.
Una
lacrima scivola silenziosa sulla tua guancia.
Non
so se è la velocità.
Non
credo.
Oggi
sei stata chiara.
Sei
stanca di questa storia.
E
forse hai ragione.
Sto
diventando paranoico.
Non
riesco più ad allontanarmi da lei per paura che la possano rubare.
Non
andiamo a cena fuori se non posso tenerla sotto controllo.
Sono
paranoico.
Solo
stasera me ne rendo conto.
Sei
stanca e gelosa.
E
ne hai diritto.
Quante
volte hai avuto l’impulso di distruggerla?
Tante.
E
perché non lo hai mai fatto?
Per
me.
Lo
so.
Ed
oggi ho superato il limite.
Ti
ho accusata di essere falsa.
Ti
ho detto che non ti saresti mai potuta permettere tutto questo.
Non
è vero.
E
tutto perché ti sei lamentata della pesantezza dello zaino.
Tra
catena e bloster il peso per le tue spalle è eccessivo.
Ti
ho detto che non capisci.
Non
voglio ascoltarti.
Sono
solo scuse.
Sei
tu che non vuoi capire.
Tu…
sempre tu.
Tu
non capisci.
Tu
non vedi.
Tu
sei sbagliata.
Ed
io?
Io
sono tanto meglio di te?
No.
Non sono mai stato migliore di te.
È
questa la verità.
Io
non sono mai stato migliore.
È
per questo che ti accuso.
Solo
per sentirmi alla tua altezza.
Ed
intanto un’altra lacrima scende furtiva dai tuoi occhi.
Adesso
lo so.
Piangi
per il dolore.
Con
la coda dell’occhio osservo il mare.
Solo
un attimo.
Non
posso distrarmi.
La
luna si specchia nel mare.
È
bellissima.
Non
quanto te.
Guardo
il cielo.
Mi
concedo solo questo.
Una
stella cadente.
Seguo
la scia.
Poi
torno a fissare ancora la tua immagine dallo specchietto retrovisore.
Un’altra
lacrima.
Un
desiderio.
“Non
farmela perdere.”
Sono
attimi.
Torno
a guardare il mare.
Chiudi
gli occhi ed il vento porta via le tue lacrime.
Vorrei
essere io a portare via le tue lacrime
Vorrei
essere io a baciare il tuo viso.
Restiamo
in silenzio.
Non
parliamo.
Non
abbiamo nulla da dirci.
Non
più. Tu… hai deciso di lasciarmi.
Troppo
diversi, e la moto è solo la scusa.
Lo
so io.
Lo
sai tu.
Tu.
Bella. Dolce. Intelligente.
La
mia Principessa che troppo spesso si sottovaluta.
Io.
Normale. Spigoloso. Irritabile.
Sono
fortunato ad averti incontrata e a possedere il tuo cuore.
Diversi.
Lontani
anni luce.
E
tu adesso sei stanca.
Dopo
otto anni dici basta.
Non
si tratta della moto, ma di noi.
Mi
ami ma continui a sentirti sempre inferiore a me.
Non
puoi.
Non
lo sei.
Sono
io ad essere indegno.
Sono
io a dover baciare il suolo su cui cammini.
Ed
oggi le mie parole sono state la classica goccia che fa traboccare il vaso.
“Ti
faccio fare la vita di una principessa e non puoi lamentarti.”
Sei
tu che mi fai fare la vita di un Principe.
E
tutto grazie al tuo amore.
Accelero
per non ripensare ai tuoi occhi feriti.
Accelero
per scacciare via il dolore che provo nel cuore.
Non
volevo. Perdonami. So che “Scusa. Non volevo” stavolta non funzionerà.
Ho
sbagliato.
Ti
ho ferita.
Stringi
le dita al carburatore.
Hai
paura della velocità.
Ti
prego dimmi di rallentare.
Non
continuare con questo silenzio.
Accelero
ancora di più.
Il
fiato mozzato.
Sono
in apnea.
Amo la velocità.
Non
lasciarmi.
Non
dirmi basta.
Ho
bisogno di te.
Ho
bisogno di te per sentirmi migliore.
Scivoli
dal sedile di dietro.
Sei
più vicina.
Il
tuo profumo.
Il
tuo calore.
I
tuoi capelli solleticano il mio collo.
Gli
occhi chiusi lentamente si aprono.
Hai
deciso di goderti questo ultimo viaggio.
No.
Io
non te lo permetterò.
Non
voglio lasciarti andare.
Mi
distraggo.
Ed
è fatale.
Una
macchina sorpassa in curva.
Arriva
diritta davanti a noi.
Ti
dico di stringermi al tuo torace.
Lo
fai.
Sono
attimi.
Interminabili.
Il
tuo cuore batte a mille.
Lo
sento in testa.
Sono
attimi.
Le
luci dell’auto ci abbagliano.
Chiudi
gli occhi impaurita.
Il
nostro respiro è accelerato.
Sono
attimi.
Io
che cerco di decelerare.
La
sterzata per evitare l’impatto frontale.
Lo
stridere delle ruote sull’asfalto.
Sono
attimi.
Il
botto.
Le
orecchie che fischiano.
Il
rumore di qualcosa che va in pezzi.
Sono
attimi.
Dolore?
No. Non so neanche se sono vivo!
Sono
attimi.
Cerco
di alzarmi ma non riesco a muovermi.
Sto
forse morendo?
È
questo morire?
Perdere
il contatto con il corpo.
Perdere
il contatto con la realtà.
Perdere
il contatto con tutto ciò che ci circonda.
Cerco di aprire gli occhi, ma sento le palpebre troppo pesanti.
Dove
sei?
Stai
bene?
Perché
non ti sento vicina?
Amore
mio come stai?
Cosa
ti ho fatto?
Sono
attimi.
Interminabili attimi.
Maledetta
moto.
Maledetto
io che non ti ho saputo proteggere.
Dio
ti prego… ascoltami.
Aiutala.
Proteggila.
Una
preghiera che è per lei.
Io…
posso anche morire ma che lei viva ancora.
Che
il suo sorriso illumini ancora le giornate di pioggia.
Che
qualcuno ci aiuti.
Non
lasciateci qui.
Aiutatela.
Lei è… la mia vita.
Lentamente
riapro gli occhi.
Riesco
a farlo.
Ma sono debole.
Vedo la mia moto.
La ruota anteriore gira ancora, sembra leggera, come quella di una bicicletta.
Il faro davanti si accende e si spegne ad intermittenza.
La carena completamente distrutta.
Non mi importa di quell’ammasso di ferro.
Non adesso.
Ho bisogno di te.
Ho bisogno di saperti al sicuro.
Ti
cerco.
Su
questo asfalto freddo.
Ti
cerco ma spero di non trovarti.
Magari
stai cercando di chiamare aiuto.
Forse
è per questo che non sei con me.
Certo.
È
per questo motivo.
Il
cielo stellato è ancora sopra di noi.
La
luna si rispecchia ancora nel mare.
Un
mare tinto di rosso.
Rosso
sangue.
Alla
fine ti trovo.
Ti
vedo.
Lì.
Da sola.
Stesa
sull’asfalto.
Sdraiata
su di un fianco.
Sei
lontana.
Non
riesco a muovere un muscolo.
Vorrei
correre da te.
Non
posso.
Non
ho la forza.
Sei
così piccola.
Indifesa.
Fragile.
Una
lacrima sfugge al mio controllo.
Fatemi
morire, ma salvate lei.
Sono
attimi.
Gelo.
Improvviso.
Inspiegabile.
Un gelo che viene dal mio cuore.
No.
Tu
non puoi morire.
Non
puoi lasciarmi.
Ti
prego.
Non
abbandonarmi.
Con
le poche forze che ho a disposizione mi alzo.
Ti
raggiungo.
Mi
inginocchio al tuo fianco.
Non
ti sfioro.
Ho
paura di farti male.
Urlo
di chiamare un’ambulanza.
Perché?
Perché non apri gli occhi?
Guardami
amore mio.
Ti
prego non mi lasciare.
Piango
ormai senza più freni.
Le
mie lacrime si infrangono sul tuo casco.
Vorrei
asciugare il sangue che sporca il tuo viso.
Mi
avvicino per farlo ma mi blocco.
E
se ti facessi del male?
Sei
così fragile.
Mi
inginocchio vicino al tuo orecchio ed inizio a parlarti.
Ti
chiedo di non lasciarmi.
Di
continuare a sorridermi.
Ti
prego.
-
Non può più sentirti.
Mi
volto verso la fonte di questa voce.
Una
voce infantile. Piccola. Leggermente acuta.
Una
bambina.
Sei,
sette anni al massimo.
Capelli
neri e liscissimi che ricadono sulle spalle.
Sul
viso un’espressione triste.
Non
mi curo di lei e continuo a parlare con te.
Ti
chiedo di restarmi accanto.
-
Ho detto che non può più sentirti. Lei ormai ha scelto.
Alzo
la testa verso la bambina.
I
suoi occhi color del ghiaccio sono pieni di dolore.
-
Vai da tua madre. Non è un posto adatto ad una bambina.
Ma
lei sembra non capire.
Continua
a guardarci.
-
Lei ha scelto di morire per salvare te.
Alzo
la testa di scatto e guardo negli occhi la bambina.
Sembra
così ingenua. Così debole.
-
Che cazzo stai dicendo? Vai da tua madre immediatamente.
-
Non puoi negare l’evidenza. Ha scelto di morire.
Non
mi trattengo oltre.
Afferro
la piccola per un braccio e la scuoto ripetutamente.
Le
impongo di non fiatare.
Le
ordino di sparire.
Lei
resta ferma al suo posto.
Mi
guarda sempre con quell’espressione triste.
Ormai
stanco la guardo negli occhi.
-
Chi sei?
Sulle
sue labbra si disegna uno strano sorriso.
Scuote
il capo e ti guarda con tenerezza.
Non
sembra più una bambina.
Sembra
molto più grande.
-
Anche lei mi ha fatto la stessa domanda.
Mi
guarda e torna guardare te.
Si
avvicina al tuo viso e sta quasi per sfiorare la tua guancia.
Quasi
però.
La
blocco.
Lei
non può toccarti.
Nessuno
può farlo.
Mi
guarda diritto negli occhi.
Poi
con la voce più triste di questo mondo mi risponde.
-
Sono la Morte.
Sono
attimi.
Non può essere.
È
solo un incubo.
Tra
un po’ mi sveglierò e ti troverò al mio fianco.
Addormentata.
La
morte è qualcosa di… definitivo.
È
qualcosa lontano da noi.
Abbiamo
tanti progetti.
Non
puoi aver rinunciato a loro.
Non
puoi.
E
la nostra famiglia.
Ed
i nostri figli?
-
Lei ha deciso di morire al posto tuo.
Queste
parole suonano come una condanna a morte.
No.
Lei
è qui.
Viva.
Il
suo torace si alza e si abbassa.
Lentamente
è vero, ma continua a respirare.
-
Lo ha fatto per te. Perché ti ama.
Scuoto
la testa incredulo.
Continuo
a piangere.
-
Portami da lei. Ti prego. Non posso vivere senza di lei. Aiutami.
La
bambina mi guarda.
Piange
anche lei.
Allora
anche lei ha un animo umano.
-
Non posso mi spiace.
-
No. Tu devi portarmi da lei.
La
bambina scuote il capo mestamente.
Non
può.
Io
continuo a piangere come un bambino.
Guardo
il tuo viso.
Sembra
che tu stia dormendo.
Non
resisto oltre.
Accarezzo
il tuo viso e le mie dita si macchiano di sangue.
Il
tuo.
-
Allora mi ucciderò. Così potrò raggiungerla.
Ancora
una volta la piccola scuote il capo in segno negativo.
Con
l’indice puntato nella direzione da cui sono arrivato indica un corpo a terra.
Seguo
quel dito.
Resto
basito.
Io.
Steso
in terra.
Immobile.
-
Che vuol dire?
La
bambina mi guarda e si fa ancora più piccola.
-
Ho un messaggio per te… da parte sua.
Resto
immobile.
Basito.
Attendo
che la bambina continui il suo discorso.
-
Ti ama e da oggi in poi dovrai vivere anche per lei. Dovrai farlo per lei che si è sacrificata per te. Dimmi lo
farai?
Osservo
la bambina ma in realtà non la vedo.
È
assurdo.
È
solo un incubo.
Mi
volto verso la strada.
Sento
una sirena.
I
soccorsi?
La
bambina mi prende per mano e mi guarda supplicante in attesa di una risposta.
Scuoto
la testa in modo negativo.
Gli
occhi della piccola si riempiono di lacrime
-
Perché? Lei si è sacrificata per te. Perché non vuoi realizzare il suo ultimo
desiderio?
Guardo
il tuo corpo.
Sembra
addormentato.
Alzo
la testa e guardo la bambina.
Le
asciugo le lacrime.
Le
sorrido.
-
Dille che la raggiungerò presto.
Lei
scuote il capo.
Io
le sorrido.
Se
non sarà stasera sarà presto.
-
Come ti chiami?
Mi
guarda stranita come prima.
Ancora
lo stesso sorriso di pochi minuti fa quando le chiesi chi fosse.
Anche
tu le hai fatto la stessa domanda?
-
Sara.
Sorrido.
Sara.
Il nome che avresti voluto dare a nostra figlia.
-
È un bel nome.
-
Lo so. Lo ha scelto lei.
Le
sorrido.
Le
spettino i capelli.
Poi
la guardo negli occhi e le ripeto ciò che ho detto pochi minuti prima.
-
Allora Sara fammi un favore. Dille che la raggiungerò presto. Molto presto e
che poi non la lascerò più.
La
bambina scuote il capo delusa.
Sospira
di frustrazione.
Poi
mi guarda negli occhi.
-
Non puoi. È una vita per una vita.
No.
È
impossibile.
Noi…
dovevamo vivere insieme per sempre.
Perché?
Perché
lo hai fatto?
Sei
solo una stupida egoista.
Hai
pensato al tuo dolore.
Ed
al mio?
Non
ci hai pensato al mio dolore?
Cosa
ne sarà di me?
L’ambulanza
è arrivata.
Due
uomini si avvicinano di corsa al tuo corpo.
Mi
oltrepassano come senza problemi.
In
fin dei conti sono solo spirito.
Resto
al tuo fianco.
Tolgono
con cautela il casco.
Una
profonda ferita alla tempia destra.
Un
collare.
Una
barella rigida.
La
corsa in ambulanza.
Sono
attimi.
Al
pronto soccorso.
La
visita.
I
primi soccorsi.
Il
tuo cuore che rallenta la corsa.
Elettrocardiogramma
piatto.
Il
massaggio cardiaco.
Il
defibrillatore.
Una
scossa.
Un’altra.
Aumentano
il voltaggio.
Poi
una punta sul tracciato.
Un’altra.
Ti
stai riprendendo.
Non
ti lascio.
Sono sempre al tuo fianco.
Poi una forza mi trascina via.
Lontano da te.
Lontano.
Non capisco più nulla.
Attorno a me solo il buio.
Solo la voce di Sara che mi dice di stare tranquillo.
È questa la morte?
Ben venga allora.
Saperti viva.
È questo ciò che conta.
Ecco il secondo capitolo. Ammetto che non mi convince molto. Forse non sono brava a descrivere i sentimenti di lui. A quanto pare la storia prevede un terzo e conclusivo capitolo che arriverà solo a settembre. Non so quanti di voi ne siano dispiaciuti… immagino pochi dato che ci sono state solo 9 letture, ma io sono felice così.
So perfettamente che con questi generi di scritti, io, rendo poco! Mi accontento anche di queste poche persone. Mi auguro solo che abbiate apprezzato il mio sforzo! Grazie a tutti!