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Autore: semplicementeme     30/07/2008    0 recensioni
La moto sfreccia veloce.
Pattina sull’asfalto nero e nel buio della notte siamo solo dei puntini.
Le auto vicine sono molto più lente di noi.
Sembra che si muovano a rallentatore.
Sono attimi.

Un sacrificio d'amore.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II: Lui

La moto sfreccia veloce.

Scivola veloce sull’asfalto nero.

Le auto al nostro fianco sono piccole e lente.

Si muovono a rilento.

Sono attimi.

Fotogrammi di una notte.

Vorrei sentire il calore del tuo corpo.

Vorrei sentire il tuo respiro sul mio collo.

Vorrei avvertire il peso leggero del tuo capo sulla mia schiena.

Ma non è possibile.

Il casco ci separa.

O forse non è il casco.

Un muro si è frapposto tra noi.

Un muro di paure ed incomprensioni.

Sono attimi.

Muovi le dita poggiate sul carburatore.

I crampi ti danno fastidio.

Il tuo orgoglio ti impedisce di chiedermi di rallentare.

Abbiamo litigato.

Ancora.

E sempre per lo stesso motivo: la mia moto.

Tutto per colpa della moto che sto guidando.

Ti osservo dallo specchietto.

Una lacrima scivola silenziosa sulla tua guancia.

Non so se è la velocità.

Non credo.

Oggi sei stata chiara.

Sei stanca di questa storia.

E forse hai ragione.

Sto diventando paranoico.

Non riesco più ad allontanarmi da lei per paura che la possano rubare.

Non andiamo a cena fuori se non posso tenerla sotto controllo.

Sono paranoico.

Solo stasera me ne rendo conto.

Sei stanca e gelosa.

E ne hai diritto.

Quante volte hai avuto l’impulso di distruggerla?

Tante.

E perché non lo hai mai fatto?

Per me.

Lo so.

Ed oggi ho superato il limite.

Ti ho accusata di essere falsa.

Ti ho detto che non ti saresti mai potuta permettere tutto questo.

Non è vero.

E tutto perché ti sei lamentata della pesantezza dello zaino.

Tra catena e bloster il peso per le tue spalle è eccessivo.

Ti ho detto che non capisci.

Non voglio ascoltarti.

Sono solo scuse.

Sei tu che non vuoi capire.

Tu… sempre tu.

Tu non capisci.

Tu non vedi.

Tu sei sbagliata.

Ed io?

Io sono tanto meglio di te?

No. Non sono mai stato migliore di te.

È questa la verità.

Io non sono mai stato migliore.

È per questo che ti accuso.

Solo per sentirmi alla tua altezza.

Ed intanto un’altra lacrima scende furtiva dai tuoi occhi.

Adesso lo so.

Piangi per il dolore.

Con la coda dell’occhio osservo il mare.

Solo un attimo.

Non posso distrarmi.

La luna si specchia nel mare.

È bellissima.

Non quanto te.

Guardo il cielo.

Mi concedo solo questo.

Una stella cadente.

Seguo la scia.

Poi torno a fissare ancora la tua immagine dallo specchietto retrovisore.

Un’altra lacrima.

Un desiderio.

“Non farmela perdere.”

Sono attimi.

Torno a guardare il mare.

Chiudi gli occhi ed il vento porta via le tue lacrime.

Vorrei essere io a portare via le tue lacrime

Vorrei essere io a baciare il tuo viso.

Restiamo in silenzio.

Non parliamo.

Non abbiamo nulla da dirci.

Non più. Tu… hai deciso di lasciarmi.

Troppo diversi, e la moto è solo la scusa.

Lo so io.

Lo sai tu.

Tu. Bella. Dolce. Intelligente.

La mia Principessa che troppo spesso si sottovaluta.

Io. Normale. Spigoloso. Irritabile.

Sono fortunato ad averti incontrata e a possedere il tuo cuore.

Diversi.

Lontani anni luce.

E tu adesso sei stanca.

Dopo otto anni dici basta.

Non si tratta della moto, ma di noi.

Mi ami ma continui a sentirti sempre inferiore a me.

Non puoi.

Non lo sei.

Sono io ad essere indegno.

Sono io a dover baciare il suolo su cui cammini.

Ed oggi le mie parole sono state la classica goccia che fa traboccare il vaso.

Ti faccio fare la vita di una principessa e non puoi lamentarti.

Sei tu che mi fai fare la vita di un Principe.

E tutto grazie al tuo amore.

Accelero per non ripensare ai tuoi occhi feriti.

Accelero per scacciare via il dolore che provo nel cuore.

Non volevo. Perdonami. So che “Scusa. Non volevo” stavolta non funzionerà.

Ho sbagliato.

Ti ho ferita.

Stringi le dita al carburatore.

Hai paura della velocità.

Ti prego dimmi di rallentare.

Non continuare con questo silenzio.

Accelero ancora di più.

Il fiato mozzato.

Sono in apnea.

Amo la velocità.

Non lasciarmi.

Non dirmi basta.

Ho bisogno di te.

Ho bisogno di te per sentirmi migliore.

Scivoli dal sedile di dietro.

Sei più vicina.

Il tuo profumo.

Il tuo calore.

I tuoi capelli solleticano il mio collo.

Gli occhi chiusi lentamente si aprono.

Hai deciso di goderti questo ultimo viaggio.

No.

Io non te lo permetterò.

Non voglio lasciarti andare.

Mi distraggo.

Ed è fatale.

Una macchina sorpassa in curva.

Arriva diritta davanti a noi.

Ti dico di stringermi al tuo torace.

Lo fai.

Sono attimi.

Interminabili.

Il tuo cuore batte a mille.

Lo sento in testa.

Sono attimi.

Le luci dell’auto ci abbagliano.

Chiudi gli occhi impaurita.

Il nostro respiro è accelerato.

Sono attimi.

Io che cerco di decelerare.

La sterzata per evitare l’impatto frontale.

Lo stridere delle ruote sull’asfalto.

Sono attimi.

Il botto.

Le orecchie che fischiano.

Il rumore di qualcosa che va in pezzi.

Sono attimi.

Dolore? No. Non so neanche se sono vivo!

Sono attimi.

Cerco di alzarmi ma non riesco a muovermi.

Sto forse morendo?

È questo morire?

Perdere il contatto con il corpo.

Perdere il contatto con la realtà.

Perdere il contatto con tutto ciò che ci circonda.

Cerco di aprire gli occhi, ma sento le palpebre troppo pesanti.

Dove sei?

Stai bene?

Perché non ti sento vicina?

Amore mio come stai?

Cosa ti ho fatto?

Sono attimi.

Interminabili attimi.

Maledetta moto.

Maledetto io che non ti ho saputo proteggere.

Dio ti prego… ascoltami.

Aiutala.

Proteggila.

Una preghiera che è per lei.

Io… posso anche morire ma che lei viva ancora.

Che il suo sorriso illumini ancora le giornate di pioggia.

Che qualcuno ci aiuti.

Non lasciateci qui.

Aiutatela.

Lei è… la mia vita.

Lentamente riapro gli occhi.

Riesco a farlo.

Ma sono debole.

Vedo la mia moto.

La ruota anteriore gira ancora, sembra leggera, come quella di una bicicletta.

Il faro davanti si accende e si spegne ad intermittenza.

La carena completamente distrutta.

Non mi importa di quell’ammasso di ferro.

Non adesso.

Ho bisogno di te.

Ho bisogno di saperti al sicuro.

Ti cerco.

Su questo asfalto freddo.

Ti cerco ma spero di non trovarti.

Magari stai cercando di chiamare aiuto.

Forse è per questo che non sei con me.

Certo.

È per questo motivo.

Il cielo stellato è ancora sopra di noi.

La luna si rispecchia ancora nel mare.

Un mare tinto di rosso.

Rosso sangue.

Alla fine ti trovo.

Ti vedo.

Lì. Da sola.

Stesa sull’asfalto.

Sdraiata su di un fianco.

Sei lontana.

Non riesco a muovere un muscolo.

Vorrei correre da te.

Non posso.

Non ho la forza.

Sei così piccola.

Indifesa.

Fragile.

Una lacrima sfugge al mio controllo.

Fatemi morire, ma salvate lei.

Sono attimi.

Gelo.

Improvviso.

Inspiegabile.

Un gelo che viene dal mio cuore.

No.

Tu non puoi morire.

Non puoi lasciarmi.

Ti prego.

Non abbandonarmi.

Con le poche forze che ho a disposizione mi alzo.

Ti raggiungo.

Mi inginocchio al tuo fianco.

Non ti sfioro.

Ho paura di farti male.

Urlo di chiamare un’ambulanza.

Perché?

Perché non apri gli occhi?

Guardami amore mio.

Ti prego non mi lasciare.

Piango ormai senza più freni.

Le mie lacrime si infrangono sul tuo casco.

Vorrei asciugare il sangue che sporca il tuo viso.

Mi avvicino per farlo ma mi blocco.

E se ti facessi del male?

Sei così fragile.

Mi inginocchio vicino al tuo orecchio ed inizio a parlarti.

Ti chiedo di non lasciarmi.

Di continuare a sorridermi.

Ti prego.

- Non può più sentirti.

Mi volto verso la fonte di questa voce.

Una voce infantile. Piccola. Leggermente acuta.

Una bambina.

Sei, sette anni al massimo.

Capelli neri e liscissimi che ricadono sulle spalle.

Sul viso un’espressione triste.

Non mi curo di lei e continuo a parlare con te.

Ti chiedo di restarmi accanto.

- Ho detto che non può più sentirti. Lei ormai ha scelto.

Alzo la testa verso la bambina.

I suoi occhi color del ghiaccio sono pieni di dolore.

- Vai da tua madre. Non è un posto adatto ad una bambina.

Ma lei sembra non capire.

Continua a guardarci.

- Lei ha scelto di morire per salvare te.

Alzo la testa di scatto e guardo negli occhi la bambina.

Sembra così ingenua. Così debole.

- Che cazzo stai dicendo? Vai da tua madre immediatamente.

- Non puoi negare l’evidenza. Ha scelto di morire.

Non mi trattengo oltre.

Afferro la piccola per un braccio e la scuoto ripetutamente.

Le impongo di non fiatare.

Le ordino di sparire.

Lei resta ferma al suo posto.

Mi guarda sempre con quell’espressione triste.

Ormai stanco la guardo negli occhi.

- Chi sei?

Sulle sue labbra si disegna uno strano sorriso.

Scuote il capo e ti guarda con tenerezza.

Non sembra più una bambina.

Sembra molto più grande.

- Anche lei mi ha fatto la stessa domanda.

Mi guarda e torna guardare te.

Si avvicina al tuo viso e sta quasi per sfiorare la tua guancia.

Quasi però.

La blocco.

Lei non può toccarti.

Nessuno può farlo.

Mi guarda diritto negli occhi.

Poi con la voce più triste di questo mondo mi risponde.

- Sono la Morte.

Sono attimi.

Non può essere.

È solo un incubo.

Tra un po’ mi sveglierò e ti troverò al mio fianco.

Addormentata.

La morte è qualcosa di… definitivo.

È qualcosa lontano da noi.

Abbiamo tanti progetti.

Non puoi aver rinunciato a loro.

Non puoi.

E la nostra famiglia.

Ed i nostri figli?

- Lei ha deciso di morire al posto tuo.

Queste parole suonano come una condanna a morte.

No.

Lei è qui.

Viva.

Il suo torace si alza e si abbassa.

Lentamente è vero, ma continua a respirare.

- Lo ha fatto per te. Perché ti ama.

Scuoto la testa incredulo.

Continuo a piangere.

- Portami da lei. Ti prego. Non posso vivere senza di lei. Aiutami.

La bambina mi guarda.

Piange anche lei.

Allora anche lei ha un animo umano.

- Non posso mi spiace.

- No. Tu devi portarmi da lei.

La bambina scuote il capo mestamente.

Non può.

Io continuo a piangere come un bambino.

Guardo il tuo viso.

Sembra che tu stia dormendo.

Non resisto oltre.

Accarezzo il tuo viso e le mie dita si macchiano di sangue.

Il tuo.

- Allora mi ucciderò. Così potrò raggiungerla.

Ancora una volta la piccola scuote il capo in segno negativo.

Con l’indice puntato nella direzione da cui sono arrivato indica un corpo a terra.

Seguo quel dito.

Resto basito.

Io.

Steso in terra.

Immobile.

- Che vuol dire?

La bambina mi guarda e si fa ancora più piccola.

- Ho un messaggio per te… da parte sua.

Resto immobile.

Basito.

Attendo che la bambina continui il suo discorso.

- Ti ama e da oggi in poi dovrai vivere anche per lei. Dovrai farlo per lei che si è sacrificata per te. Dimmi lo farai?

Osservo la bambina ma in realtà non la vedo.

È assurdo.

È solo un incubo.

Mi volto verso la strada.

Sento una sirena.

I soccorsi?

La bambina mi prende per mano e mi guarda supplicante in attesa di una risposta.

Scuoto la testa in modo negativo.

Gli occhi della piccola si riempiono di lacrime

- Perché? Lei si è sacrificata per te. Perché non vuoi realizzare il suo ultimo desiderio?

Guardo il tuo corpo.

Sembra addormentato.

Alzo la testa e guardo la bambina.

Le asciugo le lacrime.

Le sorrido.

- Dille che la raggiungerò presto.

Lei scuote il capo.

Io le sorrido.

Se non sarà stasera sarà presto.

- Come ti chiami?

Mi guarda stranita come prima.

Ancora lo stesso sorriso di pochi minuti fa quando le chiesi chi fosse.

Anche tu le hai fatto la stessa domanda?

- Sara.

Sorrido.

Sara. Il nome che avresti voluto dare a nostra figlia.

- È un bel nome.

- Lo so. Lo ha scelto lei.

Le sorrido.

Le spettino i capelli.

Poi la guardo negli occhi e le ripeto ciò che ho detto pochi minuti prima.

- Allora Sara fammi un favore. Dille che la raggiungerò presto. Molto presto e che poi non la lascerò più.

La bambina scuote il capo delusa.

Sospira di frustrazione.

Poi mi guarda negli occhi.

- Non puoi. È una vita per una vita.

No.

È impossibile.

Noi… dovevamo vivere insieme per sempre.

Perché?

Perché lo hai fatto?

Sei solo una stupida egoista.

Hai pensato al tuo dolore.

Ed al mio?

Non ci hai pensato al mio dolore?

Cosa ne sarà di me?

L’ambulanza è arrivata.

Due uomini si avvicinano di corsa al tuo corpo.

Mi oltrepassano come senza problemi.

In fin dei conti sono solo spirito.

Resto al tuo fianco.

Tolgono con cautela il casco.

Una profonda ferita alla tempia destra.

Un collare.

Una barella rigida.

La corsa in ambulanza.

Sono attimi.

Al pronto soccorso.

La visita.

I primi soccorsi.

Il tuo cuore che rallenta la corsa.

Elettrocardiogramma piatto.

Il massaggio cardiaco.

Il defibrillatore.

Una scossa.

Un’altra.

Aumentano il voltaggio.

Poi una punta sul tracciato.

Un’altra.

Ti stai riprendendo.

Non ti lascio.

Sono sempre al tuo fianco.

Poi una forza mi trascina via.

Lontano da te.

Lontano.

Non capisco più nulla.

Attorno a me solo il buio.

Solo la voce di Sara che mi dice di stare tranquillo.

È questa la morte?

Ben venga allora.

Saperti viva.

È questo ciò che conta.

Ecco il secondo capitolo. Ammetto che non mi convince molto. Forse non sono brava a descrivere i sentimenti di lui. A quanto pare la storia prevede un terzo e conclusivo capitolo che arriverà solo a settembre. Non so quanti di voi ne siano dispiaciuti… immagino pochi dato che ci sono state solo 9 letture, ma io sono felice così.

So perfettamente che con questi generi di scritti, io, rendo poco! Mi accontento anche di queste poche persone. Mi auguro solo che abbiate apprezzato il mio sforzo! Grazie a tutti!

   
 
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