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Autore: CreepyIero    18/05/2014    3 recensioni
“Perché non giochiamo a mamma e papà?” propose Ashley con voce bassa, innocente.
Sentì distintamente gli sguardi di tre bambini puntati addosso.
“Questo è veramente disgustoso” proclamò infine Julia, con la faccia contorta in una smorfia.
“Credo sia divertente” questa volta, il tono parve più sicuro e accennò ad un timido sorriso.
“Che schifo” quasi urlò la ragazzina, mise su un ghigno divertito.
“Ti piacciono i maschi” disse infine con voce divertita.
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“Chi ti ha fatto questo?” chiese dura Sarah, mentre l’altra le accarezzava i capelli.
“Nessuno”
“Ashley” ripetette “Chi ti ha conciato così”
La piccola sentì le lacrime cominciare a bagnarle il viso “Non lo so”
“Voglio sapere i nomi in questo istante”
Ispirata a questo cortometraggio: http://www.youtube.com/watch?v=CnOJgDW0gPI
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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IMAGINE A WORLD WHERE BEING GAY WOULD BE THE NORM (and being straight would be the minority)
[Leggete l’angolo autrice]
 Ad Adriano, i tuoi abbracci sono i migliori.
Ashley era tra le braccia di sua madre, sentì una mano accarezzarle la piccola testa, non vedeva niente, era tutto buio e scuro, lei era appena nata.
Le sue due madri si chiamavano Tania e Sarah ed erano due adorabili ragazze, entrambe con i capelli lunghi e biondi, erano contentissime di aver appena ricevuto un dono così bello e puro.
La bambina cresceva bellissima, anche lei con i capelli biondi e gli occhi verde muschio, lo sguardo vivace, verso i quattro anni, le due signore vennero invitate al matrimonio di un cugino di Tania, prepararono la bambina, che avrebbe fatto da damigella d’onore, tutte felici si diressero verso la Chiesa.
La bimba era bellissima nel suo abito bianco e le madri non poterono fare a meno di pensare a quanto fosse bella anche se aveva sempre quel ciuffetto biondo di capelli indomabile.
Ashley salì sull’altare, entrò un ragazzo alto e di colore, dalla porta della chiesa entrò un altro ragazzo, la bambina lì guardò incantata, come se si trovasse in una di quei film che Sarah vedeva continuamente e che la facevano sempre piangere.
Sorrise piano, mostrando i denti da latte che erano in parte caduti e li vide salire sull’altare, spostò gli occhi verdi vicino al ragazzo alto e vide un bambino della sua età, forse un anno più grande, aveva gli occhi marroni e i capelli biondo cenere, lo fissò per un po’ e il bambino ricambiò lo sguardo, intanto sull’altare, i due ragazzi si scambiarono un bacio mentre qualcuno piangeva e i due ragazzi si tenevano stretta la mano, sorridendo, Ashley guardò la piccola mano del bambino ora più vicino a lei e sorrise, sentì una voce e corse dalla sua mamma.
Ashley crebbe ancora e presto raggiunse l’età dei tredici anni, si sentiva grande, più matura, una donna.
Era come tutti i giorni a giocare con la sua amica Julia, non che le stesse simpatica, aveva la voce troppo acuta che perforava le orecchie e i suoi lunghissimi capelli di cui si vantava sempre, con lei c’era anche suo fratello George e il bambino che aveva conosciuto molti anni prima ad un matrimonio e con cui solo da poco aveva cominciato a parlare: Matthew.
Julia, come al solito, urlava le regole e proponeva giochi che a nessuno interessavano mentre i due bambini la guardavano annoiati.
A quel punto successe qualcosa.
“Perché non giochiamo a mamma e papà?” propose Ashley con voce bassa, innocente.
Sentì distintamente gli sguardi di tre bambini puntati addosso.
“Questo è veramente disgustoso” proclamò infine Julia, con la faccia contorta in una smorfia.
“Credo sia divertente” questa volta, il tono parve più sicuro e accennò ad un timido sorriso.
“Che schifo” quasi urlò la ragazzina, mise un ghigno divertito.
“Ti piacciono i maschi” disse infine con voce divertita.
“Non mi piacciono”
“Si invece”
“No”
“Si” questa volta la bambina fu molto più cattiva, lo disse con disprezzo, con ripugno.
Si alzò dalla terra “Andiamo George” disse prendendo suo fratello per mano, Ashey lanciò uno sguardo a Matthew che se ne andò insieme a Julia, senza proferire parola.
Ashley sentì un vuoto aprirsi nel suo stomaco, una forza risucchiarla. Dopo quello, doveva assolutamente diventare normale.
Non molto tempo dopo, Ashley era a scuola, nell’aula più piccola e asfissiante dell’istituto, mentre la professoressa continuava a fare complimenti a Matthew e Josh per la loro fantastica performance di “Romeo & Julio”, la campanella suonò e tutti si alzarono quasi correndo verso l’uscità.
“Non dimenticate il compito di domani” raccomandò la professoressa.
Ashley corse verso Matt e Josh.
“Siete stati bravissimi” disse con un sorriso a trentadue denti “Mi avete anche fatto piangere” i due ragazzi risero “La parte di Romeo era un po’ corta” mormorò il timido Josh, la ragazza sorrise, i due la salutarono con un cenno, allontanandosi.
“Ad Ashley piacciono i ragazzi!” urlò qualcuno, la bambina si voltò verso la voce, tutti gli occhi dei presenti erano puntati su di lei.
Tutti risero e qualcuno si unì al coro, ben presto, tutti cominciarono ad urlare ad un’unica voce che le piacevano i ragazzi, deridendola, umiliandola. Qualcuno faceva finta di baciarsi, mentre lei cercava di trattenere le lacrime.
Matthew guardò tutto con aria quasi infastidita ma non si mosse.
Julia e altre ragazze si avvicinarono a lei.
“Ashley, sei bellissima, baciami” la derisero, per poi andarsene ridendo.
Josh prese per il polso Matthew, portandolo via. Lui non si voltò.
Tina era appena tornata dal lavoro, lasciò un veloce bacio sulla bocca a Sarah, sedendosi sulla sedia, versò dell’acqua a se stessa e a Ashley.
“Vuoi dire alle tue mamme come è andata la recita scolastica?” chiese Sarah sorridendo.
“Recita scolastica? Ah, già, che sbadata!”
La bambina non rispose, continuando a mangiare.
“Allora, cosa avete rappresentato?”
“Romeo e Julio” la madre sorrise teneramente, prese il cellulare dalla tasca, rispondendo ad un messaggio.
“Quindi avete studiato Shakespeare!” Tania si sedette al tavolo.
“Oh si, e sapevi che Julio potrebbe essere una Julia?” le madri la guardarono, smettendo di fare quello che stavano facendo.
“Shakespeare non era omosessuale?” chiese Sarah non una punta di disapprovazione.
“Si, ma non amava suo marito, si penda possa essere stato etero” scese un silenzio glaciale.
“Chi te l’ha detto?”
“Mrs. Tompson”
“Chi è?”
“La professoressa di recitazione” Tania si sforzò di sorridere.
“La signora Tompson è etero” Ashley mise giù la forchetta, distogliendo lo sguardo dalle due madri.
“Come lo sai?” chiese Tan.
“Ha la macchina colorata di blu e vive in compagnia di un signore”
Sarah rise del tono della moglie “Disgustoso”
“Andrò a parlare con il preside per farla andare via” la signora prese un pezzo di insalata, masticandolo.
“Ma non puoi, abbiamo un altro spettacolo tra due settimane!” protestò la bambina.
“Non mi interessa, non voglio tu abbia come esempio una donna che vive con un uomo. E’ rivoltante” disse schifata, la ragazzina si fece piccola sulla sedia, continuando a fissare il piatto.
“Tesoro, mi passeresti il pane?” la conversazione finì come era cominciata, Ashley non parlò per il resto del pranzo e nessuno si accorse che qualcosa non andava.
Il giorno dopo, di mattina, Ashley prese la bicicletta, si diresse verso il parco, sicura che lo avrebbe trovato desolato dato l’orario.
Si sedette su un’altalena e dondolò piano.
La odiavano tutti, o meglio, se avessero saputo la verità l’avrebbero odiata. Ma cosa diceva? Tutti sapevano cosa era.
 
“The right-wing conservatives think it’s a decision
And you can be cured with some treatment and religion”

 
Si ricordò delle parole del prete durante la messa di qualche giorno prima, quando spiegava che era un abominio che un uomo e una donna vivessero insieme, ed entrambi avrebbero bruciato nell’Inferno.
 
“Gender to skin color
Complexion of your pigment
The same fight that lead people
 to walk-outs and sit-ins
 
Vide dei ragazzi dall’altro lato della strada scrivere sul garage chiuso di una casa.
Sentì le lacrime pungerle gli occhi quando lesse la scritta quasi ultimata.
“Dio odia gli etero”.
Vide Matthew dall’altro lato della strada venirle incontro e sorriderle.
 
“And I can’t change
Even if I tried
Even if I wanted to”*
 
Lui si avvicinò e le porse la mano. Le stava succedendo qualcosa di strano ed era spaventata.
Ma le piaceva.
Prese la sua mano e la strinse.
 
Non respirava.
Sentiva che i polmoni non le rispondevano, le bolle le uscivano dalla bocca, l’ossigeno le veniva quasi portato via dai polmoni, chiuse gli occhi.
Una mano le fece riprendere dell’aria, sentì l’acqua bagnarle di nuovo il volto e una voce profonda parlare arrabbiata, venne di nuovo tirata e sentì l’aria rifluirle ai polmoni, respirò intensamente, per poi alzarsi, con la testa bassa.
“Ti rendi conto di quello che hai appena fatto?” le chiese sconvolto e furioso il professore.
“Cosa credi che facciano gli altri se ti vedono mano nella mano con un ragazzo?” la ragazza non rispose e si asciugò velocemente una lacrima che le era rotolata giù per il viso.
“Questa scuola ha zero tolleranza verso quelli come voi” disse disgustato, quasi come se stesse rimproverando un omicida.
“Dovrei avvertire le tue madri” disse severo, Ashley spalancò gli occhi, in una muta richiesta di tolleranza.
“Ma non lo farò”
“Grazie” mormorò lei mentre continuava a guardarsi le scarpe.
Il professore fece per andarsene, si voltò di nuovo “Tutto sarebbe più facile se avessi una ragazza” la bambina annuì.
“Ora pulisci e torna in classe” la bambina restò sola.
Anche se alla fine, lo era sempre stata.
 
“Lei è amabile” disse ad alta voce la bambina, mentre ripeteva le battute del copione che di lì a poco tempo avrebbe dovuto ripetere davanti ad un pubblico.
Il tipico suono di un messaggio la fece alzare, prese il telefono.
Era Paula “Ashley lo fa con i ragazzi!” diceva il messaggio.
La bambina non reagì, poggiò il telefono sul letto, riprendendo il copione.
Un altro messaggio.
Questa volta la bambina fu più cauta nell’alzarsi, non voleva leggerlo, ma doveva.
“Sporca etero”
Ancora un messaggio.
E un altro ancora.
Tutti pieni di insulti.
Spense il telefono.
 
La stanza era vuota e ampia, con tantissime sedie disposte al centro di essa, era l’aula in cui di lì a pochi giorni avrebbero dovuto recitare, il palco era abbastanza ampio e molto ben illuminato.
Ashley vide Matthew entrare dall’entrata laterale.
“Non posso più farlo” disse cercando di guardarla negli occhi, Ashley lo guardò paralizzata.
“Cosa? M-Ma avevi detto che ti piaccio”
“Mi piaci ma…Mio fratello ha visto e l’ha detto ai miei genitori e loro mi odiano”
“Loro ti amano” sussurrò lei con la voce tremante.
“Non conosci i miei padri. La mia famiglia sta cadendo a pezzi”
La ragazza non proferì parola, lui la guardò.
“Posso baciarti un’ultima volta?” lui sembrò quasi infastidito dalla sua richiesta.
“Per favore. Non so quando bacerò di nuovo un ragazzo”
Lui non si mosse, lei avvicinò le sue labbra a quelle di lui, si sfiorarono appena.
“DIO!” Urlarono all’unisono delle voci femminili.
Entrambi si voltarono. Le ragazze cominciarono a parlare tra di loro.
Matthew si guardò intorno, impaurito, come un pesce fuor d’acqua.
“Cosa stai facendo?” Urlò lui, lo guardò incredula.
“Stammi lontano!”
“Matthew” mormorò.
“Non so perché” disse rivolto alle ragazze, ora era sicuro di se stesso, sapeva cosa dire “Continua a starmi attaccata!”
“Ti ODIO Ashley, stai lontana da me!” urlò con disprezzo.
“E’ questo il problema” disse una ragazza, Paula “Diamole una lezione!” cominciarono a correre nella direzione di Ashley, lei corse verso l’uscita.
Corse più forte che poteva, mentre le lacrime le rigavano il viso, si voltò, erano più vicine.
“Non puoi correre per sempre!” altri ragazzi si unirono all’inseguimento della bambina.
Matthew li vide. Andò via.
Ashley corse senza rendersi conto di dove stesse andando.
Si ritrovò in palestra, c’erano dei ragazzi, molto più grandi, di sedici o diciassette anni.
Si fermò.
“Roger!” urlò Paula.
Le ragazze si avvicinarono da un lato, i ragazzi dall’altro.
“Così questa è la ragazza che ha incastrato mio fratello” disse il più grande, trafiggendola con i suoi occhi di vetro.
“Lui anche mi voleva” mormorò, sapeva di star per scoppiare a piangere.
“Non è vero”
Il ragazzo si avvicinò pericolosamente.
“Li abbiamo visti che si baciavano” sputò Paula “Vero?” disse ai dieci ragazzi alle sue spalle.
“Giusto” risposero loro.
“Sei finita” abbaiò Roger.
“Finn, Liam!” i due ragazzi che erano rimasti fino a quel momento in disparte presero la bambina per le braccia, bloccandola. Ashley cadde a terra.
Colpita da un pugno del più grande, sentì il sapore metallico del sangue in bocca.
Tutti si misero intorno a lei.
“Picchiamola! Picchiamola!” il coro si alzò, a turno ognuno le tirava un calcio, sempre più forte.
Ashley cominciò a piangere.
Paula tirò fuori dalla tasca un pennarello.
“Non farti rivedere”
 
Tania e Sarah erano sedute sul divano, in preda al panico, quest’ultima stava parlando al telefono.
“Non è tornata a casa e non è nemmeno a scuola” Tania si prese la testa fra le mani.
La porta si aprì ma nessuna la sentì, tranne il fratellino piccolo della bambina.
“Ashley” mormorò lui, lei gli fece segno di fare silenzio.
“Era sulla 245” Tania sentì la porta del bagno aprirsi, fece segno alla moglie di venire, ella chiuse velocemente il telefono e la seguì.
“Ashley? Cosa è successo?”
“Oh piccola” le madri la fecero sedere sulle scale.
“Chi ti ha fatto questo?” chiese dura Sarah, mentre l’altra le accarezzava i capelli.
“Nessuno”
“Ashley” ripetette “Chi ti ha conciato così”
La piccola sentì le lacrime cominciare a bagnarle il viso “Non lo so”
“Voglio sapere i nomi in questo istante”
“Roger” disse piano “Paula” continuò “Liam”
“Vai sopra” la bambina guardò la madre “Vai sopra a lavarti”
“Comincerai le lezioni di karate domani!”
Ashley trascinò i piedi fino in camera sua, ignorando l’ordine della madre.
La bambina sentì le madri urlare.
“Lei è normale!”
“Accetta tua figlia per quello che è Sarah, non puoi renderla come vorresti!”
“Ma io voglio che lei si NORMALE!”
La ragazzina vide il suo computer aperto su facebook.
Matthew aveva scritto sulla bacheca che non voleva più vederla.
Video una sua foto con sotto insulti e incitazioni a smetterla di fari finta di essere normale.
Il suo telefono continuava a squillare.
“Diventerò normale! Cambierò casa, nazione se servirà a farla cambiare!”
I messaggi sul suo telefono continuavano.
“Perché non ti ammazzi!” “
“Sei inutile”
I messaggi si centuplicarono, il suono divenne insopportabile, le urla cominciarono a perforarle il cervello.
“VOGLIO SOLO UNA FIGLIA NORMALE!”
“Suicidati, non mancherai a nessuno”
“Tua figlia è normale!”
“Se domani torni a scuola, ne vedrai delle belle”
“Separiamoci allora”
“Mi fai schifo”
“Separiamoci, va bene”
Ashely cominciò a singhiozzare, andò in bagno, si chiuse a chiave.
Aprì l’acqua della vasca da bagno, si guardò allo specchio.
Aveva un livido sull’occhio, il sangue raggrumato impediva a nuovo sangue di scendere dal lato del labbro ed una scritta nera campeggiava sulla sua fronte. Etero.
Sentì Tania bussare alla porta e chiamarla con la voce tremante, non rispose.
L’acqua scendeva più velocemente, tutto si fece più sfocato.
“Etero!” continuavano ad urlarle i bambini.
“Stammi lontano!”
“Picchiamola”
“VOGLIO UNA FIGLIA NORMALE!”
Le sue mani strinsero il lavandino, i battiti della porta cominciarono a farsi più insistenti.
Aprì l’acqua del lavandino, mise la mano sotto il getto.
Nella sua mente riaffioravano le pasticche dentro lo sportello che aveva visto pochi giorni fa nell’armadietto del bagno.
Cominciò a strofinare la mano sopra la scritta, le lacrime scendevano, non le bastav più solo piangere, prese ad urlare, mentre la scritta nera non  se ne andava, l’inchiostro nero continuava ad essere lì, impresso sulla sua fronte, a ricordarle quello che era e quello che tutti avrebbero continuato a ricordarle.
Si levò i vestiti, sentiva entrambe le madri urlare dall’altra parte della stanza, smise di singhiozzare.
Adagiò un piede nell’acqua calda della vasca da bagno, poi un altro, rimase in piedi.
L’acqua riempiva tutta la vasca, non aveva paura.
Prese l’oggetto di metallo appuntito, si guardò la pelle.
Dall’altra parte urlavano il suo nome, piangendo, pregando di aprirgli.
“Non farti rivedere” le rivennero in mente le parole di Paula.
“Suicidati”
La porta si aprì.
Ma era troppo tardi.
Ashley era immersa nell’acqua, i capelli biondi, sulla fronte aveva ancora la scritta perfettamente leggibile.
I suoi occhi verdi chiusi.
La vasca piena di sangue.
 
Tutti gli eventi sono realmente accaduti a vittime di bullismo.
 
 
 
 
*angolo autrice*
Allora, la storia è presa dal famoso cortometraggio che vi linko: http://www.youtube.com/watch?v=CnOJgDW0gPI
I nomi sono totalmente inventati (tranne il nome della protagonista).
Mi scuso per eventuali errori ma non ho la forza di rileggerlo.
Michy.
 
 
*Same love/ Macklemore
  
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