[II] - "Il sensuale richiamo del cammino".
Una luna, per tutti i cieli delle capitali.
Nessuno avrebbe mai messo in dubbio
che la luna splendente sul cielo di Londra fosse la stessa che brillava sui
cieli romani. Anche se, si sa bene, v’è sempre la sensazione che ogni città sia
un mondo a parte. Eppure, ogni cosa è sempre la
stessa.
Questo pensava il vampiro. Vampiro
vagabondo quella notte, che con disinvoltura passeggiava sui tetti dei palazzi.
Era una forma minuta, non la si sarebbe potuta scambiare per maschile.
Un’altezza scarsa, forse sufficiente per una ragazza, ma si sarebbe detto anche
di poco sotto la media. Dalla sagoma disegnata dal contrasto buio-luce lunare si
percepivano le curve tipiche femminili, proporzionate, si sarebbe detto.
Non guardava davanti a sé. Bensì si
concentrava o sui suoi prossimi passi o sul cielo, senza mai osservare quel che
le si parava davanti. Testa bassa, come se fosse una creatura indifesa. Non lo
era, non più almeno. Nessun vampiro era indifeso nel mondo degli uomini, dei
mortali, di cui i vampiri non facevano parte, seppur lo
calpestavano.
Arrestò il suo lieve cammino, per
osservare di nuovo il cielo. Successivamente avrebbe ripreso a guardare il
pavimento, sicuramente.
Occhi color paglia. Come indifesi,
fissavano il satellite terrestre, quasi cercassero una risposta da questo.
Contornati da uno strano trucco per una ragazza che si sarebbe definita debole,
macchiati sulla palpebra superiore da una riga nera che andava a delinearne la
forma, e una rossa sulla palpebra sottostante. A dire il vero, si sarebbe detto
che quel trucco le dava l’impressione di essere una persona con qualche malattia
strana, con quella sfumatura rossastra sotto gli occhi. In realtà, era solo
stravagante. Il vestiario non tradiva nulla che fosse associabile alla sua
natura. Sembrava vestire unicamente di raso nero, dai pantaloni scampanati alla
camicia dalle lunghe maniche, vestiario che avrebbe spiccato e spiccava sotto i
perlacei raggi lunari.
Lei lo definiva scarno.
Si lasciò cullare dal ricordo del
vento fresco che accarezzava la pelle, perché oramai, da non-morta, poco le
trasmetteva quell’effimero contatto.
Tante cose
cambiano, con quest’esistenza.,
pensava.
Questo non impedì al vento di far
scivolare ancora più indietro i lunghi capelli color mogano, tanto lisci e
voluminosi da sembrare quasi un leggiadro mantello sulle sue spalle. Aveva uno
sguardo ambiguo, spesso distaccato. Non era definibile bella, per come si usava
in quei tempi, nonostante avesse lineamenti affascinanti. Aveva quella che si
definiva una bellezza morta nei tempi passati. Uno sguardo austero e spesso
imbronciato si sarebbe detto, accattivante ma anche decisamente
ingenuo.
Niente a che vedere con le favole e tutte le leggende
metropolitane, film, telefilm, libri. La parola ‘’vampiro’’ non è che un
etichetta. Quasi mi sembra inappropriata per quanto etichettata. Ma questa è la
nostra natura. Curioso, perché in modo assolutamente contrario ai luoghi comuni,
non ho un maestro che mi impedisca di fare quel che voglio. Non esiste la
premura fra noi… Esiste un rapporto Signore/Infante, niente più. Non esistono le
raccomandazioni alla stregua di ‘’non dovresti fare questo, sta più attenta,
sappi che per te è pericoloso quest’altro…’’
Stranamente per quello che era,
l’immortale si sfilò una sigaretta da un pacchetto. Da quando era morta la
dipendenza e i fumi piacevoli del vizio erano come stati dissolti, alla stessa
maniera in cui il fumo di sigaretta vorticava nell’aria per sparire inghiottito
dal vento. Eppure aveva continuato. Non per abitudine, si trattava di un
“Rewind”. Ma lei lo voleva, forse continuava a ritenerlo
piacevole.
Oltre che innocuo,
ora.
Sarebbe riuscita ad accendersi la
sua Philip Morris, se un colpo di pistola non si fosse intromesso a disintegrare
quell’idillio.
In un istante, si ritrovo il braccio
sanguinante, ma sarebbe stato ben altro punto, dietro la schiena, se non si
fosse mossa alla ricerca dell’accendino.
Cadde a terra, piangendo dal dolore
e soffocando un gemito con un singhiozzo. Riaprì gli occhi, notando il risultato
di quell’evento. C’era il suo sangue a terra, schizzato come se fosse esploso da
una sfera. Di quello si preoccupò, perchè le sue ferite rimarginavano molto più
velocemente rispetto ad un essere umano. Ma la sua più immediata preoccupazione
era la fonte del colpo. Qualcuno le stava sparando, e non aveva idea da dove
venissero i colpi.
Si rialzò, fuggendo e tentando di
correre in maniera non rettilinea in modo da confondere il cecchino che la
mirava, mentre la ferita al braccio rimarginava velocemente, mentre le polveri
disperse nel sangue dell’osso scheggiato si riunivano nella materia, i liquidi
solidificavano e la carne tornava pallida e
immacolata.
Saltò sul tetto successivo,
correndo, più non posso. Non arrivava ancora nessun colpo, e la cosa la
inquietava ogni secondo sempre di più, nell’attesa di ricevere il secondo.
Continuò a correre, preoccupandosi di voltarsi per controllare se qualcuno
l’inseguisse, ma quando si rivoltò urtò violentemente contro qualcosa di non
propriamente rigido. L’impatto la fece cadere a terra, bocca e naso macchiati di
sangue, occhi lacrimanti. Rialzò il viso, ma l’identificazione non ebbe un
perfetto successo. Riconobbe sì una sagoma, alta e imponente, certamente di un
uomo. Ma ogni suo dettaglio era occultato dalla luce lunare appena dietro le
spalle di questo, e il dolore e la fatica non le facevano mettere a fuoco
l’immagine.
Ma non perse tempo a rialzarsi, come
la figura non perse tempo a reagire di nuovo. Le puntò una pistola contro,
mirando alla testa, e premette il grilletto. Dal capo schizzò via un’ingente
quantità di sangue e interiora.
Sparò così, senza preavviso, senza
dire una parola, l’unica comunicazione che contava era il
proiettile.
-Cessazione di ogni attività del
bersaglio B.- mormorò fra sé, con voce profonda, mentre riponeva nell’abito
lungo la pistola convinto di aver terminato, ma a smentirlo non fu una reazione
della sua preda, ma bensì la sua immobilità.
Perché non diveniva
polvere?
Si chinò dubbioso sulla figura
femminile, notando come le falangi delle dita le tremassero, come se la vampira
fosse in preda a un forte dolore.
-Non sei morta…- mormorò incredulo
l’uomo, senza spiegarsi il motivo. Una creatura infima in simili condizioni
sarebbe morta. Voleva forse dire che non lo era?
Giunse alle sue orecchie un
singhiozzo, mentre la testa macchiata di sangue della vampira si muoveva come
dolorante. Ghignò l’uomo, istintivamente compiaciuto da quella sorpresa. La
creatura non era morta.
La giovane rialzò con fatica il
busto, col sangue che le colava sugli occhi e la bocca, senza troppe conseguenze
dato che la testa cominciava a riprendere le sue naturali
sembianze.
Ora che l’uomo era chinato e quasi
alla sua altezza, ebbe modo di osservarlo, ma non vi fece caso più di tanto,
troppa era la foga che aveva dentro di insultarlo:
-Per l’amor di Dio, chi diavolo
sei!!! Perché mi spari, cazzo!- tentò di strillare la donna, ma solo con
parziale successo. Non si preoccupò di scappare, perché aveva notato il
cambiamento dell’individuo, come se fosse stato catturato da quella sua
sopravvivenza.
-Deve proprio far male…- mormorò
l’altro, continuando a guardarla con quel suo sorriso beffardo. Poggiò un
ginocchio a terra, tendendo la mano alla vampira.
Questa, in tutta risposta,
schiaffeggiò la mano per allontanarla: -Dimmi chi sei e perché mi sparavi… non
lo voglio il tuo aiuto…- ringhiò questa furibonda ma anche dolorante. La testa
s’era rimarginata e ora tentava di pulirsi via il sangue dal viso con una mano,
ma accadde qualcosa di inaspettato. L’uomo si chinò ancor più su di lei,
afferrandole la mano insanguinata e, con grande stupore della vampira, prese a
leccarla. Lo fece lentamente, passando la lingua su ogni parte dove v’era del
sangue, e le sembrò incredibile quando fece lo stesso con la fronte e col resto
del viso, persino sulla bocca, cosa che le sembrò assurda e la lasciò senza
fiato, ma quel gesto le apparve più qualcosa di istintivo e animalesco, che di
romantico.
Come se ne avesse avuto
bisogno.
-Sei un vampiro… un cacciatore
vampiro?- domandò, mentre sentiva il gelido e umido contatto sulla fronte,
mentre due mani guantate le reggevano delicatamente il capo. Pochi altri
secondi, e l’uomo tornò a fissarla, poco distante da lei. Sorrise, e con una
mano andò a sfilarsi un grande cappello che teneva sulla testa e gli occhiali da
sole. Ora non ghignava, anzi, nel suo sguardo v’era qualcosa di
malizioso.
-Mi chiamo Alucard. Chiedo scusa per
il comportamento rude…- disse questo, ad occhi
socchiusi.
-Il tuo nome non mi dice niente…
quindi sei un vampiro. Perché mi sparavi, ma soprattutto perché hai smesso?-
chiese in risposta la donna, ora visibilmente più calma, forse rilassata dal
fatto stesso di aver visto in faccia l’uomo, che ora osservava con molto più
interesse.
-Ti sparavo perché ho un ordine da
eseguire. Ma penso, anzi sono convinto, di dover cambiare rotta. Non mi
aspettavo che il mio bersaglio fosse un vampiro autentico in grado di rigenerare
ferite così profonde…- tese nuovamente la mano e la giovane, prima d’afferrarla,
la scrutò giusto un poco, sorpresa dallo strano e complesso disegno sul dorso
del guanto. La prese, facendosi trascinare in piedi dalla figura, che si accorse
essere terribilmente alta, specialmente rispetto a
sè…
-Sei un killer allora… quindi
abbiamo innervosito qualcuno…- mormorò la ragazza, concentratasi sul fatto che
probabilmente stavano, lei e il suo sire, per tornare ad essere degli elementi
scomodi nella società vampirica.
Alucard la tirò con la mano,
premendo perché si sedesse sul gradino alla base di una casupola lì posizionata.
Lei non fece resistenza e si sedette accanto a questo, aspettando ulteriori
spiegazioni.
Lo guardò poggiare il cappello a
terra con gli occhiali posati dentro, con uno sorriso sul volto che non sapeva
ne di maligno ne di invasivo. Si sarebbe detto consapevole. Teneva gli occhi
chiusi, come se si stesse rilassando, e li riaprì solo quando alzò il volto al
cielo per osservarlo:
-L’organizzazione di cui faccio
parte stermina vampiri. Questo territorio non sarebbe sotto la nostra
giurisdizione, ma Roma non è intervenuta come è solita fare. Questo ci ha
insospettiti, tanto da arrivare a pensare che si trattasse di una trappola. Sono
qui per questo. Ma, vedo, ho trovato solo una vampira autentica ignara di tutto
ciò.-
-Scusa, sei un vampiro che stermina
vampiri in un’associazione che stermina i vampiri?- chiese lei,
sbigottita.
Lui rise piano e con tonalità
profonda: -Alcuni di noi vengono conservati.-
Vi furono secondi di silenzio, che
Alucard identificò come il tentativo di elaborazione della situazione da parte
della vampira, sicuramente confusa su quel che era
accaduto.
-Ogni cosa a suo tempo.- proferì con
noncuranza, come se le sue parole fossero necessariamente sufficienti a spiegare
ogni cosa, e infatti la reazione della ragazza fu il tentare di aggiungere
altro, ma lo sguardo indifferentemente maligno del vampiro le fece morire le
parole in gola.
-Quindi, che dovrei fare? Mi lasci
andare, hai detto che avresti cambiato rotta?- si limitò a
chiedere.
Alucard si passò ancora la lingua
sulle labbra, come se vi fosse dell’altro da assaporare, ma era chiaro che il
sangue era stato tolto via tutto. La vampira tremò leggermente quando questo si
voltò nella sua direzione con un ghigno sul viso che avrebbe fatto vacillare il
più forte fra gli uomini, di desiderio e malvagità.
-Hai un sangue raffinato…- mormorò,
mostrando i lunghi e acuminati canini, di cui non si spaventò lei, abituata da
molto più di un anno a vederne in giro.
-E’ il sangue di un mostro.- asserì
con serietà la donna, come se si fosse riassettata tutto ad un tratto, ma era
ovvio che fosse una tattica difensiva.
Sì, è il sangue di un mostro. Di quello che mi ha gettato nel
mondo dei demoni, anziché dei vampiri…
Il vampiro doveva aver come udito i
suoi pensieri perché nel mentre lo pensava egli aveva alzato un sopracciglio
assumendo uno sguardo saccente.
-Sangue di un mostro dici. A me ha
solo fatto percepire qualcosa di intenso, forse perché la tua mente stessa ha
qualcosa di profondamente oscuro, o è semplicemente netta come la galleria di un
pozzo…- aveva assunto un tono decisamente meno professionale, e sicuramente era
stata un’azione volontaria. Era cambiata la situazione, e le intenzioni erano
ovvie come la luce.
-E non solo. Tu sei autentica… non
sei la spazzatura che di solito caccio. Il tuo modo di rimarginare le ferite…
assomiglia terribilmente al mio.- prese ad avvicinare il proprio volto alla
figura accanto a sé, e questa di tutta risposta ebbe solo il tempo di realizzare
che doveva o muoversi o reagire violentemente ma, come era ovvio, il vampiro
aveva preso precauzioni, e una forza che di solito si usa dire ‘’invisibile’’
non le permetteva di muoversi. Anzi, rendeva l’atmosfera, l’aria, la situazione
stessa della leggerezza d’un sogno, quindi presto sopraggiunse anche il piacere
creato da questo, come se tutto ad un tratto percepisse di nuovo l’aria cullante
sulla pelle, la frescura notturna, il sollievo dei sospiri dopo un lungo sforzo…
il fascino di un uomo che sembra corteggiare, prossimo al compimento dei propri
sforzi. I suoi pensieri erano stati prepotentemente spodestati da questi
stereotipi, tanto che la volontà era stata
annientata.
Era letteralmente caduta in un limbo
creato dal mostro, come se ella dovesse percepire qualcosa di terribilmente
affascinante in tutta quella situazione.
Socchiuse gli occhi quando la mano
di lui le afferrò la nuca e le dita si infilarono fra i capelli, mentre l’altro
braccio andava a cingerle la vita, in quanto l’effetto soporifero la stava
facendo crollare.
Al che, passò un secondo o poco più
prima che le labbra del vampiro le si poggiarono sulla gola, mordendo
prontamente, mentre la lingua avida raccoglieva quel che cadeva dalla ferita, i
denti affondavano nella carne e la creatura cominciava a
suggere.
Le sembrò strano, perché in quel
momento le parve di tornare alla realtà, ma con i sensi decisamente più
offuscati e priva di forze. Si accorse di come sembrava impossibile che fosse un
altro a morderla in quel modo e non Lui, che tante volte aveva trovato ristoro
dalla sua gola quando era ancora umana, o anche quando entrambi volevano
accentuare il legame di sangue reciprocamente. Quella era la bocca ed erano i
denti di un altro che non era il suo signore. La cosa la gettò in una strana
tristezza, ma persino questa brutalmente ovattata e investita dalle forti
sensazioni che colpiscono i predatori e le prede nel mondo vampirico, percependo
gli stessi, lussuriosi piaceri che si assaporano nei rapporti. Ebbe modo solo di
sentire un veloce ma profondo sospiro da parte di Alucard, sicuramente
compiaciuto di quel momento, mentre ella non riusciva nemmeno a proferire parola
o sfogo per quelle sensazioni, nonostante fossero davvero
intense.
L’unica cosa che riuscì a dire
raccogliendo tutte le proprie forze, fu il nome del suo Sire, sussurrato ai
sensi aerei come se fosse un segreto da mantenere:
-Szamiek…-
In quel momento il vampiro spalancò
gli occhi, come se avesse udito qualcosa di orribile o terribilmente familiare.
Raccolse un ultimo sorso dalle vene della vampira, per poi staccarsi con
delicatezza dalla gola di questa. Continuò a sorreggerla fissandola ora
intensamente, cosa che faceva anch’ella, nonostante resa fiacca dall’evento. Le
labbra del vampiro erano ancora scarlatte per il sangue bevuto, un piccolo
rivolo colava da un lato della bocca, dettagli che stavano man mano catturando
sempre più l’attenzione della donna, oltre alla
domanda:
-Perché ti sei interrotto così?- nel
tono della sua voce non v’era solo lo stupore per quell’improvvisa interruzione,
ma anche un pizzico d’irritazione data dall’aver bruscamente troncato qualcosa
di intensamente piacevole. Sicuramente, la seconda sensazione era molto
inconscia, ma lui l’aveva percepita chiaramente.
Sorrise il vampiro, mostrando i
canini tinti di vermiglio sangue, una cosa che, si accorse, fece scintillare gli
occhi dell’altra creatura. Si era creata una situazione in cui lui stava
dominando, e un altro essere che giudicava di qualche livello sopra l’immondizia
si comportava come fosse ai suoi voleri. Del resto, le proprie capacità
ipnotiche gli erano ben note.
-Ripetilo…- mormorò, mentre con
sguardo sempre più mellifluo si riavvicinava al volto di questa, che aveva
piantato le proprie pupille nelle iridi accese del
cacciatore.
-Ripetilo…- insistette
maliziosamente, socchiudendo gli occhi.
-Szamiek…- sussurrò questa, con
sguardo vuoto, sotto l’effetto di quell’incantesimo alla quale non riusciva a
sfuggire e, in fondo, senza volerlo.
S’allungò ella stessa ora a leccare
il rivolo di sangue sul volto pallido dell’altro e a baciarne la bocca ricolma,
scavandovi con la lingua all’interno, alla ricerca di altro possibile
nettare.
Quando l’abbandonò lo fissò ancora
febbrilmente, come se stesse cercando qualcosa senza riuscire davvero a
comprendere quale fosse l’incognita.
Le sembrò di risvegliarsi sotto
l’impeto di un tuono quando udì giungere dalla profonda trachea del vampiro un
rumore sordo e ritmico che si evolse poi in una risata che tutto aveva di
crudele e approfittatore.
-E’ così quindi! Lui è qui!- esclamò
eccitato, come se avesse scoperto qualcosa di incredibile sino a quel momento
ignorato.
La vampira lo guardò ad occhi
sgranati, una fitta delusione che inondava il fondo di questi che non la portò
però alle lacrime, per l’esserci lasciata andare così facilmente. Unica
consolazione che percepiva, era stato il soddisfare quella strana attrazione che
provava nei confronti di quello sconosciuto che, si rese conto, era
terribilmente familiare. Ma non familiare come un déjà-vu, o qualcosa di
intravisto o di passato. Sentiva l’aura attorno a quel vampiro come un vecchio
ma luminoso velo, posatogli sulla testa e sulle spalle, un sentore di
consapevolezza e un torrente di sapienza emergere da quel suo sorriso millenario
e traboccante ambiguità. Abbandonò presto la delusione, perché non riuscì a non
lasciare spazio all’idea che la creatura di fronte a lei fosse davvero
Qualcuno.
Sesto senso del vampiro?
-No, dolcezza,-
proferì Alucard con la sua voce profonda –è che il tuo sangue è lo stesso della
mia stirpe. Oh sì, è lo stesso… lo è il tuo come il Suo… Il sangue di una grande
e defunta stirpe di antichi guerrieri delle selvagge terre orientali… lo senti,
non è così?- domandò in preda ad una silente e controllata estasi il vampiro,
palpabile però fra le lucide cornee dei suoi rossi
occhi.
-Tu conosci il mio Signore?- domandò
lei, ripresasi.
Il ghigno di Alucard si fece più
contenuto, ma egualmente penetrante:
-Il vampiro che tu chiami Szamiek si
è guadagnato una reputazione degna del Diavolo. E’ anche vero ch’egli ha spesso
agito in incognito e nell’ombra, ma fra i grandi nomi ha sempre gradito farsi
riconoscere.- disse, mentre con disinvoltura indossava gli occhiali e il
cappello.
La donna l’osservò come se avesse
proferito una serie di parole senza alcun senso, non comprendendo di quali
epoche parlasse. Fu palese anche per Alucard, tanto che si voltò nuovamente
verso di lei.
-Qual è il tuo nome?- chiese infine
lui.
-Ersilia.- rispose
prontamente.
Alucard annuì impercettibilmente.
Qualcosa maturava nella sua mente.
Innanzitutto, comprendeva perché
Roma non fosse intervenuta in alcun modo. Era a conoscenza dei modi ambigui di
fare di Szamiek, e per quanto gli riguardava, poteva aver ingannato qualcuno.
Come del resto si spiegava che la vampira di cui ora carpiva ogni desiderio e
pensiero, fosse un vampiro autentico, e con un grande futuro. Era la sua
Infante.
Vecchio decrepito! E così non volevi
prole?
Ridacchiò sommessamente fra sé,
destando la curiosità dell’altra.
Aveva già preso una decisione. I due
bersagli sarebbero arrivati incolumi nella sede dell’Hellsing. Effettivamente
non pensò ne alla possibile reazione di integra ne al futuro di quel possibile
evento. Lui calcolava solo ciò che era strettamente necessario, le sottigliezze
non avrebbero mutato di una virgola il corso degli eventi. Come nemmeno la
partenza per il porto di Kiel avrebbe subito danni. Tutto sarebbe andato come
doveva andare.
-Alucard.- sentì proferire, dalla
propria sinistra.
Si voltò verso Ersilia, che con
sguardo interrogativo lo osservava in attesa di
spiegazioni.
-Portami da Lui, giovane Szygana.
Abbi pazienza, e capirai.- rispose enigmaticamente, mentre un angolo della bocca
si sollevava inquietantemente a formare un leggiadro quanto ambiguo
sorriso.
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