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Autore: Michan_Valentine    18/05/2014    4 recensioni
Marlene compie gli anni e c'è una festa da preparare. Ma le cose non vanno propriamente come Tifa ha programmato...
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Tifa Lockheart, Un po' tutti, Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Advent Children, Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Materia Arancione'
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Cloud tese le orecchie ai rumori. Fracasso dal piano sottostante. In pratica Barret Wallace di ritorno dalle imprese petrolifere dell’AVALANCHE. E dal negozio di peluche, probabilmente. La risata e il vocione del diretto interessato gliene diedero immediata conferma, facendo tremare pure i muri.

Di rimando scosse la testa e sospirò, guardando le mani di Marlene. Oh, se erano piccole! E deboli. Di sicuro era una sensazione cui non era abituato e ciò lo faceva sentire inquieto, oltre che estremamente a disagio.

Senza contare che Valentine era nel corpo di Tifa. E se avesse avuto bisogno di andare in bagno? Non voleva nemmeno pensarci. E invece Tifa se n’era uscita con la storia che la voce dell’ex-turk era sexy.

Col fatto che erano cresciuti assieme a volte dimenticava che anche lui era un uomo. E che non voleva sentirsi dire certe cose.

Scrollò le spalle, la testa e si avviò mogiamente per le scale. Dopotutto aveva una parte da recitare. Ma poi perché s’era lasciato convincere? Quando sarebbe tornato in possesso del suo legittimo corpo avrebbe dato una strigliata coi fiocchi a quella ninja piantagrane di Yuffie. Assicurato. O avrebbe pagato Cid per legarla come un salame alla Shera e farle fare il giro del mondo appesa a testa in giù. A ben pensarci, probabile che il pilota l’avrebbe fatto gratis, dandogli pure una pacca sulle spalle per l’idea.

Concentrato com’era sui propri ragionamenti, si accorse in ritardo dei passi che sopraggiungevano di gran carriera. E Vincent Valentine –ovvero la ninja piantagrane di cui sopra- per poco non l’investì risalendo le scale. Si appiattì contro la parete ed evitò la freccia rossa di un soffio. Sollevò lo sguardo e vide il mantello scomparire dietro l’angolo.

Si grattò la testa. Che diavolo era successo di sotto? Inutile interrogarsi. Il più delle volte i ragionamenti e le reazioni di Yuffie non avevano senso. Almeno per lui. Poi aveva altro da fare e chiederle spiegazioni avrebbe comportato frasi a mitraglietta, digressioni inutili e gratuite prese per i fondelli di cui faceva volentieri a meno. Meglio che stesse di sopra con se stessa. Magari senza stimoli sarebbe riuscita perfino a starsene tranquilla…

Non fece in tempo a pensarlo che la testa dell’ex Turk fece nuovamente capolino da dietro l’angolo.

-Ohi, piccola e dolce Marlene!- lo chiamò Vincent –cioè Yuffie -Il tuo paparino adorato è di sotto che ti aspetta. Vedi di non fare il frigido e di accoglierlo come si deve –col sorriso, tanto per cominciare. Hai presente? Si fa con la bocca! Poi che ne so, buttati un po’ sul suo maschio petto. Oppure fra le sue muscolose, virili braccione. Insomma, pensa al povero osso del mio collo! Cioè, alle povere coronarie di Barret. Poi gli sale la pressione, magari rompe qualche sedia e impreca fino a sera. Mentre oggi dobbiamo festeggiare, etc. Sai com’è, no? Se non ti frega di lui fallo per i gattini indifesi, per la salvezza dei bambocci…. Cose così. Noiosamente alla te.-

Per prima cosa si passò la mano sulla faccia e cercò di scacciare le immagini che il petto e le braccia di Barret gli avevano creato nella mente. Come incoraggiamento era penoso. Ammesso e non concesso che fosse un incoraggiamento, ovvio. Poi pensò seriamente di lavarle la bocca col sapone.

-Yuffie, chiudi il becco. Fila di sopra. E non combinare altri guai.- sentenziò infine, serio.

In più sentire Valentine esprimersi in quel modo gli faceva impressione. A ben pensarci anche lui doveva risultare poco incisivo e molto ridicolo nei panni di Marlene, specie se provava a dimostrarsi risoluto. Per fortuna che non c’erano Sephiroth o aspiranti tali in giro…

-Ehi.-

Non si meravigliò d’essere stato ignorato. Infatti Vincent – o meglio Yuffie- era ancora lì, che lo puntava insistentemente da dietro l’angolo. Esitò, indeciso se approfondire o meno. Poi capitolò.

-Che c’è?- fece.

-Se accidentalmente –può capitare, dopotutto, e bada che non te la sto tirando- dovessi rimetterci le penne da chocobo -chessò, Barret inciampa e ti cade addosso- posso avere tutte le tue Materia? Le tratterò con cura, promesso. Le luciderò tutte le sere. E quando lo farò, penserò a te. All’encomiabile coraggio che hai dimostrato oggi. Al tuo sommo sacrificio per la mia –ho detto mia?- NOSTRA, nostra causa –e a tutte le stronzate annesse e connesse, naturalmente. Che ne pensi? Permetterò a Tifa di far loro visita in tuo ricordo nei giorni festivi. E nei feriali su previo avviso!-

Batté le palpebre, incredulo ed esasperato. Ma che accidenti frullava nella testa di quella ragazza? Se ben ricordava, in passato aveva già tentato di fargli firmare un contratto –o un testamento- in cui le lasciava in eredità tutti i suoi averi. Infarcendo la truffa con argomentazioni del tipo “Sephiroth è un tipo tosto e mena ancora più tosto”, oppure “Il domani è incerto, non lasciare le questioni in sospeso”. Come se poi, nel caso specifico, Barret costituisse un pericolo! Lo conosceva bene: piuttosto che fare del male a Marlene si sarebbe tagliato l’altro braccio. Sospirò.

-Non ci penso proprio. Smettila di provarci, Yuffie. Ormai dovresti aver imparato.- commentò; dopodiché le diede le spalle e se ne andò.

Tuttavia la replica della ninja gli giunse ugualmente forte e chiara.

-Accidenti! Non ci casca mai. Ma chi la dura la vince! Stai in guardia, Strife!-

Scosse la testa e rilasciò un piccolo sbuffo divertito. Raggiunse il piano inferiore senza colpo accusare e spaziò con lo sguardo nella sala del Seventh Heaven. Immediatamente intercettò Tifa –altresì Vincent- alle prese coi pochi clienti del locale. L’ex-Turk dava l’impressione di avere tutto sotto controllo, ma i tizi al banco erano in evidente soggezione. Poteva intuire perché. Nemmeno col ciclo Tifa appariva così sbattuta. E vagamente truce.

-Certo che voi due –grandi, grossi e vaccinati- a gonfiare i palloncini…- stava invece urlando  Barret, sbracciandosi nei pressi del tavolo dove Marlene –assieme al suo corpo- sedeva composta –Che impressione. E che vergogna! Ci credo che Valentine s’è arrabbiato! Non potevano farlo Denzel e Marlene?-

-L’anno scorso li hai gonfiati tu, papà… cioè, Barret.- gli fece notare Marlene in tutta scioltezza.

-M-Ma che cazzo c’entra?! L’anno scorso è l’anno scorso, Strife! Ormai è passato! E poi Denzel non era ancora dei nostri! E Tifa aveva da fare, porco mondo! E una festa senza palloncini non è una vera festa! Lo sanno tutti! E per la miseria, la mia Marlene si merita questo e altro! Perciò, visto che ci sei, muoviti a gonfiare gli altri palloncini! Forza! Non battere la fiacca!  Altrimenti io…-

Si avvicinò con titubanza e si schiarì appena la voce, quel tanto che bastava per richiamare l’attenzione dei presenti. Di rimando Barret s’interruppe e s’aprì in un grande, gioviale e disarmante sorriso. Corrucciò le sopracciglia e si grattò la testa, sentendosi in colpa. Lo stava proprio truffando, altroché!

Ignaro di tutto Barret invece si chinò e spalancò anche le braccia.

-Eccola qua! Oh oh! La mia piccola festeggiata! Hai visto che il tuo papà è riuscito a tornare in tempo? Non mi sarei perso il tuo compleanno nemmeno per tutto il petrolio del mondo! Avrebbero dovuto legarmi mani e piedi e buttarmi sul fondo del Northern Cave per impedirmi di venire. E non indovinerai mai cosa ti ho portato per regalo! Su, vieni qua e fatti dare un bel bacione!-

Esitò, le dita ancora fra i capelli. Ok, un abbraccio l’aveva messo in conto –nonostante gli venisse la pelle d’oca al solo pensiero. Magari anche una o due carezze sul capo. Ma un bacio… era decisamente troppo. Non era così che andavano le cose fra uomini. Non era così che andavano le cose fra lui e Barret. Solitamente ci si scambiava qualche pacca, un pugno amichevole o due. Qualche insulto –Barret- e qualche sbuffo di sufficienza –lui. Si litigava anche –solitamente per futili motivi. Anche se, in effetti, Barret litigava più che altro da solo. Ma quello proprio non poteva accettarlo. Né darlo. Era più forte di lui. E la situazione strampalata in cui erano invischiati non costituiva un’attenuante. Dopotutto non aveva baciato nemmeno Tifa perché gli faceva strano!

-No.- stabilì quindi.

Barret batté le palpebre, forse colto in contropiede, e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.

-N-No?- balbettò, incredulo.

-No.- ribadì.

-Ma… Marlene?! Non ci vediamo da un sacco di tempo! Non sai i salti mortali che ho fatto per essere qui oggi! Ho pure rischiato di investire due nonnette sulle strisce pedonali –e loro mi hanno dato del giovinastro. Poi quel funzionario del traffico ha avuto da ridire –o forse sono io che ho avuto da ridire con lui, ma cambia poco. Era una testa di cazz… di rapa! E poi è il tuo compleanno, accidenti! Lo so che sei arrabbiata perché non ci sono quasi mai e ti lascio sempre con Tifa e con quel porcospino biondo…- fece, indicando col pollice il se stesso alle sue spalle –Ho capito! È per il peluche di Chocobo, vero? Lo sapevo, dannazione! Eppure quell’oca della commessa mi aveva assicurato che andava bene per tutti i bambini fra i tre e i sette anni!-

Per un attimo aveva creduto che ci sarebbe arrivato. Tuttavia ricordargli che la commessa era innocente, che l’età di riferimento al giocattolo restava del tutto ininfluente e che era semplicemente lui a essere ripetitivo –e rimbambito- sarebbe stato inutile. E fuori luogo. Sospirò.

-Senti, il peluche non c’entra niente… davvero…- fece; poi si ricordò di ciò che Tifa gli aveva raccomandato prima di andarsene –Ah! Però. Un chocobo. Chi l’avrebbe detto! Mai. Proprio. Ehm… Bello.-

Nei panni dell’allegra e dolce Marlene faceva abbastanza schifo. Ma almeno non era vestito da donna. In più la prima e ultima volta che aveva recitato risaliva ai tempi del Gold Saucer. E anche lì, fra draghi e cavalieri, ricordava di aver fatto un sacco di confusione. E di aver baciato il mago invece che la principessa solo perché all’epoca baciare Tifa lo imbarazzava a morte, anche nel suo legittimo corpo. Che scemo…

-Marlene avrebbe preferito un Moguri.- intervenne inaspettatamente la vera festeggiata, aggrottando le sopracciglia e mettendo su un piccolo broncio che poco s’addiceva al suo viso –e che lo faceva sembrare un moccioso troppo cresciuto -L’amica di Denzel ne ha uno bellissimo! È così morbido e carino! Con quel grazioso bon bon sulla testa!- soggiunse poi, fin troppo entusiasta per risultare credibile.

Ciò lo fece vergognare profondamente. Barret invece sfoderò una smorfia, interdetto e vagamente perplesso.

-Strife, mi fai senso.- fu il prevedibile commento –E torna a gonfiare i palloncini! Devono essere pronti per stasera, mica per l’anno prossimo! E poi chi ti ha chiesto niente?! Accidenti! La mia bambina non vuole darmi nemmeno un bacio e tu te ne esci con ‘sta storia del Moguri?!-

Marlene –quella vera- fece la linguaccia e tornò ai palloncini. Dal canto suo sospirò ancora. Se Barret non aveva già capito tutto, di quel passo li avrebbe scoperti comunque a breve. Tanto valeva confessare subito e smetterla con quella sottospecie di supplizio.

Probabilmente il diretto interessato si sarebbe arrabbiato. Avrebbe urlato, sì. Soprattutto perché era Barret e mantenere il tono di voce basso non rientrava nel suo corredo genetico. Forse avrebbe anche rimproverato Tifa –di per sé abituata e immune alle sue sfuriate- e tirato il collo a Yuffie –ma lei lo meritava e non faceva testo. Infine Cid li avrebbe presi per il culo un po’ tutti, almeno finché la magia non avrebbe esaurito il suo effetto. Poi le cose sarebbero semplicemente tornate alla normalità.

Sollevò lo sguardo su Barret, che nel frattempo lo fissava con l’espressione afflitta di un cane bastonato. Sensi di colpa, ancora.

-Oh, e va bene! Ti concedo un abbraccio!- sputò infine, allargando le braccia e immolandosi per la causa, come diceva Yuffie.

Non era mai stato una cima in altezza, ma quando Barret –contento come un bambino davanti ai regali di Natale- gli si avvicinò per avvolgere il piccolo corpo di Marlene, fu suo malgrado costretto a rivedere il suo personale concetto di montagna. E in quel momento la morte per schiacciamento che Yuffie gli aveva prospettato non gli sembrò più una possibilità così remota.

***


Vincent adocchiò di sfuggita il tavolo dove stavano Barret, Marlene e Cloud. Poi le scale, dove si soffermò. Niente. Yuffie era praticamente scappata di sopra. Sospirò.

In un modo o nell’altro quell’incosciente riusciva sempre a farlo preoccupare. E a coinvolgerlo in situazioni al limite dell’assurdo.
Ne aveva passate di esperienze. Nel bene e nel male. Spesso si era ritrovato a considerare che niente e nessuno avrebbe potuto più toccarlo o coglierlo di sorpresa. Eppure…

-Mi domando sempre cosa frulli nella testa delle belle donne. Spero solo che tu non stia pensando a un altro uomo… mi spezzeresti il cuore!-

…niente di quanto sperimentato fino ad allora avrebbe potuto prepararlo a quello. Serrò la morsa delle braccia –con qualche difficoltà per via del prosperoso e imbarazzante ingombro- e fissò il tizio che sedeva al banco con maggiore durezza. Di rimando quello –l’idiota che aveva detto di venire da fuori città- s’affrettò a sollevare le mani in segno di resa.

-Sai, dovresti rilassarti un po’, signorina.- soggiunse poi, cambiando posizione sullo sgabello –Anche se, lo ammetto… le donne misteriose e difficili hanno un fascino tutto particolare. Irresistibile. E dimmi, come ti chiami?-

Non rispose, non cambiò espressione e continuò a fissarlo –come un lupo avrebbe fatto con una pecora. Le chiacchiere inutili poteva anche tollerarle. Dopotutto farsele scivolare addosso gli veniva abbastanza naturale. Ma se avesse fatto ancora quella cosa…

Non fece in tempo a pensarlo che il diretto interessato lasciò cadere gli occhi sul seno di Tifa. Per la ventiseiesima volta da quando si era accomodato –le aveva contate. Ed era arrivato al Seventh Heaven da meno di cinque minuti. E ora ne aveva piene le tasche. Decisamente.

Senza nemmeno pensarci distese il braccio e cercò di afferrare la Cerberus, pronto a rispondergli a tono. Purtroppo anche la pistola era di sopra assieme a Yuffie e le sue dita si strinsero sul nulla.

Serrò le labbra in una linea sottile, frustrato, mentre quel tizio continuava a sorridergli di rimando come un idiota.

-Dai, non farti pregare.- ricominciò quello, imperterrito –Sei davvero una signorina difficile, eh! Pazienza. Dopotutto conquistare è la mia specialità…-

Inarcò pure il sopracciglio. Ne dubitava fortemente. Specie considerando la raffinatezza del soggetto. E dubitava anche che normalmente Tifa prendesse a pugni i clienti del suo locale. Probabile che di norma ci pensasse Cloud a simile feccia. Perciò accantonò l’idea di gonfiarlo e afferrò invece la bottiglia che stava sul ripiano più prossimo. Sull’etichetta segnava 80 gradi. Gli riempì un bicchiere e glielo piazzò molto diplomaticamente sotto al naso.

-Bevi.-

Quello batté le palpebre e lo fissò stranito –dimostrando per la prima volta di sapere dove fossero i veri occhi di Tifa.

-In realtà v-vorrei ordinare una soda.- balbettò.

Silenzio.

-Sono astemio.-

Silenzio.

-Ehm… Potrei avere del ghiaccio?-

Per tutta risposta gli avvicinò ulteriormente il bicchiere. Poi poggiò l’avambraccio sul bancone, si protese leggermente in avanti e l’afferrò per il bavero.

-Bevi.- reiterò.

L’uomo deglutì rumorosamente. Poi –tremante- allungò la mano e obbedì. Poco dopo lo vide crollare di faccia sul bancone senza preavviso, prima ancora che potesse bere l’intero contenuto del bicchiere.
Emise un leggero sbuffo di soddisfazione. Poi lo lasciò andare e tornò a poggiarsi al piano retrostante. Incrociò le braccia al petto e puntò le scale. Ancora niente.
 
Lol. Non mi picchiate. ùù' Tralasciando il fatto che niente di quello che scrivo riesce a convincermi, credo di essermi superata in idiozia. °A° *venne affettata da Cloud e ridotta a groviera da Vince* Barret è tonto. Lol.
   
 
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