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Autore: Tina77    19/05/2014    3 recensioni
"Forse lo sto fissando da un po', perché lui mi guarda per qualche secondo con aria interrogativa, finché io non scuoto lievemente la testa, le guance imporporate. Lui mi sorride dolcemente, e questo sorriso mi riporta a quello che sembra un secolo fa, dopo la parata dei nostri primi giochi. E come quella volta, mi alzo leggermente sulle punte dei piedi e gli do un piccolo bacio sulla guancia, sussurrando -Grazie per i fiori, Peeta.-, con gli occhi lucidi."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 11

 

Sono le urla del piccolo Finnick a svegliarmi, la mattina dopo. Guardo l'orologio, che indica solo le cinque e trenta del mattino. Vorrei restare a letto, ma mi costringo ad alzarmi per vedere se Annie ha bisogno di qualcosa. Peeta dorme ancora, quindi scendo senza disturbarlo. La porta della stanza degli ospiti è aperta e vedo Johanna che dorme tranquillamente: dopo svariati mesi deve essersi abituata a questi pianti. Mi accorgo che qualcosa non va quando vedo il bambino da solo, sul divano. Di Annie nessuna traccia. Per quanto questo mi destabilizzi, mi avvicino piano, incerta sul da farsi. L'ultima volta che mi sono presa cura di qualcuno è stato con mia sorella, e non è finita molto bene. Faccio un respiro profondo, rilasso le spalle e lo prendo in braccio. È così piccolo e indifeso...sarebbe così facile per qualcun altro fargli del male. Cerco di costringermi a non pensare al fatto che di male gliene hanno fatto prima ancora che nascesse, il che è assurdo. Cammino avanti e indietro per la stanza per dieci minuti prima che Finnick smetta di piangere e dimenarsi tra le mie braccia. Quando lo fa mi fermo per permettermi di osservarlo. Assomiglia più che altro a sua madre, a dire la verità. L'unica cosa che ha preso dal suo papà sono ovviamente gli occhi. Verde mare. Indimenticabili. Distrattamente lo accarezzo piano sulla guancia, come se fosse l'oggetto più delicato al mondo, solo con l'indice della mia mano sinistra. È così presto che l'idea di restare alzata, da sola, per altre tre ore mi sembra insopportabile. E poi c'è la faccenda di Annie che è scomparsa nel nulla. Mi affaccio alla finestra che da sul giardino e la trovo, appena illuminata dalla luce esterna della veranda. È seduta tranquilla e sembra aspettare il sorgere dell'alba, con la schiena appoggiata ad un vecchio albero e il viso rivolto nella mia direzione. Tra le mani ha delle margherite e le sta intrecciando per farne una piccola corona. Non appena mi vede mi fa un sorriso e un cenno con la mano. Le chiedo se sta bene, sussurrando, e le si limita ad annuire. Ormai non più preoccupata per questo, torno al piano di sopra, portando il bambino con me. Peeta è disteso su un fianco, un braccio piegato sotto il cuscino e l'altro abbandonato sul materasso, alla sua destra. Facendo attenzione a non disturbarlo mi sdraio al suo fianco. Adagio il piccolo fra noi due e resto ferma a guardarlo per un paio di minuti, poi mi decido a rimettermi a dormire. È la mano di Peeta tra i miei capelli a costringermi ad aprire di nuovo gli occhi. -Mmm-. Seppellisco la testa sotto il cuscino, ma lui lo prende dalle mie mani e lo sposta. -Svegliati, Katniss. Sono quasi le undici, tra poco arriverà Sae. E dovremmo spiegarle perché questa casa sarà più affollata del solito per un po' di tempo.-. La sua voce è dolce e cantilenante, ma non riesce comunque a rendere più piacevole il messaggio. Spazientita, mi metto a sedere. Quello che vedo basta a farmi tornare il sorriso. Peeta è seduto sul bordo del letto e rivolto verso di me, ancora in pigiama, i capelli scompigliati e gli occhi gonfi di sonno. In realtà in questo momento non sembra molto più sveglio di quanto non sia io. Quello che mi distrae è il fagotto che tiene tra le braccia. O meglio, in modo in cui lui lo guarda. È come guardava me. Come ancora lo fa ogni tanto. La consapevolezza mi stringe il petto in una morsa, ma mi riscuoto velocemente. Il suo viso trasmette semplicemente pace, gioia. È vero, sono mesi che ha perso la sua espressione tormentata, quella che lo allontanava da me. E in tutto questo tempo abbiamo vissuto momenti tranquilli e felici insieme, anche. Ma questa è un'altra cosa. Questa è di fatto l'incarnazione di quello che penso di Peeta. Del fatto che credo che lui rappresenti la vita, il futuro. Che si tratti del mio di futuro al momento non è importante. Conta solo il suo sguardo. Mi inginocchio e mi avvicino a lui, dandogli un bacio sulla guancia. Mi siedo sui talloni e poi mi rivolgo a Peeta. -Secondo te farà storie? Voglio dire, già si occupa di noi. Contando Haymitch, con questo faremo due bambini in una stessa casa.-. -Sei sempre così gentile la mattina, dolcezza, o è solo che devi ancora prendere il caffè?-. Non l'ho sentito arrivare. Strano. Gli lancio un sguardo di sfuggita, prima di voltarmi dal mio lato del letto e alzarmi in piedi. Indosso la vestaglia sopra alla camicia da notte. -Dovresti conoscermi, Haymitch, io non bevo il caffè.- replico, stizzita. Lui ride. -Vero.-. In circostanze normali non l'avrebbe fatto, ma oggi è diverso. Vedo un vero sorriso, sincero, sul suo volto. Credo che il suo buon umore sia legato alla presenza di Johanna, più che a quella del bambino. Lui non ha un animo particolarmente tenero, diciamo. Ed è anche vero che noi due ci assomigliamo molto. Più volte abbiamo dimostrato di riuscire a capirci a di avere una buona intesa. Ma con lei è diverso. Johanna sa essere sgradevole esattamente quanto Haymitch, a volte. Il che è un bene per loro, ma non per chi sta con loro, in particolare la sottoscritta, che di certo dovrà subirsi le loro battute per diverse settimane. Ma non posso negare che mi faccia piacere vederlo contento, così quando mi volto nella sua direzione sorrido e dico -Ti serve qualcosa? Perché disturbarsi a salire?-. -Ero venuto a vedere se per caso voi non aveste cominciato a cercarne uno vostro.- dice, beffardo, indicando il piccolo Finnick con un cenno del capo. Peeta si limita a scuotere la testa. È strano che lui non dica niente, così vado avanti io nel tentativo di farmi dire il motivo reale della sua improvvisata. -E se anche fosse stato, dopo tu avresti avuto qualcosa da dirci?- -Certo, che avreste dovuto chiamarlo “Haymitch” in mio onore, dato che vi ho salvato la pelle due volte.- lo dice ridendo ancora. -Benissimo. Come vuoi.- La voce di Peeta è tesa. Immediatamente mi allunga il bambino, che durante il nostro scambio di battute si è svegliato ma che per fortuna non piange. Non ancora, almeno. -Calma, calma. Ragazzo. Scherzavo. Va tutto bene.-. Haymitch si avvicina e gli stringe piano una spalla, lui si riscuote e annuisce. Poi, senza guardarmi, esce e va in bagno per cambiarsi. Restiamo in silenzio per alcuni secondi, per assicurarci che Peeta non senta. -Gli capita spesso?-. -No. Nelle ultime tre settimane questa è solo la seconda volta, in realtà. E sono episodi molto lievi, i suoi occhi restano quasi normali e si riprende praticamente subito. Il problema è che dopo si sente così in colpa che fa di tutto per evitarmi-, dico sconsolata. -Mmm. Quindi sembra stare meglio. Ora scendiamo, Sae è arrivata in anticipo. È lei che mi ha chiesto di venirvi a chiamare.-. Annuisco e lo seguo lungo le scale.

-Oh, bene, ragazza! Pensavo di doverti venire a tirare giù dal letto!-. Poi vede Finnick tra le mie braccia e si intenerisce. -Oh, ma come sei bello. Proprio uguale alla tua mamma.-. Lo prende e inizia a cullarlo, canticchiando. E chi l'avrebbe detto che Sae fosse una romantica. A quanto pare in questa casa ci sono fin troppe persone ad amare i bambini. L'argomento “matrimonio e figli” è sempre stato particolarmente delicato, per me. Resto sempre convinta che non mi succederà, che non diventerò il tipo di persona che si lascia trascinare dal sentimentalismo. Che resterò lucida abbastanza e che non condannerò me stessa alla paura di vedermi strappare dalle braccia qualcun altro. E, francamente, dopo quello che è successo a Prim sono sempre più dell'idea di avere ragione. Ma poi vedo Peeta...lui vorrebbe tanto dei figli. Allontano il pensiero dalla mente. Se mai ci sarà dell'altro tra noi di certo quell'amore non porterà alla famiglia, questo è sicuro. Ma davvero il mio egoismo mi spingerà a tanto? Il filo dei miei pensieri viene interrotto da Sae, che mi chiede di aiutarla con le verdure. Poi aggiunge -E ti sarei grata, signorina, se andassi a caccia. Non vorrai costringere le tue ospiti a mangiare solo i dolci e il pane di Peeta, no?-. Rido piano e la rassicuro. -Non ti preoccupare, Sae. Anche se non è il momento migliore della giornata, posso sempre andare a caccia già oggi pomeriggio.-. -Forse è meglio se aspetti domani. Il tempo non è dei migliori, Katniss.-. Interviene Peeta. Non sembra davvero preoccupato, in realtà. Mi chiedo se questi alti e bassi nella nostra relazione-amicizia prima o poi finiranno. Io sono assolutamente disposta a stare con lui e affrontare insieme i problemi, ma se lui mi allontana di nuovo non posso fare molto per aiutarlo. Ma sì, avrei dovuto immaginare che tutte le battute su noi due, proprio adesso che stiamo cercando di rimettere insieme i pezzi e capire davvero i nostri sentimenti per lui sono molto più difficili da sopportare che per me. Sospiro e non rispondo, prendendo il mio posto a tavola, tra Johanna e Peeta. Quando Sae se ne va, trascinandosi dietro Haymitch, anche Johanna misteriosamente sparisce portandosi dietro Annie e il piccolo. Restiamo solo io e Peeta, a finire di riassettare la cucina e lavare i piatti. Io insapono e sciacquo e lui asciuga. Vedo i suoi muscoli tesi e cerco di evitare il contatto fisico tra noi per non dargli fastidio. Eppure ogni parte del mio corpo non vorrebbe altro che toccarlo, fargli sentire che sono qui e che non lo lascerò. Ormai gli episodi sono così rari che ogni volta che ritornano so sempre meno come comportarmi e ho solo paura di peggiorare la situazione. Lui dopo questi momenti non dice niente, quindi non riesco mai a capire se gli sono stata d'aiuto o no e provo sempre questo senso di inadeguatezza. Poi passa qualche ora, si tranquillizza e ritorna il ragazzo gentile di sempre, quello che dice la cosa giusta nel momento giusto. Restiamo per lo più in silenzio, passandoci le stoviglie tenendo gli occhi bassi. Ad un certo punto il mio sguardo si perde fuori dalla finestra e vedo che il cielo è solo un po' nuvoloso e non minaccia pioggia. -Peeta?- si volta a guardarmi e aspetta che io parli. -Credo sia meglio che io esca subito, così eviterò la pioggia.-. Normalmente lui avrebbe cercato in tutti i modo di convincermi a restare, ma oggi non lo fa. Annuisce. Di fronte al suo disinteresse resto chiaramente delusa, sento il petto gonfiarsi un po' più del solito. Ma poi sfodero il mio sorriso formale, quello da telecamere, e lo saluto nel modo più cortese e gentile che mi riesce. Indosso gli stivali e una nuova giacca di pelle, più leggera rispetto a quella di mio padre e quindi più adatta a questa stagione primaverile. Infilo l'arco in spalla ed esco. La neve è scomparsa da circa un mese e le primule che Peeta ha piantato l'anno scorso lungo il fianco della mia casa ora si presentano in tutta la loro bellezza. Ce ne sono alcune viola, altre dai colori ancora più sgargianti, gialle e arancioni. Resto ferma un minuto, in completo silenzio, a guardare tutto ciò che mi resta della mia sorellina. Le lacrime minacciano di scendere lungo le guance ma questa volta non provo nemmeno a ricacciarle indietro. Non è il dolore a stringermi il petto. Di fronte alla bellezza dei fiori, alla sua bellezza non posso che sentirmi in pace con me stessa. E non importa che adesso le cose siano ancora così complicate, prima o poi si sistemeranno.

  
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